Com’erano diversi gli occhi di quel robot rispetto alle mille espressioni e sfumature presenti in quelli azzurri e profondi di Icarius.
Gli occhi di Gutlax erano rossi, inanimati, inespressivi, sempre uguali, inquietanti non poco.
Icarius mi teneva sempre stretta, e io non avevo nessuna intenzione di sciogliere quell’abbraccio che mi scaldava ogni istante di più.
Ascoltai in silenzio la conversazione tra i due, affascinata da quello scambio di opinioni così pittoresco.
La ragione e il cuore, la logica e l’irrazionalità, l’uomo e la macchina.
Ero sempre stata convinta che ciò che rende umani è proprio la religione, dunque mi sembrava più che sensato il fatto che dei robot non riuscissero a comprenderlo.
Dopotutto la ricerca del divino è qualcosa di squisitamente umano.
Ma poi sbiancai alle parole di Gutalax.
Gli alieni? Ecco adesso ci mancavano solo gli alieni a quello strano quadro da perfetto film di fantascienza apocalittico.
Eppure aveva senso una cosa del genere…
L’intervento alieno avrebbe spiegato molte cose, l’influenza su animali e piante, la volontà (perché restavo sempre convinta che di ciò si trattasse) di non aver effetto sull’uomo.
Perché infondo una civiltà aliena poteva aver sviluppato ogni genere di tecnologie o capacità incomprensibili alla mente umana.
Eppure ero sempre più curiosa di tutto quello sopratutto considerando la missione dei robot per la felicità umana.
Davvero era quello che interessava agli alieni?
A meno che con “non è di questo mondo” il robot volesse alludere a qualcosa di più metafisico, come ad esempio demoni o presenze occulte del genere.
Sì… meglio gli alieni, decisamente.
Alle ultime parole guardai incuriosita il robot.
Trovare il monolite…
Sicuramente un compito difficile, ma intanto per ora eravamo salvi.
“Ci servirà una strumentazione adeguata…” feci notare al robot “E più dettagli potete su questo posto.. al mondo ci sono moltissimi monoliti…” pensierosa “Ma vedrete che noi lo troveremo!” annuendo fiduciosa per poi guardare icarius.
|