Camelot, la patria della cavalleria

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Guisgard 21-05-2018 01.42.06

Il Cavaliere Bianco
 
"Al mattino ascolta la mia voce;
al mattino ti espongo la mia richiesta
e resto in attesa."


(Salmo 5)



PROLOGO


Sterminata, magnifica e splendente come oro ai raggi calanti del tramonto, la città era ricca di mura merlate e serpeggianti, colonne di porfido policromo, ponti sospesi e ricurvi di marmo venato, fontane d'avorio che mandavano zampilli nelle grandi piazze, porticati ad arco e monumentali su alti pilastri, giardini profumati e lussureggianti, larghe strade che si snodavano tra filari di alberi frondosi, urne bianche ornate di fiori sconosciuti e un corteo scintillante di statue abbellite con oro ed argento lungo gradoni di pietra opaca che salivano fino all'agorà.
Sul far della sera gli ultimi raggi del Sole morente traevano sfolgoranti bagliori dalle cupole dorate delle sue chiese, in un tripudio di guglie e campanili svettanti e confusi in oceani perduti di nuvole nel cielo infinito.
Sui fianchi interni alle lunghe mura si arrampicavano file di tetti rossastri e vecchi solai aggobbiti che racchiudevano le strade più piccole ed interne ricoperte di ciottoli lisci e consumati.
Nella sua bellezza inconcepibile ed incantata Afragolopolis era una visione degna della febbre di un re: un concerto armonioso di strumenti sovrannaturali, un tuono di cimbali e liuti senza Tempo, un crepuscolo sognante di arpe, mandolini, cetre, flauti e rotte di suoni ipnotici, ammalianti, sognanti.
La meraviglia aleggiava su questa grandiosa città, come una nube sulla cima selvaggia di una montagna inesplorata e favolosa.
Uno spettacolo degno della fiabesca capitale di un regno millenario qual'era Afragolignone.
I lunghi secoli di guerra non avevano scosso il suo splendore, né assopito la leggenda della sua bellezza, limitato com'era il conflitto alle zone più estreme del reame, lungo la frontiera fortificata e perlopiù deserta.
Ma negli ultimi mesi qualcosa era cambiato.
Una nuova minaccia, terribile e sconosciuta, aveva racchiuso e fatto indietreggiare i suoi confini, terrorizzato il suo popolo ed annichilito in parte il suo progresso.
Gli attacchi, sorti dal nulla, erano stati prima isolati e sporadici, ma via via, nel corso di settimane che mutavano sempre più drammaticamente in giorni, divenuti più frequenti e devastanti.
Intere città erano state letteralmente cancellate dalla faccia del regno o mutate in polverose rovine fatte di sale.
Svariate razze di individui, con i loro usi e tradizioni, si erano praticamente estinte, portandosi nell'oblio della morte i ricordi delle loro culture.
Le sorti della guerra erano cambiate in un nulla, portando ad un passo dal baratro dell'annientamento l'intera civiltà Afragolignonese.
Ora vi era un'unica speranza, quella ossia portata dall'imminente arrivo della cometa Adelaide, che ogni 701 anni attraversava i cieli del nostro pianeta.
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IL CAVALIERE BIANCO


Episodio 1: l'arrivo di Adelaide


“Il corso delle stelle influenza le sorti umane da sempre e da esso dipendono le passioni e i sogni dei popoli.”

(Arato da Soli, Fenomeni)


Ad Afragolopolis, fra le strade, nelle piazze, nei tavoli di locande ed osterie e lungo gli usci di botteghe e negozi pulsava una vivida eccitazione.
La paura della guerra, di uno dei suoi devastanti attacchi divenuti sempre più frequenti nelle diverse regioni del reame (solo la capitale era stata risparmiata fino ad ora), in questi giorni sembrava inquietare meno la popolazione, o almeno nel suo cuore conviveva con una fervida speranza.
Quella portata dall'imminente passaggio nei cieli Afragolignonesi della cometa Adelaide.
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+++

Lady Gwen 21-05-2018 01.48.00

Il carrozzone procedeva tranquillo e senza traumi, eccezion fatta per qualche piccolo fosso qua e là, trainato da Rufus.
In realtà, nessuno avrebbe mai detto di vederci qui, ora, in giro per il mondo col nostro colorito mezzo di locomozione.
Io, Mery ed Aisha avevamo deciso di riprendere le redini delle tradizioni del nostro popolo, i Faa, nient'altro se non popolazioni di zingari giunti in Scozia tanti anni or sono.
Non era stata una vita facile, la loro.
Erano stati spesso additati come ladri ed assassini, impiccati, giustiziati, ricercati, cose che li avevano portati negli anni a mimetizzarsi il più possibile con la popolazione locale.
Motivo per il quale potevo sfoggiare una pelle di alabastro e una chioma fulva, a differenza della carnagione bruna ed i capelli scuri delle mie antenate.
Da tanto tempo le nostre famiglie si erano stanziate, abbandonando l'ideale dei viaggiatori, della vita nomade.
Ma noi eravamo tre spiriti liberi, indomiti, volevamo girare, scoprire il mondo e nulla ci avrebbe fermate.
Nonostante tutto, credevamo che fosse davvero quello il reale significato del nostro popolo, non eravamo fatte per mettere radici.
Eravamo un po' come quelle piante selvatiche senza radici che crescono un po' qua e un po' là, senza limiti, senza costrizioni, senza regole.
E il nostro viaggio ci aveva portate qui, in questo luogo rigoglioso e fiorente di vita, pulsante, vivo, che ci stava accogliendo coi suoi colori ed i suoi profumi.
Tuttavia, non avremmo potuto continuare per molto poiché la sera era imminente e avremmo dovuto fermarci.
"Che dite, ci fermiamo qui?" a Mery ed Aisha dentro il carrozzone, in attesa di una risposta mentre avanzavamo nel fitto del bosco.https://uploads.tapatalk-cdn.com/201...e79bff6047.jpg

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Dacey Starklan 21-05-2018 11.50.06

Era un ben giorno di sole, uno di quelli dove il cielo risplende e il caldo ti appiccia i vestiti sulla pelle, quando tutto avvenne, senza preavviso, senza darmi il tempo di realizzare, di prepararmi.

Mia madre era una ottima sarta e le sue creazioni elaborate venivano richieste anche dai villaggi vicini.
Quello era il mio compito, andare a vendere i vestiti, perché con ago e filo proprio non combinavo nulla.
Per questo mio padre mi permetteva di prendere la nostra giumenta, a cui attaccavo un carretto ricolmo di stoffe e prodotti finiti.
Avevo una parlantina spiccia e un bel sorriso per tutti, sembravo nata per far affari.
Quel bel giorno di sole ero di ritorno al mio villaggio, particolarmente soddisfatta per come era andata la giornata di lavoro ma non ci misi molto a capire che qualcosa non andava.
Più mi avvicinavo al mio paese più sentivo una cosa soltanto: silenzio.
Un silenzio che mi mise subito in agitazione perché era qualcosa di inusuale, persino innaturale.
Neanche la notte ci sarebbe stato tanto silenzio.
Sentii l’urgenza di arrivare, spronando l’animale incurante del traballante carretto che sobbalzava quando si andava al galoppo.
Ma una volta arrivata avrei voluto non essere lì.
Il mio respiro si fermò e così anche il mio cuore, a quella orribile vista.
Ogni cosa, ogni animale o persona era svanita, distrutta da qualcosa o qualcuno.
Da villaggio fiorente e pieno di gente mi ritrovai in un villaggio fantasma
Il mio villaggio.
Non c’era più.
Non c’era più la sua gente.
Non c’era più la mia famiglia.
Corsi in quel tappeto di sale verso casa mia, alla ricerca di qualsiasi cosa, un segno, una speranza.
Qualcuno doveva essere vivo.
Mi affannai, scavando tra le macerie fino a perdere le forze e crollare in un pianto amaro.
Tutto ciò che era stato non c’era più.
Un intero paese, una intera comunità spazzata via senza pietà alcuna.
Ogni più piccola cosa era scomparsa, non c’era neanche un piccolo segno del passaggio di tante brave persone su questa terra.
Ero da sola a ricordarle, ero da sola a piangerle.
Ero da sola.
Sarei stata da sola d’ora in poi.
Orfana e senza radici per via di un Male che non potevo comprendere, che nessuno davvero comprendeva.
Fino a quel momento avevo sentito parlare di strani attacchi ma sembravano più storie per spaventare i bambini.
Invece erano la spaventosa realtà e la stavo vivendo sulla mia pelle.
Non so quanto tempo rimasi a fissare quei blocchi di sale che un tempo erano mura, campi, oggetti, persone.
Rimasi oltre la notte e oltre il giorno fino a che non realizzai che non potevo restare lì.
Che non potevo piangere in eterno.

Per questo ora mi trovavo nella capitale, dicevano fosse ancora sicura.
Ero appena arrivata, non conoscevo nessuno ma non me ne preoccupavo.
Come tutti anche la mia attenzione ora era volta al cielo, nella speranza di incrociare la famosa cometa.


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Clio 21-05-2018 14.32.05

Il Cavaliere Bianco
 
Sì, è vero, non è così che doveva andare.
Ma che ci volete fare, sono gli imprevisti a rendere la vita più interessante, dico bene?
Non è certo la prima volta che vengo catturata, rapita o chi più ne ha più ne metta.
Dopotutto, nessuno sa chi sono davvero, pensano tutti di trovarsi davanti a questa o a quella principessa, servetta, o che so io.
Tutti conoscono il mio nome, o meglio, tutti conoscono la Miss, ma nessuno sa come sia davvero, nessuno sa se sia bionda o mora, bella o brutta, nessuno ha mai visto il colore dei suoi occhi, o sentito il vero suono della mia voce.
È questo che la rende così pericolosa, questo la rende imprevedibile, perchè potrebbe essere chiunque: la nuova cameriera che hai assunto, la prostituta che ci prova con te al bordello, quella ragazza dagli occhioni blu che ti ha rubato il cuore, o persino la gran dama a cui hai offerto i tuoi servigi.
Naturalmente la Miss ha un volto, dietro tutte quelle maschere, quei travestimenti, il mio.
Ora come ora però sono Judi, una servetta che è stata beccata a frugare tra le cose della padrona, e per questo messa in gattabuia.
Purtroppo per loro, non è ancora stata costruita una prigione che possa contenermi, o un uomo che possa pensare di fare il bullo con me.
É stato fin troppo facile scappare, quella guardia proprio non vedeva l'ora di abbassarsi i pantaloni, era così prevedibile, che la sua faccia stupita quando gli ho girato il collo quasi mi faceva tenerezza.
È una bella sera, devo dire, per scappare.
C'è un aria pulita e la guerra sembra lontana, distante, come se non fosse arrivata fin qui.
Oh, invece c'è, eccome se c'è... ce l'ho portata io!
Hanno dato l'allarme, sento le guardie che escono alla ricerca della loro servetta.
Sono così carini, che la cercano in lungo e in largo, pensando che sia riuscita a scappare per chissà quale fortuna, ma che non può andare lontano, dopotutto.
Posso vederli da quassù, che perlustrano il giardino, le stalle, nessuno che pensa di poterla trovare qui, sul tetto della prigione, pronta a spiccare il volo e scappare via nella notte.
Ovvio, cercano una servetta ladra, non certo la Miss.
Sarà il caso di sbrigarsi, il capo vuole vedermi all'alba, per consegnargli la mappa.
Perché la missione l'ho portata a termine anche questa volta, nonostante l'imprevisto.
Non erano certo i gioielli della signora ad interessarmi, bensì una mappa che teneva gelosamente nascosta in un cassetto chiuso a chiave, probabilmente ignorandone il vero valore, altrimenti non si spiegherebbe come mai la sua attenzione si fosse rivolta unicamente ai gioielli.
Inizio a correre, saltando da una guglia all’altra, mentre premevo il piccolo quadrante del bracciale che portavo sul polso destro.
Un leggero fischio si diffuse nell’aria, il suono della fuga!
D’un tratto, un falco si avvicinò di gran carriera, facendosi sempre più vicino, era più grande di un falco normale, ma solo in pochi lo avrebbero notato. Quando fu abbastanza vicino spiccai un balzo e vi salii in groppa. Non era un vero falco, a dirla tutta, ma uno degli ingegnosi marchingegni che avevo a distinzione per la mia missione.
I nostri scienziati erano i migliori del mondo, non ponendo nessuna limitazione alla loro ricerca. Le mie preferite erano le armi, in realtà, ma anche questi veicoli tornavano comodi, specie in situazioni come questa. Impostai le coordinate del mio castello, e in breve tempo, mi portó lì, scendendo nel tunnel segreto che conduceva al laboratorio sotterraneo.
In fretta risalii i vari piani, fino alla mia camera, dove mi tolsi di dosso i vestiti della servetta, mi regalai un bel bagno caldo e scesi di sotto, nella sala riunioni da cui avevano origine molte operazioni top secret, e dove era presente il marchingegno che mi permetteva di cominciare con i piani alti.
Stesi la mappa sul tavolino davanti a me, e lo azionai.
Gracchiò come sempre, indicandomi che era partito.
“Miss a rapporto, signore!” Con voce impostata “Missione compiuta!”.
...come sempre!

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Altea 21-05-2018 16.28.15

Il Sole splende caldo e arde in quel deserto misterioso e statico ma vi è un' Oasi di ristoro, bellezza e opulenza che porta il nome di Serenica, il mio Regno di cui sono Principessa, Sacerdotessa e Capo delle Guardie.
Serenica è un grande Regno indipendente ma unito per lealtà a quello Afragolignonese per averlo aiutato a sconfiggere uno dei tanti nemici secoli or sono.
Fu una lotta devastante, che si perde nella notte dei secoli, in cui i nostri potenti guerrieri del deserto si unirono a quelli Afragolignonesi contro il Malvagio Nemico.
Ora tutto questo Orrore era tornato, fortunatamente Serenica gode della vicinanza ad Afragolignone e in questi tempi di massacri alcuni soldati per amicizia leale presiedono Serenica assieme alle Guardie Reali, finchè si spera non venga attaccata.
Le sacerdotesse del Tempio vigilano sulla Clessidra Temporale,preziosa quanto sacra per Serenica. La Clessidra Temporale era in bilico, se fosse stata presa da estranei maleintenzionati, il Tempo della Pace a Serenica si sarebbe sovvertito per iniziare uno di Guerra.
Erano trascorsi secoli di tranquillità e tutto era pacifico, quasi ovattato in questo splendore di Regno.
Era cinto da alte mura e nessuno poteva entrare, tranne il viandante assetato dall' arsura del deserto...dopo aver ricevuto un adeguato interrogatorio in modo da evitare possibili nemici, ma poteva sostare solo il Tempo necessario per un breve riposo, d'altronde detestavo gli ospiti a Corte e detestavo ora pure quei soldati afragolignonesi che non volevo incontrare.
All' interno delle Cinta si viveva un mondo fiabesco e pure rigido e militare.
Vi era una insolita e magica cascata che portava da dalle rocce calcaree dell' acqua benefica nel Regno e molta veniva utilizzata pure per le terme piene di marmi policromi e mosaici dai tasselli dorati.
La nostra Dea era Selene, la Luna che portava prosperità, anche se veniva professato pure il Cristianesimo da una minoranza per debito verso il Regno Cattolico che ci aveva aiutato.
Serenica era armonia, sintonia, fratellanza...ma soprattutto abbondanza.
Sotto di essa, da delle caverne si entrava nelle preziose miniere di oro, diamanti e gemme preziose.
Tutto era costruito con marmi policromi, oro, pietre preziose e materiali solidi.
Vi erano le Sacerdotessa che custodivano il Tempio e la sua magica Clessidra, il Visir di Corte che era il Grande Ambasciatore e Uomo Diplomatico e una stuola di potenti soldati a cui capo vi era il Generale Ismael.
Ed essendo la regnante ora in carica mi erano stati donati molti poteri, sapevo usare bene la mia spada Volpe Ambrata e mi allenavo ogni giorno, ero assieme a Parvia la Gransacerdotessa del Tempio e le mie mani avevano il Potere del Fuoco del Braciere Magico di Serenica e una forza innaturale che poteva piegare pure l' acciaio.
Avevo il dono della invisibilità e trasformazione, le mie sembianze potevano essere diverse ma fino ad oggi non ne avevo avuto bisogno..d'altronde si era vissuti in Tempo di Pace e per me l' Ultima Grande Guerra era solo un antico racconto narrato visto non ero ancora venuta al mondo a quel tempo.
In questo contesto, appunto, si trovava una piccola cappella dove un frate eremita afragolignonese aveva voluto trovare riparo e lì cantava Messa per i suoi credenti, ma non avevamo mai invaso il suo campo.
Quel giorno era particolarmente caldo ed ero stesa nel lettino cercando di riposare, annoiata e pure nervosa, gli eunuchi sventolavano ventagli di piume di pavone per fare aria sul mio corpo, cercavo di dormire sapendo che le cinte murarie erano ben sorvegliate da Ismael, il nostro esercito e i soldati venuti in aiuto, le Sacerdotesse si trovavano nel Tempio; il Cancelliere si trovava nel suo studio assieme ai grandi studiosi del Regno e gli Astonomi studiavano i movimenti dei Pianeti.
La notte a Serenica evocava sogni lontanti, le stelle sembravano parlare in quell' immenso Deserto, era quello il mio momento preferito, quando nella solitudine della notte rimiravo le stelle e la Dea Selene, la Luna, dal mio solitario terrazzo.
"Oggi fa un caldo insopportabile" esclamai nervosa, guardando torva gli eunuchi e battendo forte le mani "Sventolate questi ventagli più forte o vi farò frustare" e arrivò la mia ancella personale Samia seguita dalle altre ancelle "Fai preparare tanti succhi di frutti esotici, spremute di limone di Afragolignone e un buon dolce fresco...non sopporto questo caldo" adirata, mentre una ancella disegna fiori con l' henne sulle mie mani.
Ma la brezza notturna sarebbe arrivata presto, si sperava non fosse pure una notte afosa.

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Guisgard 21-05-2018 17.38.39

Il carrozzone avanzava pigro e cigolante, in uno stretto sterrato zigzagante segnato da profondi solchi, segno evidente che quello fosse uno dei pochissimi punti di circolazione per attraversare il fitto bosco.
La sera era ormai prossima, con un crepuscolo cobalto che già vedeva Venere splendente nel cielo d'Occidente.
“Si, direi di si...” disse Mery a Gwen guardando il cielo “... non credo che ci siano villaggi nei paraggi da raggiungere...”
“Ma sarà saggio passare qui la notte?” Chiese Aisha. “Rammentate cosa ha detto la vecchia mugnaia stamani? In queste terre imperversa una guerra secolare...”



La grande capitale, con le ciclopiche mura che a spirale racchiudevano il Corno di Platino, lungo i basamenti di granito fortificato su ogni lato da un maestoso barbacane.
Un nugolo infinito di pullulanti casette dai tetti di terracotta saliva fitto fino ai piedi dell'acropoli, dove giardini pendenti e lussureggianti circondavano il palazzo reale.
Il mercato era ancora gremito, con una vivace folla tra i banchetti, le botteghe ed i capannoni.
Tra questo baccano si aggirava Dacey appena giunta ad Afragolopolis, quando ad un tratto la gente cominciò a guardare il cielo.
Allora tra lo stupore generale qualcuno iniziò ad indicare qualcosa.
Una sorta di grande sfera che sembrava planare leggera al centro della sterminata piazza del mercato.



Lo strano marchingegno pieno di pulsanti, levette, racchiuso in una cassetta di legno ed avorio intarsiato.
Allora dallo specchio ovale incastonato sulla parte superiore cominciarono ad arrivare strani bagliori, poi un'immagine indefinita, un volto, una maschera.
Due occhi indefiniti, tra un blu enigmatico ed un grigio penetrante la fissavano da quella maschera.
“Miss...” disse con la voce bassa, calda, avvolgente, ammaliante, ipnotica “... eccellente... ottimo lavoro... anche questa missione siete riuscita a condurla in porto in modo perfetto... me ne compiaccio...” con un vago sorriso “... per questo mi sono preso la libertà di revocare le vostre meritate vacanze, Miss... infatti mi occorrete per un'altra missione... molto ma molto più importante... infinitamente più importante...”
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L'aria era chiusa, opprimente, calda, quasi afosa a Serenica e nel palazzo reale, fra i bianchi e freddi marmi, la regnante Altea cercava ristoro e sollievo fra lo sventolio dei ventagli e la frescura di esotici elisir di frutta esotica.
Arrivò uno dei suoi eunuchi.
“Altezza serenissima...” disse inchinandosi “... è giunto il visir di Elamanda, una delle nostre città vassalle... è con la sua famiglia e qualche dignitario... chiede udienza urgente presso di voi, mia signora...”

Altea 21-05-2018 17.45.35

Ad un tratto entrò un eunuco ad avvisarmi di insolite visite..."Il visir di Elamanda, non mi aspettavo questa visita" leggermente seccata "Strano, non si è fatto annunciare da una missiva o qualche suo soldato, speriamo non sia successo nulla di grave" alzandomi pigramente "Fatelo accomodare alla Sala del Trono".
Le ancelle mi portarono la corona, la spada e misi un vestito più consono per una udienza ed entrai nella Sala del Trono mentre le ancelle gettavano a terra gelsomino, petali di rose al mio passaggio e mi sedetti accavvallando le nude gambe sotto l' impalpabile velo di organza.."Fate entrare il visir e la sua famiglia" ordinai assumendo un' aria compita, a dire il vero speravo non fosse successo qualcosa.

Lady Gwen 21-05-2018 17.47.22

Il cielo era di un blu cobalto e Venere nel cielo splendeva come un bellissimo diamante.
Il bosco si faceva sempre più silenzioso, solo i grilli si sentivano frinire.
"Lo rammento, ma non vediamo nulla, rischiamo che il cavallo si faccia male e non possiamo continuare... Ci fermeremo qui nella speranza che nulla ci accada..."
Fermai allora il carrozzone in una sorta di piccola radura rientrata lateralmente al sentiero.
Sganciai Rufus assicurandolo ad un albero e presi dei rami che trovai in giro, accendendo un fuoco.
"Chissà dove arriveremo, la città non dovrebbe essere lontana..." con tono incuriosito.https://uploads.tapatalk-cdn.com/201...851098a4b1.jpg

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Clio 21-05-2018 18.00.09

Gli occhi del capo mi fissavano, e io restavo immobile, fiera, sostenendo quello sguardo azzurro virante al grigio, che tanto spesso mi aveva commissionato le missioni più complicate e importanti.
Era un grande onore, prendere ordini dal Capo in persona, un onore che mi ero guadagnata dopo anni e anni di addestramento.
Nessuno aveva votato la propria vita alla causa più di me, ero solo una bambina quando mi avevano salvato, dandomi una casa, uno scopo, un posto nel mondo.
Un posto che mi calzava a pennello, che mi rendeva libera, potente, mi permetteva di essere me stessa, mi dava infondo tutto quello che la mia famiglia voleva negarmi.
Poco importa se avevo dovuto rinunciare al mio nome, dopotutto, avrei dovuto perderlo lo stesso in convento, no?
Il nome insieme ai capelli, la libertà e un sacco di altre cose.
Accolsi le parole del capo con un sorriso, e non battei ciglio quando disse che avrebbe cancellato le mie vacanze.
Che me ne facevo delle vacanze? Dopo ogni missione non vedevo l'ora di quella successiva, e ancora, ancora in una bramosia che mi aveva reso uno dei membri di spicco dell'organizzazione.
"Sono a disposizione per qualunque missione Capo!" annuii con fare marziale e coposto, mentre dentro di me fremevo come una bambina che non vedeva l'ora di scartare il suo nuovo regalo.

Guisgard 21-05-2018 18.06.41

Altea raggiunse la sala del trono e le sue ancelle prepararono il tutto per l'udienza.
Allora gli eunuchi fecero entrare il visir, seguito dai suoi familiari, ossia sua moglie, due bambini, una vecchia balia, suo cugino e due dignitari.
Avevano tutti abiti sporchi, logori, i volti impauriti e l'espressione stanca.
Si inginocchiarono ai piedi della sovrana di Serenica.
“Altezza serenissima...” disse il visir quasi in lacrime “... Elamanda... con i suoi campi di palme... le oasi azzurre... gli ambrati datteri... la sua musica... non esiste più... nessuno dei suoi abitanti è sopravvissuto, altezza... all'alba siamo stati attaccati... un attacco tanto veloce, quanto terribile... io e la mia famiglia siamo tutto ciò resta di Elamanda... ora esistono solo rovine di sale... sale che si scioglie al Sole, altezza...” scoppiando a piangere “... in meno di un'ora un'intera città è stata trasformata in un cumulo di sale...”



Il carrozzone si fermò per sostare nel bosco, visto il crepuscolo a breve avrebbe ceduto il passo alla sera.
Accesero un fuoco e si sedettero tutte e tre intorno.
“Il pastore incontrato all'inizio del bosco” disse Mery “diceva che la capitale distava circa una trentina di chilometri... ad occhio e Croce ne abbiamo fatto la metà, quindi fra una quindicina dovremmo avvistare Afragolopolis...”
“Lì dovremmo essere al sicuro dalla guerra.” Fece Aisha.
“Speriamo...” Mery “... tu cosa ti aspetti?” A Gwen. “che vita credi cominceremo una volta nella capitale?”



“Eccellente...” disse il Capo a Miss “... questo è lo spirito che mi piace vedere nei miei sottoposti...” fissandola con i suoi occhi indefiniti “... ascoltatemi bene...” mentre una donna dai lunghi capelli chiari e dai vestiti provocanti apparve nello specchio, per poi sedersi sulle ginocchia del Capo “... presto la cometa Adelaide attraverserà i cieli di Afragolignone... ogni 701 anni al suo passaggio le antiche leggende narrano di fatti misteriosi e favolosi... qualcosa è custodito in quel regno che attende l'arrivo della cometa... scoprite di cosa si tratta e rubatelo per me, Miss...” mentre la donna cominciava a leccare la maschera del Capo “... domande in merito?” A Miss.


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