“Non lo so...” disse Robertstein a Blangey “... è tutto così strano qui... devo rifletterci...” ma parlava con una palese ansia, una febbrile eccitazione verso quel misterioso mondo che stava pian piano scoprendo e al centro del quale vi era suo nonno.
“Prendiamo questi scritti...” alla sua assistente “... voglio leggerli, studiarli, comprenderli...”
Così i 2 presero molti degli scritti trovati in quel luogo e lasciarono il laboratorio.
Robertstein trascorse l'intera notte a leggere quegli scritti, chiuso nella sua camera.
Quando al mattino Blangey scese al pianterreno trovò la tavolo stranamente imbandita e il professore seduto ancora a leggere.
Chi aveva preparato quella bella colazione?
Il marinaio guardò Marin per un lungo istante, con occhi indagatori.
“Voglio sapere” disse poi alla ragazza “tu chi diavolo sei e come sei salita a bordo.” Afferrandola per un braccio in modo brusco.
“Vedi? Ti serve il mio aiuto, piccola sgualdrina.”
Ancora quella voce dentro di lei, con tono beffardo.
Le prime gocce di pioggia, le cupe nuvole sulla brughiera, l'ululato del vento fra gli alberi e il rumore della carrozza che entrava nel castello.
Il nitrito di cavalli sembrò un richiamo, al quale accorse lesto il domestico, dopo aver pulito le camere come ordinato da Abigail.
La ragazza corse all'ingresso e vide un uomo alto e dai lunghi capelli, avvolto da un mantello scuro che scendeva dalla carrozza.
Un istante e gli occhi di lui, di un chiarore intenso, simile a un grigio mutevole e misterioso, si fissarono sulla ragazza.
Un lunghissimo attimo in cui lei fu alla mercé di quello sguardo.
“Tu devi essere Abigail, presumo.” Disse lui, con un leggero sorriso alla ragazza.