Camelot, la patria della cavalleria

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Guisgard 19-07-2012 03.42.40

Nella notte di Camelot...
 
In quest'ora tarda concludo il mio giro d'ispezione e ogni cosa mi sembra inquieta e tormentata.
Un silenzio precede i miei passi e come ombra si accompagna ad una malinconia soffusa.
Poi, in questo silenzio dimenticato, mi accorgo di qualcosa, di un fogliettino ripiegato più volte e lasciato sotto ad un balcone...

Stanotte Camelot mi è nemica...
Le sue stelle scintillano vuote in un firmamento di lamenti e solitudine.
Le guglie e le cupole riflettono il nulla, annullando le screziate meraviglie che abbagliano i forestieri.
Nessuna luce ne illumina le strade e nessun profumo sale dai giardini macchiettati delle ville nobiliari.
Le ricche fontane che ne adornano le piazze hanno perduto i graziosi riverberi delle acque festanti e i loro giochi hanno smarrito la musicalità degli scrosci guizzanti.
Dov'è l'oro e l'argento dei suoi casati nobiliari?
E l'avorio e l'ametista che ne imperlano lo splendore secolare?
Perchè i suoi fiumi hanno dimenticato gli infiniti sfavillii in cui finiva per dissolversi ogni notte la Luna?
Già, la Luna...
Muta e sognante, indifferente e straniera mi fissa incurante in questa notte senza sogni.
Si affaccia e poi scompare dietro le torri e i manieri, tra le merlature e le muratore di logge e barbacani.
Camelot è spenta, spiriti inquieti della notte...
Ha perduto il suo Sole e la sua Luna, la Prima Stella del Mattino ed ogni altra costellazione.
La giada della sua giovinezza si è dispersa, così come l'ambra del meriggio si è ormai dissolta.
Ella non mi parla, non mi sorride, non mi accarezza e forse non mi pensa.
Dal suo balcone non mi guarda, con i suoi sospiri non mi benedice.
Neanche il vento accarezza più i superbi stendardi, o gli alti campanili.
Persino il teatro è ammutolito, col sipario calato e strappato e le sue maschere addolorate e tristi.
Le marionette non danzano e i costumi sono rammendati a malapena.
Nessuno chiederà di vedere un nuovo spettacolo, poiché ho smarrito la mia musa.
Da solo sulla scena, vuota e senza luci, alla mercè di ombre, vago invocando la mia eroina, la mia protagonista, la mia compagna, la mia Amica.
Anche il liuto resto zitto, con la lira, la cetra e la rotta.
Camelot tutta è come morta.
Ella non mi parla, non mi cerca, non mi sogna.
E lenta, come un lamento, questa notte attraversa le strade e la mia anima, lasciando dietro di se il silenzio della sua voce e dei suoi sorrisi.
Camelot è triste, come il suo cavaliere.
Hanno smarrito la loro Gioia.
La speranza allora è al nuovo giorno, che sarà Lunedì, quando il suo balcone si accenderà con l'aurora del suo viso e da esso, per il suo perdono, un caldo bacio ridesterà Camelot e questo cuore dalla solitudine per aver offeso lei, che è il solo mio eterno amore...
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Lo ripiego e lo ripongo ai piedi di quel balcone, sperando, per l'anonimo innamorato, che possa giungere quel bacio del perdono così tanto invocato e sognato...


+++

Talia 20-07-2012 15.03.22

Oh... quanta poesia, sir, nel biglietto che avete trovato e che quell'anonimo Romeo lasciò sotto quel balcone...
vi è nelle sue parole così tanta delicatezza e una tale struggente semplicità, che mi auguro di tutto cuore sia infine riuscito ad ottenere quel perdono che sembra desiderare tanto...
anzi... avendolo letto, posso dire di essere certa del suo successo! :smile:


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