| Cittadino di Camelot 
				
				
				
				
				
			 
				Registrazione: 02-08-2009 Residenza: A casa mia, spesso 
					Messaggi: 904
				      | 
			
			02. Amore fraterno
 Enid non avrebbe mai voluto aiutare lo straniero, ma Geraint era stato  irremovibile e dopo tutte le difficoltà che avevano passato lei non se  la  sentiva di contraddirlo.
 "Non mancherà molto, noi torniamo in Dumnonia, ma non vi dovrà essere  difficile  raggiungere Camelot, da qui," esclamò Geraint, dall'alto del suo cavallo  scuro.
 Lo straniero aveva detto di chiamarsi Gwyddin, ma Enid era abbastanza  sicura che  avesse mentito. Quando i due sposi gli avevano chiesto da dove venisse  lui aveva  semplicemente cambiato discorso ed iniziato a parlare di un monastero al  quale  si era fermato lungo la strada. E che voleva raggiungere Camelot.
 Enid avrebbe davvero voluto non dover allungare il loro cammino e poter  tornare  subito in Dumnonia perché lo straniero la metteva seriamente a disagio.
 Le ricordava qualcuno che aveva già visto, come una vecchia memoria, ma  forse  era solo una donna suggestionabile, come spesso le diceva Geraint.
 Gwyddin aveva degli occhi immobili e grigi che più che guardare parevano  bere il  mondo attorno a lui e le persone con esso. Probabilmente doveva avere  anche  qualche cosa che non andava nella testa perché era sempre distratto e  parlava  trascinando in modo buffo alcune parole.
 Per non parlare del fatto che aveva un cane orrendo, grosso come un lupo  e con  il pelo arruffato come quello di una pecora.
 "Continuate da qui, non necessiterete che poche ore," ripeté Geraint e  finalmente Gwyddin si voltò a guardarlo.
 "E' laggiù?" domandò, indicando la strada che per ben due volte il  marito di  Enid gli aveva mostrato.
 "Non ci avete detto cosa andate a fare," intervenne Enid mentre Geraint  le  riservava con un'occhiata di disapprovazione.
 "Vado a raggiungere mio padre," sorrise Gwyddin.
 Mentre i due sposi osservavano lo straniero avviarsi con il cane verso  la  splendente Camelot, Enid si chiese perché, improvvisamente, si sentiva  come se  avesse appena lasciato una volpe affamata in una corte di povere oche.
 
 Camelot aveva un aspetto bizzarro.
 Mancavano gli impagliati e fangosi edifici che avevano circondato il  castello di  Morgause.
 Tutto sembrava più ordinato, regolare, e Mordred si chiese se tutto  quello non  fosse la mitica 'perfezione romana' di cui il suo ultimo tutore  aveva  tanto parlato.
 Tutto era più pulito anche se le strade erano affollate più di come lo  erano  state nelle Orcadi. Gli animali ed i carri vagavano ed uscivano da ogni  dove e  la confusione dovette essere abbastanza irruente da innervosire il  giovane  cavallo di Mordred. perché questi continuava a muovere il collo a scatti  e  voltare le orecchie in ogni dove.
 Anche Ragno aveva le orecchie diritte, la coda sollevata e si guardava  attorno  con apprensione, portando ogni tanto il muso a mordere lo stivale del  suo  padrone.
 "Andiamo avanti," ordinò Mordred, facendo camminare il cavallo tra le  casupole  ed i volti dei contadini e delle massaie. Questi gli facevano spazio,  occhieggiando i suoi abiti e la sua cavalcatura.
 Una bambina dai lunghi capelli biondi ed una veste di stracci rossi  corse da lui  con in mano un mazzetto di fiori di lavanda e tentò di darli a Ragno.
 "Non ama i fiori," la avvertì Mordred, incerto. Non aveva mai conosciuto  molte  bambine ed aveva la strana idea che fossero magiche creature  estremamente  delicate.
 Era cresciuto con sua madre, sempre accanto a lei o ai fratellastri  maggiori, e  non aveva mai avuto l'occasione di giocare con i figli e le figlie dei  servitori.
 "Tutti amano i fiori!" protestò la bambina e corse via saltellando.
 Avrebbe dovuto chiederle come entrare nel castello, ma ormai era troppo  tardi.
 Decise di seguire i carri. La maggior parte di questi si stava dirigendo  davanti  a lui, curvando dopo una fucina e probabilmente aggirandola per  raggiungere  l'entrata.
 E così fu.
 Il castello aveva un enorme portone aperto, ordinato e meccanicamente  perfetto  come tutto il resto.
 Due guardie con una elaborata cotta di maglia stavano sedute accanto ad  esso a  mangiare ed una terza, che in più aveva una tunica rossa con un dragone  dorato,  osservava i carri che tentavano di entrare.
 Mordred spronò il proprio cavallo e, sospirando, si preparò alla  conversazione.
 Sperò solo che la guardia non fosse ubriaca, non aveva alcuna voglia di  fare  ancora una volta la figura dello stupido.
 Vedendolo avvicinarsi, il soldato distolse lo sguardo dal carro accanto a  lui ed  alzò una mano verso Mordred.
 "Sono qui per vedere il re. Sono Mordred delle Orcadi, nipote del re e  figlio di  Morgause figlia di Igraine," annunciò. Per un fugace attimo si chiese  come  suonasse la propria voce. Abbastanza autoritaria? Sperò di sì.
 "Siete il fratello di sir Gawain?" sorrise la guardia e spostò lo  sguardo per  fare un cenno ai due uomini che stavano mangiando.
 "Aglovale, portate il nipote del re da sir Gawain, sarà felice di  rivederlo,"  annuì la guardia e Mordred scese da cavallo.
 L'uomo dal nome di Aglovale era più giovane degli altri. Aveva degli  occhi  chiari e sottili ed una folta chioma di capelli castani.
 "Sir Mordred," lo salutò Aglovale, con un sorriso.
 Mordred non si premurò di correggerlo e lasciando il cavallo all'altra  guardia  seguì Aglovale dentro il castello.
 Le pietre del castello sembravano essere appena state poste l'una  sull'altra.  Probabilmente era un castello antico, ma pareva essere stato curato con  un tale  amore da risultare quasi nuovo, maestoso, tremendo.
 Aglovale si fermò a parlare con un'altra guardia e salutò con un  profondo  inchino una giovane dama dai capelli rossi.
 "-tro padre, nobile Rhelemon." Riuscì solo a capire e decise  semplicemente di  ignorare la conversazione.
 Secondo l'etichetta avrebbe dovuto presentarsi, parlare con loro, ma si  limitò  ad un cenno del capo sapendo di risultare sgarbato ed altezzoso.
 Rhelemon ricambiò il veloce saluto e Mordred notò che il suo viso era  ridicolmente e completamente coperto da lentiggini.
 "Sir Gawain si trova all'armeria e mio padre sta bene, vi ringrazio  Aglovale."
 "Questi è il fratello di sir Gawain. Giunto a-" Aglovale si voltò  nuovamente  verso la giovane fanciulla e Mordred perse il resto della frase.
 "Assolutamente sì," rise Rhelemon, in risposta.
 Il giovane Aglovale non aggiunse altro di comprensibile a Mordred e si  limitò a  procedere verso l'armeria, lasciando indietro Rhelemon che si affrettò  in una  porticina lì accanto.
 Forse andava ad incontrare qualcuno? E di chi era figlia?
 Scopri tutto ciò che puoi, ricordati che la sapienza può sempre  essere usata  a proprio vantaggio, risuonarono le parole di Morgause.
 Ma il mondo era troppo affollato in quel momento per potersi distrarre.  Qualche  cane da caccia giunse a scodinzolare ed annusare Ragno mentre un vecchio   allevatore si scusò con i due nobili per l'intrusione degli animali.
 "Eccoci. L'armeria è sotto la guarnigione dove viveva vostro fratello.  Fino al  matrimonio, ovviamente. Conosco dama Ragnelle, è una vera signora. Ora  che mi  ricordo, avete anche altri due fratelli qui a Camelot, se non mi  sbaglio. Sir  Agravaine e sir Gaheris sono sicuramente nella guarnigione, potreste-"
 Mordred alzò una mano per fermare quel fiume di parole.
 "Vi ringrazio, da qui potrò trovare Gawain anche da solo," esclamò e  prima che  l'altro potesse aggiungere altro lo superò ed entrò nell'armeria.
 Non era di molto dissimile da quella che avevano alle Orcadi anche se  qui tutto  era più grande.
 Doveva essere l'ora sbagliata della giornata perché il luogo era quasi  deserto.
 Gawain, seduto su uno sgabello di legno, stava lucidando un elmo mentre  un uomo  dalla pelle scurissima e gli occhi di un falco lo stavano aiutando a  slacciare  la gorgiera.
 Vedere Gawain non fu una sorpresa. Dopotutto era colui che stava  cercando. Ma  allo stesso tempo fu una novità.
 Era più di un anno che non vedeva il proprio fratellastro ed in ogni  caso non  aveva mai avuto molte occasioni per stare con lui. Erano sempre parsi  degli  estranei, l'uno all'altro, con troppi anni di differenza e troppo poco  tempo per  parlarne. Inoltre Gawain era la raffigurazione stessa della forza, della   giustizia e Mordred suo malgrado non poteva che esserne  irrimediabilmente  intimorito ed affascinato al tempo stesso. Se mai Mordred avesse potuto  desiderare un figlio (o un padre, pensò amaramente) quello sarebbe stato  Gawain.
 "Un figlio che tradisce il proprio padre per la gloria," ritornò  la voce  di Morgause, ma Mordred non riuscì a ricordare se stesse parlando di lui  o di  Gawain.
 "Mordred!" sorrise sir Gawain sollevando il volto, appena lo vide.
 Forse proprio perché si vedevano così poco, Gawain era sempre felice di  incontrarlo.
 "Sir Gawain," annuì Mordred, improvvisamente imbarazzato.
 "Sir Palamede, questo è il mio fratello più piccolo," lo presentò il  cavaliere,  premurandosi di parlare rivolto verso Mordred.
 L'uomo dalla pelle scura, Palamede, sorrise sinceramente e pronunciò  qualcosa di  simile a "E' un piacere fare la vostra conoscenza."
 Gawain, sempre sorridendo (perché non smetteva mai, nemmeno alle Orcadi)  gli si  avvicinò e gli prese il volto fra le mani, come era solito fare quando  voleva  dirgli qualcosa di davvero importante.
 "Sono felice che siate finalmente arrivato anche voi a Camelot. Vedrete  che qui  è tutto diverso. Sarà tutto diverso."
 Certo, ovviamente, avrebbe voluto rispondere Mordred, è una  vera  fortuna che Morgause non si fidi così facilmente di voi.
 "Certo, sir Gawain."
 "Agravaine e Gaheris saranno felici di vedervi, sono nella guarnigione  credo, o  sono usciti a caccia, non ne sono certo. Fratello, dovrò presentarvi al  re. Sarà  felice di avervi qui."
 Mordred si irrigidì. Persino Palamede alzò il volto, sorpreso.
 Mordred non sapeva esattamente cosa Camelot sapesse di lui, ma era  sicuro che  Morgause non aveva per nulla tentato di tener nascosta la vicenda del  suo quasi  annegamento. Sarebbe stato favorevole per la loro causa l'idea che il  giusto e  nobile re Artù avesse ordinato di far uccidere un innocente bambino.
 "Il re sarà fuori dal castello fino a questa sera, venite, vi faccio  trovare una  sistemazione."
 Fra tre mesi ci sarebbe stato un torneo.
 Re Artù era sempre pronto ad unirsi agli allenamenti dei suoi soldati e  dei suoi  cavalieri.
 La regina Ginevra era la dama più bella della corte.
 E mille altre inutili informazioni raggiunsero gli occhi di Mordred,  mentre  Gawain gli mostrava i suoi alloggi.
 "Ragno potrà rimanere con voi, credo." Gawain non aveva mai saputo del  vero nome  del cane.
 Il cavaliere gli spiegò che avrebbe dovuto dormire con Agravaine e  Gaheris e la  cosa non disturbò Mordred più di tanto. Aveva sempre dormito nel grande  letto  assieme a loro quando erano piccoli ed in questo modo non avrebbe dovuto   incontrare nessun giovane ed irruente cavaliere desideroso di diventare  il suo  amichevole compagno d'armi e alloggi.
 "Non c'è molto spazio. Manca ancora molto, ma iniziano ad arrivare  sempre più  guerrieri per il torneo." E Gawain proseguì con una lunga lode del noto  sir  Lancillotto.
 Lancillotto era bello. Alto. Affascinante. Desiderato da tutte e non  c'era  torneo che non vincesse.
 Mordred, anche se non lo avrebbe ammesso mai, sarebbe volentieri rimasto  ancora  con Gawain. Il fratellastro parlava con chiarezza ed aspettava con  pazienza le  risposte, senza mai distogliere lo sguardo dal suo volto. Con lui non  c'erano  parole perse o segrete.
 Gawain però non era un cavaliere chiunque. Mordred aveva sempre saputo  che era  particolarmente amato e rispettato, ma solo nei mesi successivi arrivò a   comprendere l'adorazione che i più giovani e le dame avevano per lui.
 
 "-dred."
 Mordred si sarebbe aspettato chiunque. Non aveva davvero creduto alla  leggerezza  con cui Gawain aveva spiegato l'umiltà del re. Non credeva sul serio che  re  Artù, il Grande Re della Britannia, vagasse per il castello e per  l'armeria come  un semplice cavaliere.
 Evidentemente si sbagliava.
 Un attimo prima si trovava seduto sulla stessa sedia che aveva occupato  Gawain  quel pomeriggio ed un attimo dopo Ragno gli stava mordendo delicatamente  una  mano e Artù era davanti a lui.
 Vestiva come un re ed era alto, più alto di chiunque altro avesse mai  conosciuto, con una rasatura distratta più che una vera e propria barba.
 Mordred non ebbe dubbi sulla sua identità perché Morgause l'aveva  avvertito. Gli  stessi capelli, le stesse mani spigolose, lo stesso naso, la stessa  bocca.
 "Sire," sussurrò il figlio di Morgause, inciampando sulla parola.
 Non era pronto. Era un'imboscata? Per ucciderlo? Per umiliarlo? Per  cacciarlo?
 Si alzò in piedi perché non aveva alcuna intenzione di dare all'altro  più  vantaggio del dovuto, ma quando Artù si trovò di fronte a lui Mordred  dovette  comunque alzare la testa per guardarlo negli occhi.
 Con una nota di panico si accorse di avere lasciato la propria spada a  terra (ma  cosa avrebbe potuto fare? Rovinare completamente il piano di Morgause?  Uccidere  il Grande Re?).
 "Mordred," ripeté il re. Se solo avesse potuto sentire la sua voce- se  solo  avesse potuto- "Sir Gawain mi ha detto che eravate giunto."
 Ragno annusò incuriosito le mani del re, girandogli attorno.
 "Sire," ripeté l'altro, ancora, sentendosi uno sciocco.
 Sono vostro figlio. Avete tentato di uccidermi. Avete fatto soffrire  mia  madre. Avete rubato i miei fratelli. Avete-
 "So che forse vi chiederete perché sono qui a parlarvi. Di solito non do  simili  udienze ai miei cavalieri."
 "No. Non me lo chiedo, sire."
 Se Artù parve sorpreso non lo diede a vedere.
 "Quindi sapete."
 Non avrebbe dovuto rivelare così i suoi segreti. Avrebbe dovuto  aspettare,  conquistarsi la fiducia degli altri cavalieri.
 "Sono vostro figlio." Sperò solo che non fosse uscita come una domanda  ed  arrossì ricordando di quelle volte in cui Agravaine si era preso gioco  di lui  per le parole che diventavano trascinate e forzate quando era nervoso.
 "Sì, non posso negarlo. Siete il mio primogenito ed il mio unico figlio.  Ma non  ho perso le speranze che mia moglie possa darmi un erede un giorno. E  voi-  sapete della vostra nascita della-" (forse che il re era seriamente  imbarazzato  quanto lo sembrava?)
 Non c'erano bisogno di particolari spiegazioni. Mordred non era nemmeno  molto  sicuro di come riuscisse a capire cosa il re (il padre) stesse dicendo.  Era come  essere immersi in una bolla di nebbia, senza l'esatta sensazione di cosa  stesse  accadendo accanto a lui.
 Ma doveva fare attenzione. Sempre attenzione. Non poteva abbassare la  guardia.
 "Capisco, sire. Non sono venuto a chiedervi nulla se non ciò che vi  hanno  chiesto i miei fratellastro."
 "Allora sarò io a chiedere a voi un piacere. Vi prego di- vi prego di  mantenere  il nostro segreto."
 Il nostro segreto?
 "Avete-" tentato di uccidermi, "-tutto il diritto di chiedermelo.   Rispetterò il vostro desiderio."
 Non gli avrebbe permesso di umiliarlo ulteriormente. Di negare o  scusarsi.
 Rigidamente, Mordred si inchinò a terra.
 "Avrete ovviamente tutti gli onori che-" E poiché Artù sembrava quasi  pentito,  in colpa e così diverso dal re che si era immaginato, Mordred distolse  lo  sguardo ed ignorò il resto della frase.
 "Vi chiedo il permesso di tornare nelle mie stanze. Il viaggio mi ha  molto  stancato, sire."
 Artù aprì la bocca per aggiungere qualcosa e sembrò, per un veloce  drammatico  momento, disperato quanto il figlio.
 Infine annuì e lasciò che Mordred, deluso e irritato, uscisse  dall'armeria per  tornare alla guarnigione.
 
 Agravaine e Gaheris tornarono quella notte stessa.
 I due uomini erano sempre stati stranamente in competizione fra di loro,  forse  per il disperato desiderio di farsi notare da loro madre sempre occupata  con il  piccolo Gareth o con il suo prezioso Mordred. Nonostante questo, nessuno  dei due  teneva particolare rancore verso i due fratelli minori.
 Mordred stava dormendo quando i due entrarono ed ovviamente non si  accorse di  nulla. Ragno conosceva troppo bene i due fratelli per ricordarsi di  svegliare il  suo padrone e si buttò su di loro, scodinzolando e saltando emozionato.
 A svegliare Mordred invece fu il peso di Agravaine che si era appena  lanciato,  senza alcuna grazia, su di lui, scompigliando coperte ed agitando il  cane ancora  di più.
 "Agravaine!" urlò Mordred, con il cuore che batteva a mille per il  terrore. Si  osservò attorno con occhi spalancati e captò qualche parola da Gaheris.
 "-avaine, sei un incosciente. L'hai ucciso."
 "No, sto bene," rispose Mordred, senza fiato.
 Agravaine stava ridendo, si capiva perfettamente dal modo in cui le sue  spalle  ondeggiavano. Nel continuo accesso di ilarità, il fratellastro si lanciò   nuovamente su Mordred.
 "Lasciami, che il Dio cristiano ti maledica, Agravaine."
 Il fratellastro maggiore lo lasciò e sospirò voltandosi finalmente verso  di lui.
 "Gawain ci ha detto che eri giunto a Camelot."
 Gaheris gli prese il volto tra le mani e lo voltò bruscamente verso di  sé.  "Abbiamo anche ricevuto una lettera da Morgause." Per qualche motivo, il  giovane  cavaliere aveva smesso da anni di chiamare loro madre con l'appellativo  ricolmo  d'affetto.
 Mordred sussultò quando Agravaine si prese nuovamente la sua attenzione,   appoggiandosi sul suo stomaco.
 "E' giunto il momento per te di diventare un cavaliere, eh?"
 "Così dicono."
 "Hai sentito cosa-"
 "-tera con ben poche spiegazioni."
 "Vi prego!" urlò (o almeno credette di farlo), "uno alla volta."
 A fatica, Mordred si mise a sedere, sentendo il proprio cuore tornare ad  un  velocità quasi normale. Scoccò uno sguardo irato a Ragno che, ignaro di  tutto  stava ancora scodinzolando. Il cane avrebbe dovuto svegliarlo appena  qualcuno  fosse entrato nella stanza.  Per quanto trovasse piacevole la compagnia  dei  suoi fratellastri, avrebbe voluto avere il tempo di prepararsi.
 "Gaheris," ordinò Mordred.
 I capelli castani di Gaheris erano di molto cresciuti dalla sua ultima  visita  alle Orcadi ed i pochi minuti prima li avevano lasciati scompigliati ed  arruffati, dandogli lo stesso aspetto che aveva avuto quando erano  ancora  piccoli e si arrampicavano sulla scogliera in gare di abilità.
 "Hai sentito di Gareth? E' qui al castello."
 "Nessuno mi ha parlato di lui. Madre ha detto che si trovava dai nostri  cugini,  al castello di Morgana."
 "Ywain è giunto a Camelot qualche giorno fa portando con sé un ragazzino  che  subito ha chiesto di poter andare a lavorare nelle cucine," sorrise  Gaheris,  "appena ci ha visti ci ha subito supplicati di starcene zitti e buoni."
 "Perché vuole lavorare nelle cucine?" domandò Mordred, sorpreso.
 Gareth era sempre stato in grado di sorprenderlo. Silenzioso, l'ombra di   Morgause. Non aveva mai amato giocare sulla scogliera e sbucciarsi le  ginocchia  ed aveva passato giorni e giorni ad allevare piccoli pulcini abbandonati  e  tentare di insegnar loro a volare.
 Aveva sempre voluto diventare un cavaliere, in un modo che Mordred non  riusciva  a capire e non vi sarebbe mai riuscito.
 "Perché vuole diventare un cavaliere per le sue doti e non perché è  nipote del  re."
 Mordred inarcò le sopracciglia, confuso. "E come spera che lavorare  nelle cucine  lo aiuterà ad ottenere il titolo?"
 "Spera che dalla zuppa di dama Fyllon un giorno esca un drago," spiegò  Agravane,  con semplicità, sbadigliando.
 "Hai già incontrato il re, Mordred?" intervenne Gaheris, con un leggero  colpetto  sulla sua spalla per catturare la sua attenzione.
 Morgause non aveva mai apertamente parlato della sua famosa notte con  Artù e  delle origini di Mordred anche se le voci erano impossibile da fermare.  Chi  aveva visto il re anche solo una volta e poi incontrato Mordred non  poteva non  avere dei dubbi, conoscendo il famoso incidente del suo rapimento ed il  misterioso modo in cui Artù si era comportato la prima volta che scoprì  di aver  avuto un figlio da Morgause (una sera Mordred aveva origliato sua madre e  Gawain  che ne parlavano).
 Morgause non aveva mai direttamente detto ad Agravaine e Gaheris del  padre di  Mordred ed i due non avevano mai chiesto perché non ne avevano bisogno.
 "Sì. Un incontro deludente."
 E l'aveva incontrato ancora, quella notte, nei suoi sogni. L'aveva  sognato  mentre chino su di lui tentava nuovamente di affogarlo.
 Ma questa volta non c'era il vecchio Gwyddin a salvarlo quasi per  sbaglio.
 
 ----
 
 Per il terzo capitolo ci vorrà un po' di tempo...
 Purtroppo è tutta colpa mia. L'avevo già scritto, avevo già anche iniziato il quarto e fatto la scaletta fino al quinto, ma ho fatto un errore ed ho eliminato i files sul desktop.
 Sono un pollo, non dovrei lasciare sul desktop i miei file così... bhè ho cancellato tutto ed al momento (me ne sono accorta ora) sono abbastanza già di morale...
 Ho persino provato con Recueva a trovare i files perduti, ma nulla da fare.
 |