Icarius fu abile nel portare Clio al punto più alto, più sublime ed assoluto.
La sentii vibrare fra le sue braccia, gemere per il forte piacere prima ed il travolgente godimento poi.
Abbandonarsi ebbra d'Amore, vinta dalla passione e soddisfatta dal desiderio di lui nel volerla vedere così.
La regina galattica era aggrappata a lui, al suo uomo, che forte la sosteneva.
Poi, recuperando respiro e battiti, Clio lo guardò negli occhi.
Con uno sguardo determinato, perentorio.
Allora cominciò a scendere, a scivolare lungo il corpo di Icarius, fino ad inginocchiarsi ai piedi di lui, come se da regina fosse mutata in schiava, da musa in ninfa.
Era ai piedi del suo padrone, guardandolo negli occhi, come a voler vedere la sua espressione per ciò che stava per fargli.
Di nuovo fece suo l'ardore del pittore e cominciò a giocarci.
Giocarci come se non esistesse altro al mondo.
Prima con gli occhi chiusi, poi aperti e puntati su Icarius, a scorgerne il piacere, il godimento, la follia.
Lui afferrò i biondi capelli di lei, mentre la musa non smetteva, non tentennava, non aveva incertezze, né mostrava stanchezza.
Sentiva il suo bel pittore irrigidirsi, fremere, sussultare, con ogni muscolo del corpo teso, la pelle sudata, gli occhi che a stento teneva aperti.
Clio sentiva le dita di lui strette fra le sue bionde ciocche, mentre lei lo guardava senza fermarsi.
Senza fermarsi mai.
Lui era al limite.
Era folle.
Lei lo sentiva e continuava.
Sentiva vicino quel momento.
Ed allora un gemito di lui mutò in un grido strozzato, lasciandosi andare e liberare tutto il suo piacere.
Un piacere che Clio assaporò.
Un piacere travolgente, inondante, come la spuma bianca di mille cavalloni marini sulla bianca ed arsa sabbia.
Un piacere che sconfinò.
Come il loro Amore.
Quei lungi gemiti, musica dolce ed attesa da Clio.
Lungi gemiti come il fruscio delle onde sulla spiaggia.
Lunghi gemiti che echeggiarono nella vuota stanza.
Lunghi gemiti che salutarono l'arriva dell'alba.
E dopo Icarius si sedette sul legno del pavimento, accanto alla sua regina.
E si strinsero in un tenero, dolce ed infinito abbraccio, imperlato dal rosato splendore del Sole nascente sulla brughiera.