Il mondo intero si era ridotto a quella stanza, a quel letto peccaminoso divenuto umido per il nostro sudore, i nostri umori.
Adoravo l'odore che si sprigionavano nostri corpi, era così intenso e insieme così inebriante da farmi perdere completamente la testa.
Mi muovevo su di lui in quel ritmo forsennato, come se la mia intera sopravvivenza dipendesse da quella cavalcata, e forse era così.
Perché io non potevo vivere senza la passione assoluta, non potevo pensare di sprecare nemmeno un istante degli attimi che mi erano concessi non vivendo appieno. Ed era quello, vivere appieno, erano quelle sensazioni, quel piacere immenso, quell'estasi così terrena che sembrava invece essere decisamente più alta, potevo sentire le fiamme dell'Inferno prendermi, farmi loro, assaggiarmi prima, poi divorarmi dall'interno, prendersi tutto di me, consumare persino la mia anima. Ma io non desideravo altro che bruciare, che essere consumata, che assaporare quelle fiamme giorno dopo giorno e annerire sempre di più ciò che restava della mia anima, perchè la parte più scura era mia, e mia soltanto.
Il mio stallone era inarrestabile, continuava a muoversi, a inarcarsi, a farmi impazzire, godere, urlare. Urlare in un modo disumano, folle, intenso.
Le sue mani su di me erano cariche di una bramosia che mi compiaceva, mi beava, mi mandava ancora più in estasi.
E la sua lingua poi, quando raggiunse i miei seni mi provocò un grido ancora più acuto, ancora più incontrollato, folle, meravigliosamente intenso.
Ma furono quelle parole, sussurrate al mio orecchio con un tono che mi fece rabbrividire a farmi perdere definitivamente il controllo.
Lo guardai negli occhi con lo sguardo ancora più ardente e mi abbandonai al piacere meraviglioso che mi dava, sfogando tutto il mio desiderio, la mia passione, la mia lussuria in quelle urla liberatorie mentre il piacere più intenso ed assoluto sconquassava il mio animo, e non mi importava un accidente se gli altri avevano sentito, che sentissero quanto la loro padrona amava la vita.
Esausta, scivolai accanto a lui, reso ancora più bello da quel momento di pura passione, di lussuria sfrenata. Gli sorrisi e allungai la mano per sfiorare quel membro soddisfatto e appagato, umido dei miei umori, del nostro godimento.
"Che meravigliosa cavalcata..." abbandonandomi sul cuscino a gustarmi quel momento di pura estasi "Devo andare!".
Poi mi alzai, ricordandomi che non avevo tutto questo tempo.
Il tempo... la mia intera esistenza si basava sul rincorrere il tempo.
Andai a farmi un velocissimo bagno con essenze profumato, perchè nessun uomo vuole sentire addosso a una donna l'odore di un'altra.
Il che era un peccato perchè invece a me piaceva moltissimo tenere addosso l'odore del mio amante, l'odore del sesso, della passione, mi ricordava le immagini e le sensazioni dei momenti di passione appena conclusi.
Ma non era quello il momento adatto, il Maresciallo mi aspettava e io dovevo essere la migliore, dopotutto il mio signore ci teneva che entrassi nelle sue grazie.
Indossai un bell'abito e scesi di sotto, dove il messo aspettava in compagnia di Stuardo.
"Vorrete perdonare l'attesa, messere..." dissi, con un cortese cenno del capo "Ma la bellezza ha le sue pretese.." candidamente, come se anche cavalcare lo stalliere facesse parte della mia toeletta, e dopotutto non vedevo perchè non poteva essere così, dopo tutto quel piacere il mio viso era sicuramente più disteso e dopo tutta quella attività il mio corpo più tonico.
"Vogliamo andare, dunque? Non voglio far attendere oltre il vostro signore!" con una voce suadente, calda.