La sera giungeva dopo un giorno decisamente troppo corto.
Dovrebbero esserci molte più ore di luce, prima che arrivi il buio.
Perché quando arriva il buio, è il momento di lavorare.
E l’idea non mi allettava per niente.
Mi alzai dallo stretto lettino singolo, di fronte a quello di Lizzie, dopo aver riposato qualche ora e iniziai a prepararmi.
Dalla finestra aperta arrivava forte l’odore di frittelle dal piccolo negozietto di Alfred al piano di sotto, proprio sulla strada e dovetti trattenermi per non scendere a comprarne un po’.
Decisamente no, non era tempo di mangiare.
Il vestito bianco e blu accarezzò la mia figura, mentre gli altri stivali in pelle nera aderivano perfettamente alle gambe.
Dopo un po’ fui finalmente pronta, indossando una giacca rossa per smorzare la fresca aria di inizio autunno e uscii dal nostro minuscolo appartamento.
La scala era un via vai di gente, alcuni li conoscevo, altri no, ma qui c’era gente diversa ogn ìi notte, solo io e Lizzie vivevamo qui praticamente da due anni.
Anzi, lei addirittura da tre.
Come riuscisse a resistere, lo sapeva solo lei… pensai svogliatamente, cercando di alleviare il fastidioso prurito proprio all’inizio del collo, sulla nuca, per la dannata parrucca platino a caschetto, che insieme al basco nero tratteneva quasi a forza i miei capelli.
In realtà, non capivo nemmeno come anche io riuscissi ad andare avanti.
Dopo due anni era quasi subentrata l’abitudine, sempre che di abitudine si potesse parlare in questo caso.
Non si poteva nemmeno dire che avevo fatto di necessità virtù.
Perché la necessità c’era.
La virtù…
Di certo, le signore impellicciate e ingioiellate che passeggiavano mano nella mano coi loro mariti non pensavano alla virtù, quando mi vedevano.
O forse pensavano che insieme a me avrebbero potuto esserci proprio i loro mariti.
A seconda, insomma.
Lasciai la scala sgangherata, affollata, chiassosa e piena di fumo di sigaretta e uscii in strada, vedendo Lizzie appoggiata al lampione proprio vicino il bordo del marciapiede.
“Sera sbagliata?” commentai, vedendola ancora lì in attesa.
Rimasi un po’ lì con lei, dall’altra parte del lampione, poi mi spostai.
“Beh, vedo di muovermi. Ci si vede” a lei, con un cenno del mento.
Poi iniziai a camminare lungo il marciapiede, in tutta calma.
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