Brano tratto dal poema "La vocazione", il poema che narra la giovinezza di Ordifren...
Il cielo era di un pallore bruno, con l'aria, spazzata da un vento freddo ed inclemente, odorosa di fiori sconosciuti.
Tutto il mondo gli era ormai quasi ignoto, visti i lunghi anni trascorsi nel monastero.
Scrutava lo sconfinato bosco divenuto ormai campagna, fino a raggiungere con lo sguardo il piccolo borgo arroccato ed addormentato ai piedi di un basso monte.
“Dimmi...” disse Mefistofele “... sei deciso ad andarci?”
Ordifren non rispose, restando a guardare il borgo come fosse uno scrigno chiuso.
“Ti uccideranno, lo sai?” Ancora Mefistofele.
“Si...” annuì piano Ordifren “... e credono sia molto facile...”
“Sono pagani.” Con indifferenza il demonio. “Ti uccideranno forse per il saio che indegnamente indossi. Odiano i Cattolici. Li odiano tutti.”
“Io non sono Cattolico.”
“Ma sei abbigliato come un chierico, amico mio.”
“Mi aiuterà ad ingannarli.”
“I pagani” stringendosi nel mantello il demone “sono facili da ingannare.”
“Come tutti gli uomini di qualunque Fede.” Mormorò Ordifren. “Chi crede è debole.”
“Io credo in Dio.” Ridendo Mefistofele. “L'ho visto.”
Ordifren strinse le redini del suo cavallo e si avviò verso il borgo, raggiungendolo dopo circa un'ora.
Erano passati molti anni.
Partito bambino vi era ritornato ormai uomo.
Poco però era cambiato nel vecchio abitato.
Le stradine in cui aveva giocato erano come allora ammuffite e racchiuse dalle casupole tutte ammassate l'une sulle altre.
La chiesa del paesino era stata chiusa da anni e la vecchia torre un tempo eretta dai barbari ora era stata adibita a dimora dei nuovi padroni.
L'ex chierico giunse stretto nel suo mantello, in sella ad un cavallo nero come la notte, con tutti gli abitanti che cominciarono a guardarlo.
Qualcuno con sospetto, qualcuno altro con indifferenza, altri poi con curiosità.
Lui avanzò fino alla torre, dove due soldati lo fermarono, chiedendogli chi fosse e cosa volesse.
“Sono solo un viaggiatore...” fissandoli.
Non potevano vedere il suo saio sotto il mantello scuro.
In quel momento si voltò e la vide.
Era forse la donna più bella che avesse mai visto.
Gli occhi di una colomba, la pelle d'alabastro e lunghi capelli biondi che scendevano inanellati come pendagli dorati sul collo e le spalle ben fatte.
Una ciocca ribelle declinava dolce sul viso e lei la spostava con un gesto delicato, quasi senza badarci.
“E' la più bella del paese” disse uno dei soldati ad Ordifren “ma non è per te. Questo posto non è per te.” Ridendo.
Lui lo guardò e proseguì oltre, seguito dagli sguardi sospettosi dei militari.
Gli era bastato poco per capire che i nuovi padroni tenevano in una morsa il paese ed i suoi abitanti.
Nessuno però l'aveva riconosciuto.
Tutti avevano dimenticato il piccolo Giorgio partito anni prima per andare a chiudersi nel monastero.
Raggiunse così il cimitero, dove riposavano i suoi antenati.
Nel chinarsi su una lapide sentì un latrato.
Si voltò di scatto e vide un cane, vecchio e stanco, accovacciato presso quelle tombe che guaiva verso di lui.
“Astro...” incredulo Ordifren “... Astro, vecchio compagno di giochi e giorni spensierati... sei proprio tu?” Accarezzandolo. “Mi hai riconosciuto... tu solo... fra tutti... mi hai riconosciuto...” stringendo con affetto il suo pelo “...eh, siamo cambiati tutti e due... io un bambino ricco di fantasia... tu il primo della muta, il più veloce e forte... saldo nella presa, fedele nel seguirmi... almeno per te, vecchio amico, il mio è un ritorno...” amaramente.
“Ti ha riconosciuto...” ad un tratto una voce alle sue spalle “... ti ha riconosciuto...”
Ordifren si alzò rapido e portò il suo coltello alla gola del giovane uomo che era dietro di lui.
“Chi sei?” A quello Ordifren.
“Ti ha riconosciuto...”
“Chi sei?” Agitando il coltello Ordifren.
“Non mi riconosci?” L'altro. “Sono... sono Flavio... il tuo compagno di giochi...”
“Flavio...” piano Ordifren “... quanto tempo...” poi i suoi occhi tornarono ad essere freddi “... mi sei caro come un fratello, ma se pronuncerai il mio nome i mi tradirai... io ti sgozzerò come un cane...”
“Perchè dici così?” Stupito l'altro. “Perchè torni straniero a casa tua?”
“Perchè per ingannare i miei nemici” rivelò Ordifren “devo prima ingannare i miei amici...”
“Sei venuto a liberarci!” Gridò quasi Flavio, se Ordifren non gli avrebbe impedito di farlo.
I due si strinsero forte per un lungo istante.
“Vieni...” Flavio.
Così lo portò in aperta campagna, fino a raggiungere un pozzo.
“Qui si radunano...” fece Flavio.
“Chi?”
“I pochi che non hanno paura di pregare nonostante i pagani...” spiegò Flavio “... c'è una cripta sotterranea, accessibile da questo pozzo...”
Sul pozzo però c'era una pietra incisa con delle parole apparentemente normali.
“Celano un enigma, la chiave per raggiungere la cripta...” indicando la pietra Flavio “... solo il parroco la conosce, ma è stato arrestato dai pagani...”
Ordifren naturalmente risolse l'enigma, scoprendo cosa legava quelle parole l'una all'altra.
Scesero nella cripta e trovarono il luogo in cui i credenti del paese giungevano a pregare prima che il parroco venisse arrestato.
Flavio corse a chiamare gli altri e in breve arrivarono nella cripta con Ordifren.
Vedendolo col saio lo credettero un chierico.
Su un altare di pietra vi era una statua di San Michele senza però più la lancia.
“La lancia era d'oro” raccontò Flavio al falso chierico “ma il capo dei pagani l'ha presa e la usa per cacciare cervi e fagiani...”
Allora un vecchio si avvicinò, porgendo ad Ordifren una lancia di legno.
“Padre...” disse il vecchio “... l'ho fatta io... sono un falegname... mettetela voi fra le mani di San Michele...”
Ordifren prese la lancia e la guardò, per poi spezzarla in due.
“Riavremo quella vera.” Con decisione, suscitando la loro commozione e la loro speranza.
Ecco cosa c'era inciso sulla pietra del pozzo:
Amico caro
Alba tropicale
Perni cedevoli
Festival canoro
Impasse rovinosa
Fecondo romanziere
E voi, dame e cavalieri di Camelot, sapete risolvere l'enigma?