ARDEA DE' TADDEI
"Orazio: <<E' l'immaginazione che lo rende disperato.>>
Macercello: << Su, svelti, non è bene assecondarlo.>>
Orazio: <<Andiamo. - Come finirà la storia?>>
Marcello: <<C'è qualcosa di marcio in Danimarca.>>
Orazio: <<L'assista il Cielo.>>"
(William Shakespeare, Amleto, I, IV, V)
Sulla soglia di quella porta, davanti a loro, apparve un uomo.
Era di robusta corporatura, alto e ben fatto.
Un lungo ed umile saio ricopriva la sua bella presenza, mentre aveva con se una verga di legno nella mano destra ed un rosario in quella sinistra.
Il volto, incorniciato dai bianchi capelli, nonostante le rughe dell’età, manteneva vivi i bei lineamenti e gli intensi e profondi occhi chiari davano vigore ed intensità a quei tratti.
Ma il gradevole aspetto mal si legava con l’espressione crucciata ed incupita.
Il frate osservava i due nuovi arrivati con lo sguardo cupo e sospettoso, mentre il suo cane ringhiava con nervosismo pochi passi dietro di lui.
Iniziò allora ad impugnare nervosamente la sua verga, come monito ai suoi visitatori e cominciò a dire:
“Siete insistenti e scortesi. I buoni Cristiani non impongono la loro presenza quando non sono graditi.”
“Rasserenate la voce” rispose lesto Ardea, poco impressionato dalla verga e dai modi del frate “e mettete via quella verga. Il rosario che avete nell’altra mano è arma ben più degna per il vostro abito.”
“Se deciderete di rispettare questo santo luogo” disse il frate “andando via all’istante, questa verga tornerà ad essiccarsi accanto al mio braciere e questo santo rosario vi dedicherà ogni grano della sua catena. In caso contrario, io ed il mio fedele amico sapremo impartirvi le regole da seguire per un buon Cristiano.”
A queste parole del suo padrone, come se avesse ben inteso di essere stato chiamato in causa da questi, il cane iniziò ad abbaiare con foga verso Ardea e Biago.
Ardea sorrise a quelle parole.
“Frate, fareste bene a smettere di vestire i panni del soldato, che mal vi si addicono” rispose “e ad indossare invece quelli del penitente, che sono ben più adeguati al vostro ruolo.”
“Tranquilli che dopo avervi cacciato, con le buone se posso, con le cattive se devo, saprò recitare ben tante di quelle orazioni da liberare decine di anime dalle indicibili pene del Purgatorio!”
“Oggi il Signore vi ricorda il Suo Vangelo, Frate...” rispose Ardea “... e fareste bene a non ignorarne i precetti.”
“Andate via, vi dico, furfanti!” Intimò il frate, agitando minaccioso la sua verga. “Questa mia arma sarà degna del bastone di San Giacomo, che ben purificò le sante terre di Spagna dagli infedeli!”
“Non agitate quest’arma, frate!” Gridò Ardea. “Non fatelo che non è degna della Lancia di San Longino!”
Il frate allora, gridando per la rabbia cercò di colpire Ardea con la sua verga, ma questi, urlando a sua volta con tutta la forza che aveva in corpo, bloccò con la mano quel rabbioso colpo, mentre tutt’intorno, la buia selva sembrò essersi destata per quell’indomito scontro.
Il vento, forte ed impetuoso, percorreva con rapide e tonanti raffiche la buia selva che circondava la vallata.
Alte e spesse nuvole nere ricoprivano ogni cosa, rendendo quella terra orfana persino della pallida luce lunare.
Un gelido freddo aveva avvolto ogni cosa, bussando alla porta di quella chiesetta con insistente ardore.
Il sinistro sibilo del vento e gli ululati lontani di qualche oscura fiera erano gli unici suoni che quella notte lasciava trasparire.
Il caldo fuoco donava tepore e luminosità, rendendo la chiesetta un docile e tranquillo riparo.
La legna bruciava con vigore, tra schiocchi e vampate, mentre in una ruvida teglia si cuoceva lenta l’ambita cena.
“Ecco, le verdure sono ormai ben lesse” disse il frate mescolando il contenuto della teglia “ed il lardo è sciolto a dovere. Non abbiamo carne, ma il suo odore ingannerà i nostri sensi. La fame farà il resto.”
Guardò poi il cavaliere accovacciato accanto al fuoco e chiese:
“Come va la vostra mano? Premeteci su ancora quell’intruglio che vi ho dato... vedrete che domani non sentirete più nulla.”
“La mia mano è tutta addormentata” disse Ardea cercando di scoglierla con rapidi movimenti “ed a volte mi sembra paralizzata.”
“E’ l’effetto del colpo subito.” Rispose il frate. “Inoltre, il freddo non aiuta di certo.”
“Li sapete tirare bene i colpi voi, pur essendo un chierico!”
A quelle parole di Ardea il vecchio frate rise di gusto.
“E voi, pur essendo un cavaliere, siete un gran testardo!” Replicò.
Poi aggiunse:
“Ecco, la cena è pronta... vedrete che questo pasto, per semplice che sia, vi donerà tempra e salute!”
Così i tre sedettero attorno ad una vecchia e robusta tavola e consumarono quel genuino ed austero banchetto.
“Questo liquore d’erbe” disse il frate dopo che ebbero terminato di mangiare “è fatto con le erbe di questa valle. Saprà scaldarci e concilierà il nostro sonno.”
Si sedettero poi accanto al fuoco a consumare quel rigenerante elisir.
“Perché non volevate darci ospitalità per stanotte?” Chiese improvvisamente Ardea.
Il frate a quella domanda si alzò e si avvicinò al fuoco.
Non disse nulla per alcuni istanti, fino a quando gettò nel fuoco il contenuto del suo boccale.
Una vampata si animò dal braciere ed per alcuni istanti illuminò quasi a giorno l’intera stanzetta.
Gli occhi del frate erano rossi, come se contenessero una pesante carica di rabbia pronta ad esplodere.
Fissava con intensità le fiamme del braciere come se davanti a lui si fosse spalancata la porta dell’Inferno.
Ardea e Biago lo fissavano in silenzio, ma percependo in pieno la sua inquietudine.
Poi il frate si voltò verso Ardea e lo guardò come se avesse visto il demonio in persona.
In quel momento una raffica di vento aprì rumorosamente una delle finestre, facendola sbattere con forza contro la parete di pietra.
Il vento da fuori soffiava forte, come se portasse con se i peggiori auspici del mondo.
(Continua...)