Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 02-12-2009, 00.51.18   #130
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XLIV

"Dalla voce al rimbombo, ed all'orrenda
Faccia del mostro, ci s'infranse il core."
(Odissea, IX, 324)


“Ardea…” Lo chiamò Biago.
I due si fissarono negli occhi per alcuni interminabili istanti senza dirsi nulla.
Poi, montato in sella al fedele Arante, Ardea cominciò a salire la collina, semiavvolta dalla fitta nebbia.
La via che conduceva in cima era stretta e dissestata.
Tra il manto di quella densa nebbia alti e incantati alberi di ulivo emergevano, quasi a simboleggiare la volontà della natura di liberarsi da quell’atmosfera maledetta.
Il cielo era simile ad una tela opaca e di tanto in tanto il Sole, come un disco di tiepida luce, si intravedeva nell’atto di attraversare quell’irreale orizzonte.
Giunto quasi in cima, Ardea vi trovò una vecchia nicchia abbandonata.
In essa era custodito un quadro della Santa Vergine di Campiglione con il Bambino.
“Ormai nessuno più mette piede su questa collina.” pensò Ardea.
E sceso da cavallo, iniziò a pregare davanti a quella nicchia.
“Vergine Santa” sussurro “veglia su di me come quando accompagnasti il tuo Figlio sul Calvario.”
Poi, strappato un ramoscello di ulivo, lo pose accanto a quella sacra immagine.
E rimessosi in sella, continuò la scalata verso la cima.
L’aria era immobile e pesante e la collina non era abbastanza alta da permettere all’umidità di asciugarsi.
Il ferro della corazza era ricoperto da un alone di goccioline e la tunica che la ricopriva era completamente bagnata.
Poi finalmente, Ardea intravide uno spiazzo. Era la cima di quella desolata Collina.
Qui la vegetazione era folta e verde e contornava alcuni spuntoni di roccia.
E tra questi si apriva l’ingresso di una grotta: era l’antro di Tramanto.
Ardea legò ad un albero il suo cavallo Arante.
Poi si incamminò verso la grotta.
L’ingresso sembrava un’enorme voragine scavata nella nuda roccia.
Le pareti erano tutte annerite dal fumo del fuoco.
Infatti, al centro della grotta, bruciavano grossi tronchi d’albero.
Ed accanto a questa brace vi erano sparsi ovunque formaggi, salumi e casse ricolme di frutta.
Mentre sulle pareti erano appesi diversi arnesi ed armi.
Tutto era al di la della misura umana, come se tutto ciò presente in quella grotta fosse adoperato da un gigante.
Ardea si avvicinò al rozzo tavolo, seminascosto da una rientranza della roccia, sul quale vi era una coppa riempita a metà con del vino rosso.
La coppa era grossa come quei tipici calderoni bretoni, che i druidi adoperavano per i loro riti.
Un uomo a fatica sarebbe riuscita a sollevarla.
Ardea si fermò, quasi distrattamente, a fissare quel vino rosso e scuro.
All’improvviso qualcosa lo destò dai suoi pensieri.
Velate increspature iniziarono a formarsi nella coppa.
Sempre più profonde nascevano dal centro e si spegnevano lungo i bordi.
Poi tutti gli arnesi appesi alle pareti iniziarono a vibrare.
Prima in modo impercettibile poi in maniera sempre più evidente.
Ad un certo punto la grotta iniziò a scuotersi.
Come se la terra stesse iniziando a tremare.
Sordi boati si susseguivano, quasi ad intervalli regolari.
Ardea, quasi temendo che la grotta potesse franare, corse verso l’uscita.
E qui vide un’orribile e grottesco spettacolo.
Un uomo alto almeno il doppio di uno comune, ritornava in quella grotta.
Aveva i capelli folti e nerissimi, la pelle solcata da profonde rughe ed il corpo ricoperto da un’irregolare peluria.
Aveva delle pelli come abiti e calzava dei sandali legati fino alle ginocchia.
Sulle spalle portava due grossi e robusti cervi, che costituivano il suo avido pasto.
E dalla cintura che gli stringeva le pelli lungo la vita, legata da una robusta catena, pendeva una grossa scure, ancora intrisa dal sangue vivo delle sue prede.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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