Destresya raggiunse il suo padrone, mentre lui continuava a suonare l'organo.
Le sue mani, affusolate, bianche ed agilissime, si muovevano con grazia e sicurezza sui tasti bianchi e neri dello strumento, diffondendo nella sala quelle note misteriose e maledette che echeggiavano in ogni angolo del castello.
Era una melodia inquieta e tormentata, come le pagine di un romanzo gotico, come il vibrare dell'arpa e della rotta.
L'uomo suonava con passione e tragico trasporto, con impeto ed estro degno di un artista.
Più suonava e più il suo bel viso era rigato da sudore freddo, brillante di un pallore spettrale e dal fascino ambiguo, perduto, dannato.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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