Il palazzo, dall'aspetto gotico e decadente, racchiuso da due alte torri quadrangolari e merlate, sorgeva appena fuori le mura di Monsperone, ai piedi di un mite poggio ammantato da ulivi e cipressi.
La sera era scesa sulla vallata e la falce lunare, simile ad un truciolo d'ottone e d'onice, si affacciava tra alte e sottili nuvole che velavano appena il cielo sopra il bosco.
Le stanze del palazzo erano avvolte da una cupa penombra, sferzata appena dall'esile alone di alcune candele.
Gwen congedò Marko ed unse il fazzoletto del vischioso sangue che colava dal suo labbro inferiore.
Allora nella stanza, quasi fosse uno spettro, arrivò la pallida figura di Tatiana.
“E' un peccato” disse lasciandosi cadere appagata su una poltrona “che di notte non vivino gli uomini... come se Qualcosa volesse tenerci divisi da loro...” con un sorriso sadico “... si, un vero spreco di bellezza...” giocando con i suoi capelli.
Entrò ad un tratto Ivan con in mano un candeliere a 4 braccia che illuminava quel tratto di salone.
Un attimo dopo però qualcuno bussò al portone del palazzo.
“A questa tarda ora...” destandosi Tatiana “... chi potrà mai essere?” Visibilmente euforica.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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