Alla fine non ci fu più controllo, più resistenza, più nulla.
Le labbra di Icarius lasciarono quei seni e raggiunsero la bocca di Clio.
Si baciarono, a lungo, persi sulle loro lingue ardenti, infuocate.
E finalmente la prese.
Il giovane pittore fece sua la bellissima regina.
Allora tutto quel piacere, quella febbrile attesa, quella meravigliosa tortura, tutto ciò che era stato trovò sollievo, sfogo, godimento.
La forte regina spaziale, l'eroina di mille anni luce, la musa delle distanze siderali, abituata a cavalcare il cosmo, a lottare contro forze galattiche, a domare ribellioni e proclamare giustizia su sistemi planetari e ammassi di galassie sconosciute, era ora in balia di quell'uomo, di quel comune terrestre, di quell'essere umano.
Fra le sue braccia, contro il suo petto, Clio era persa.
Persa nell'ardore, nella forza e nella passione di quel giovane e semisconosciuto pittore.
Sotto la foga del suo corpo, tra i cigolio folle del letto, non poteva non godere, non gemere, non impazzire.
Stava scoprendo l'Amore ed il sesso, la felicità, il piacere e la vita stessa.
I loro corpi nudi erano sudati, tesi, caldi ed insaziabili.
Era una danza primordiale, una lotta corpo a corpo ed istintiva.
Mai poteva credere, prima di quel momento, che un uomo avesse tanta forza, tanto slancio.
Per poterla domare, dominare, renderla preda, sottomessa, quasi intimorita, ma soprattutto donna.
E si amarono.
Si amarono per ore, in una stanza ormai ardente della loro passione.