Camelot, la patria della cavalleria

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Guisgard 06-04-2018 00.02.25

La leggenda della Pieve di Monsperone
 
LA LEGGENDA DELLA PIEVE DI MONSPERONE

Scena I: Le dolci colline di Sygma

"In disparte Ulisse partecipa al banchetto;
un treppiede e un sedile ancora più umile il principe gli assegna."

(Omero, Odissea, libro XX)

Nel ridente distretto della felice Sygma, bagnato dal fiume Elsa si estende un vasto bosco, chiamato Chanty, che ricopre gran parte delle belle colline e delle vallate tra il profluvio e le città di Florenza e Sanae.
Qui le leggende parlano di tempi antichi e favolosi, quando infuriava il furore dei Taddei con le molte battaglie combattute per il trono del paese e delle bande di intrepidi fuorilegge Afragolignonesi le cui gesta sono state immortalate in tante canzoni Sygmesi.
Se questa è la scena principale della nostra storia, la sua data si riferisce ad un periodo intorno alla fine del governo di Severo I, vescovo di Monsperone, quando i suoi abitanti, approfittando della sua lunga prigionia, si ribellarono alla Santa Sede e proclamarono la nascita della libera città repubblicana.
La nobiltà feudale, con la cacciata dei Taddei, aveva sempre più ripreso forza e vigore e diverse generazioni non erano state sufficienti a mescolare il sangue ed i valori ostili dei Sygmesi e dei filo Taddeidi, né ad unire attraverso la lingua e gli interessi comuni due razze avverse, una delle quali era ancora euforica per il trionfo, mentre l'altra gemeva per le conseguenze della sconfitta.
Dopo la cacciata dei cavalieri Afragolignonesi tutto il potere era passato alle signorie Sygmesi che lo usavano senza alcuna moderazione.
La politica dei feudatari era volta ad indebolire con ogni mezzo, legale o illegale, le forze di quella parte della popolazione ritenuta, a ragione, animata da forte ostilità verso il vincitore.
Il Clero, schierato a favore dei Cattolici, era considerato nemico dai signorotti locali che con l'ausilio di leggi ostili avevano reso ancora più opprimenti le catene feudali ai laici, così come agli stessi chierici, che avessero mostrato simpatie verso gli odiati Afragolignonesi.
Quel giorno il Sole stava calando dolcemente su un'erbosa spianata del bosco.
Un esercito di tozze e fronzute querce secolari stendevano i loro frondosi rami su un tappeto di erba e fiori dai riflessi deliziosamente iridescenti.
A quelle querce, in certi punti della radura, si confondevano faggi, olmi, pini ed altre piante del sottobosco così fittamente da intercettare gli ormai obliqui raggi del Sole, mentre in altre zone si distanziavano fra loro al punto da formare ampi e lunghi squarci spaziosi, racchiusi da svettanti cipressi, dove primeggiavano eriche, agrifogli, betulle e nei cui meandri lo sguardo ama smarrirsi e la fantasia li trasforma in sentieri e scenari ancora più selvaggi e sognanti di romantica solitudine silvestre.
Qui i raggi del Sole proiettavano una luce spezzata e pallida, in parte trattenuta dai rami contorti e dai tronchi muscosi degli alberi, illuminando con vivide chiazze quelle parti del prato che riuscivano a raggiungere.
Un placido corso d'acqua, che finiva per gorgheggiare nel fiume, mormorava con fievole voce sussurrante.
Le figure umane che completavano questo boschivo paesaggio ben si intonavano ai caratteri rustici e selvaggi di queste lande.
Una era abbigliata con abiti semplici, quasi primitivi e conduceva alcuni porci in cerca di bacche selvatiche perse sul terreno.
La seconda, simile nell'abbiglio sebbene con stoffa appena migliore e meno logora, seguiva il suo compagno facendo strani versi ai maiali che grugnivano.
“Bah...” disse il guardiano di porci “... che San Giorgio maledica questi maiali!” Cercando di radunarli inutilmente col fischio. “E maledica anche me che son finito in questa fetida melma!” Imprecando. “Vieni qui, Astro! Che il diavoli porti via anche te!” Gridò con quanta voce aveva in corpo al suo irsuto cane, un po' pastore ed un po' mastino, che correva abbaiando con l'intenzione di aiutare il padrone a radunare i riottosi suini.
“Magari San Giorgio lo ha già fatto...” ridendo il servo “... forse un tempo questi erano eretici ora trasformati in maiali.” Imitando il verso di quegli animali.
Ad un tratto i due sentirono un calpestio di cavalli che si fece man mano più vicino, con Astro che prese ad abbaiare verso la boscaglia.
Poco dopo i cavalieri, spuntati dalla fitta e verde vegetazione, apparvero lungo il sentiero e li raggiunsero.
Erano una decina e i due che guidavano il gruppo dal loro abbiglio e portamento si distinguevano dagli altri, che apparivano come loro servi o paggi.
Il primo, del quale non era difficile immaginarne il censo, apparteneva sicuramente al mondo scolastico ed intellettuale, come rivelava il suo abito cattedrale, sebbene fatto di stoffe ben più pregiate di quelle usualmente adoperate dai membri del suo ordine.
Il mantello col cappuccio era di meravigliosa stoffa di Fiandra, con pieghe ricamate che aggraziavano la sua figura alta ma non bella.
Il degno filosofo cavalcava un cavallo ben pasciuto, tutto bardato di sonaglini d'argento che abbellivano una magnifica sella di Spagna ricoperta da un drappo purpureo dall'orlo dorato.
Il superbo filosofo era affiancato da un altro individuo, oltre la quarantina, alto e robusto, dal fisico muscoloso e ben temprato da fatiche ed esercizi di certo di natura marziale.
Portava sul capo un cappello di raso scarlatto e foderato di pelliccia, con un'espressione sul viso volta ad incutere rispetto, se non addirittura timore agli sconosciuti.
Gli occhi, acuti e penetranti, raccontavano di una vita fatta di prove, pericoli e sacrifici affrontati e sembravano voler sfidare ogni opposizione al suo volere.
Sotto il mantello, scuro e prezioso, appariva una pregiata giubba di un blu opaco che tradiva la sua appartenenza ad un ordine nobile e militare.
Alla cintola portava un lungo stiletto a doppio taglio che brillava in modo sinistro contro i bagliori del Sole morente.
Giunti davanti al porcaro ed al servo, i cavalieri si fermarono e con un cenno indifferente della mano il dotto li salutò.
“Vi chiedo, onesti compagni, se nei paraggi si trovino degni uomini che per amor della dotta fratellanza fra noi simili diano ospitalità e ristoro a due dei loro più pacifici fratelli ed al quieto seguito che li scorta.”
I due grezzi individui a quelle parole si scambiarono un'occhiata eloquente.
“Se voi nobili signori” fece il porcaro “amate la buona cucina ed un comodo alloggio allora troverete la più meritevole accoglienza a poche miglia da qui in un'onesta locanda.” Annuì.
“Se invece preferiscono trascorrere una notte in penitenza” intervenne il servitore “allora potranno voltare per quella radura laggiù, che li porterà alla vecchia Pieve dove un devoto anacoreta dividerà con loro il suo riparo per la notte ed il beneficio delle sue preghiere.”
Il filosofo scosse la testa quasi seccato ad ambedue le proposte.
“Buon amico...” fissando i due “... se il grugnito dei maiali non ti avesse confuso la mente allora sapresti che noi dotti scolastici non usiamo ricevere ospitalità dagli sconosciuti ed ancor meno dai chierici, che simboleggiano tutto ciò che con la sapienza noi neghiamo e combattiamo.” Sdegnato.
“Ben dite, maestro...” sorridendo il servitore “... ma io, asino che sono, che non distinguo il grugnito di un maiale dal suono dei sonaglini del vostro cavallo, ingenuamente pensavo che la Carità di Nostro Signore cominciasse dalla Propria Casa.”
“Modera la tua insolenza, gaglioffo” intervenne il cavaliere con tono severo e minaccioso ad interrompere le ciance del servitore “ed indicaci, se puoi, la strada per la città di Monsperone che sorge nel bel mezzo di questo bosco di Chanty.” Schioccando la sua frusta davanti ai maiali in modo minaccioso, facendo girare su se stesso due volte il proprio destriero nervosamente.
“In verità, reverendo maestro, l'aspetto militare del vostro venerabile compagno mi ha spaventato al punto da farmi dimenticare persino la strada verso casa mia.” Scimmiottò il servitore.
“La tua bonaria insolenza” mormorò il filosofo “sarà perdonata a patto che ci indicherai la via per Monsperone.”
“Ebbene” rispose il servitore “le vostre eminenze devono prendere quel sentiero e seguirlo fino a raggiungere una vecchia Croce che spunta da un dosso e guarda verso Mezzogiorno... lì imboccheranno la strada centrale di tre che si incontrano presso il fiume. Mi auguro che le vostre eccellenze raggiungano la città prima che si faccia buio.”
Il dotto li ringraziò e poi quella compagnia spronò i cavalli rimettendosi in cammino e raggiungendo Monsperone poco dopo il crepuscolo.
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+++

Lady Gwen 06-04-2018 00.28.24

La notte regnava sovrana.
E come avrebbe potuto essere altrimenti?
Era così l'esistenza di chi vagava come noi fra la vita e la morte.
Un'eterna notte scintillante di Luna, di stelle... E di sangue.
Il sangue che era vita, in corpi che di vita non ne avevano neanche un po' da secoli, chi uno in più, chi uno in meno.
Io ne avevo uno in più, anzi, parecchi in più.
Circa mille anni per l'esattezza, anno più anno meno.
Era stato una notte del 549: avevo vent'anni, una furia sanguinaria si era abbattuta su questa casa, e aveva trucidato e prosciugato i corpi dei miei familiari.
Ma io, ero stata risparmiata.
Mi aveva condannata all'oscurità perché "sarebbe veramente un peccato vedere sfiorire un visino così."
Già.
Che peccato.
I giorni seguenti erano stati l'inferno in terra; la mia sete era stata insaziabile, bruciante, selvaggia, praticamente irrefrenabile e avevo ucciso chiunque mi fosse capitato fra le mani, chiunque incontrassi nei vicoli bui e fumosi, di notte, quasi tutti preda a volte della sbornia.
Dopo quasi un anno di vagabondaggio, avevo conosciuto un altro come me, Nikolaj.
Era a capo di una congrega e subito mi aveva accolta, facendomi trovare una nuova famiglia e facendomi conoscere anche gli altri: Ivan, Tatiana e Roze, quelli che ancora dividevano fedelmente con noi questo fardello.
Tutti provenienti dai gelidi Carpazi, chi da Budapest, chi da Bistrita, tutti riuniti in un'unica grande famiglia.
Il tempo, tanto tempo, passò fra salotti, abiti eleganti e corti d'Europa; da brava Proserpina, imparai ad accettare l'Oscurità in cui ero stata catapultata con violenza.
Perché non era affatto male la prospettiva di un'eternità per dedicarsi a qualsiasi cosa si volesse fare, passare da questo a quel palazzo, coltivare i propri gusti raffinati.
Vero che non era male?
Passarono quasi mille anni da quella notte orribile, fin quando, nella prima metà del '400, il bastardo riapparve sulla scena.
La prima grande guerra dei Vampiri si era disputata circa novant'anni prima, ma non riguardando i nostri territori non vi avevamo preso parte.
Dopo la prima sconfitta, Bela, così si chiamava, era stato costretto all'esilio e aveva iniziato a vagare e spargere sangue nel nuovo continente, insieme ai suoi accoliti.
Ma Bela era sempre stato incosciente, impulsivo, e tempo dopo era tornato in Europa, in una insensata rivendicazione di certi territori che non gli appartenevano neanche.
Io e Nikolaj avevamo radunato un esercito, ma gli uomini di Bela erano ancora più spietati di noi e dopo la sconfitta, i pochi rimasti si sparpagliarono, mentre noi ci rifugiammo qui, nella proprietà della mia famiglia.
Motivo per cui Nikolaj lasciò a me il timone della Congrega della Dalia Nera.
Non era male il microcosmo che avevamo messo su.
Un piccolo gioiellino gotico, fatto di quella eleganza di tenebra che ci contraddistingueva, di passatempi annoiati e notti infinite.
Mentre camminavo, i miei tacchi alti riecheggiavano nel maniero, seguiti dal fruscio ovattato del mio vestito.
Non erano solo i miei passi a risuonare nei corridoi: versi ambigui (non poi così tanto) provenivano dall'ultima camera in fondo, dove Nikolaj era impegnato con la sua "cena".
O meglio, con la giovane Isabel, una piccola contadinella bionda che aveva scelto come sua familiare.
Ognuno di noi ne aveva uno.
Un ragazzino o una ragazzina disposti ad essere i nostri servitori, a donare spontaneamente il loro sangue qualora ne avessimo voluto, il tutto con la devozione per la speranza della trasformazione.
Raggiunsi il grande salone, le tende damascate che occultavano appena la Luna eterna che campeggiava fuori grazie ad un incantesimo, e trovai Tatiana e Roze impegnate la prima con Herkus e la seconda con Volos, a sorseggiare il liquido denso e scarlatto dai calici in argento, mentre Ivan era di sicuro in biblioteca, difatti la sua familiare, Aleria, era fuori in giardino.
"C'è chi continua a preferire la cena in camera..." dissi sarcasticamente, un attimo prima che strani gemiti irrompessero, sempre da quella stanza, facendoci ridere maliziosamente.
"La consumerà, prima o poi, quella ragazza..." alzando gli occhi al cielo con fare teatrale "Oltre a consumare le lenzuola, che ogni volta, imbrattate come sono di sangue, è impossibile farle tornare linde e pulite..." con una smorfia, mentre mi sedevo sulla sedia in velluto.
"Marko" chiamai, quasi stancamente.
Il ragazzetto moro, di circa diciassette anni e ruscelli limpidi negli occhi, arrivò, col suo solito modo dinoccolato di fare.
Era scappato da un orfanotrofio quando aveva 11 anni e un mese dopo lo avevo trovato io.
Nei suoi occhi la leggevo sempre, quella speranza della vita eterna, e sempre io riflettevo se mai gliene avrei fatto dono.
"No, niente calice oggi..." gli dissi, vedendo che preparava il coltello per ferirsi il braccio.
Lo feci sedere sulle mie gambe e sbottonai con calma il colletto della sua camicia.
Avvicinai le labbra, che scoprirono i lunghi canini quasi arricciandosi in un ghigno e affondai i denti nella tenera carne del collo del ragazzino.
Non si mosse, mentre quel nettare mi scorreva in gola come l'ambrosia sublime degli Dèi, sfamandomi; era bravo Marko.
Faceva tutto con devozione e con cura e non avrei potuto chiedere di meglio.
Continuai a bere quel sangue ancora per un po', fino a saziarmi.
Poi, allontanai le labbra dal collo del ragazzo, regolarizzai il respiro e lo guardai.
Poi, poggiai la mano sui due fori sanguinanti, guarendoli.
Buffo, che i più grandi predatori per l'essere umano avessero il dono della guarigione, ma tant'era.
Uno dei tanti pregi della nostra condizione.
"Va' a mangiare qualcosa" gli ordinai dolcemente, facendolo alzare, poi presi il mio fazzoletto ricamato e pulii il sangue dal mio viso e dalla bocca.https://uploads.tapatalk-cdn.com/201...619fab253c.jpg

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Altea 06-04-2018 15.40.29

Il viso pallido e il solito vestito nero, buio come la mia anima.. camminavo per il corridoio dove le fiammelle delle lampade davano a quel posto, durante la notte, un chè di misterioso.
Fin da bambina mi ritenevo fortunata ad abitare in un castello così gotico nel bosco di Sygma, Chanty, forse ne avevo assunto l' aspetto dentro e fuori.
Si diceva vi avesse vissuto una dama sposata ed innamorata di un uomo bellissimo, impavido e ancora di notte si sentissero i suoi sospiri; "la rosa nera" la chiamavano, io sentivo nel sonno il leggero vento del suo desiderio e respiro, le ombre notturne mi perseguitavano, potevo sentire a volte lei e lui vociare, desiderarsi e le lor parole d' amore...eravamo in simbiosi io e lei. Riuscivo a sentire il suo pianto e la sua disperazione dentro me quando egli dovette tornare ad Afragolignone. Mi ritenevano strana, forse pazza, ma io l' avevo vista ed ella mi faceva compagnia fin da bambina e mie sorelle e mia madre mi tenevano a debita distanza dalle feste modaiole del tempo temendo raccontassi questi fatti a loro dire blasfemi e io mi ero rintanata nel mio piccolo mondo antico e buio, tra i libri, i sogni..no sogni non ne avevo, io abitavo bene nella mia anima fredda.

Mio padre, il Conte de Bastian, mi aveva fatto chiamare ed entrai nel salottino.
Sorseggiava del thè e mi guardò mentre io mi sedetti nella poltrona davanti al caminetto vicino a lui.. "Mi avete fatto chiamare padre, è successo qualcosa di grave?".

Lui sorrise e mi guardò sospirando.. "Altea, sai nonostante tutto sei sempre la mia figlia prediletta però lo devo fare, il tuo comportamento non si compiace molto alle feste mondane della nostra contea, io non riesco a cambiarti...avresti bisogno di un uomo..si io" lo vidi arrossire e strinsi il fazzoletto tra le mani giocherellandoci nervosamente.. "Voi cosa?" ribattei senza battere ciglio.
Deglutì.. "Insomma ti ho trovato marito, si, tra una settimana ti sposi.. è un ottimo partito, è nobile pure lui, è una miniera di oro, si è invaghito di te appena visto il tuo ritratto, ha tanti immobili, palazzi, tenute...farai una vita agiatissima".
Avvampai di collera alzandomi infervorita "Mi avete venduta come un negriero fa con una schiava? E i miei sentimenti? Lo avete fatto per sbarazzarvi della mia presenza vero...io mi oppongo" sfidandolo con un ghigno di odio sul volto.
"O lo sposi o ti mando in convento" disse quella frase così sciocca.
"In convento..sta bene...almeno sarò me stessa e libera" lui mi diede uno schiaffo forte.. "Torna in camera tua e tra una settimana indosserai il tuo abito da sposa".

Presto fui costretta a preparare i miei bagagli, presi pure la spada "Volpe Ambrata" donatami da un caro maestro d' arme, brillava davvero dei colori dell' arcobaleno dopo una giornata di pioggia primaverile.
Misi nella valigia le lettere e i libri di questa donna, presi alcune mie lettere personali, i miei vestiti, gioielli, la ricca dote ma il cuore era una pietra.


Mi svegliai tra le lenzuola fresche del mio talamo nuziale..la mia prima giornata in questo sontuoso castello, il giorno dopo le nozze e la mia prima notte di nozze.
Mi alzai e subito mi lavai...lavai il tocco delle sue mani sulla mia candida e bianca pelle, il sapore insopportabile delle sue labbra sulla mia bocca ma non potevo lavare la mia anima lacerata da quella notte per lui di passione e godimento e per me di disgusto e mi chiesi fino a quando avrei resistito a tutto questo. Mia madre aveva detto non potevo rifiutarlo a letto, mi avrebbe ripudiata e sarebbe stata peggio.
Indossai uno dei miei vestiti neri, mi guardai allo specchio, il volto senza espressione e sospirai di indolenza. Mi misi nell' inginocchiatoio e pregai fortemente...era assurdo, desideravo la morte di quell' uomo.

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Guisgard 06-04-2018 18.02.56

Il palazzo, dall'aspetto gotico e decadente, racchiuso da due alte torri quadrangolari e merlate, sorgeva appena fuori le mura di Monsperone, ai piedi di un mite poggio ammantato da ulivi e cipressi.
La sera era scesa sulla vallata e la falce lunare, simile ad un truciolo d'ottone e d'onice, si affacciava tra alte e sottili nuvole che velavano appena il cielo sopra il bosco.
Le stanze del palazzo erano avvolte da una cupa penombra, sferzata appena dall'esile alone di alcune candele.
Gwen congedò Marko ed unse il fazzoletto del vischioso sangue che colava dal suo labbro inferiore.
Allora nella stanza, quasi fosse uno spettro, arrivò la pallida figura di Tatiana.
“E' un peccato” disse lasciandosi cadere appagata su una poltrona “che di notte non vivino gli uomini... come se Qualcosa volesse tenerci divisi da loro...” con un sorriso sadico “... si, un vero spreco di bellezza...” giocando con i suoi capelli.
Entrò ad un tratto Ivan con in mano un candeliere a 4 braccia che illuminava quel tratto di salone.
Un attimo dopo però qualcuno bussò al portone del palazzo.
“A questa tarda ora...” destandosi Tatiana “... chi potrà mai essere?” Visibilmente euforica.

Guisgard 06-04-2018 18.04.12

Era ancora notte fonda, ma l'inquietudine e la disperazione aveva costretto Altea ad alzarsi dal suo letto.
Suo marito riposava beato dopo aver sfogato la sua rozza passione su di lei, russando tra le lenzuola ancora calde di quel talamo nuziale.
La donna raggiunse l'inginocchiatoio e cominciò a pregare.
Forse per un'ora, forse per due.
La notte trascorreva lenta, quasi apatica, il palazzo era silenzioso ed indifferente, la Luna lontana e misteriosa.
Poi dei rumori, dei passi provenienti dalle cucine.
Era di certo il vecchio Salamano, fidate servitore del padrone di casa, proveniente come lui dal Sud e con sangue saraceno nelle vene.
Si alzava sempre molto presto, dopo aver dormito per un pugno di ore a notte, sempre intento a preparare il tutto per il risveglio del padrone.
Fulminaccio Casale era un uomo come tanti, benestante borghese giunto a Sygma anni prima dal Sud e legatosi ai De Bastian prima per motivi economici, poi imparentatosi come marito di Altea.

Altea 06-04-2018 18.20.41

Non so quanto rimasi lì a pregare, piangere poiché un destino crudele ed effimero mi aveva legato a quell' uomo venuto da quei posti lontani, lo sentivo russare, avrei potuto pugnalarlo durante il sonno e fuggire ma la mia forte devozione cattolica me lo impediva.
Il mio destino era legato alla "Rosa Nera o Dama Nera" ma io non avrei avuto qualcuno da amare, che mi avrebbe dato attimi di gioia e forse salvata da questo uomo.
Poi udii dei rumori dalla cucina e indossai il vestito nero e scesi le scale ripide, davanti a me si parò Salamano e lo scrutai e con sguardo freddo dissi solo..."Vi svegliate presto? State preparando la colazione...parlatemi di voi" sedendomi "E' strano vero? Non so nulla dell' uomo che ho sposato".

Lady Gwen 06-04-2018 18.34.43

Era una notte silenziosa, ma la sensazione era di qualcosa che sarebbe arrivato a spezzare quel silenzio.
E no, non mi riferivo alle parole di Tatiana, alle quali sorrisi con stanca malizia.
"Oh, ti assicuro che quel gastaldo, secoli fa, era vivo eccome, di notte..." risposi e la mia risata argentina risuono in tutto il salone come il tocco di una posata su un calice di cristallo "Non sarà rimasta manco più la polvere, di quell'uomo... Chissà se troverò mai qualcuno come lui..." con in sospiro teatrale.
Ad un certo punto, arrivò Ivan dalla biblioteca con il volto pallido appena rischiarato da un candelabro.
Po, però, qualcuno bussò.
Assunsi un'espressione sorpresa.
Erano almeno ottant'anni che nessuno si avvicinava a questo palazzo, anche perché di giorno non sembravano esserci segni di vita e nessuno sembrava interessarsene.
"Ivan, va' a vedere chi è, per favore" gli dissi, molto curiosa.

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Guisgard 06-04-2018 18.47.28

Salamano guardò Altea e la salutò con un inchino.
“Non è strano, madama...” disse continuando il suo lavoro “... poche donne conoscono davvero l'uomo che sposano... le poche fortunate però le ho sentite nominare solo nei romanzi d'Amore.” Annuendo. “Parlarvi di me? C'è poco da dire... ero molto più giovane quando i Casale mi presero in casa loro dandomi un lavoro... vostro marito mi ha voluto qui con lui a Sygma ed io l'ho seguito. Sono come un marinaio che segue il vento e cerca di non farsi sopraffare da qualche onda un po' troppo alta.” Accennando un vago sorriso.

Guisgard 06-04-2018 18.48.47

Ivan annuì a Gwen, prese con sé il candelabro e scese fino all'ingresso.
“Voi...” disse aprendo lo spioncino del portone “... chi bussa in quest'ora tarda?”
Vide una carrozza trainata da due cavalli e una figura in piedi davanti all'entrata chiusa.
“Perdonate, ma siamo forestieri persi in queste strade buie ed isolate...” rispose l'uomo “... i cavalli sono stanchi e non si vedono altri luoghi in cui poter alloggiare... San Raffaele vi ha messo sulla nostra strada, signore...”
Ivan sorrise a queste parole, poi notò che l'uomo, non molto alto e poco aggraziato nei modi, portava un Crocifisso al collo.
“Non abbiamo posto per voi qui...” fece Ivan “... più avanti troverete di certo una locanda... i cinghiali di certo non vi assaliranno e se vi guarderete dalla Luna eviterete di incontrare qualche lupo... quindi tornate a sperare nel vostro San Raffaele e buona fortuna.” Seccamente, per poi chiudere lo spioncino e tornare da Gwen e da Tatiana.

Lady Gwen 06-04-2018 18.52.24

Non riuscii a sentire chi fosse, ma ad un certo punto sentii il tono seccato di Ivan.
"Accidenti, chi ha avuto la sfortuna di incrociare il tuo cammino?" chiesi al vampiro, provocando le risate di Roze e Tatiana.
Non si poteva dire che Ivan fosse la persona più socievole del mondo, di sicuro preferiva starsene da solo in biblioteca a leggere che in mezzo ad altra gente.

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Altea 06-04-2018 19.00.34

Ascoltai le parole del fido servitore, d' altronde era un uomo con cui si poteva parlare.."Un marinaio che cerca di non farsi sopraffare da un' onda troppo alta. Mi piace come definizione, cosa intendete dire? Qualcosa vi spaventa o preoccupa, io ho sempre fatto vita ritirata sapete...un tempo ero spensierata..poi..." mi bloccai "Lasciamo perdere..." sospirando.

Guisgard 06-04-2018 19.08.52

“La vita ci mette sempre alla prova, questo intendevo, madama.” Disse Salamano ad Altea, continuando le sue faccende. “Manca ancora un po' all'alba... perchè non tornate a dormire? Vi farà bene riposare, madama...”

“Gente che meglio fili via.” Disse Ivan a Gwen.
“Sei pesante, sai?” Tatiana.
“Pedante direi.” Ridendo Roze.
“Non faceva altro che nominare San Raffaele” fece Ivan “e poi aveva al collo un Crocifisso... bello grande. Bah, che i lupi possano attaccarlo.” Scuotendo il capo.
Ma di nuovo si sentì bussare al portone.

Lady Gwen 06-04-2018 19.14.28

Ridacchiai appena alle parole delle due.
Oh maledizione a loro e ai loro crocifissi, ci facevano una bella scorpacciata...
"Peccato, spuntino sfumato..." alzando le spalle affranta.
Poi di nuovo si sentì bussare.
"Stavolta vado io! Sono proprio curiosa di vedere chi è che ha voglia di rimanere a cena stasera..." dissi, scoppiando a ridere sonoramente.
Mi alzai, il vestito che frusciava ad ogni passo e aprii lo spioncino.
"Chi è là?"

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Altea 06-04-2018 19.16.52

"Già...avete ragione...la vita ci mette alla prova e noi dobbiamo essere ottimi timonieri, marinai e saper scavalcare l' onda" annuii all' uomo e salii di nuovo in camera.
Mi misi dietro al paravento, non volevo fosse sveglio e mi vedesse spogliarmi e indossai una preziosa camicia da notte nera di seta e pizzi, il decolletè veniva evidenziato dal pizzo e dal biancore lunare della mia pelle.
A detta della mia migliore amica, Selen, ero molto contesa da molti uomini e ragazzi ma io non mi ero mai curata di nessuno e in quel momento me ne pentii...oh, magari fuori vi era qualcuno a cui facevo battere il cuore...ma il mio cuore era pietra...lo era diventato.
Mi coricai nel letto e mi girai dall' altra parte e mi addormentai.

Guisgard 06-04-2018 19.37.28

Gwen guardò dallo spioncino e vide un uomo, lo stesso che aveva bussato poco prima, col suo Crocifisso al collo.
“Perdonate ancora...” disse “... non voglio recarvi noie, ma proseguire per noi è impossibile...” con tono supplichevole.

Altea si coricò, chiuse gli occhi e poco dopo si addormentò.
Fu un sonno senza sogni e terminò quando lei sentì un gomito di lui battere contro la sua schiena.
Nel sonno inavvertitamente Fulminaccio l'aveva urtata.
Lui continuava a russare beato.
Intanto fuori albeggiava.

Lady Gwen 06-04-2018 19.43.56

Era sempre il tizio col crocifisso.
"Mi dispiace, è impossibile anche per noi ospitarvi. Dovrete andare altrove" dissi irremovibile, guardando fuori dallo spioncino.
Avevo vissuto mille anni, fin'ora, non avevo intenzione di lasciarci le penne adesso per due forestieri.

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Altea 06-04-2018 20.35.25

Dormivo tranquillamente quando sentii un gomito urtare la schiena. Mi volta di scatto convinta fossi al mio castello ma poi realizzai ero nel castello dei Casale.. A pochi metri dal castello De Bastian. Ricordai di essermi svegliata e lentamente mi alzai e mi vestii.
Misi uno scialle di pizzo nero e uscii, mi poggiai su uno steccato del maestoso giardino che dava sul bosco e mi misi ad osservare il Sorgere del Sole.

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Clio 06-04-2018 22.42.51

"Ehi bellezza, dove te ne vai tutta sola?" ride una voce che spunta dalla vegetazione, inopportuna come la marmellata su una bistecca in quel momento.
Possibile che non vedesse che stavo passeggiando comodamente per i fatti miei?
Non si usava lasciare in pace le fanciulle che desideravano prendere del tempo per conoscere meglio i dintorni della propria dimora?
No, evidentemente.
"Ehi, diciamo a te.." un'altra voce, sempre vicina.
"Secondo me non ci ha sentiti!" ride, beffarda, una terza voce.
Cos'è una rimpatriata?
D'un tratto me li trovai davanti, tre briganti, spada sguainata, sguardo lussurioso e... accidenti, dei corpi niente male e dei lineamenti che sembrano scolpiti.
Improvvisamente la faccenda si fece interessante, molto interessante.
Dopotutto potevo capirli, una ragazza tutta sola in mezzo al bosco di Chanty, con un abito appariscente come il mio, nessuna scorta, nessuna protezione.
"Io, ecco.." farfugliai, sfoggiando uno sguardo ingenuo per fargli abbassare ancora di più le difese "Devo essermi persa..." con gli occhioni blu sempre più spalancati "Voi mi potete aiutare?".
Lo stratagemma funzionò, funzionava sempre, i tre uomini si avvicinarono ancora di più a me.
"Oh ci pensiamo noi a te adesso..".
"Tranquilla bambina, ti portiamo a casa..".
"Avanti, fidati di noi..".
Potevo vedere la lussuria nei loro occhi crescere, potevo sentirne l'eccitazione, i corpi che aumentavano la temperatura, i membri che si gonfiavano, il respiro che si faceva più corto.
Ora erano vicinissimi a me, le spade che mi avevano puntato contro per farmi paura ora erano reclinate verso il terreno, sapevano che non avevo scampo, sapevano che ero in loro potere.
Quello che ignoravano era che erano loro ad essere in mio potere.
Allungai le mani verso il petto di due di loro, accarezzandoli dolcemente.
Il terzo mi fissava con gli occhi di fuoco, sempre più preda della follia lussuriosa il cui odore potevo sentire distintamente, come fosse quello di un fiore lì accanto.
"Oh, siete così belli!" sempre con il tono da ragazzina impaurita, ma con lo sguardo che cominciava a mostrare ai tre la mia vera natura.
Li guardai, uno per uno, con lo sguardo ardente, intenso, luccicante di lussuria e perversione.
Allora portai le mani all'allacciatura dell'abito, che andava dalla scollatura fino al bacino, slacciai quei lacci uno dopo l'altro, senza mai smettere di guardarli, finchè non cadde a terra, con un rumore così leggero e soffice da essere quasi impercettibile.
Ero lì, nuda e immobile davanti a loro, con lo sguardo eccitato, il corpo bollente e un sorrisetto malizioso.
Loro erano immobili, increduli, mi fissavano a bocca aperta, senza dire nulla, con gli occhi spaventati e i calzoni sempre più gonfi.
"Volete levarveli quei vestiti o no?" con un tono completamente diverso, un tono autorevole, il tono di chi è abituata ad avere tutto e subito.
Quelle parole sembrarono ridestarli dal loro momentaneo stato di trance perchè in pochissimi secondi erano nudi accanto a me, i corpi perfetti come li avevo immaginati, lo sguardo eccitato, i membri ardenti e pronti.
"Ecco, così va meglio!" sorrisi io.
In un attimo sentii le loro mani su di me, poi le loro labbra, le loro lingue.
Erano come impazziti, folli, votati unicamente alla passione alla lussuria al desiderio sfrenato.
Non si chiedevano chi fossi né perchè mi fossi donata a loro in quel modo, non gli importava, non gli importava nulla in quel momento, le loro menti erano completamente ottenebrate dalla forza magnetica e irresistibile dei nostri corpi che si strusciavano l'uno sull'altro, che si cercavano, si trovavano, si mischiavano in un tripudio di sudore, umori, gemiti e sospiri.
Io ero in mezzo a loro, le loro mani su di me, mani che cercavano e trovavano ogni parte del mio corpo, dalla più intima e umida alla più calda e morbida, il mio corpo non aveva segreti, non aveva tabù, limiti, le loro bocche assaggiarono il mio sapore più e più volte, le lingue mi disegnarono addosso un vestito.
Mentre le mie mani cercavano i loro corpi perfetti, la mia lingua assaporava i loro membri strappando lunghi e intensi gemiti di piacere e rendendo quell'attesa ancora più insopportabile.
L'attesa dell'amplesso, di quando mi presero, violarono, con forza e potenza con ardore incontrollato, con lussuria sfrenata in una danza antica come il mondo, in cui il mio corpo si muoveva sul loro, ancora e ancora, mentre il piacere cresceva forte, intenso, incontrollato.
Lo potevo sentire nascere in me e poi via via diffondersi ovunque, le mie grida erano ormai fuori controllo, il mio corpo sempre più caldo, sempre più bollente, il piacere sempre più forte, più intenso, più insopportabile, più... finché non esplose, in un lungo grido liberatorio che gustai e assaporai dal primo all'ultimo istante.
Oh, questa sì che è vita!
Mi distesi sull'erba, in mezzo a quei tre corpi nudi, appagati, con ancora l'estasi dipinta sul viso, mi strinsero in un caldo abbraccio.
Ma che carini...
Ora, io non è che avessi tutto il giorno per star lì a indugiare in una tenerezza di cui non mi importava un accidente! Restai stesa quel tanto che mi bastò per riprendere le forze e godermi quella meravigliosa sensazione di avere ogni parte del corpo decisamente e completamente appagata.
Dopodiché, era ora di andare.
Anche perchè, se tanto mi dava tanto, il divertimento non era ancora finito.
Se ora era tutto troppo facile, sperai vivamente che le cose poi si sarebbero fatte più interessanti.
Allungai una mano per prendere il pugnale di uno dei tre, che era caduto a terra, completamente dimenticato, mentre si toglieva i vestiti in preda alla fretta e al desiderio.
Guardai il ragazzo accanto a me, doveva essere il più giovane dei tre, non sapevo il suo nome né mi importava, dormiva beato con un'espressione così eterea sul viso che quasi quasi mi venne il dubbio se procedere o meno. Scherzavo, ovviamente, sapevo perfettamente che non era il caso di lasciare testimoni come loro, finchè si trattava di principi, re, duchi e condottieri andava bene ma le mie scorribande con dei briganti, contadini, o chiunque mi andasse non era cosa che potesse aiutare il mio buon nome in società. Dopotutto ero appena arrivata e non vedevo l'ora di inserirmi a corte, dunque era meglio se di quel pomeriggio di svago non fosse rimasta alcuna traccia.
Perciò, presi il pugnale e lo puntai senza alcuno scrupolo al cuore del ragazzo per poi farlo penetrare nella carne, centimetro dopo centimetro, fino a raggiungere il centro pulsante del suo corpo e spegnerlo per sempre. Lui quasi non se ne accorse, spalancò gli occhi e mi guardò incredulo quando già aveva la bocca piena di sangue, e un attimo dopo spirò.
Gli altri si alzarono allarmati, puntandomi, ancora nudi le spade sguainate contro.
Avevano gli occhi terrorizzati, increduli, potevo percepire la loro paura.
"Chi sei?" mi urlò uno, puntandomi la spada contro.
Io non risposi e mi alzai, con tutta calma, col pugnale insanguinato ancora stretto nella mano destra e un altro nella mano sinistra.
Eccoli lì, a minacciarmi con le loro armi, a fare i duri quando avevano ancora il mio odore e il mio sapore addosso.
Di bene in meglio...
Il mio sguardo mutò ancora, mentre mi avvicinavo a loro, decisa, minacciosa, implacabile.
Loro si avventarono su di me.
Andiamo, due briganti grandi e grossi contro una povera fanciulla?
Ci sarà da divertirsi.
Iniziammo a combattere, ma io ero più veloce, più rapida di chiunque altro avessero mai affrontato.
Mi muovevo agile tra loro, schivando i loro colpi, tirando i miei, colpivo, schivavo, ancora e ancora.
Eravamo nudi, in una danza nuova, così diversa da quella dell'amplesso lussurioso e proibito che ci aveva unito fino a poco prima, qui non esisteva il piacere, solo il sangue e la morte.
O forse no, il piacere esisteva eccome... solo per me però.
Perché come altro potevo definire quell'adrenalina intensa che mi cresceva dentro mano a mano che mi destreggiavo in quel duello che sarebbe stato impari per chiunque? Cos'altro era quella sensazione di lucida follia, quella brama di sangue, quel desiderio di morte, quella volontà di sentire le grida di dolore allo stesso modo in cui avevo bramato quelle di piacere poco prima.
Sì, era un altro tipo di piacere e io non volevo perdermelo.
Non c'era piacere che non desiderassi, non c'era vizio che non avessi, non c'era perversione che non mi attirasse. Ero persa in quella danza di morte quando finalmente il mio pugnale trapassò la carne di uno dei due briganti e io restai lì, con estatica follia omicida a guardare la luce spegnersi dai suoi occhi in quello che per me poteva equivalere ad un piacere estatico, quasi erotico, proibito e meraviglioso.
Quando l'altro si accorse di quanto era accaduto iniziò a correre, a correre più forte che poteva da quella che ormai considerava pura follia.
Ma non ci riuscì, qualcosa lo prese per il collo e lo riportò indietro, sentiva una forza sovrumana afferrargli il collo e trascinarlo indietro, verso di me, volteggiava nell'aria, annaspava con i piedi che cercavano disperatamente il terreno senza però riuscrci, finchè non si voltò verso di me, sempre spinto da quella forza oscura e invisibile, e allora i suoi occhi si riempirono di un cieco terrore.
Io ero lì, in piedi, completamente nuda con il braccio disteso verso di lui, la mia mano era stretta in una morsa come se stesse stringendo il suo collo anche se questo era molto lontano da me, il mio sguardo era iniettato di sangue, determinato, crudele, folle.
Il mio braccio si alzò lievemente e il corpo sospeso per aria del brigante fece lo stesso.
Gli mancava l'aria, annaspava, muoveva disperatamente le gambe e mi guardava terrorizzato e supplice.
"Chi sei tu?" riuscì a farfugliare.
Io non risposi, ma strinsi un po' le dita e lui percepì la stretta della morsa sul suo collo ancora più stretta.
"Ti prego!" iniziò a piagnucolare "Ti prego, farò tutto quello che vuoi, ti prego!"
Io di nuovo non risposi, inclinai unicamente la testa di lato con un sorrisetto divertito.
Ma tu guarda che carino, pensa davvero di avere una speranza.
Tuttavia, il mio sguardo sadico, divertito, folle evidentemente gli fece cambiare idea.
"Chi sei?" piagnucolò di nuovo.
"Lys Marbrè!" dissi io, secca mentre con un movimento secco della mano gli rompevo l'osso del collo, uccidendolo sul colpo e facendo ricadere a terra il suo corpo perfetto con un tonfo sordo.
Allora, con tutta calma, tornai dal mio vestito, lo indossai come se nulla fosse.
Accanto a me i tre corpi nudi e sporchi di sangue giacevano in pose poco plastiche in mezzo ai vestiti lanciati qua e là poco prima. Gia che c'ero, perchè non approfittarne?
Presi le loro sacche piene di monete sonanti, che non fanno mai male, e le loro armi, perchè di armi non ne ho mai abbastanza. Solo allora sospirai, sorrisi e ripresi tranquillamente la strada di casa.


Il palazzo era immerso nella vegetazione, alle porte della città.
Si trattava di una villa nobiliare, non molto diversa da quelle disseminate in quelle terre, con un ampio giardino che lo circondava tutto attorno e lo divideva dal bosco di Chanty.
Superai il cancello ed entrai in casa recandomi immediatamente nel grande salone, ancora galvanizzata da quell'interessante e piacevole pomeriggio appena trascorso in compagnia di quei tre sconosciuti briganti.
Dopotutto, Monsperone non era così male, pensai, lasciandomi scivolare su un divanetto di broccato.
E dire che ero uscita solo per fare una passeggiata in paese e nel bosco qui intorno!
Avevo ancora addosso quel sorrisetto divertito quando feci tintinnare il campanello per chiamare la servitù e ordinare di portarmi qualcosa di forte da bere, dopo emozioni così forti, ci voleva proprio!

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Guisgard 06-04-2018 23.41.57

A quelle parole di Gwen, categoriche e sfiducianti, la porta della carrozza si aprì ed un secondo individuo arrivò davanti al portone.
Era giovane, moro, alto e di bell'aspetto.
Guardò con i suoi occhi neri nello spioncino, incrociando lo sguardo ambiguo ed enigmatico di Gwen.
“Perdonate, madama...” disse portandosi davanti al suo compagno “... la nostra insistenza non è scortesia, ma una supplica. Siamo forestieri giunti solo in questa tarda ora fra queste colline. I nostri cavalli sono stanchi, la carrozza è malmessa, mentre la strada è isolata e buia. Non chiediamo molto, anche solo una stalla per riposare insieme ai nostri cavalli andrà bene. Appena albeggerà ripartiremo. Siamo disposti anche a pagare se è necessario.” Fissandola.
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Guisgard 06-04-2018 23.48.22

Il palazzo era di gusto rinascimentale, con merlature e logge colonnate, il tutto scandito dall'ordine concentrico di tre ampie costruzioni, tutte racchiuse e centrate da quattro bastioni a barbacane.
Un delizioso giardino, abbellito da due ampie fontane e statue in stile classicheggiante che adornavano i vialetti del verziere.
Lys arrivò e raggiunse un sontuoso salone interno.
Suonò un campanellino e vide arrivare un vecchio servitore.
“Madama, bentornata.” Disse l'anziano Stuarto. “Ha chiamato la signora?” Fissandola.

Clio 07-04-2018 00.01.00

Il sole filtrava dalla finestra, e un vago tepore si diffondeva in tutto il salone, piacevole, dovevo ammetterlo.
La mia passeggiata mi aveva stancato parecchio, anche se contemporaneamente mi aveva decisamente appagato.
Arrivò il vecchio servitore chiedendomi cosa volessi.
“Qualcosa da bere, di forte!” Specificai, sistemandomi meglio sul divano “E preparatemi il bagno!” Ordinai.
Stavo quasi per dimenticarmi e il domestico se ne stava andando.
Lo richiamai schioccando le dita.
“Ah Stuardo!” Lo richiami “Ci sono notizie?”.

Guisgard 07-04-2018 00.06.29

“Poco o nulla, madama.” Disse Stuarto a Lys. “Un militare si è informato circa il nuovo proprietario di questo palazzo. Credo sia un soldato del Maresciallo di Monsperone. Pare sia forse l'uomo più potente di questa regione.”

Clio 07-04-2018 00.11.15

Ascoltavo il mio vecchio domestico Incuriosita.
“Intessante!” Mettendomi subito a sedere con fare Attento “e tu che gli hai detto di questo nuovo proprietario?” Incuriosita.
Beh se il maresciallo era l’uomo più importante della regione, come minimo bisognava fare bella figura con lui!
Dovevo trovare il modo di ingraziarmelo il prima possibile!

Guisgard 07-04-2018 00.23.57

Altea si alzò, si svegliò ed uscì in giardino a guardare il sorgere del Sole.
Pian piano il nuovo giorno sciolse, o forse allontanò soltanto, le ombre della notte, le sue inquietudini ed i suoi fantasmi, tingendo il palazzo di nuovi colori, più caldi e non più cupi e malinconici.
Salamano aveva ormai preparato la colazione per i suoi padroni ed il profumo del pane caldo si sentiva per tutto il cortile e le cucine.
Un'ora dopo si svegliò anche Fulminaccio e la colazione fu servita.
“Il pane bianco...” disse imburrandone una fetta “... che spreco... quello nero, o meglio ancora quello di farina mista va più che bene...” mangiando “... costa la metà.”
“Si, signore.” Annuì Salamano.
“Ah, oggi andrò a Monsperone.” Fulminaccio a sua moglie. “Devo regolare alcune faccende.” Con tono seccato.
“Ah, padrone...” Salamano.
“Cosa c'è?” Bruscamente Fulminaccio.
“C'è una questione di cui vorrei parlarvi...”
“Si, ma fai in fretta.” Tagliando del pane Fulminaccio.

“Ho parlato al soldato di voi, madama.” Disse Stuarto guardando Lys. “Di come avete avuto la concessione di questo palazzo, signora. Lui alquanto incuriosito è poi rimontato in sella e si è allontanato. Di certo madama suscita interesse nella società del posto.”

Lady Gwen 07-04-2018 00.34.12

Un secondo uomo scese dalla carrozza.
Ed era decisamente diverso.
Qui si che si parlava di carne fresca.
Eccome.
Tatiana si sarebbe dovuta rimangiare quello che aveva detto poco fa.
Aprii la porta per vederlo meglio e afferrai Lucius, il mio elegante gatto nero, prima che scappasse fuori.
E potei osservare quel giovane mortale in tutta la sua interezza.
Il suo profumo mi arrivava forte, in effluvi irresistibili e sentivo quella sete insaziabile e primordiale che non avevo più sentito in mille anni.
Mai avrei immaginato tale perfezione in un corpo caldo e pulsante di vita.
Sorrisi, le mie labbra tumide che si arricciavano in un vago ghigno.
"Pagamento, dite?" chiesi, con voce vellutata.
Mi avvicinai all'uomo e strappai via il suo crocefisso, scagliandolo lontano e reprimendo a fatica un ringhio di disapprovazione.
"Eccolo, il mio pagamento" con tono cortese, ma deciso, poi con cordialità li feci segno di accomodarsi "Prego, entrate."
Chissà come si sarebbero comportati in una cada piena di dubbi sconosciuti molto pallidi e con gli occhi rossi?
Beh, era ora di scoprirlo.

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Clio 07-04-2018 00.37.00

“Avete fatto bene...” annuii “Dopottutto se il maresciallo è il più importante uomo di queste zone dobbiamo assolutamente pensare a fargli omaggio, mandargli un dono, magari...” pensierosa “Un dono che possa essere segno della nostra devozione...” già immaginando che cosa potrei preparare per un uomo del genere.
Mi alzai e mi diressi al bagno, facendo cenno a Stuardo di seguirmi.
“Mi serve qualcuno del posto, abbiamo tra la servitù qualcuno che abbia lavorato magari per il maresciallo e che sappia quindi parlarmi di lui, che tipo è, come ama essere omaggiato...” arrivando al bagno dove la vasca era ormai piena e calda.
Mi spogliai e mi introdussi in quella lussuriosa acqua calda.
“Ebbene? Avete queste informazioni su di lui, Stuardo? Desidero mandare un dono per mostrare la mia devozione e chiedere la sua benevolenza... se non le avete, trovatele!” Ordinai.
Altrimenti le avrei chieste al mio signore, lui di certo avrebbe saputo cosa fare, ma non mi andava di disturbarlo per queste cose, dovevo riuscire a sbrigarmela da sola!

Guisgard 07-04-2018 00.48.46

Lys si spogliò davanti al vecchio Stuarto senza farsi alcun problema, con lui che restò a guardarla tutta.
La fissò a lungo mentre lei entrava nella vasca, immergendosi peccaminosa in quell'acqua calda e profumata.
Sebbene il corpo del vecchio servitore non reagisse più al richiamo della carne, il desidero era comunque vivo in lui e quell'impotenza sembrava, ogni volta fosse al cospetto della bella padrona, poterlo portare all'esasperazione.
“Certo, madama.” Disse annuendo. “Farò il possibile per procurarvi ciò che chiedete.”

A quel gesto improvviso di Gwen il suo gatto lanciò un miagolio acuto.
I due uomini ne restarono sorpresi e subito quello a cui lei aveva tolto il Crocefisso corse nell'erba a cercarlo.
Fortunatamente un filo di luce lunare lo fece brillare nel buio e lui lo raccolse,per poi ripulirlo, baciarlo e metterlo in tasca.
Guardò allora l'altro, che era più giovane e bello.
Questi annuì, come in un gesto di sopportazione.
Dopotutto non avevano molta scelta.
“Grazie, madama.” Disse il giovane a Gwen. “Vi siamo debitore e vedrete che non recheremo disturbo. Potete indicarci dove far riposare i nostri cavalli?” Con tono gentile.

Lady Gwen 07-04-2018 01.04.08

"Oh tranquillo, Lucius, sono solo ospiti..." dissi con tono vezzeggiante al mio gatto, al suo miagolio acuto.
Già, solo ospiti.
Giusto?
Vidi l'uomo andare a cercare il crocefisso nell'erba di gran carriera e dovetti fare appello a tutte le mie forze per trattenermi.
Nonostante sapessi che quasi sicuramente lui non ci sarebbe arrivato, all'alba.
Soprattutto perché avevo ben altri progetti per il suo compagno di viaggio.
"Non temete, siete ospiti e ciò non comprende l'onere del lavoro. Marko!" chiamai "Conduci i cavalli dei signori nelle scuderie e falli rifocillare."
Poi guardai i due.
"Seguitemi, vi mostro le vostre camere" dissi loro.
Mi voltai in un movimento sinuoso ed iniziai a fargli strada nel corridoio.
Giunsi al piano superiore, dove quattro camere, oltre le nostre, aspettavano di essere riempite.
E chi eravamo noi per rifiutargli tale onore?
Raggiunsi due porte attigue e li guardai.
"Quella è la vostra" al primo uomo "Questa invece è vostra..." al più giovane.
Aprii la porta e rivelai una stanza sontuosa, quasi pregna di quell'affascinante tenebra che avvolgeva tutto qui.
"Sperando sia di vostro gradimento..." con tono serico, sondando i suoi occhi neri coi miei, dalle sfumature cremisi e scarlatte.https://uploads.tapatalk-cdn.com/201...9d09dc02c8.jpg

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Guisgard 07-04-2018 01.18.40

Il gatto miagolò ancora, poi i due uomini si avvicinarono al portone.
Qui poterono guardare meglio Gwen, in quel suo abito lungo e sinuoso, di un gotico barocco.
Per un attimo gli occhi neri del giovane moro incrociarono quelli enigmatici e dai riflessi vermigli di lei.
La guardò allora in tutta la sua figura, provando una strana sensazione, indecifrabile.
“Grazie, siete molto gentile, madama.” Disse lui con un lieve inchino del capo.
I due allora la seguirono.
Tra le ombre e gli anfratti dei corridoi stavano a spiarli gli occhi famelici di Tatiana, di Roze e di Ivan.
La misteriosa ragazza li accompagnò a due stanze a loro destinati.
“E' più di quanto chiedessimo, madama.” Sinceramente sorpreso il giovane. “Non vogliamo certo procurarvi tanto fastidio. Siamo in questo paese per affari e di certo non ci aspettavamo simili agi.” Fissandola, provando ancora quell'indecifrabile sensazione.
L'altro restava invece in silenzio.
“Ma immagino sia scortese rifiutare tanta generosità.” Continuò il giovane. “Grazie per la vostra bontà, madama.” Sorridendo appena lui.

Lady Gwen 07-04-2018 01.33.06

Alle occhiate dei miei compagni, nascosti fra le ombre, avevo risposto con sguardi silenziosi di attesa.
Dopotutto, non c'era alcuna fretta.
Avevamo l'eternità per fare tutto ciò che più ci piaceva.
Percepivo sentimenti contrastanti nell'animo del giovane e avrei pagato tutto l'oro del mondo per conoscerli.
Sorrisi appena al giovane, che si dimostrava così tenero, educato, cortese, riconoscente.
Pensavo che mai più la tenerezza mi sarebbe appartenuta.
Per lei non c'era posto, nella nostra esistenza fatta di notti e di sangue.
Sorrisi appena.
"Sciocchezze!" esclamai "Non riceviamo quasi mai ospiti, ma quando succede, sappiamo bene come prendercene cura!" in tono fattosi improvvisamente conviviale.
"Potrete rinfrescarvi nel frattempo. Quando scenderete in sala tra poco, troverete qualcosa da mettere sotto i denti. Non vorremo certo che moriate di fame" con tono vagamente divertito.
Scoccai un'ultima occhiata al giovane e poi andai via.
Una volta girato l'angolo, misi Lucius a terra e aprii la porta della camera di Nikolaj, totalmente incurante del fatto che con ogni probabilità gli avrei rovinato i giochi con la povera Isabel.
"Datti una sistemata e scendi di sotto. Abbiamo ospiti" al vampiro bruno, con tono secco, ma stuzzicato da questa improvvisa situazione.

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Clio 07-04-2018 01.42.43

L'acqua era calda e i suoi vapori si diffondevano in tutta la stanza mentre le essenze aromatiche creavano una piacevole e rilassante atmosfera in cui immergersi.
Trovavo che fare il bagno fosse incredibilmente rilassante, che rinfrancasse le membra dopo ogni eccesso, come se l'acqua desse nuovo vigore alla mia pelle, per renderla pronta per ogni nuovo genere di perversione mi passasse per la testa.
Iniziai a lavarmi mentre il servitore parlava.
Poveraccio era così vecchio che probabilmente nemmeno era più una minaccia per la mia virtù.
Beh, se io avessi una virtù da difendere, s'intende.
Lo guardai andare via, e continuai nel mio bagno.
Continuavo a pensare al Maresciallo e a cosa avrei potuto fare per compiacerlo, ingraziarmelo. Sicuramente dovevo avere un'udienza con lui, poco ma sicuro, ma prima ancora volevo, appunto, mandargli un dono.
Sperai che le informazioni di Stuardo potessero darmi una mano su questa faccenda, e riuscire a cavare un ragno dal buco.
"Ah, Stuardo!" lo richiamo, col campanellino che era accanto alla vasca perchè un dubbio enorme mi aveva assalito in quel momento "Avete parlato unicamente di me al soldato, dico bene? Non avrete nominato mia sorella spero!" con lo sguardo truce e la voce severa.

Guisgard 07-04-2018 01.52.46

I due ringraziarono ancora Gwen e mentre andava via quello più giovane la guardò ancora, in risposta a quello sguardo di lei.
Poi ognuno prese possesso della sua stanza.
Dopo qualche minuto il giovane raggiunse l'altro nella sua camera.
“Beh, un'ottima sistemazione.” Disse. “Oltre ogni più rosea aspettativa. I cavalli riposeranno ed anche noi.”
“Mah, non saprei...” l'altro scettico “... questo posto non mi piace... e non mi mi piace neanche la giovane dama con quel suo gatto...”
“Andiamo, non fare il difficile...” il giovane a lui “... è stata molto generosa... le siamo debitori.”
"Mah..." scettico l'altro.
"Non so..." mormorò il giovane "... ma da quando ho parlato con lei mi sento... come dire? Malinconico, ma anche su di giri... un misto, un miscuglio di sensazioni che non so decifrare... come mai prima d'ora..."
Intanto Gwen era andata da Nikolaj, incurante di come avesse ridotto la povera Isabel.
Lei era stesa apatica sul letto, mentre lui la fissava accarezzandole i capelli.
Aveva la bocca sporca di sangue ed un pallore spettrale sul viso.
“Ospiti?” Fissandola. “Mi prendi in giro? Qui?” Incredulo.

Lady Gwen 07-04-2018 02.03.28

Mentre entravo in camera di Nikolaj, avevo udito le parole dei due viandanti.
Quelle del vecchio mi importavano poco, anche se aveva fiutato il tranello, ma il giovane...
Aveva parlato di malinconia, ma anche di esaltazione quasi.
Potevano coesistere tali opposti sentimenti in una persona sola?
Nikolaj mi riportò alla realtà.
"Sì, ti dico" rimarcai "A tal proposito, cerca di non saziarti troppo, ho un lavoretto per te" aggiunsi, guardandolo con intesa, poi guardai entrambi fra quelle lenzuola ora intrise di sangue e chissà cos'altro "E vedi di dare un po' di tregua a quella ragazzina, ogni tanto."
Richiusi la porta, tornai in sala da pranzo e al movimento della mia mano, tutte le candele si accesero, mostrando una tavola improvvisamente imbandita.
Quando si parlava di poteri, fra vista, udito, olfatto, velocità e tutto il resto, amavo sempre di più questa nostra non-vita. https://uploads.tapatalk-cdn.com/201...ca82183746.jpg

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Guisgard 07-04-2018 02.24.14

Richiudendo la porta Gwen sentì la risata di Nikolaj ed un gemito soffuso di Isabel.
La ragazza raggiunse il salone e con i suoi poteri illuminò la stanza ed imbandì la tavola.
Apparvero allora anche Roze, Tatian ed Ivan.
“Non vedo ancora gli ospiti...” disse esaltata Tatiana “... siamo forse in anticipo?” Divertita.
“Ma no...” ridendo Roze “... è tutto pronto ormai...”
Si sentirono dei passi ed allora scesero i due visitatori.
“Buonasera...” salutando il giovane, mentre l'altro appariva perplesso.

Lady Gwen 07-04-2018 02.32.40

Ridacchiai sentendo le parole delle due e dopo poco i due viandanti ci raggiunsero.
"Oh, eccovi. Prego, accomodatevi. È tutto vostro" indicando la tavola con su ogni genere di leccornia.
"Vi presento Tatiana, Roze e Ivan, gli altri padroni di casa" indicando i vampiri, rispettivamente la bruna, la bionda e il moro alla fine.
Tutti belli, tutti pallidi, tutti con gli occhi rossi e, beh... Tutti affamati.
Ci sarei riuscita a tenerli a bada fino all'ora di andare a dormire?
Lo speravo.
"Voi invece siete... ?" domandai ai due, volendo sapere i loro nomi, mente mi sedevo a capo tavola di fronte al ragazzo.

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Guisgard 07-04-2018 02.45.50

I due ospiti guardarono e salutarono i tre vampiri, per poi voltarsi verso Gwen.
“Io mi chiamo Elv” disse il giovane “e lui è il mio collega Setto. Lavoriamo per la banca dei Bardi e siamo qui per trattare affari per conto del nostro istituto finanziario.” Annuendo. “Possiamo sapere chi è la bella, misteriosa e giovane signora a cui dobbiamo questa generosa accoglienza?”
Tatiana rise.
In quel momento arrivò anche Nikolaj, anch'egli pallido ed incuriosito per quegli ospiti inattesi.

Lys si lavava senza curarsi del povero Stuarto che la fissava impotente.
Ma prima che lui andasse via, lei gli chiese di sua sorella.
“Ho solo accennato la sua presenza in questa casa, madama.” Disse. “Senza rivelare altri particolari.”

Lady Gwen 07-04-2018 02.55.23

Annuii appena ai nomi.
Elv.
Mi piaceva.
Breve, conciso ed incisivo.
A differenza di Tatiana, riuscii a trattenere una risata, rimanendo calma e cordiale.
Perché qui, di giovane c'era solo il nostro bellissimo interlocutore, mentre noi avremmo potuto scrivere ciascuno interi trattati di storia.
Avevamo visto nascere e perire talmente tanti regni, imperi e popoli che si perdeva il conto.
Ma l'importante era portarseli bene gli anni, e noi ci riuscivamo egregiamente.
"Io mi chiamo Gwen" risposi, con voce cristallina.
Poi, finalmente arrivò l'ultimo della combriccola.
"Costui è Nikolaj. Nikolaj, loro sono Elv e Setto, sono qui in viaggio per conto della banca dei Bardi" gli spiegai educatamente, sapendo comunque che di quei dettagli nessuno di loro se ne sarebbe fatto nulla.
In fondo, banchieri o pezzenti, il sangue aveva sempre lo stesso sapore.

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Guisgard 07-04-2018 03.24.36

“Benissimo.” Disse Nikolaj. “Professione interessante. I banchieri. Qualcuno dice che da essi sono nate le leggende sui vampiri.” ridendo sarcastico.
“Prego, messere?” Elv fissandolo.
“Suvvia, è solo una battuta.” Divertito Nikolaj. “Cominciamo? Prego, accomodatevi.”
Elv e Setto presero posto a tavola.
“Voi non ci fate compagnia?” Il giovane a Gwen.

Lady Gwen 07-04-2018 03.28.19

Nikolaj arrivò... Ed iniziò a fare l'idiota, perché non riusciva a non farlo.
Gli ospiti presero posto a tavola.
Quella domanda sorse spontanea, ovviamente, e quasi risi.
Invece, poi, rimasi composta.
"Oh, no, grazie. Abbiamo già cenato" risposi.
Chissà che avrebbe detto sapendo che saremmo stati ben felici di banchettare col suo compagno di viaggio e che tutto quel cibo si trovava in questa casa unicamente per i nostri servitori?



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Altea 07-04-2018 12.01.08

Il Sole nascente riscaldava flebilmente la mia pelle, amavo vedere il sole farsi nuova vita ad Oriente e guardai la foresta illuminata da quei colori di un' alba meravigliosa, potevo sentire lo scorrere del fiume.
Mi avviai verso la sala da colazione, sembrava un giorno perfetto ma in me vi era qualcosa di strano, guardavo un antro tra le querce nel boschetto che si affacciava al Palazzo.

"Sei un folle, un pazzo..oh ma lo sono pure io, folle di amore e desidero.
Ho sfidato la notte come te per poterti amare qui, lontano da mio marito" lei afferandogli i bruni capelli e perdendosi in quegli occhi meravigliosamente belli, misteriosi del color di un Cielo mutevole.
"Lo sai che darei la vita per te" lui baciandole le mani, le sue mani con ardore ed ardimento raggiunsero la veste scollata, gliela strappò e cadde a terra e lei rimase nuda, i suoi baci su di lei...fievolmente potevo sentire i loro gemiti, i sospiri e respiri.
"Ti cacceranno, mio marito è contro di voi..ve ne andrete da Sygma" preoccupata la Rosa Nera.
Ero ipnotizzata, i miei occhi furono percorsi da un lampo violento ed improvviso e poi udii un mio sospiro, chiusi gli occhi, la testa si reclinò prima da un lato e poi all' indietro. Lui era davanti a me...era mio, non della Dama Nera. I suoi baci sul mio collo, la lingua che assaggiava il profumo di rosa selvatica del mio collo...un gemito, un altro, il desiderio di farlo mio, mi facesse sua, mi baciò sulle labbra e le morse con foga passionale tanto da far uscire uno stillo di sangue..allungai le braccia..."Ti voglio.." esclamai.


Mi trovai a terra, le mani sulla terra arida e cercavano di afferrare ciò che non vi era, quel mistero secolare e dalle mie labbra scese un rivolo di sangue.
Serrai le mani ansimante per la sensazione di prima, il desiderio di lui era ancora vivo e non vi era soluzione, era Lei a volerlo e mi ricordai quel giorno quando andai da Padre Anselmo, il prete che gestiva la cappella del Castello dei Bastian, nonchè mio maestro e mio confidente, l' unico a cui avevo potuto confessare tutto questo.

Padre Anselmo si sedette mettendosi una mano sulla fronte alla mia confessione di quello che stavo vivendo.."Non sono pazza, Padre Anselmo, ma mi rintengono tale e io allora mi sono chiusa nel silenzio".
Il chierico prese un pesante libro e lo aprì e sbucò una lettera antica.
Mi mostrò il piccolo cimitero del castello.."Altea, ti sei mai chiesta chi giace in quelle tombe? Ti avranno detto dei tuoi antenati, ebbene è così ma vi è di più ma prima tu sposa quell' "Accio Casolare" ti devo dire la verità".
Il suo dito scorreva tra nomi di ragazze e donne.."E' chiamato il Tormento del Castello dei Bastian, molti ne parlano e, soprattutto, la gente del volgo. Quelle tombe sono di quelle ragazze e qui sono riportati i loro nomi, tutte tue antenate, e la morte è la stessa..si sono suicidate gettandosi dallo stesso balcone della torre più alta del castello".
"Mi state dicendo io ne sono colpita da questo Tormento?" sbarrando gli occhi smeraldini.
"Sembrerebbe ..qui vi è la lettera della Dama Nera scritta in punta di morte, confessando i suoi tormenti..ciò che tu sai è riportato su questa lettera..strano vero visto non l'hai mai letta..sembra un incanto o non comprendo, noi uomini del Clero ne andiamo cauti, il Buon Dio non permette di credere..ma abbiamo un ritratto della donna, è uguale a te Altea, me ne accorgevo via via crescevi e avevo il timore in me, sono andato alla ricerca dei ritratti delle ragazze morte e sono pure loro uguali alla Dama..leggi la fine della lettera..dice che tutto questo finirà quando una di voi riuscirà veramente ad amare un uomo".
Silenzio.. "E come potrebbe essere...io lo sento.. sento mi desidera, pure io..." ribattei decisa.

"E' quello che hanno lasciato scritto tutte le tue antenate morte, Bontà Divina tu sei stranamente ancora viva..lo amavano pure loro e quindi non potevano innamorarsi di altri e questo è il problema...d' altronde Afragolignonesi in giro disponibili non ve ne sono..buona fortuna Altea..ma io sono qui sempre per te, oppure affidati al prete della Pieve di Monsperon" e chiuse il libro.

Mi sistemai un pò ed entrai nel Palazzo, mi introdussi piano nella sala dove mio marito e Salamano parlavano, mi lavai con cura le mani sporche di terra ed udii il discordo del pane.
Asciugai le mani ora fredde e con un gesto di sfida presi due fette di pane bianco, una smorfia di odio nel mio sorriso e sguardo verso di lui e imburrai una fetta del pane e vi misi della marmellata di fragole, per poi posarvi sopra l' altra fetta di pane bianco e addentai quella bontà, le mie labbra assaporarono la delizia zuccherina di quella marmellata deliziandosi ma udii l' ultima frase di Salamano, sembrava qualcosa di importante e finsi indifferenza mentre mangiavo e abbondavo con il resto della colazione ma ascoltavo attentamente.


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