Ancora una volta, luci accese, telecamera pronta, la musica iniziò e io mi snaturai.
Dimenticai il mio nome e la mia origine, diventando solo Margherita.
La voce sgorgava dalla mia gola, si inoltrava nello studio, scuoteva gli animi di chi ascoltava, accompagnando i movimenti del mio corpo, offerto agli occhi di sconosciuti, tutti potenziali Faust.
Dovevo affascinarli, ammaliarli, far loro perdere il senno, stregarli per averli in mio potere.
Così cantavo e ballavo, o meglio, così cantava e ballava Margherita davanti a quella telecamera, incentivata dall’incontro con Phoemnisk che riponeva così tante speranze in quello spettacolo.
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