Cittadino di Camelot
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Residenza: A casa mia, spesso
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Non temete XD è un errore comune, dopotutto io mi sono scelta Mordred come nickname e quindi in molti mi scambiano per un uomo.
Le cose scritte nei miei post sono tutti di mio pugno. Tutta robaccia mia e della mia perfida fantasia XD
07. Il ritorno
Galahad temette di aver detto, o pensato, qualcosa che avesse potuto ferire la dama del lago perché passarono dieci abbondanti minuti senza nessun ritorno.
Dopo quasi mezz'ora, Nimue uscì dal lago come vi era entrata, scivolando veloce ed asciutta. Non vi era una sola goccia d'acqua sui suoi vestiti o sui suoi capelli. Con sé portava una borsa chiara e colma.
"Non avresti mai potuto dire qualcosa che avrebbe potuto offendermi," rispose la maga ai suoi pensieri.
Si chinò davanti al giovane e gli porse la borsa, lasciando che fosse l'altro ad aprirla. E mentre lui slacciò le corde ed osservò mantelli, vestiti ed una strana boccetta di liquido azzurro, Nimue osservò intensamente Mordred, toccandogli incuriosita i capelli e le palpebre chiuse.
"E' strano," ridacchiò Nimue, tastandogli il naso con un dito.
"E' bello," ribatté Galahad. E subito arrossì per ciò che aveva detto.
"Anche voi siete strano."
"A cosa serve questa?" domandò il cavaliere alzando la boccetta azzurra. Nimue gliela prese e la stappò, strappando il tappo con i denti.
Qualsiasi altra persona sarebbe sembrata rozza o maleducata ma Galahad si rese conto che era impossibile associare queste parole a quella meravigliosa dama.
"Lo farà stare meglio." E prima che Galahad potesse fermarla, Nimue sollevò la testa di Mordred e gli fece bere il liquido azzurro.
"Fidatevi, sir Galahad, non voglio il male di nessuno."
"Ma Merlino-"
"Merlino stava morendo. Lui chiese. Lui desiderò ciò che ha avuto."
Galahad decise di non ribattere ma di aspettare ciò che sarebbe successo. Rimasero in silenzio, seduti sull'erba, l'uno a pregare e l'altra a guardare il verde o il blu del cielo con estrema avidità.
Mordred non si svegliò se non dopo almeno un'ora. Aprì piano gli occhi, sussultò e tossì, sputando qualche goccia della strana acqua azzurra.
Nessuno disse nulla fino a che il suo respiro non si calmò e non poté guardarsi attorno, studiando il freddo della notte, l'erba bagnata, la donna e l'uomo.
"Galahad?"
"Sì, Mordred, vi sentite meglio?" domandò l'interpellato, tornando al rispettoso 'voi' ora che l'altro cavaliere sembrava cosciente.
"Nimue," aggiunse subito, vedendo che lo sguardo del guarito si soffermava sulla strana sconosciuta.
"La dama del lago!" esclamò Mordred, alzandosi a sedere, traballante per la debolezza rimastagli nelle membra.
"La dama, la signora del lago!" rise Nimue, "ed il puro figlio del Graal ed il figlio dell'incesto! Siamo tutti qui."
Galahad la osservò confusa e portò una mano dietro al collo di Mordred, automaticamente. L'altro non sembrò nemmeno accorgersene o, se lo fece, ignorò la cosa.
"Dovreste tornare a Camelot."
"Sapete il mio futuro!" esclamò Mordred, "sapete tutto? Ditemi cosa accadrà, ve ne prego."
"Merlino credeva di sapere tutto. Io so solo il passato."
Mordred fece una smorfia di delusione ed in quel momento si accorse di non indossare quasi nulla. Si voltò ad osservare Galahad, sconvolto.
"Voi- dove sono i miei vestiti?"
"Posso spiegarvi, siete stato male e vi ho portato via così come vi ho trovato."
L'altro cavaliere rimase qualche secondo in silenzio, tentando di ricordare e prese meccanicamente le vesti che Nimue gli passava. Indossò la camicia e la tunica.
"Sì, sono stato male."
"E' stata Morgause." Galahad sussurrò, temendo di offendere in qualche modo il figlio della donna.
"Sì, è stata lei. Ma non voleva fare male, voleva solo tenermi con lei ed avermi accanto."
"Voleva tenervi con lei e tornare a corte, è questo ciò che pensate," lo corresse Nimue, non sentendo affatto la vergogna per l'intrusione che i mortali normalmente sentivano quando interrompevano i pensieri altrui.
"Ed adesso pensate che io me ne debba andare!" sussultò con aria divertita la donna mentre Mordred la occhieggiava con sospetto.
"Mia signora, vi prego di perdonare la sua scortesia," intervenne Galahad ma la donna gli toccò i capelli biondi un'ultima volta, tastando il loro colore soffice. Dopodiché imitò un grazioso inchino e raggiunse velocemente il lago, lasciandosi scivolare con grazia nell'acqua.
Dopo le ultime parole del giovane cavaliere calò un pesante silenzio, interrotto soltanto dal rumore quieto dell'acqua del lago e dal verso di qualche gufo a caccia.
Mordred decise quindi di finire di vestirsi.
"Dov'è la mia spada? E la mia armatura?"
"Le ho lasciate a Carleon. Mi dispiace."
Il figlio di Artù tastò nella borsa lasciata da Nimue e cercò armi o altro ma, trovandola ora vuota, fu costretto a lasciarla stare ed a concentrarsi su Galahad.
"Dov'è Lamorak?"
Galahad aggrottò le sopracciglia, confuso per il modo scontroso in cui Mordred lo stava ora trattando. Persino nei giorni dopo il fatto della fanciulla Gwendolyn Mordred non si era comportato così bruscamente con lui.
"E' rimasto con Morgause."
"Ed allora mia madre è riuscita nel suo intento. Forse non sarà come aver avuto me ma Lamorak è un amico di Artù."
"Gli farà del male?"
"No, non sarebbe da lei. Lo coccolerà e lo addestrerà come un cane."
Mordred tentò di alzarsi ma sentendosi ancora le gambe tremare, barcollò un momento e poi ricadde seduto.
"Volete qualcosa da mangiare?"
"Vi ringrazio."
Galahad interpretò i ringraziamenti come un sì e si alzò per prendere le provviste legate su Lucius ma Mordred gli afferrò il polso e glielo impedì.
"Vi ringrazio, intendo. Per avermi portato via da Carleon."
Il biondo figlio di Lancillotto annuì, non sapendo cosa rispondere. Vi ho portato via perché vi siete aggrappato a me come se vi fidaste solo di me, avrebbe voluto dire, perché mi stavate supplicando e non potevo sopportare la vista di voi così debole.
"Perché lo avete fatto? Non di certo per una forma di lealtà verso il re. Artù mi ha mandato ben sapendo che avrebbe potuto perdermi.
"L'ho fatto perché era giusto. Perché avete apprezzato le poesie che vi ho mandato." La risposta forse poteva non aver senso agli occhi di chiunque ma Mordred capì cosa intendeva. In un modo o nell'altro, era riuscito a sedurre Galahad come lui ed Agravaine avevano progettato.
Arrabbiato per la riuscita del suo piano prese la borsa vuota e la lanciò addosso all'altro. "Dei del cielo Britannico, siete uno sciocco ingenuo. Mi avete portato via, tirandovi addosso l'odio di una delle dame più pericolose, per dei regali. Perché vi ho regalato qualcosa?"
Galahad rimase in silenzio, sentendo che Mordred non aveva ancora finito.
"Perché vi ho regalato un rubino! Volete sapere dove l'ho preso? Lynette l'ha rubata a mio fratello Gaheris e probabilmente lui l'ha preso da Morgause. Me l'ha portato Agravaine, sapete? Io non volevo farvi nessun regalo ma sembrava essere l'unico modo per sedurvi."
L'altro si morse il labbro ed aggrottò le sopracciglia.
"Tutti quei complimenti, che gli dei mi siano testimoni, li ho dovuti cavare a sangue dalla mia bocca. E Gwendolyn, quella povera stolta, serviva solo a farvi ingelosire e farvi cadere ai miei piedi. E voi vi siete lasciato raggirare come un allocco, veramente degno del figlio di Lancillotto di-"
Galahad alzò una mano, fortunatamente libera dal guanto di maglia, e lo schiaffeggiò duramente. Gli prese poi la mandibola e lo spinse a terra, bloccandolo.
Meditò ai complimenti, fasulli evidentemente, che aveva ricevuto. Alla gentilezza ora scoperta forzata. Alle volte in cui Agravaine, evidentemente a conoscenza delle intenzioni di Mordred, aveva tessuto le lodi del fratello tentando di infiammare la sua ammirazione. Il rubino, le vesti, tutto una menzogna.
Suo malgrado provò un'ondata di sollievo all'idea che la falsa storia con Gwendolyn avesse il solo scopo di ingelosirlo.
"Mi avete ingannato."
Mordred tentò di parlare ma la stretta di Galahad glielo impediva e quindi annuì, quasi impercettibilmente.
"Vi ho forse detto che l'ho fatto per i vostri regali?" domandò il biondo cavaliere, non sapendo nemmeno lui cosa stava dicendo. Il tradimento nel suo cuore si univa alla delusione, alla rabbia, alla speranza che risorgeva lentamente come una fiammella. Se Dio lo aveva condotto fino a lì, fino alla scoperta del tradimento, lasciandogli quella speranza significava che c'era ancora altro da compiere.
"No, vi ho detto che vi ho salvato perché avete apprezzato il mio regalo." Strinse ancora un poco la presa su Mordred, per influenzare le proprie parole, ed infine lo lasciò.
"Non mi uccidete?"
"Perché? Ne avete paura?"
"No," rispose Mordred, con orgoglioso disprezzo, "ma questa è solo un'altra prova della vostra stupidità."
"Certo, ma non siete felice? Ora potrete vendicarvi di Lancillotto o di me, annunciando a Camelot come lo stupido sir Galahad si è lasciato sedurre dal figlio del re."
Mordred sussultò alla menzione della sua parentela con il re ma non disse nulla al riguardo. "Sarebbe troppo facile. Non mi divertirei più."
"Certo."
Scattando a sedere, veloce quasi quanto Nimue lo era stata prima, Mordred prese il volto dell'altro fra le mani e lo baciò con forza. Galahad se ne staccò subito. "Cosa fate?"
"Ingenuo fino alla fine."
"No," arrossì il biondo, "so cosa state facendo ma perché?"
"Perché ne ho voglia, per nessun altro motivo," rispose Mordred, seriamente ed i suoi occhi scuri e pieni di rabbia e sincerità squadrarono il biondo con attenzione.
"Sempre meglio dell'altro motivo," replicò Galahad, amaramente, "ma non credo che sia una cosa da fare per-"
Mordred lo ignorò e riprese a baciarlo, mordendogli il labbro, accarezzandogli i capelli con le mani con più forza del necessario.
Galahad si tirò nuovamente indietro, ad osservarlo, senza dire nulla.
"State meditando cosa dirà il vostro Dio? O avete paura che vi costringa a peccare davanti a lui? Con le poche forze che mi sono rimaste dubito che io riesca a costringere qualcuno."
Ed aveva ragione, Galahad sentiva le mani tra i suoi capelli tremare assieme alle braccia per lo sforzo dell'essere così attive dopo i giorni di malattia.
"Potreste persino riuscire ad uccidermi con il pensiero, immagino," rise Mordred, tornando a baciargli la mandibola.
"Non dite queste cose. Non ditelo più," replicò Galahad, prendendo a sua volta il viso dell'altro fra le mani.
"Non ci posso credere," sorrise il figlio di Artù, "vi siete innamorato di me!"
Galahad aprì la bocca per negare, per difendersi da quella che sembrava un'accusa terribile uscita dalle labbra di Mordred ma la richiuse subito. Si accorse che forse ciò che aveva detto Mordred non era così falso né così terribile. Non poteva esserlo perché era un dono di Dio, perché sua madre gli aveva spesso descritto questi sentimenti quando viveva con lei. "E' un dono di Dio," aveva detto Elaine, "ciò che provo per Lancillotto. La gioia di vedere persino i suoi difetti, la rabbia delle sue assenze che svanisce in sua presenza."
Oh Dio, come è potuto accadere?
"Sì. Sono cose che solo Dio comanda," rispose infine, ripetendo parole della madre.
"Non sono cose che accadono!" urlò Mordred, "Sono cose che devono essere evitate- voi! Maledetto!"
Mordred tornò a baciarlo e Galahad seguì le direttive dei propri sensi e lo lasciò fare, tremando ogni volta che l'altro mordeva piano il bordo della sua mandibola. Infine tentò di trascinarlo giù con sé, tremando nello sforzo e sentendo le palpebre pesanti per il sonno.
"Basta, siete stanco," arrossì Galahad, grato di quella scusa per fermarsi lì.
Ed era vero. Senza più protestare, Mordred si lasciò cadere a terra con un tonfo sordo ma, irritato perché l'altro aveva avuto ragione, si aggrappò a Galahad e lo attirò accanto a sé.
"Siete arrabbiato ma mi abbracciate come un amante," commentò Galahad, confuso dal comportamento di Mordred che, contro tutte le aspettative, lo stava realmente abbracciando.
"State zitto, non voglio più sentire una parola uscire dalla vostra bocca di gallo."
"Sapete," replicò Galahad, ignorando l'ammonimento, "devo ammettere che quando eravate forzatamente gentile mi inquietavate un po'. Forse vi preferisco così."
E dopo di quello Mordred non rispose più nulla. Quella notte i due dormirono entrambi, troppo stanchi per preoccuparsi di pitti o banditi e sperando che Nimue, dal lago, li osservasse e li proteggesse.
Ci volle un altro giorno perché Mordred riuscisse a cavalcare da solo senza addormentarsi sulla sella ma infine, a soli due giorni da Camelot, salì su Lucius lasciando Joan a Galahad.
Cavalcarono in silenzio tutto il pomeriggio e la sera decisero di fermarsi nonostante fossero a poche ore dal castello di Artù. Nessuno dei due aveva voglia di tornare a Camelot.
"Artù non sarà felice," commentò Mordred, finito di mangiare.
"Abbiamo fatto tutto il possibile per trattenere Lamorak."
Mordred non rispose.
"Che cosa potrebbe adirarlo?" domandò Galahad.
"Si adirerà comunque. Morgause è mia madre e lui pensa che io abbia una qualche influenza su di lei."
"In questi giorni ho pensato molto."
"Su Morgause?"
Galahad rise, piano, timidamente. "No, su altro."
Impaziente, Mordred gli colpì la gamba con il proprio stivale e Galahad gli prese al volo il piede e lo usò per trascinare il figlio di Artù verso di sé.
"Non dovresti trattare così il principe di Camelot!"
"Ho pensato che- mia madre mi ha insegnato molte cose sul mondo e sulla fede ma non ha mai detto nulla circa due uomini assieme," esclamò Galahad, tornando serio e trascinandosi su Mordred.
"Se anche il tuo Dio non fosse d'accordo non me ne importerebbe nulla."
"Ma quindi tu sei d'accordo."
"D'accordo su cosa?"
Galahad, come dimostrazione, si chinò su di lui ed iniziò a baciarlo delicatamente, quasi timoroso che il volubile Mordred potesse improvvisamente decidere di calciarlo via e trapassargli la gola con una freccia.
"Non c'è nulla su cui essere d'accordo. Tu sei un idiota, uno stolto, ti stai lasciando sedurre da me ed io mi vendicherò su Lancillotto."
La strana minaccia non sembrò avere alcun effetto sul biondo che, finalmente, sorrise. "Certo, se ti piace pensarlo," risponde, adottando istintivamente il 'tu' che aveva usato anche l'altro cavaliere.
"Ti conviene spostarti."
"Sei abbastanza forte da sapermi scacciare," replicò Galahad, tornando a baciarlo.
"Aspetta!" esclamò Mordred, togliendoselo bruscamente di dosso. Si mise a sedere e si tolse i guanti ti pelle, lanciandoli per terra, si tolse la tunica, la malandata cotta di maglia e come ultima cosa si slacciò la cintura del pugnale che Galahad gli aveva dato.
Lo osservò qualche secondo, spostando lo sguardo dall'arma all'altro uomo ed infine lo buttò nell'erba.
Rimase in ginocchio ad ignorare il freddo della sera con un cipiglio ostinato.
Galahad si avvicinò piano a lui, si tolse i guanti, appoggiandoli a terra, insicuro su cosa fare e, soprattutto, su cosa volesse davvero Mordred. Voleva fare l'amore con lui (arrossì al pensiero, sentendosi imbarazzato all'idea di non aver mai fatto nulla né con donne né con uomini)? O forse voleva tutto il contrario?
Inginocchiandosi per arrivare all'altezza dell'altro, Galahad prese il volto di Mordred e lo baciò, sperando di ricevere in cambio una qualche direttiva. Ma non giunse nulla, solo lo sguardo penetrante di Mordred.
"Non so cosa fare, dimmi cosa devo fare," gli chiese il biondo figlio di Lancillotto.
"Il puro Galahad," replicò Mordred, con disprezzo, "prendimi. Puoi avere ciò che vuoi, no? Così quando arriveremo a Camelot ognuno se ne andrà per la propria strada e dimenticheremo tutto."
"Non ho intenzione di dire nulla al re del tuo piano per distruggere Lancillotto," disse Galahad, come risposta.
Mordred fece spallucce, iniziando ad avere davvero freddo.
Galahad portò gli occhi al cielo. Il figlio di Artù sapeva essere più ostinato del padre. Si chinò poi nell'erba per riprendere la tunica di Mordred e gliela infilò.
L'altro lo lasciò fare.
Una volta rivestito, Mordred venne trascinato a terra dal giovane Galahad che, pur inesperto, sembrava aver preso una decisione seria.
"Dormiamo e non fare il melodrammatico," gli ordinò, abbracciandolo.
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