La da toccò il piacere più alto, travolgente, folle, proibito.
Sentì le forze quasi mancarle, venirle meno tanto godeva.
Gemeva e gridava incurante che la sua voce riecheggiasse in tutta la corte, nei lunghi corridoi e penetrasse in ogni anfratto del palazzo, eccitando le sue ancelle, le sue soldatesse ed i suoi schiavi rozzi e repressi.
Le sue gambe si piegarono e lei quasi cedette di peso, trovando però a sostenerla i suoi due condottieri.
Clio si abbandonò seduta come su due sgabelli viventi che senza indugio, infaticabili ed ardenti continuavano a giocare con le loro bocche e le loro lingue fra le gambe della sovrana di Brazzen.
Il corpo liscio ed unto di olio di lei scivolava su quei visi, sentendone le barbe incolte e virili, le fattezze, le labbra e le lingue dentro di lei.
Non riusciva a stare ferma, strofinandosi ed ansimando su quei due uomini così decisi, passionali ed instancabili.
“No, non fate il nome del povero marinaio...” disse Bafon ad Altea “... potrebbe insospettirsi... il governatore è un uomo subdolo, vile e meschino...” sottovoce “... potreste recarvi da lui... e non so... chiedergli un domestico... o meglio un servitore per lavori pesanti, indegni... domandargli un uomo di poco conto e valore e di come a voi necessiti un individuo da sacrificare per lavori umilianti... se sarete convincente lui potrebbe proprio darvi quel povero marinaio...” disperato il vecchio.