IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
XIII
I giorni trascorrevano pigri e lenti, in quello straordinario scenario d’altri tempi.
Icaro oziava tra il palazzo, il suo sfarzo e lunghe passeggiate tra verdeggianti giardini traboccanti di agrumi e fiori di esotici e vivaci colori.
Quella nobiliare dimora aveva un’infinità di stanze che sembrava impossibile non solo visitarle tutte, ma anche solo contarle.
I grandi cortili erano animati da classicheggianti fontane che generavano giochi d’acqua di strabiliante effetto e da marmoree statue, raffiguranti personaggi dell’antica mitologia greco romana.
Icaro trascorreva così le sue lunghe giornate, abbandonandosi agli incanti di quel luogo e all’illusione di eterna serenità che sapeva emanare.
In breve gran parte dei suoi sogni di un tempo sembravano essere svaniti.
Pensava sempre più raramente a cosa avrebbe fatto domani o domani l’altro e non riusciva più ad immaginare la sua vita lontana da quel palazzo.
In certi momenti, quando si fermava a guardarsi dentro, si sentiva spento, apatico, come se le avversità della vita l’avessero fiaccato.
In altri momenti invece, quando si sentiva troppo stanco anche solo per pensare, tutto gli appariva superfluo.
Del resto, si diceva, qui aveva tutto.
Cibo, tranquillità, bellezza e sicurezza.
Raleria, per misteriosa ed enigmatica che appariva, era una splendida padrona di casa, colta ed affascinante, e spesso accadeva che i due trascorressero diverso tempo sul la grande terrazza a leggere e commentare opere classiche di cui Icaro ne ignorava da sempre l’esistenza.
Il giovane sentiva una strana attrazione per quella donna.
La sua bellezza appariva agli occhi di Icaro variegata in mille e più sfaccettature.
Era come se conoscesse quella donna da sempre.
E benché ne fosse molto attratto, mai si era abbandonato ad un complimento ambiguo o ad un effimero corteggiamento.
In realtà non conosceva neppure la stanza dove Raleria trascorreva la notte.
E si chiedeva spesso se quella bellissima donna avesse o meno rapporti con altri uomini.
Ma non diede mai sfogo a queste sue domande, che restarono sempre custodite nel suo cuore.
Trascorse così un intero anno.
Fino a quella mattina di Settembre.
Icaro era sulla terrazza a fissare l’orizzonte lontano, quando di nuovo, ad un anno di distanza, rivide quel riflesso sull’isolotto di Vivara.
In un primo momento ritenne quella cosa frutto di qualche gioco di luce, ma dopo alcuni istanti un secondo riflesso fu emanato dallo stesso punto.
“Forse vi è qualcosa in quel punto…” pensò “… forse una roccia di granito o quarzo, resa liscia e levigata dal Sole.”
Ma poi, fissando sempre quel punto dell’isolotto, si accorse che qualcosa stava prendendo fuoco.
Una leggera ma chiara colonna di fumo cominciò a sollevarsi, sospinta dal vento.
Icaro cercò di capire, ma l’isolotto era abbastanza distante per comprendere bene cosa stesse accadendo.
Restò allora a fissare quel fumo lontano per tutto il pomeriggio, fino a sera, quando finalmente quel fuoco si spense.
La sera a cena Icaro apparve silenzioso e visibilmente distratto.
“Cosa avete?” Chiese Raleria. “Forse la cena non è di vostro gradimento? Mi sembrava di ricordare che il pesce vi piacesse molto.”
“E’ squisito, mia signora…”
“Allora cosa vi angustia?” Domandò lei. “Forse la nostalgia per la vostra lontana terra?”
“Mi diceste, una volta…” prese a dire Icaro “… che l’isolotto di Vivara era disabitato…”
“Infatti.”
“Eppure oggi c’era qualcosa su quella terra.”
Raleria smise di mangiare e fece cenno ad una delle ancelle di portare via il suo piatto.
“La cosa ha qualche importanza per voi?” Chiese sorseggiando dal suo calice.
“Mi incuriosiva, tutto qui.”
“Si, è disabitata.” Aggiunse lei. “Però questo non impedisce a qualche pescatore o pirata di approdare di tanto in tanto. Lo trovate tanto strano?”
“Affatto. Sarà come dite.”
“Non vi piace più stare qui?” Chiese lei come vinta da una strana inquietudine.
Icaro la fissò.
“Al mondo c’è anche altro…” rispose.
“Certo” disse lei “e voi ne avete avuto prova. Siete fuggito dalla morte ed avete trovato qui la vita.”
“Milady, vorrei una barca per domani.”
“Perché mai?” Chiese lei stupita e vagamente preoccupata.
“Vorrei visitare Vivara.”
“Non è un posto sicuro.” Disse lei. “Come detto è frequentata anche dai pirati. Se volete, potremmo visitare Procida o Ischia, luoghi decisamente più ospitali e piacevoli.”
“Col vostro permesso, mia signora, vorrei visitare Vivara” Precisò con tono fermo Icaro. “E farlo da solo.”
“Perché mai questa assurda volontà?”
“Perché mi sento come se avessi dormito per un anno.” Rispose Icaro. “Voglio destarmi da quest’apatia.”
Raleria lo fissò con attenzione. E qualcosa di misterioso attraversò i suoi occhi.
(Continua...)