Camelot, la patria della cavalleria

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-   -   Ardea de'Taddei (http://www.camelot-irc.org/forum/showthread.php?t=803)

Guisgard 31-08-2009 02.44.07

Ardea de'Taddei
 
Questo racconto, come tutti quelli che amo narrare, proviene dalle tradizioni e dal folklore della mia nobile terra. Chi a suo tempo mi raccontò questa storia giurò che ogni cosa in essa contenuta è vera e che ancora oggi le sue meraviglie sono visibili a chi frequenta i luoghi che ospitarono tali eventi.
Da parte mia, sperando che molti ne trovino diletto, continuerò a raccontarla su queste pagine fino a quando ci sarà qualcuno che leggerà ed apprezzerà.


ARDEA DE' TADDEI

I

"Nato non era, l'audace e bell'eroe,
per oziare in quell'accademia, destinato
invece, per volontà del fato, a immortali
imprese ed alle gioie d'Amore."

(L'Imp, libro I)

La giovinezza è simile alla primavera.
Entrambe sono infatti le stagioni in cui la vita inizia a fiorire nelle sue infinite e meravigliose sfaccettature.
Come la primavera porta con sé i nuovi fiori ricchi di colori, profumi e suoni, così nella giovinezza nascono i nostri sogni più belli e i desideri più fantasiosi.
Ma proprio come la primavera, così breve seppur intensa, anche la giovinezza è di effimera durata.
A cavallo tra il freddo inverno e l’afosa estate, la primavera consuma presto i suoi teneri ed intensi giorni, come la giovinezza stessa, rapido intermezzo tra la fanciullezza e l’età matura, come viva fiamma brucia rapida l’ardore del suo tempo.
E con essa smarriamo anche la volontà di rincorrere quei sogni mai realizzati e quei desideri mai sufficientemente cercati, ritrovandoci a vivere con rimpianti che assumono presto l’immagine di eterni fantasmi.
Se l’uomo avesse, assieme alla forza e la vitalità, anche la saggezza per poter godere a pieno di quel grande dono che è la giovinezza, egli sarebbe davvero il re del creato come l’Altissimo l’ha da sempre designato.
Proprio come Ardea, che alla vigilia della sua primavera, era pronto a conoscere e dominare il mondo.
La povertà del piccolo borgo Saggese non consentiva di coltivare nei cuori dei suoi abitanti i frutti dello slancio e dell’ambizione.
In uno sperduto angolo del regno di Afragolignone, lontano dai giochi di potere che scuotevano il paese, il piccolo borgo, asilo di contadini e pastori, era scandito da una statica e mediocre quotidianità che col tempo, come avviene quando le stanche ed oziose abitudini prendono il sopravvento, finiva per rendere arido ed appassito lo spirito di chi vi abitava.
Ma non per Ardea.
Il bambino infatti aveva un’insolita vitalità e un fuoco dentro che gli divampava dal cuore e rendeva ardente il suo animo.
Nonostante l’eroismo e la gloria fossero estranei in quel borgo quanto la villania in una corte, in quel bambino uno strano valore si era impossessato del suo animo che pareva nato apposta per ospitarne l’essenza: la cavalleria.
I suoi passatempi infatti erano, quando non giocava con i suoi amici impersonando paladini e crociati, tuffarsi in uno dei suoi vecchi libri o in qualcuno di quelli conservati nell’antica chiesa del borgo, dove non mancavano mai storie di valenti ed invincibili cavalieri, oppure ascoltare sognante i cantastorie che, vagabondi, arrivando nel borgo durante una delle annuali fiere o per qualche festa religiosa, recitavano a memoria i versi di favolosi poemi cavallereschi.
Era quindi imbevuto, il fanciullo, di nobili ideali ed eroici propositi e la più alta immagine che egli aveva di tutto ciò era la bellissima statua dell’Arcangelo Michele, nella vecchia chiesa del borgo, davanti alla quale Ardea passava ore immaginando e sognando cavalieri non troppo diversi dal fiero principe delle Milizie Celesti.
Ma in quel pomeriggio di Aprile la vita nel borgo sembrava essersi destata, grazie ad uno di quegli avvenimenti capaci di scuotere il perenne torpore di quelle terre: la Santa Pasqua.
Sua nonna aveva imbastito tutto per preparare i tradizionali cibi, senza i quali le festività non sembravano tali. Taralli all’arancia, rustici di sugna e salumi, torte all’uovo e di grano.
La casa di Ardea era povera, ma in questi momenti dell’anno assecondare la tradizione era un po’ come pregare e qualche sacrificio poteva essere fatto senza starci a pensare troppo su.
Così il fanciullo andò, secondo la volontà della nonna, al vecchio mulino nel bosco, proprio per comprare una razione di grano. Con lui c’era l’inseparabile Karim, un ragazzotto curioso nell’animo e nell’aspetto ma che come nessun altro capace di ammirare le virtù di Ardea.
“Perché abbiamo imboccato questo sentiero?” Chiese Karim. “Di qua si passa per il vecchio querceto!”
“Quando attraverso il bosco amo passare presso il querceto!” Rispose Ardea, spezzando da un albero un ramo e strappandone poi le foglie.
“Sai che nel querceto giuravano gli antichi guerrieri celti? E’ un luogo carico di significati!” Aggiunse, agitando a mo di spada quel ramo appena spezzato.
“Più che il vecchio querceto” ribatte Karim guardandosi intorno “io penso a quello strano posto che gli sta accanto…”
“Parli del cimitero abbandonato?”
“Abbandonato e sconsacrato!” Precisò Karim.
“Anche quello è appartenuto ai celti!”
“Ed ora ci fanno i loro riti le streghe…”
E proprio in quel momento i due furono nei pressi del querceto. Però in quell’istante qualcosa destò l’attenzione dei due ragazzi.
Un poderoso e deciso rumore di cavalli proveniente dal cuore del bosco. E prima che i due amici potessero dirsi qualcosa, avvistarono una mezza dozzina di soldati a cavallo e armati di tutto punto.
“Che i tuoi celti siano usciti dalle loro tombe?” Sussurrò intimorito Karim.
“Più che la vendetta dei morti, dovremmo temere l’odio dei vivi!” Rispose ironico Ardea, fissando con attenzione quegli uomini giunti a pochi passi da loro.
http://upload.wikimedia.org/wikipedi..._pastorale.jpg

Continua...

Guisgard 01-09-2009 02.13.03

ARDEA DE' TADDEI

II


"Quell'immagine, ferma nella penombra,
mi fissava con tenere sorriso, come se non
avessi più nulla da temere. Poi, vistomi scattare,
svanì, come etereo sogno alla prima luce del giorno."
(I racc d Pall Lun d Sett, III, 11)


In breve quegli uomini armati raggiunsero i due ragazzi.
Avevano tutti la stessa uniforme, una lunga giubba che copriva la cotta di maglia con un elmo senza visiera, tranne colui che li guidava e che sembrava esserne il capo.
L’uomo aveva ricoperto il corpo da una dura cotta di maglia e sulle spalle, braccia e lungo le ginocchia, da una pesante armatura. Il capo era celato da un possente elmo ornato di un pennacchio rossastro e consumato.
“Avete visto passare da queste parti un uomo in fuga e ferito?” Esordì il cavaliere con tono solenne. “Si tratta di un traditore della corona ed è molto pericoloso!”
Ardea nell’ascoltarlo ne scrutò con attenzione l’aspetto e lo sguardo.
Karim invece era troppo spaventato per dire o anche solamente pensare qualcosa.
“I villani sono stupidi sin dalla fanciullezza!” Disse sprezzante il cavaliere voltandosi verso i suoi.
Poi, spazientito quanto scortese, tuonò ai due ragazzi:
“Per la barba del demonio! Capite la lingua in cui vi parlo o siete solo semplicemente tonti?”
“Messere, comprendiamo benissimo la vostra lingua ed i vostri modi e con essi il vostro rango.” Rispose fingendo soggezione Ardea.
“Allora parlate, maledetti bifolchi!”
“Perdonate, mio signore, ma le vostre parole hanno destato in noi grossi timori.”
“Non temete, miserabili! Se sapete qualcosa ditelo senza indugio così che quel maiale possa cadere presto nelle nostre mani!”
“In verità noi vedemmo un uomo in fuga passare oggi da qui” rispose Ardea “ma non comprendemmo che si trattasse di un simile reo.”
“Dove l’avete visto?” Chiese con rabbia il cavaliere.
“Verso l’inizio di questo sentiero, dove la campagna cede il passo al folto bosco.”
“E’ fuggito quindi verso il bosco, quel cane!” L’interruppe il cavaliere.
“No, messere” rispose lesto Ardea “egli vedendoci ha repentinamente cambiato strada. Solo ora ne comprendo il motivo.”
“E dove era diretto?”
“Verso le colline che aprono poi la via verso i monti.”
“Quel verme si è messo in trappola da solo! Sei sicuro che abbia preso quella direzione? Aveva con se un cavallo?”
“Si, signore, era proprio diretto verso la via per i monti e non aveva alcun cavallo con se.”
“Allora non potrà sfuggirci!”
“Messere, credete sia pericoloso? Qui vicino c’è il nostro borgo.” Chiese Ardea, fingendosi intimorito.
“Al diavolo! A voi villani è la peste o la carestia che vi farà marcire, non i traditori! E comunque, da quel che mi hai raccontato, quel maledetto ha preso tutt’altra via!”
Detto questo, il cavaliere fece cenno ai suoi e l’intera brigata si diresse verso la via indicatagli dal fanciullo.
Quando poi furono scomparsi tra la vegetazione e la polvere che avevano alzato i loro cavalli, Ardea scoppiò in una lunga risata che tradiva profonda soddisfazione.
“Folle e più folle io che ti vengo dietro! Cos’hai da ridere ora?” Esordì come intontito Karim.
“E’ stato un gioco da ragazzi sviarli verso quella solitaria via” rispose divertito Ardea “ora che è prossima la sera, si perderanno per bene, tra il buio e la loro insolenza!”
“Tu sei pazzo! Quelli sono cavalieri e se scoprono che li hai giocati torneranno a farci la pelle!”
“Non torneranno, tranquillo!” Sentenziò sicuro Ardea. “Ora affrettiamoci che è quasi buio e voglio passare prima presso il vecchio cimitero.
A quell’affermazione, Karim si sentì attraversare le membra da un brivido.
Ma il suo amico non se ne curò e raggiunse in breve l’austero luogo.
Ma appena giunti presso quelle antiche tombe, qualcosa scosse profondamente i due ragazzi.
Accanto ad una grossa croce di pietra che emergeva dal terreno, stava distesa, come addormentata o forse morta, una misteriosa figura.
A quella vista Karim scappò via. Il suo amico l’avrebbe senza dubbio seguito se non fosse stato vinto da una forte curiosità.
Così, dopo un attimo di incertezza, Ardea si avvicinò alla strana figura. La osservò da vicino, cercando di scrutarne il volto sotto il nero cappuccio che gli copriva il capo. Ma proprio in quel momento, con un rapido gesto, la figura afferrò per un braccio il ragazzo, che per la paura sentì la voce soffocarsi nel petto.
Mentre tutt'intorno il cielo iniziò ad essere attraversato dai sinistri sibili del vento.
http://www.artemotore.com/public/01_...4887785287.jpg

(Continua...)

Guisgard 03-09-2009 02.32.49

Tengo a precisare, come ho detto, che questo racconto lo sto scrivendo sotto dettatura dei miei ricordi, o forse di una dolce musa che ora confondo con l'eco del vento della sera.
Ciò che in esso è narrato si è perso nella notte dei tempi, ma non nell'oblio del passato e facendo appunto leva su ciò che mi fu narrato da piccolo, oggi io lo canto a chi si fermerà ad ascoltarmi.
Questo racconto è frutto della memoria della mia nobile terra quindi e in nessun altro luogo potrete ascoltarlo se non qui, dalla mia penna e accompagnato dal suono della lira del mio fedele menestrello.

Vivian 03-09-2009 10.13.14

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 9636)
Tengo a precisare, come ho detto, che questo racconto lo sto scrivendo sotto dettatura dei miei ricordi, o forse di una dolce musa che ora confondo con l'eco del vento della sera.
Ciò che in esso è narrato si è perso nella notte dei tempi, ma non nell'oblio del passato e facendo appunto leva su ciò che mi fu narrato da piccolo, oggi io lo canto a chi si fermerà ad ascoltarmi.
Questo racconto è frutto della memoria della mia nobile terra quindi e in nessun altro luogo potrete ascoltarlo se non qui, dalla mia penna e accompagnato dal suono della lira del mio fedele menestrello.

I vecchi racconti delle nostre terre sono sempre affascinanti. C'è però da dire che possono esser resi ancora più belli se narrati in una maniera tanto appassionata e avvincente. Insieme a voi ho camminato con Ardea e Karim nel querceto. Insieme a voi ho sentito il desiderio irresistibile di ingannare gli insolenti uomini a cavallo :p. E ora son qui, dietro una lapide, che tremo nel vedere il nostro protagonista alle prese con la misteriosa figura :eek:.
Ma non voglio distogliervi dal racconto, torno a sedermi sull'erba e attendo con infinita curiosità il seguito della storia :silence_shhh:.

Mentre tutt'intorno il cielo iniziò ad essere attraversato dai sinistri sibili del vento....

Hastatus77 03-09-2009 14.43.16

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 9636)
Tengo a precisare, come ho detto, che questo racconto lo sto scrivendo sotto dettatura dei miei ricordi, o forse di una dolce musa che ora confondo con l'eco del vento della sera.
Ciò che in esso è narrato si è perso nella notte dei tempi, ma non nell'oblio del passato e facendo appunto leva su ciò che mi fu narrato da piccolo, oggi io lo canto a chi si fermerà ad ascoltarmi.
Questo racconto è frutto della memoria della mia nobile terra quindi e in nessun altro luogo potrete ascoltarlo se non qui, dalla mia penna e accompagnato dal suono della lira del mio fedele menestrello.

Messer Guisgard, grazie per la precisazione... ma vi prego, continuate, perchè la storia è interessante. :smile_wave:

llamrei 03-09-2009 21.51.38

La vostra Terra è ricolma di animi nobili i quali hanno saputo, con gli anni, tramandare i racconti. Ben venga un bardo con il vostro diletto a narrare queste storie. Se non vi dispiace, io mi accomodo qui, messere, e non oso disturbare la vostra memoria. Mi lascio coccolare dai vostri ricordi.

Guisgard 04-09-2009 01.23.50

Ringrazio tutti voi, amici ed amiche, per le lodi a questo racconto.
Il vostro diletto è per me motivo d'orgoglio, sperando che il seguito sia degno della vostra attenzione.

Guisgard 04-09-2009 02.38.34

ARDEA DE' TADDEI

III

"L'attesro per un pò, con l'ansia per
quella gravosa impresa, fino a che l'uomo
detto il principe, attorniato da devoti compagni,
che ad un suo gesto avrebbero la fatal dama nera
seguito nell'Ade, apparve come un re tra loro."
(Le Geo, libro I)


Il Sole era ormai tramontato quasi del tutto e sul giorno morente stava ovunque scendendo l’infinito crepuscolo.
Le alte nubi nel cielo, per il contrasto tra gli ultimi bagliori di luce ed il primo buio della sera, sembravano le possenti onde di un mare burrascoso che dall’infinito pareva intenzionato a schiantarsi sulla terra per lavarne colpe e peccati.
Un asciutto vento si era levato e con una tenace insistenza soffiava senza sosta, diffondendo lamenti ed echi in quel tormentato paesaggio.
Ma Ardea sembrava insensibile a quello spettacolo della natura. L’unica cosa che sentiva era la forte morsa che gli stringeva il braccio.
Il sibilo del vento si fece più forte e profondo, come se trasportasse i lamenti dei dannati dall’Inferno.
Infine Ardea, vinto dal terrore, chiese pietoso:
“Non fatemi del male, vi prego!”
La figura non rispose e dal buio che copriva quel volto, celato dal cappuccio, si aprirono due fessure luminose che fissavano nel profondo degli occhi il povero ragazzo.
“Abbiate pietà di me, vi supplico!” gridò Ardea “San Michele mio, aiutami!”
“Vieni a destare i morti di questo luogo e ti aspetti la misericordia degli angeli?” Disse con voce austera e profonda quella figura.
“Pietà! Pietà!” Gridò il ragazzo.
“No! Tu oggi poserai qui la tua anima!”
Vinto dalla disperazione e dal terrore, sentendosi ormai perduto, l’indomito ragazzo tirò allora un calcio, con tutte le sue forze, nelle pieghe del mantello che avvolgeva quella nera figura.
Questa, sentendosi colpita, emise un gemito soffocato tra i denti e mollò finalmente quella presa che al ragazzo pareva d’acciaio.
Ardea allora, libero da quella morsa, fu sul punto di scappar via, ma il lamento di quella oscura figura lo fece arrestare.
Si voltò e vide quello che gli era parso un fantasma piegato su se stesso, tenendosi il fianco.
Restò alcuni istanti a fissare quell’immagine.
“Maledetto” sussurrò la misteriosa figura “fuggi o ti strapperò davvero l’anima!”
Ardea invece restò immobile a fissarla.
La figura allora, aggrappandosi a fatica sulla croce della tomba, si tirò su, respirando a fatica.
Ardea si avvicinò e vide, lungo la sua gamba, il sangue scorrere in grande abbondanza.
“Non temi né gli spiriti né la morte, dannato?” Disse affannando l’uomo incappucciato.
“Gli spiriti non perdono sangue…” Rispose Ardea con un tono che tradiva una paura ormai scacciata.
La figura allora aprì di scatto il mantello e con la mano destra, la sinistra la teneva stretta sul fianco ferito, impugnò un affilato pugnale.
“Oggi, io e te ci uniremo ai morti di questo luogo…” Disse fissando il ragazzo.
Questi, in quel momento, si ricordò degli uomini avvistati prima e di quel che dissero riguardo alla preda ferita a cui davano la caccia.
Inoltre, apertosi il mantello, Ardea poteva ora vedere meglio quella figura.
Aveva una cotta di maglia che gli copriva completamente il corpo e placche di ferro sulle braccia e sulle gambe. E al collo portava un antico e prezioso monile, su chi era incisa l’immagine di un gufo con una rosa tra gli artigli.
“Volete uccidermi per poi attendere qui i vostri carnefici?” Disse Ardea, fissando il buio del volto di quello che ormai si era rivelato essere un uomo mortale.
“In questo luogo c’è solo la giustizia dei morti!” Rispose quell’uomo.
“Per quella c’è tempo. Finche siamo in vita, si intende.”
L’uomo restò in silenzio a quelle parole di Ardea.
“Dovete fuggire, finche siete in tempo.” Aggiunse il ragazzo.
L’uomo si strinse alla croce e fissò il cielo ormai buio, dicendo:
“Anche il vento sembra portare lamenti di morte.”
“Può essere quella dei vostri nemici.”
“Sei ancora qui, dannato? Vattene via, se non vuoi morire anche tu!”
“Con quella ferita non andrete lontano. Cosa vi occorre?”
A quella richiesta l’uomo fissò Ardea e rispose:
“Un confessore o un cavallo!”
Ardea sorrise e scappò improvvisamente via. Poi voltatosi verso quel’uomo gridò:
“Attendete il mio ritorno. Vi porterò l’uno o l’altro!”
E sparì come rapito dalla foga del vento.
http://www.comune.casteldelpiano.gr....l_torrente.jpg

(Continua...)

Guisgard 07-09-2009 02.20.02

ARDEA DE' TADDEI

IV

"Il nemico, con rapaci sguardi, scrutava che
non lo raggiungessero nè aiuto, nè ristoro.
La morte lenta e senza onore avrebbe mostrato
a tutti l'odio del terribile scolarca. Ma poi, con
armi e corazza, l'amico gli venne in aiuto,
sottraendolo allo scempio e alla furia di
quell'inumano guerriero."
(Le Geo, libro III)


Ardea, quasi sospinto dal vento, tagliò il bosco in due, come solo chi conosceva quei luoghi poteva fare e raggiunse il vecchio mulino.
Scrutò la situazione e si rese conto, colpa del tempo che sembrava diffondere maledizioni attraverso la furia del vento, che il mugnaio e sua moglie si erano ben chiusi in casa.
Raggiunse così la stalla e, coperto dal forte sibilo del vento, portò via l’unico cavallo in essa custodito.
Di lì a poco fu di nuovo al vecchio cimitero e trovò fermo sulla sua croce quel misterioso uomo.
Questi nel vedere il ragazzo, non solo ritornato, ma anche accompagnato da un cavallo, restò come allibito.
Raccolse allora le ultime forze e si sollevò, aggrappandosi alla croce, da terra.
“Ho avuto solo il tempo di prendere le redini per condurlo qui” disse il ragazzo “per la sella dovrete arrangiarvi.”
L’uomo si avvicinò al cavallo e strinse per bene le redini poi, nonostante la ferita e l’assenza di sella e staffe, montò in groppa con una disinvoltura che tradiva il suo status.
“Avrete il vantaggio di una notte sui vostri nemici” riprese a dire Ardea “seguite il sentiero e per domattina sarete fuori dal bosco e lontano dalle grinfie dei vostri inseguitori.”
“Come fai a dirlo?” Chiese l’uomo.
“Essi sono ora in balia del vento e della notte, sulla incerta via che conduce ai monti!”
“Come sai tutto ciò?”
“Perché fui io a sviarli da queste vie.”
“Perché fai tutto questo?”
“Perché dagli abiti mi sembrate un cavaliere!”
“E lo sono. Ma anche coloro che mi inseguono sono cavalieri.”
“Non lo sono. Non loro!”
“Come puoi dirlo?”
“Erano tanti contro un uomo solo e ferito. Questa è una vergogna per la cavalleria!”
L’uomo si accorse che lo sguardo di quel ragazzo, mentre diceva queste cose, fu attraversato da una luce intensissima ed abbagliante.
Allora si tolse il cappuccio, mostrando il suo volto ad Ardea.
Questi rimase rapito da quell’immagine.
I lunghi capelli neri avvolgevano sudati un viso dai bei lineamenti, con occhi grandi di un intenso blu che spiccavano meravigliosamente sul chiarore di quel fiero volto. Mentre la bella barba non nascondeva la nobiltà e la luminosità della sua espressione.
“L’ho sempre saputo…” Sussurrò Ardea.
“Cosa?” Chiese quell’uomo.
“Che i veri cavalieri sono belli come un angelo di Dio.”
“Qual è il tuo nome ragazzo?”
“Ardea, signore.”
“Dove vivi?”
“Nel vecchio borgo di Saggese.”
Udite queste parole, il cavaliere spronò il cavallo e si diresse nella direzione indicatagli dal ragazzo.
Ma fatti pochi passi, si voltò e disse:
“Che Dio ti benedica e ti accompagni sempre, ragazzo mio.”
Poi sparì come inghiottito dal folto bosco, mentre ad Ardea come compagno restò solo il sibilo del vento.
http://www.ringsgeek.net/images/Arag...th%20horse.jpg

(Continua...)

elisabeth 07-09-2009 08.16.00

State scrivendo qualcosa di veramente bello, e la bellezza dei vostri ricordi rendono la storia cosi' vera che sembrate averla vissuta, continuate ...sono curiosa...:smile_clap:

Guisgard 07-09-2009 17.51.10

Cara lady Elisabeth, spesso ciò che ricordiamo o che viviamo, si confonde con i nostri sogni e i nostri desideri.
Forse quando si narra una storia, per lontana ed estranea che possa essere, in essa riviviamo incontri, amori, amicizie vissute in passato.
O forse, più semplicemente, il canto della musa inebria i sensi e ci spinge a riflettere un pò di noi stessi in quello che scriviamo.
Chissà.
Restano però le vostre bellissime parole, indispensabili ad ogni poeta e cantore.
Grato di ciò, mia signora, vi prometto che le prossime gioie del nostro protagonista saranno dedicate a voi :smile:

elisabeth 07-09-2009 22.23.19

Sir Guisgard vi ringrazio per il pensiero ne sono lusingata, credo che abbiate pienamente ragione i nostri scritti sono l'essenza di quello che siamo, sono gli incontri non casuali della nostra vita. Attendo allora il continuo della storia.................:silence_shhh:

llamrei 07-09-2009 23.54.29

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 9802)
Forse quando si narra una storia, per lontana ed estranea che possa essere, in essa riviviamo incontri, amori, amicizie vissute in passato.
:smile:

E' vero. Una specie di legame che, senza saperlo, esiste e ci rende parteci oggi, seppur spettatori, di qualcosa che è stato. Non è negativo: tutt'altro. E' molto più emozionante perchè rende le emozioni più ricolme e complete.

Io attendo (sono impaziente Sir) il continuo:smile:

Guisgard 08-09-2009 02.47.12

Citazione:

Originalmente inviato da llamrei (Messaggio 9810)
E' vero. Una specie di legame che, senza saperlo, esiste e ci rende parteci oggi, seppur spettatori, di qualcosa che è stato. Non è negativo: tutt'altro. E' molto più emozionante perchè rende le emozioni più ricolme e complete.

Io attendo (sono impaziente Sir) il continuo:smile:

Milady, come sempre le vostre parole sono ambasciatrici della vostra sensibilità e generosità d'animo.
Auguro al protagonista di questa storia, se riceverà la benedizione di Amore, di incontrare una donna che riassuma nella sua figura i vostri tratti e che, come voi, sia animata da cortesi e nobili sentimenti :smile:
Per stanotte ho lasciato la mia finestra aperta, affinchè la mia musa possa raggiungermi al più presto e rinvigorire la mia memoria per il continuo di questa storia ;)

Morris 08-09-2009 12.22.26

Vi leggo..in silenzio..amico mio......non voglio disturbare la vostra magistrale ispirazione.......complimenti....continuate pure..........tutti quanti...attendono impazienti!

Sir Morris

Guisgard 09-09-2009 01.57.30

Grazie, mio devoto e poetico amico.
Felice che questo antico racconto vi stia piacendo :smile:

Guisgard 09-09-2009 03.33.45

ARDEA DE' TADDEI

V

"La Santa Rita scricchiolava sotto il peso
dei mortai e delle provviste, mentre il mare
avvolgeva ogni cosa fino a confondersi con
il cielo infinito. Il fillibustiere era solo e sconsolato,
ma poi finalmente vide dal molo l'amico correre
verso la nave, Insieme sarebbero salpati per
un'avventura sognata da sempre."
(I pir di Capom, 1,7)


Passarono inesorabili i giorni, poi i mesi e poi gli anni, tre in tutto, ma la vita continuò a scorrere come sempre era stato nel vecchio borgo Saggese.
Nemmeno le lotte scoppiate intorno alla successione al trono, che insanguinarono il paese, sembravano aver scosso il perenne torpore del borgo.
Era infatti accaduto che il re morendo aveva imposto come suo erede, non il figlio legittimo, ritenuto avido e venale, ma suo nipote, figlio di sua sorella andata in sposa al re di un vicino reame.
Così, attorno alla successione, scoppiò lo scontro tra i due cugini che ambivano alla corona.
I nobili si divisero tra i due contendenti ed alla fine il nipote del re ebbe la meglio e fu proclamato sovrano di Afragolignone.
Così, dopo sette anni di violenti scontri, la pace era tornata finalmente nel reame.
Ma, come detto, quasi nulla di tutto ciò era stato avvertito nel vecchio borgo, fatta eccezione per quanto era accaduto proprio in quella lontana sera di Aprile.
E proprio quella sera non era stata dimenticata da Ardea.
Il ragazzo non riusciva e non voleva dimenticare quel misterioso cavaliere che aiutò a fuggire dai suoi nemici.
Come una visione senza tempo, quella scena vissuta anni prima, ritornava costante, come un’ossessione, nei sogni di Ardea.
E in quella visione rivedeva il suo cavaliere in mille vesti; ricoperto dalla sua lucente armatura mentre abbatteva i suoi avversari, o al galoppo con armi e stendardo, o ancora nell’atto di uccidere un drago.
E sempre, in questi suoi ricorrenti sogni, il ragazzo vedeva il medaglione indossato quella sera dal cavaliere, quello raffigurante il gufo e la rosa.
A nessuno aveva raccontato però di quella sera. Per quanto lo riguardava infatti, avrebbe portato con sé quel segreto nella tomba.
Solo Karim era stato con lui durante quell’episodio, ma come ricorderanno i lettori era fuggito via prima che succedesse tutto.
Probabilmente ancora oggi il povero Karim viveva convinto di aver visto un fantasma quella sera al vecchio cimitero celtico.
In realtà Ardea aveva cercato, più volte, di raccontare tutto al suo migliore amico, ma Karim non aveva mai preso sul serio il suo racconto, credendo che il suo amico volesse solo prendersi beffe di lui e dello spavento che si era preso quella sera.
E così, alla fine, restavano solo i ricordi ed i sogni a condividere con Ardea ciò che era accaduto in quella lontana sera.
Ma la vita trova proprio negli incontri che facciamo la sua linfa vitale e nulla di ciò che accade avviene per
caso.
E talvolta il passato torna a chiedere conto delle nostre azioni.
Così, durante una soleggiata mattinata di Marzo, in una luminosa radura irregolare, ai limiti del bosco, Ardea ed altri ragazzi, come spesso facevano, trascorrevano il tempo ad immaginare di essere cavalieri e tiranni, correndo e nascondendosi tra la verde vegetazione.
E mentre Ardea era nascosto in un vecchio tronco cavo, in attesa che qualcuno dei suoi amici riuscisse a trovarlo, udì un rumore di passi.
Scrutando tra il folto fogliame selvatico vide passare una nobile compagnia di uomini a cavallo.
La misteriosa brigata era formata da una decina di uomini ed era guidata da due personalità di lignaggio apparentemente molto alto.
Uno, da come era abbigliato, sembrava in tutto e per tutto un chierico.
Mentre guardando l’altro non era difficile capire che apparteneva al rango di cavaliere.
L’andamento della compagnia era lento e austero e la direzione che aveva intrapresa portava senza dubbio al borgo Saggese.
Ardea lì seguì per un po’ con lo sguardo, poi, quando scomparvero lungo la via, uscì dal suo nascondiglio e chiamò a se gli altri.
“Avete sentito quei passi? Disse agli altri ragazzi. “ Sembra che un gruppo di cavalieri sia diretto verso il borgo.”
“Cavalieri? Al borgo? Impossibile!” Rispose lesto Karim.
“Li ho visti io un attimo fa! Ora torno al borgo per vedere cosa accade.”
“Tempesta avrebbero dovuto chiamarti!” Sbottò spazientito ancora Karim. “Possibile che tu non riesca ad aver giudizio?”
Ardea lo fissò scuotendo il capo.
“Se davvero sono diretti al borgo, potrebbero esserci presto dei guai per noi che vi abitiamo. Meglio restarcene qui ad aspettare.” Continuò Karim.
“Fa come credi. Io invece vado! Se qualcuno vuol seguirmi sa che direzione prendo!”
Detto questo, Ardea corse via verso il borgo.
Giuntovi, si accorse che c’era un’insolita agitazione nel borgo e tutti parlavano di quella compagnia appena arrivata e cosa potesse mai cercare in quel posto.
Poi con sua grande meraviglia gli venne detto che quegli uomini avevano chiesto proprio di casa sua.
Ardea in un momento la raggiunse, trovando nel cortile gli uomini di quella compagnia.
Entrato in casa trovò ad attenderlo i suoi nonni e i due uomini, il chierico ed il cavaliere, visti nel bosco.
“E’ lui il ragazzo?” Chiese il cavaliere fissandolo.
“Si, è lui.” Rispose la nonna, raggiungendo il nipote e baciandolo sulla fronte.
Una strana inquietudine scese allora nell’animo di Ardea, che non capiva cosa stesse accadendo, mentre la luce di quella luminosa mattinata si diffondeva raggiante in tutta la stanza.
http://www.avalonworld.de/artus_parzival.jpg

(Continua...)

elisabeth 09-09-2009 08.34.49

Fantastico Sir Guisgard, come le anime si cercano nel tempo, il cavaliere sconosciuto, ha visto nell'animo del giovane Ardea l'essenza del cavaliere ...siamo come antenne nel mondo se abbiamo l'animo predisposto tendiamo ad incontrarci......

Guisgard 09-09-2009 15.14.22

Avete ragione, damigella.
Da sempre le anime simili, animate dalle stesse passioni, alla fine sono destinate ad incontrarsi.
Ed attraverso questi incontri si realizza il destino di ognuno di noi :smile:

KingArthur 09-09-2009 15.53.21

Vi porgo i miei complimenti Sir Guisgard il vostro racconto è un opera degna di merito!

Guisgard 10-09-2009 01.50.30

Sire, di voi ho sempre sentito parlar bene.
E giunto qui a Camelot ho potuto vedere con i miei occhi che quanto udito corrisponde al vero.
La vostra nobiltà si manifesta nel modo in cui vi rivolgete ai vostri sudditi e come lodate la loro fedeltà a questo reame.
Sono felice che il mio racconto vi stia piacendo!

Guisgard 11-09-2009 03.30.14

ARDEA DE' TADDEI

VI

"Monello e scanzonato, l'indomito
ragazzo, nei polverosi libri i grandi cavalieri
cercava, sognando crociate e il Santo Graal.
Ma sempre lui sapeva che nella vecchia
casa l'amore familiare ad attenderlo trovava."
(Le Geo, libro I)


Ardea si accorse che il viso di sua nonna, mentre lo baciava, era bagnato da lacrime.
Il cavaliere si avvicinò al ragazzo fissandolo attentamente.
“Il tuo nome è Ardea, vero?”
“Si, milord.”
“Tua nonna ci ha raccontato che hai molti libri. Sono una mercanzia rara di questi tempi. Io ne ho veduti solo nei monasteri ed in qualche castello.”
Ardea annuì.
“Mi piacerebbe vederli. Vuoi avere la cortesia di mostrarmeli?”
“Si, certo. Seguitemi, signore.”
Così Ardea condusse con se il cavaliere in una piccola stanza, che rappresentava per il giovane gran parte del suo mondo.
Qui vi erano conservati un buon numero di libri, forse più di quanti ce ne fossero nell’intero borgo Saggese.
Il cavaliere ne sfogliò qualcuno sotto lo sguardo attento di Ardea.
“L’abate Petrillus, il sant’uomo che mi accompagna, dice che chi legge molto aspira ad essere chierico o poeta.”
“Non saprei, milord.” Rispose Ardea.
“Tu quindi non ambisci a nessuna delle due cose?”
“No signore.”
“A quanto pare allora” rispose divertito il cavaliere “l’abate si è sbagliato.”
“Non saprei, milord.”
“Tu allora cosa vorresti farne della vita, visto che ritieni, a quanto sembra, poco allettanti l’arte della poesia e la missione del chierico?”
“Milord, non disprezzo nulla di ciò che dite” rispose lesto il giovane “dico solo che non ne sarei capace.”
“Perché mai?”
“Per essere uomo di chiesa occorre la vocazione, mentre per comporre versi una musa che ti ispiri.”
“Arguto!” Ribatte il cavaliere. “E di cosa ti ritieni invece più degno?”
Ardea abbassò per un momento il capo e poi arrossì.
“Cos’hai? Vergogna o timore?” Chiese il cavaliere.
“Io sogno di essere cavaliere!” Disse di getto Ardea.
L’uomo in armi sorrise.
“Comprendo il vostro riso…in questo luogo non vi è né valore per aspirare a tanto, né nobiltà che lo possa riconoscere…”
“Lancillotto e Parsifal furono presto orfani di padre, eppure divennero della cavalleria la massima espressione.” Disse il cavaliere.
“Si, ma loro ebbero il merito di essere alla corte di re Artù. Io come corte posso solo aspirare al folto bosco e l’unico sovrano che vi regna è il mitico Oberon, ma non credo abbia bisogno di cavalieri.”
“Rimpiangi quindi i tuoi poveri natali?”
“No, milord, mai!” Rispose con decisione il giovane. “Solo le leggi di questo mondo che premiano il sangue anziché il valore!”
Il cavaliere restò stupito dall’ardore di quella risposta. E disse:
“Il fato da a tutti una possibilità per essere grandi.”
Poi, rimesso a posto uno dei libri che aveva sfogliato, il cavaliere s’accorse che dalle pagine era caduto un foglietto spiegazzato.
Aprendolo vide disegnato uno schizzo. Era il gufo con la rosa che Ardea vide sul ciondolo del cavaliere incontrato anni prima.
“Cos’è questo?” Chiese il cavaliere.
“Un disegno che feci tempo fa.”
“Cosa rappresenta?”
“Il simbolo di un cavaliere.”
“Come lo conosci?”
“E’ una lunga storia, ma non credo vi possa interessare.”
“Io credo di si.”
E detto questo, tirò fuori dal mantello un ciondolo in tutto simile a quello che Ardea vide anni prima.
“Il gufo con lo rosa!” Gridò il giovane. “Come fate ad averlo, milord?”
“Come ti ho detto, il fato da a tutti la possibilità di essere grandi.” Rispose il cavaliere. “E questo ciondolo, se ne sarai degno, sarà la tua possibilità!”
Ardea restò attonito e confuso, mentre l’immagine del fiero gufo con la bella rosa scintillava nei suoi occhi.
http://www.let.kumamoto-u.ac.jp/lite...u/Parzival.jpg


(Continua...)

llamrei 11-09-2009 10.31.39

Io continuo a farmi coccolare dai vostri racconti...Non fatevi pregare ulteriormente: continuate l'avventura

Vivian 11-09-2009 12.45.39

Mi associo alla richiesta di Lady Llamrei: continuate Sir Guisgard, il vostro racconto è sempre più avvincente. :silenced_misspeak:

Guisgard 11-09-2009 14.52.57

Mie dilette dame, ho piacere che questo racconto vi stia piacendo.
Chiederò alla musa di continuare ad accarezzare i miei ricordi :smile:

Guisgard 14-09-2009 02.20.28

ARDEA DE' TADDEI

VII

"Il più semplice diventerà
un eroe e il più superbo
sarà scudiero; il caldo sfocerà
nel freddo e la notte si tramuterà
nel giorno. Allora il mio destino
sarà compiuto."
(Antica canzone normanna)


Ardea osservava confuso e stupito il volto di quel cavaliere, che a sua volta lo guardava come colui che dispensa doni a chi nulla possiede.
“A quanto pare conosci questo stemma.”
“Si, milord.” Disse il ragazzo. “Ma voi chi siete e perché possedete quel ciondolo?”
“Visto che ami tanto le storie dei cavalieri” rispose con un sorriso quel cavaliere “te ne racconterò una io ora.”
Ardea lo ascoltava sempre più stupito.
“Tempo fa uno dei più forti cavalieri del regno, mentre combatteva per il suo futuro re, cadde in un’imboscata dove i suoi uomini furono uccisi e lui ferito.” Iniziò a raccontare il cavaliere.
“Senza cavallo e quasi senza forze, si ritrovò in questi luoghi, presso un antico cimitero. Solo, stremato e ferito, attendeva la morte che gli avrebbero di sicuro dato i suoi inseguitori se non fosse accaduta una cosa tanto imprevista quanto benigna.”
Il cavaliere fece una pausa e poi continuò:
“Accadde che un fanciullo, inviatogli certo dal cielo, lo soccorse. Sviò i suoi inseguitori e gli procurò un cavallo per fuggire.”
“Milord…chi era quel cavaliere? Sono anni che me lo chiedo, interrogando i miei sogni senza aver risposta!” L’interruppe Ardea.
“Il cavaliere che salvasti, ragazzo mio, era il duca Taddeo d’Altavilla. Dopo quella notte, egli riuscì a tornare nelle sue terre e fu tra gli artefici della vittoria del re.”
Ardea restò senza parole, ma con una gran gioia nel cuore. Ora finalmente sapeva il nome del suo cavaliere.
“Io sono Vico d’Antò, suo cavaliere e vassallo, col compito di portare a te oggi le sue parole.” Disse il cavaliere.
“Il duca non ha dimenticato il tuo gesto.” Aggiunse. “Il cielo non gli ha concesso la grazia di avere un figlio ed egli ha espresso il desiderio che tu possa diventare questo per lui.”
Ardea credette di sognare.
“Sta a te decidere, ragazzo mio.” Concluse Vico.
Descrivere ora cosa provò nel cuore Ardea ad udire quelle parole non è facile.
Gli stati d’animo degli uomini, come i loro sentimenti del resto, sono un miscuglio di sensazioni e reazioni che non è facile decifrare.
Da sempre Ardea aveva sognato di poter un giorno divenire cavaliere. Ma comprendeva che tale cosa era difficile a realizzarsi poiché egli non aveva sangue nobile nelle vene.
E comunque fino a quando fosse vissuto nel borgo tali aspirazioni sarebbero rimaste solo utopie.
Ora però si stava concretizzando ciò che nemmeno nei suoi sogni più belli aveva mai osato sperare.
Il destino sembrava davvero aver bussato con vigore alla sua porta, per concedergli un’occasione mai nemmeno concepita.
In un momento tutto sembrò prendere senso, compiersi, come se qualcuno, da un luogo posto al di sopra dell’intelletto umano, avesse scritto tutto ciò.
Il cuore gli batteva come un ossesso e per un attimo credette di sognare.
Ma poi, all’improvviso, qualcosa sembrò destarlo da tutto ciò: i suoi amati nonni.
Come avrebbe potuto abbandonarli così?
Egli era il bastone della loro vecchiaia e l’unica gioia che possedevano.
Erano soli, fiaccati dalla vecchiaia e dalla povertà. Erano stati da sempre la sua unica ed amata famiglia.
Lasciarli per un sogno, per grande che potesse essere, ad Ardea sembrò un imperdonabile peccato.
“I miei nonni…” Sussurrò.
“Noi partiremo nel primo pomeriggio. Rifletti bene su cosa decidere.” Sentenziò Vico.
Ardea tornò in casa dai suoi nonni.
Lì trovò uno accanto all’altro, abbracciati senza dirsi nulla.
Neanche lui disse nulla e corse a stringersi a loro.
Forse quel momento sarebbe durato per sempre se non fosse stato interrotto dalla nonna:
“Non far attendere questi nobili signori. Corri a prepararti, altrimenti non potrai più partire.”
“Non posso lasciarvi” rispose Ardea “il mio cuore è qui, con voi.”
“Ardea, figlio mio” disse la nonna “la vita altro non è che una continua ricerca della perfezione. Tu non sei fatto per vivere qui. Ho sempre saputo, nel mio cuore, che un giorno saresti andato via. Ora quel momento è giunto.”
“Ma resterete soli…”
“Ti abbiamo cresciuto come un figlio, giurando di darti sempre il meglio. Se ora non ti permettessimo di andare verremmo meno a quel giuramento.”
“Potrò mai sdebitarmi con il cielo per avermi donato una famiglia come voi?”
“Si. Diventa un gran cavaliere” intervenne il nonno “e fa che la tua fama giunga fino a quaggiù, ragazzo mio!”
Di nuovo i tre si unirono in un tenero e commosso abbracciò.
All’ora stabilita per la partenza, la compagnia fu pronta e Ardea era con loro.
Usciti dalla casa trovarono un buffo ragazzotto, con l’aria smarrita, nel cortile ad attendere notizie. Era Karim.
Ardea lo prese in un angolo e i due parlarono per un pò. Poi un forte e sentito abbraccio sancì quella non meno dolorosa separazione.
L’ultimo sguardo fu per i suoi nonni, come i suoi sospiri e le sue lacrime solo a stento contenute, mentre abbandonava quel nido dove era cresciuto, fino ad allora, come tenero uccello.
http://1.bp.blogspot.com/_k-bPNZiL84.../Parzival2.jpg

(Continua...)

Guisgard 15-09-2009 02.59.59

ARDEA DE' TADDEI

VIII

"E da lontano, oltre gli aspri monti,
appariva, come faro illuminante ai
navigatori speranzosi di un'accogliente
terra, Imperias, superba dimora degli
ultimi eroi conosciuti."
(L'Imp, libro I)


In breve la nobile compagnia attraversò la ridente campagna che circondava il borgo Saggese e si trovò sul lungo sentiero che tagliava in due il folto bosco, oltrepassato il quale sarebbero giunti nelle terre del signore d’Altavilla.
“Sei triste, ragazzo?” Disse Vico d’Antò osservando Ardea avvolto in un profondo silenzio.
“Si, milord” rispose Ardea “e vi confesso che se fossi da solo piangerei come un bambino.”
“Mi sembra naturale tutto ciò.”
“Piangere non è da uomini, milord. E tantomeno da cavalieri.”
“Non credo sia vero.”
“Nessun cavaliere ha mai pianto, signore!”
“Forse dovresti ricrederti.” Rispose con un sorriso Vico.
“Gigia” gridò poi rivolto verso il suo seguito “vieni qui e racconta al nostro tenero ragazzo come anche i più grandi cavalieri hanno versato lacrime!”
Il menestrello chiamato dal cavaliere si fece avanti, abbandonando gli uomini che seguivano ed iniziò a recitare:

“Storie di cavalier non son rare
bagnate da molte lacrime amare!
Tristano non pianse forse per la bella Isotta?
Come Lancillotto per Ginevra a voce rotta!
Ed Orlando che di Angelica bramava l’amor
non era certo pari ai lamenti del Cid Campeador?
E molti altri versarono sospiri e lacrime,
facendo del dolor l’ideale delle loro anime!”

Finite le sue rime, Gigia fece un profondo inchino e tornò nei ranghi da dove era venuto.
“Visto?” Disse Vico. “Se vuoi piangere e alleggerirti il cuore sei in buona compagnia!”
Ardea sorrise e si sentì un po’ più sollevato, grazie alla sensibilità di quel cavaliere, oltre che ai virtuosismi lirici di Gigia.
Il viaggio intanto continuava e la compagnia era ormai giunta in una vasta terra, delineata da una verdeggiante e superba brughiera.
“Questa che vedi, ragazzo mio” Disse Vico d’Antò “è la terra detta Delle Cinque Vie. Qui sono i domini del duca d’Altavilla.
“Perché questo curioso nome, milord?” Chiese Ardea.
“Perché quando anticamente questi luoghi vennero conquistati, la prime cose ad essere costruite furono proprio cinque strade, attraverso le quali la civiltà potè giungere in queste terre.”
“E questa terra appartiene tutta al duca?”
“Tutta. I suoi antenati la conquistarono ed egli ne ha ampliato, con il suo valore, i confini. Inoltre il diritto di possesso e trasmissione lo guadagnò anche con le sue campagne volte a liberare questi luoghi dagli eretici che le abitavano.”
“Ed ora gli eretici non vi suono più in queste terre? Chiese Ardea.
“Per Grazia di Dio non più!” Rispose Vico.
“Liberaci dal male, o Signore!” Esclamò l’abate Petrillus, segnandosi tre volte.
Ad un certo punto, finalmente, la compagnia avvistò un maestoso castello in lontananza.
Circondato da una possente cinta muraria e racchiuso da sette alte torri, il maniero dominava l’intero paesaggio come un gigante addormentato.
“Quello è il castello del duca, ragazzo!” Indicò Vico.
Ardea al solo vederlo sentì una forte emozione nascergli dal cuore.
Giunti in prossimità del castello, Vico fece suonare il corno da uno dei suoi uomini, per annunciare al duca il loro ritorno.
http://www.alnwickguide.co.uk/gallery/page/1.jpg

(Continua...)

Guisgard 16-09-2009 03.09.32

Questo racconto l'ho udito diverse volte durante la mia infanzia, ma sempre nel medesimo periodo dell'anno: quello che va da Settembre fino alla Quaresima ed alla Santa Pasqua.
In pratica dalla vigilia dell'Autunno fino all'inizio della Priomavera.
Tutto ciò perchè tale periodo rappresenta un momento importante, che nelle mie terre è detto "della civetta".
La civetta infatti (insieme al gufo) è il simbolo della mia terra.
E vedere questo rapace nel periodo che ho indicato (soprattutto quello invernale) simboleggia buoni auspici e fortuna.
Questo racconto nasce quindi sotto il segno del fiero rapace protettore della mia nobile terra.
Ma vi è anche un altro motivo che lo rende a me molto caro.
Infatti, questo racconto, cela un segreto, che rivelerò alla fine della storia a chi avrà voluto seguirmi in questa antica avventura.
http://2.bp.blogspot.com/_WUvdHc6kAV...04_civetta.jpg

Guisgard 17-09-2009 02.39.30

ARDEA DE' TADDEI

IX

“Pasciuti maiali e teneri capretti
il gran re fece squartare e cucinare
per la sua magnifica corte. Poi, tra gli
sguardi di tutti, fece cenno ad Icaro
di avvicinarsi.”
(L’Imp, libro I)


Il suono del corno si diffuse nell’aria e l’eco sembrò destare quella brughiera come da un lungo sonno.
La compagnia si diresse quindi verso la fortezza del duca, giungendo in un borgo, parzialmente fortificato, arroccato tutt’intorno alla cinta muraria del castello.
La gente del posto accoglieva con saluti ossequiosi e rispettosi inchini la nobile compagnia mentre attraversava quelle strade.
Ma lo stupore e la curiosità di quella gente era tutta per il giovane Ardea.
Alla fine della grande strada centrale che tagliava il borgo, la compagnia si trovò davanti al grande ponte levatoio che dava l’accesso all’interno del maniero.
Un canglore si diffuse solenne nell’aria e il pesante ponte iniziò a scendere: la compagnia potè così entrare all’interno.
In un momento, come se fossero attesi da secoli, servi e paggi attorniarono gli uomini della compagnia, aiutandoli a smontare da cavallo ed accogliendoli come si conveniva in simili circostanze.
Ardea non sapeva se tutto ciò stesse davvero accadendo.
I castelli lui li aveva solo immaginati leggendo i racconti dei suoi libri o sognando nell’udire i versi dei cantastorie.
Ora, come per incanto, si trovava in un vero castello e tutto gli sembrava un sogno.
Si guardò attorno nel grande cortile e quell’incredibile spettacolo quasi lo convinse che il tutto era solamente frutto della sua fantasia.
Il Sole era alto nel cielo ed attraverso le ampie finestre merlate che si aprivano lungo le alte mura proiettava i suoi luminosi raggi, generando giochi di luci ed ombre di strabiliante effetto.
Le slanciate torri sembravano quasi sfiorare il cielo, che sopra di esse pareva roteare e scorrere come un mare di impetuosa potenza.
Le secolari e massicce pietre del castello, sotto i colpi del caldo Sole, sembravano come arse da dardi incandescenti e forgiati dal perenne soffio del vento, che temprava quella ciclopica costruzione.
“Nessuno potrebbe mai prendere o solo pensare di assediare questo castello.” Pensò tra se Ardea.
“Andiamo Ardea. Il duca ci attende.” Disse Vico, destando il giovane dai suoi sogni.
Così Vico, l’abate ed Ardea furono accompagnati da tre servitori, attraverso un lungo corridoio, fino ad una grande sala.
Armi e corazze guarnivano gli angoli e le pareti della sala, mentre un lungo tappeto di fattura orientale ne ricopriva il solido pavimento.
Ovunque c’erano animali impagliati nelle pose più disparate, a tradire la grande passione del duca per la caccia.
Al centro della sala vi era un lungo tavolo rettangolare con massicci seggi tutt’intorno e diverse porte si aprivano lungo le pareti, che permettevano di raggiungere, dalla sala, altri locali adiacenti.
Ardea osservava ammirato tutto ciò, ma quello che lo meravigliò più di tutto, fu il grande drappo purpureo inchiodato alla parete più lontana, su quale faceva superba mostra il fiero gufo con la rosa tra gli artigli.
In quell’istante la porta che si trovava sulla parete dove era esposto il drappo si aprì all’improvviso ed un’austera figura fece il suo ingresso.
Era accompagnata da un servo e da quattro levrieri di magnifico portamento.
L’andatura era fiera e tradiva un lignaggio non comune. La luce che invadeva la stanza però non permetteva di riconoscerne bene i lineamenti.
Ardea restò meravigliato da quell’immagine, ma anche colpito da un particolare: quell’uomo, alto e robusto, dal superbo portamento, camminava accompagnato da un bastone.
Raggiunta la testa del tavolo, l’uomo si sedette.
Subito i suoi cani si accucciarono attorno al suo seggio.
“Venite avanti, signori” esordì con un voce grossa quell’uomo “e conducete qui il ragazzo!”
Vico e l’abate si avvicinarono al tavolo, seguiti a rispettosa distanza da Ardea.
Il ragazzo si sentiva leggero come l’aria e intimorito da tutto questo.
Eppure un’irrefrenabile gioia aveva invaso il suo cuore, facendolo sentire come il protagonista di uno dei suoi libri o di qualche storia udita dai bardi nel suo borgo.
“Milord” iniziò a parlare Vico “questi è il ragazzo del quale cercavate notizie.”
Poi fece cenno ad Ardea di venire avanti.
Il giovane era emozionato come mai prima d’ora e un fortissimo senso di soggezione si era impadronito di lui.
Poi, alzato lo sguardo, vide il volto di quell’uomo che gli stava davanti.
Riconobbe così quegli occhi e quei lineamenti, nonostante il tempo trascorso.
Il fiero sguardo era lo stesso, come uguale appariva l’austera espressione.
Ardea aveva riconosciuto nel duca quel cavaliere incontrato anni prima.
http://farm3.static.flickr.com/2392/...5da285ff33.jpg

(Continua...)

Vivian 17-09-2009 12.17.51

Sir Guisgard, vi prego, non impiegate troppo tempo a continuare il racconto...come farò ad attendere ore, forse giorni, prima di sapere come prosegue? Siete assai abile a lasciare il lettore con una voglia sconvolgente di sapere quale sorte attende i protagonisti.
Le frasi con cui interrompete il racconto di volta in volta mi lasciano sempre con uno strano senso di agitazione...

Guisgard 17-09-2009 20.09.37

Lady Vivian ho picere nel vedere che ascoltate con partecipazione questo antico racconto.
E visto che siete l'unica ascoltatrice ancora rimasta ad attenderne il seguito, vi prometto che i sospiri del cuore del nostro Ardea, quando matureranno per lui i fiori di Amore, saranno dedicati a voi :smile:

llamrei 17-09-2009 20.58.22

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 10226)
E visto che siete l'unica ascoltatrice ancora rimasta ad attenderne il seguito,

....questo mi offende....Perchè mi/ci escludete? Non pretendo che "i sospiri del cuore di Ardea" vengano dedicati anche a me...ci mancherebbe...ma almeno che il vostro pensiero, quando li scrivete, sia rivolto ad un pubblico più esteso:neutral_think:

zaffiro 17-09-2009 23.24.53

Buonasera Sir Guisgard,sembra siate in cerca di supporto morale nella vostra mirabile e raffinata impresa,quale fragile personalità si cela dietro una 'sì sfavillante corazza. E' con compiacimento che posso apprezzare il vero cavaliere far sfoggio della sua nobiltà anche quando abbandona l'armatura non solo mentre si accinge al riposo.Eppure le figlie di Mnemosine non sembrano far cenno a volervi lasciar inerme,e se Calliope e Clio si rendessero capricciose al vostro richiamo,i Camelottiani sapranno porgervi una preziosa ghirlanda d'edera intrecciata con accurata supervisione di Talia,perchè non nutriate un solo attimo il desiderio di posare la penna.
Quanto all'aura di silenzio che circonda il flessuoso racconto delle vostre antiche memorie,è tut'altro che disinteresse,piuttosto riflessione interiore e desiderio di compiacervi dando spazio alle emozioni vostre che ne fluiscono dalle righe languidamente,di volta in volta,sempre più sentitamente offerte.

elisabeth 18-09-2009 00.16.00

Sir Gisgard, non dovete pensare che il silenzio sia dovuto allo scarso interesse per la vostra storia, tutt'altro.....tutte le dame di camelot erano sedute in cerchio, ansiose di scoprire quale segreto si cela in questa stupenda opera

Guisgard 18-09-2009 02.36.52

Per lady Ilamrei: Mia signora, sapete bene che nessuna parola, nessun gesto o pensiero partito dal mio cuore potrebbe aver l'intento di offendervi :smile:
E non dimenticate che augurai al giovane Ardea, se avesse mai incontrato una dama degna del suo cuore, che questa somigliasse a voi ;)
Se ho scelto di raccontare qui questa storia è perchè mi è caro questo reame e dilettare il suo pubblico è il mio intento :misc_write:

Per lady Zaffiro: Dolce e poetica dama, le vostre parole vi descrivono alla mia fantasia come una novella Saffo, ma pur se belle ed avvolgenti non dicono il vero.
La mia corazza oltre ade essere scintillante è anche forte e poderosa, proprio come il mio spirito.
Non cerco quindi nè consensi nè vanagloria.
Ma è umano mettersi in gioco e chiedersi se quel che si fa valga o meno :smile:
Fortunatamente, come anche voi dite, Calliope, la musa della poesia epica, è sempre stata generosa con me ;)

Per lady Elisabeth: Milady, un artista ha bisogno solo di due cose per riuscire; una musa che dalla quale essere ispirato ed una platea.
Se poi questa è formata da tutte voi, bellissime e leggiadre dame, lo scenario acquista tutt'altra luce ;)

llamrei 18-09-2009 16.39.47

Mio caro Amico, voi ben sapete quanto vi son grata per la vostra presenza in momenti meno felici. Se vi dico che nulla potrà intaccare la nostra amicizia, tantomeno la non-menzione mia e quella di altre dame (:D ) da parte vostra come attente spettatrici del vostro operato.....Vi ricorderete, mio buon Amico, in futuro, che se non fiatiamo è perchè voi ci avete tolto ogni parola raccontando la bellezza di questi antichi racconti?;)

Guisgard 18-09-2009 18.49.46

Citazione:

Originalmente inviato da llamrei (Messaggio 10268)
Se vi dico che nulla potrà intaccare la nostra amicizia, tantomeno la non-menzione mia e quella di altre dame (:D ) da parte vostra come attente spettatrici del vostro operato.....

Milady, siete ingiusta verso di me :smile:
Sapete benissimo che ogni mio pensiero ed ogni mio gesto è dedicato a tutte voi, nobilissime dame di Camelot.
Fù l'eco dei vostri sospiri a guidarmi qui ;)

zaffiro 18-09-2009 20.46.17

Per lady Zaffiro: Dolce e poetica dama, le vostre parole vi descrivono alla mia fantasia come una novella Saffo, ma pur se belle ed avvolgenti non dicono il vero.
La mia corazza oltre ade essere scintillante è anche forte e poderosa, proprio come il mio spirito.
Non cerco quindi nè consensi nè vanagloria.
Ma è umano mettersi in gioco e chiedersi se quel che si fa valga o meno :smile:
Fortunatamente, come anche voi dite, Calliope, la musa della poesia epica, è sempre stata generosa con me ;)



Guisgard,mi lusingate profondamente.Ma sono indegna di tale apprezzamento,seppur suggeritovi dalla fantasia. Per quanto nel mio immaginario molte volte mi sia portata a giacere tra le eteree bellezze in vesti di velo che,cingendosi il capo di ghirlande di fiori,si apprestano al culto di Afrodite nel tiaso della poetessa di Ereso,non ebbi in dono dalla Dea nè bellezza nè arte poetica,nè mai potei godere di favore alcuno detenuto solo in suo potere.Fu Amore da ella,creatura sublime,magistralmente cantato,innalzato al livelllo del valore guerresco,che ancora fa sì che come per la Dea,io conduca me al culto dell'ineguagliabile cantatrice di versi immortali che mai troveranno eguali,neppure nell'estro di intento a volervi rivaleggiare, non tra donne mortali.
Non teme di essere frainteso per chi è in cerca di vanagloria chi,come voi,gode del favore delle muse,non esitate,pertanto,a bramare allori ed interesse plateale,non vi sarà imputata avarizia alcuna,reclamate,invece,a piene facoltà, quanto giustamente vi compete, e degnamente meritate e,se talvolta,tra la platea scorgeste una donna disattenta ai vostri racconti,sappiate che è solo incentrata a dissetarsi dei valori cavallereschi che trasudano da voi più di quanto possa cercare di placar la propria sete con parole fluenti che come sorgente limpida e dolce sgorga dalla vostra bocca.
Vi incito,pertanto,seppur confinando ogni elogio nella mia mutezza,a non lasciar che la mano sia mai stanca di impugnare la penna,nè la mente pigra a rievocare i ricordi,ed ancor meno la lingua asciutta a pronunciar poetiche parole.

llamrei 18-09-2009 22.41.13

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 10275)
Sapete benissimo che ogni mio pensiero ed ogni mio gesto è dedicato a tutte voi, nobilissime dame di Camelot.

Sono lieta che il vostro precedente pensiero

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 10226)
Lady Vivian .....E visto che siete l'unica ascoltatrice ancora rimasta ad attenderne il seguito, vi prometto che i sospiri del cuore del nostro Ardea, quando matureranno per lui i fiori di Amore, saranno dedicati a voi :smile:

ora avvolga con un tiepido abbraccio tutte noi, Dame di Camelot. In fondo, mio caro Amico, ce lo meritiamo. Vi pare?:p

Guisgard 19-09-2009 04.30.23

Per lady Zaffiro: Milady, la vostra maestria con le parole è superba, degna di Medea, che sapeva incantare e sublimare come nessun'altra.
Potreste tener testa ad un dio, senza rischiare l'ingloriosa fine del superbo Marsia.
In voi infatti, a quanto vedo, dominano virtù come la modestia e l'umiltà.
E perdonatemi se dico di non credere alle vostre parole: una dama come voi, capace di simili pensieri e parole, ignote alla maggior parte dei mortali, deve possedere una bellezza fuori dal comune.
Fate attenzione, mia signora, le dee, come voi sicuramente sapete, sono gelose verso le donne mortali dotate di simili doni ;)

Per lady Ilamrei: Amica mia carissima, meglio di chiunque altro voi sapete che ogni mio pensiero abbraccia sempre tutte le bellissime e cortesi dame di questo reame.
E dite il vero quando affermate che tali dame meritano il meglio. A volte vorrei essere un artista vero, un sublime cantore e non solo il primo e più valoroso dei cavalieri, per poter dedicare a tutte voi opere degne dei più ispirati poeti :misc_write:


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