La ridente campagna era invasa dal Sole e una fresca brezza soffiava da settentrione, rendendo il paesaggio limpido ed asciutto.
Il Sole era alto ma non recava nè afa, nè calura.
Guisgard giunse così presso la cappella benedetta.
Il fogliame era rigoglioso ed avvolgeva tutt'intorno le mura della capella.
Rose e gigli ingentilivano quel luogo ed il loro profumo, sospinto dal vento, si diffondeva ovunque.
Guisgard si sedette sulle scale della cappella ma non vi entrò.
Non era degno, aveva peccato. Questa pensava fra sè.
Tuttavia era sereno, come non gli succedeva da tempo.
Quella vecchia ferita sembrava non sanguinare più.
Certo, resterà la cicatrice, pensò, ma non causerà più tutto quel dolore.
Dopotutto suo zio amava ripeterlo spesso: "Chiunque abbia combattuto ed amato, porta con sè una cicatrice!"
Ma ad un tratto vide una figura provenire dall'ampio cortile.
Era ben fatta e coperta da un velo violaceo.
Veniva verso di lui, ma ad un tratto si fermò.
Allora Guisgard si alzò dalle scale per andargli incontro.
Ma più si avvicinava e più sentiva crescere dentro di se un senso di inquietudine.
Era a pochi passi da lei quando udì un cane abbagliare. Era un grosso alano, che ringhiava e schiumava.
All'improvviso udì una voce, che echeggiava di superbia e malvagità.
"E' successo di nuovo" disse quella voce "ancora una volta una donna è stata la tua rovina. Quando imparerai che l'amore non vale nè l'onore, nè il potere!"
"Jean de Gouf!" Gridò Guisgard. "Maledetto, ora la chiuderemo qui noi due!"
Ma mentre portava la mano sulla spada, vide quella donna coperta dal velo violaceo riprendere a camminare e andare verso la cappella.
Ma quell'attimo di distrazione gli fù fatale.
De Gouf lo trafisse a tradimento.
"No!" Gridò Guisgard alzandosi di scatto.
Era ricoperto di sudore ed aveva la voce rotta.
Si guardò attorno e riconobbe Elisabeth.
Era stato solo un incubo. Anche se tremendamente reale...
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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