Il pomeriggio in redazione scorreva lesto e caotico, come sempre, del resto.
Quando mai in questa città non regnava il caos?
Era quasi un dogma, che nessuno pensava mai di sovvertire.
Caos, confusione, clacson, gente impazzita che correva sempre avanti e indietro attaccata ai cellulari, che non smetteva mai un secondo di lavorare.
Come la sottoscritta.
E forse, proprio il caos era l'anima di questa città.
Afragolopolis non sarebbe stata la stessa con un tranquillo viavai di biciclette e un cinguettio di uccellini su uno sfondo campestre.
Ero impegnata con questo pezzo sull'ultima nostra al museo nazionale da due giorni, era stato un evento importante e il pezzo doveva essere perfetto.
Inoltre, essere la redazione di un'importante rivista d'arte aveva il suo peso e non potevamo certo smentirci.
Ad un certo punto sospirai affondando le mani nei capelli.
"Stacey, portami un caffè doppio..." dissi, al vivavoce del telefono.
Uno sprint per andare avanti ci voleva proprio se non volevo collassare davanti al pc.
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