IL BOIA DEI DANTORVILLE
Lasciata alle proprie spalle la fertile e rigogliosa campagna Afragolignonese, lo spettacolo selvaggio e primordiale della brughiera affiorava con tutto il suo ardore e la sua forza ancestrale sotto i raggi obliqui del Sole morente, che trasformavano i ruscelli in nastri di dorata lucentezza ed esaltavano la terra verdeggiante arata di fresco con la massa lussureggiante dei boschi.
Qui ormai, nell'antico ducato di San Marco, d'ora in avanti la strada si faceva sempre più desolata e cupa, solcando e scavalcando brulli pendii tinti tra il verde cangiante e la ruggine feconda, tra massi, fossati e vialetti irregolari racchiusi da olmi, pini e salici piangenti.
Di tanto in tanto comparivano spaurite capanne e casupole isolate, dai tetti di pietra e l'aspetto severo, rallegrate dai verdi e folti rampicanti che germogliavano tra le betulle, le eriche ed i tamarindi.
Solo dopo questo squarcio selvaggio e bucolico, dove la fantasia ama perdersi ed è ancor più vivo l'antico sapore di quella vecchia e felice Afragolignone, oltre una conca cosparsa di querce secolari dai tronchi bassi, i rami frondosi e le sagome piegate da secoli di furiose tempeste, si ergevano dalle foglie due alte torri di granito massiccio che racchiudevano un cancello dal fantastico ed intricato disegno di ferro battuto e sorretto da due pilastri in pietra stretti e corrosi dal Tempo, sopra i quali erano posti due leoni, simbolo del nobile casato dei Dantorville.
Il calpestio stanco e lento dei cavali annunciava l'arrivo di qualcuno in queste antiche terre.
Erano due uomini dall'aspetto di importanti personalità, forse più nell'incedere e nei modi che nell'abbiglio.
Uno era grosso ed alto, dal volto e le membra pingue, racchiuso in un ampio e scuro balteo e con lunghi stivali di cuoio che fuoriuscivano dalle piega voluminose.
L'altro invece appariva magro, asciutto e ben fatto, alto anch'egli ma più aggraziato e dal volto piacevole, lo sguardo scaltro e l'espressione pensierosa.
Indossava un lungo mantello e dal cinturone pendeva un lungo coltello a due lame.
“Trovo queste terre assai umide...” disse quello grosso “... la gente che vi vive non mi piace e soprattutto ci sono troppe chiese e chiesette sparse un po' ovunque...”
“Siamo qui per gli uomini che vi abitano” ridendo l'altro “e non per le statue che adornano le loro chiese, mio caro Maday.”
“E se scopriranno i nostri veri intenti, Minsk?”
“Staremo attenti a non tradirci.” Rispose Minsk.
“Ma davvero qui ci ha spinti quella vecchia leggenda? Suvvia, tu che credi a simili fandonie!” Fissandolo Maday.
“Dietro ogni leggenda vi è sempre un demonio...” divertito Minsk “... quello ossia dell'ignoranza, della superstizione e del fanatismo.”
“La tua mania dei misteri” sbuffando Maday “stavolta temo ti abbia portato fuoristrada.”
“Vedremo.” Annuì Minsk.
Dopo un po' i due cavalieri videro apparire nella folta vegetazione il monumentale castello dei Dantorville.
Allora i due uomini spronarono i loro cavalli e lo raggiunsero.
Furono accolti dal custode, un uomo tarchiato e chino nelle spalle.
“Benvenuti nel paese del boia, miei signori!” Esclamò questi mentre apriva il portone per far entrare i due cavalieri.