Al palazzo reale di Camelot, Merwyn rispose a Hastatus:
"No, milord, non ho mai sentito nominare il castello di cui dite. Ora, col vostro permesso, cercherò di rintracciare il misterioso messaggero."
E dopo alcune ore, Merwyn ritornò a corte.
"Milord, non sono riuscito a rintracciare l'uomo che portò qui quel messaggio." Disse a Hastatus. "Sembra essere svanito nel nulla. Nessuno sembra averlo più visto a Camelot."
Ma proprio in quel momento, un mendicante entrò negli alloggi di Hastatus.
"Fate la carità, nobili cavalieri, ad uno sfortunato figlio della sorte." Cominciò a dire mostrando una ciotola consumata.
"Come osi entrare qui straccione!" Urlò Merwyn. "Vattene con le buone o ti farò scogliere i cani contro!"
"Pietà e clemenza, nobili eroi." Rispose il mendicante.
Poi, rivolto a Hastatus, aggiunse:
"Ora mi vedete debole ed impoverito, ma io fui, un tempo, un valoroso cavaliere. Ho combattuto in Terrasanta. Non vi fate dunque ingannare dalla mia miseria, perchè io fui cavaliere come lo siete voi ora... entrando ho udito ciò che dicevate, milord... io conosco il Castello del Doloroso Amore..."
Intanto, presso la locanda di Camelot, Guisgard stava cercando il servitore che aveva chiesto di un valoroso cavaliere.
"Lo cercheremo nella locanda, amico mio." Disse Guisgard a Cavaliere25. "E' qui infatti che l'hanno visto. Riguardo alla vostra spada, abbiate fiducia e pazienza. Presto ne avrete una."
Poi rivolto a Perry:
"Damigella, questo è un posto poco adatto per una giovane donna come voi. Mi raccomando, restate vicino a me e non fate nulla di avventato."
Nel frattempo, presso l'Albero Sacro, Elisabeth aveva curato Polgara.
La ragazza ora sembrava dormire serena.
Sognò allora la sua infanzia e sentì il caldo e rassicurante abbraccio della donna che amava come una madre.
E sognò ancora.
Sognò la verdeggiante campagna della sua infanzia.
Era in un immenso campo di grano dorato, che sembrava riflettere la luce del Sole.
Una lieve brezza percorreva quelle ridenti spighe baciate dal quel giorno mite e soleggiato.
Ad un tratto si accorse che con lei c'era Guisgard, proprio come accadeva in quegli spensierati giorni della loro infanzia.
Il fanciullo sembrava contrariato ed aveva con sè una spada di legno.
"Ora vado in paese!" Disse guardando la piccola Polgara. "E darò una lezione al figlio del maniscalco! Ieri per tutta la festa non ha fatto altro che girarti intorno! Si è divertito a ballare con te! Bene, ora lo farò ballare io!"
Fece qualche passo e poi si voltò verso la ragazzina:
"Ma non lo faccio per te!" Disse. "E' che mi sta antipatico! La vedi questa?" Chiese, indicando la sua spada di legno. "L'ho fatta io, sul modello della spada di San Michele in chiesa! Io da grande diventerò un cavaliere e sconfiggerò mostri e demoni! Partirò da questo paese e diventerò il più grande cavaliere mai nato!"
Ad un tratto i due ragazzini udirono dei tuoni in lontananza ed un forte vento cominciò a soffiare sulla campagna.
"Non preoccuparti, Polgara..." disse Guisgard "... è solo una tempesta... dammi la mano, ti riaccompagnerò a casa."
In quel momento Polgara si svegliò e vide Elisabeth che ritornava insieme al vecchio Guidon.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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