Restammo in attesa per qualche secondo, poi una giovane donna - ben più giovane di mio padre - arrivò e ci invitò ad entrare.
Seguii Matt, lasciando che fosse lui a precedermi. Una volta nell'ufficio, sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e, vedendo che il mio compagno mi stava implicitamente invitando a prendere parola, iniziai ad inventare una bugia dietro l'altra.
"Professoressa Krepush, mi spiace disturbarla così presto.
Sto facendo una ricerca sulla mente umana ed eventuali traumi che potrebbero danneggiarla e, visto che seguo da anni il suo lavoro, mi domandavo se potesse darmi qualche delucidazione in merito.
Un mio caro amico mi ha raccontato che il suo vicino di casa, improvvisamente, sembra aver perso la connessione con la realtà, inventando l'esistenza di, non so... stanze che nella sua abitazione non sono presenti. Posso chiederle se sa dirmi qualcosa a riguardo?"
Le mie parole uscirono tutte in un fiato, sentivo l'ansia aumentare ad ogni bugia che raccontavo. Scoccai un'occhiata a Matt, che pregai silenziosamente di non smascherare la mia messa in scena.
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