Questo è tratto da uno degli scenari che si contendono il ruolo di nuovo Gdr di Camelot...
Il Sole batteva forte sul campo scavi, tra la sabbia ardente, il pietrisco sottile misto a terreno e le pietre rese friabili dall’umidità del sottosuolo. Gli scavatori assunti fra alcuni operai del posto ci davano dentro, sempre sotto l’attenta vigilanza del professor Nick e la dottoressa Anilk, entrambi assistenti dell’archeologo Rottil, responsabile dello scavo per l’Università Cattolica di Afragolopolis. Per giorni si era scavato lungo il versante Nord-orientale della collina XXX, a pochi chilometri dal monte Taburn, senza tuttavia trovare nulla. Qui le rocce e il terreno avevano assunto un colore più chiaro, formando delle chiazze di un verde leggero e spingendo a crede agli uomini della spedizione archeologica che qualcosa di importante potesse emergere dagli strati più profondi del sottosuolo. Alla fine però si scoprì che tali variazioni cromatiche del terreno erano da attribuirsi solamente ad infiltrazioni d’acqua piovane che avevano alimentato col tempo una falda sotterranea. Tuttavia il professor Rottil non si era dato per vinto. Secondo antichi racconti del posto in questo luogo, circa tre millenni fa, sorgeva un villaggio paleolitico e il famoso archeologo era deciso a riportarne i resti in superficie. I giorni però passavano, così come le grosse quantità di terra che venivano asportate dai numerosi scavatori senza però che emergesse nulla. Agli scavi aveva partecipato anche Don Nicola, un Frate amico di Rottil e da sempre attratto dalla storia antica. Infatti sin dal suo arrivo in convento da giovanissimo i Domenicani lo avevano indirizzato agli studi di storia, filologia ed archeologia, oltre a quelli di teologia e demonologia. E proprio Don Nicola si trovava intento a seguire il lavoro di alcuni scavatori quando uno dei ragazzini assunto preso per aiutare gli scavatori corse a chiamarlo. Alcuni operai infatti, asportando del terreno tirato fuori da un pozzo, avevano trovato qualcosa. Appena il Frate arrivò quegli uomini gli indicarono una sorta di apertura semicircolare nel terreno. Il chierico si chinò, aiutato dal ragazzino ed infilando un braccio in quel passaggio sentì qualcosa fra il pietrisco.
“Credo sia una nicchia o qualcosa del genere…” disse Don Nicola cercando di tirare fuori dal pietrisco ciò che pensava di aver trovato.
Si ritrovò così in mano uno strano pezzo di metallo, incastrato in una pietra. Dalla tasca estrasse un coltellino ed un piccolo pennello, con i quali staccò l’oggetto dalla pietra e poi lo ripulì. Si trattava di un manufatto e pareva raffigurare una grottesca testa di serpente.
“Cos’è, Padre Nicola?” Chiese il ragazzino.
“Il male…” mormorò il Frate dopo aver osservato per un lungo istante quel curioso oggetto.
Due giorni dopo da alcuni tumuli di terreno Rottil e la sua troupe scoprirono un tempio. Era molto più antico di ciò che si aspettavano di trovare, eretto probabilmente prima che gli antichi abitanti di questo luogo giungessero per edificare un villaggio. Il tempio però era stato coperto volontariamente, probabilmente proprio da loro, con grosse quantità di terreno. Forse perché volevano sconsacrarlo, oppure perché ne avevano paura. Il tempio recava dei bassorilievi su ciò che restava di imponenti colonne megalitiche. Quelle sculture raffiguravano tutti la medesima cosa: una testa di serpente.