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Vecchio 13-08-2010, 03.09.58   #52
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

XI

Icaro si svegliò dolcemente e subito sentì il suo fisico rigenerato da quel sereno riposo.
Si alzò e coprendosi con una bianca e profumata camicia di seta adagiata sul suo letto uscì dalla stanza.
Attraverso un ampio corridoio illuminato da raffinate e sottili finestre che si aprivano lungo le pareti laterali, giunse su una magnifica terrazza animata dalle più incredibili e profumate varietà di fiori esistenti.
Molte delle quali sconosciute al giovane.
Appena lo videro, alcune ancelle si ritirarono ridendo in maniera fanciullesca.
“Non badate a loro…” disse una voce proveniente dall’altra parte della terrazza “… in fondo sono giovani ed ingenue… e non hanno mai visto un uomo da vicino.”
A parlare era Raleria, seduta su uno sfarzoso seggio, intenta a tessere una variopinta tela dal gusto orientale.
“Quindi non vi sono altri uomini qui?” Chiese Icaro avvicinandosi alla donna.
“Questo vi impaurisce?” Chiese lei.
“Affatto.” Rispose lui. “Perché dovrebbe?”
Il vento soffiava con mitezza, rendendo fresca e gradevole quella mattinata.
La vista da quel terrazzo era meravigliosa.
Lo sguardo poteva abbracciare una sterminata distesa blu che sembrava perdersi in un orizzonte senza fine.
Da lontano si intravedevano lunghi e sfocati promontori che scendevano a picco sul mare ed il cielo sembrava or ora volersi unire a quello straordinario scenario.
“Questo posto è un incanto.” Disse Icaro.
“Si, gli antichi greci lo ritenevano uno dei posti più belli al mondo.” Rispose Raleria, sempre intenta a tessere la sua tela.
“Monte di Miseno… non l’ho mai sentito nominare…”
“Di dove siete originario?” Chiese Raleria.
“Delle terre toscane.”
“Conosco quei luoghi… sono straordinariamente belli…”
“Si…” disse Icaro chinando il capo.
“Da lì era salpata la vostra nave?”
“Non era mia, milady.”
“Eravate a bordo di quella però.”
“Io non sono né un marinaio, né un mercante, mia signora.”
“Infatti non mi sembrate tipo per simili mestieri.”
“E non sono nemmeno un soldato.”
“Perché mi dite tutto questo?” Chiese Raleria, senza smettere di tessera la sua tela.
“Perché vi devo la vita e non voglio mentirvi o recarvi danno.”
“Recarmi danno?” Ripeté la donna. “Non vedo come potreste.”
“Celandovi la mia vera identità.”
“E questo potrebbe nuocermi?”
“Si…” rispose Icaro “… al vostro onore.”
“L’onore…” ripeté la donna “… è un concetto molto astratto ed individuale, non trovate?”
Icaro l’ascoltava in silenzio.
“Per un cavaliere attaccare un nemico disarmato” continuò a dire lei “è un’onta, un’azione da vigliacchi. Mentre invece per un samurai giapponese è possibile uccidere un uomo disarmato mozzandogli il capo con un colpo solo. Questo salva loro l’onore. Come vedete, ai due estremi del mondo l’onore assume significato e valore diversissimi.”
“Milady, chi siete veramente?” Chiese Icaro in qualche modo rapito dall’indole di quella donna.
“Parlavamo di voi, se non erro…”
“Si, scusatemi…” sussurrò Icaro col capo chino “… io sono… sono… un galeotto, un condannato, un esiliato dalla propria città…”
“Si, lo so.” Disse lei alzandosi in piedi ad ammirare la sua tela. “Non trovate che sia splendida?” Chiese mostrando al giovane quella tela.
“Lo sapevate già? Ma come?”
“Avevate ancora i segni delle catene sui polsi e sulle caviglie quando le mie ancelle vi hanno raccolto.”
Si avvicinò poi al bordo della terrazza e lasciò che il vento soffiasse tra i suoi biondi e morbidi capelli.
Poi si voltò verso Icaro e lo inebriò col suo incantevole e caldo sorriso, che per un momento offuscò la straordinaria bellezza del paesaggio circostante.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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