Camelot, la patria della cavalleria

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Guisgard 20-11-2017 16.28.09

Accadde quel giorno
 
ACCADDE QUEL GIORNO


“Perché le genti sono in tumulto
e i popoli cospirano invano?”


(Salmo 2)




Ore 16...


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Il Mezzogiorno lasciava lentamente il posto al meriggio, con il Sole che cominciava a proiettare ombre sempre più lunghe sulle interminabili file di finestre di uffici e vetrate di appartamenti degli sterminati grattacieli e palazzi che svettavano ovunque su Capomazda City.
I treni che provenivano dalla moderna e vasta stazione sfrecciavano ad alta velocità attraverso gli agili e cromati anelli di cemento e metallo, liberando saettanti bagliori che fendevano l'aria e la luce tutt'intorno.
Sui marciapiedi che correvano lungo le stradine cittadine, i larghi urbani, le isole pedonali e le piazze una folla indistinta di uomini e donne pullulava indifferente e caotica, impegnata com'era tra lavoro, svago e corse frenetiche.
Man mano il pomeriggio cominciò ad infoscare in maniera lenta e poetica, quasi come una prematura visione di un crepuscolo sognante ed in qualche modo anche romantico, con le prime luci della metropoli che iniziavano a brillare nell'imbrunire di cemento, ferro e plastica, trasformando uomini e donne in ombre indistinte.
In direzione della periferia Sud della città si poteva riconoscere il grande impianto del Far Panteon, il grandioso complesso sportivo con i suoi campi di tennis, di basket, di calcio ed i circoli privati per i soci.
Al centro dell'avveniristico complesso dominava l'Arena Fap, con la sua attrattiva più apprezzata e stupefacente.
In serata era atteso un importante incontro di Tecno Pancrazio, ormai lo sport nazionale e più seguito dall'intero paese.
La società moderna, infatti, aveva ormai superato ogni limite e barriera, rendendo la vita umana più piacevole e sicura possibile.
Nello stato Afragolignonese il popolo non poteva affermare il suo credo politico, non esistendo infatti libere elezioni e quindi il governo aristocratico soleva impegnare con iniziative culturali, artistiche e sportive il tempo libero della gente.
Il Tecno Pancrazio permetteva a chiunque di divertirsi e partecipare, in maniera emotiva ma anche fisica, a quello che ormai rappresentava lo sport principale dell'intero paese.
In questa moderna disciplina si sfidavano squadre, perlopiù appartenenti a privati cittadini di ogni età e condizione sociale, impiegando come atleti non uomini, ma robot da combattimento.
Ogni scuderia o squadra possedeva un robot, costruito in base alle risorse economiche del proprietario.
A sovvenzionare le squadre, almeno quelle più vincenti, erano ricchi sponsor e per questo avere un robot competitivo era spesso vitale per una squadra.
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Altea 20-11-2017 16.52.31

Il fuoco ardeva, scoppiettando, nel camino mentre osservavo la legna bruciare lentamente.
Presi la tazza di porcellana fine, assaporando il gusto delicato del the ai fiori e frutti e cercavo l'ispirazione.
Il mio ultimo libro aveva vinto un grosso e importante premio, ne ero contenta ma detestavo la fama, i galà e dovevo partecipare ad uno per ritirare il premio proprio a Capomazda City.
Tutti i miei libri si incentravano sui misteri irrisolti, studi e studi di probabili posti da scoprire.
Il mio manager asseriva la gente andava pazza per questo genere di cose, la qual cosa mi faceva andare letteralmente in collera. Io non ero solo una scrittrice ma pure una studiosa, le mie fonti si basavano su ipotesi precise e vere, non volevo essere un fattore pubblicitario per gente annoiata. Già dovevo vedere in ogni canale questa nuova moda..il Tecno Pancrazio, ma io non sarei caduta nella loro trappola mediatica.
A maggior ragione mio padre era un archeologo di fama mondiale e conosceva i migliori studiosi, storici e altri suoi importanti colleghi.
Avevo viaggiato e studiato con lui e mio padre godeva ancora di ottima salute per continuare le ricerche assieme per poi trarre spunti per i miei saggi.
Giravo il mappamondo nervosamente e accesi la grande tv al plasma per sentire le ultime notizie, vidi una di quelle lotte e girai innervosita cercando qualcosa di interessante, sperando qualche telegiornale riportasse fatti reali.
Fortunamente attorno vi era quiete, avevo deciso di vivere sola nel piccolo ma antico e lussuoso cottage di famiglia che si trovava tra la campagna e la città, permettendomi ogni tipo di lusso.
Il mio gatto nero salì sulla scrivania, camminò tra i fogli sparsi..un miagolio, una carezza e si accucciò tra le pieghe dello spacco della gonna e si addormentò, mentre continuai a guardare la tv pensierosa.

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Lady Gwen 20-11-2017 17.12.57

Era stato un giovedì.
Era venuto alla tavola calda come faceva quasi tutti i giovedì.
A volte, ci avevo anche parlato; mi aveva detto di chiamarsi Elv, che viveva un po' fuori città e che non legava molto con la gente, infatti lo vedevo sempre da solo, seduto al solito tavolo nell'angolo in fondo davanti al solito caffellatte.
Rimaneva quasi un'ora, o anche due alle volte, poi scappava via, un attimo prima della chiusura.
Mi dispiaceva vederlo sempre solo, senza qualcuno a fargli compagnia ed era per questo che ogni tanto cercavo di chiacchierare un po'.
All'inizio, si era mostrato un po' restìo, ma a poco a poco aveva iniziato ad aprirsi.
Ma non avrei potuto immaginare quello che sarebbe accaduto quel martedì di... Un anno fa?
Era passato già così tanto?
Mi era subito sembrato strano che fosse venuto in un giorno diverso, ma anche il suo comportamento mi aveva lasciata perplessa.
Aveva lasciato i soldi sul tavolo, la tazza piena per metà ed era uscito, tutto con espressione turbata e con evidente fretta.
Non ci avevo badato molto, magari si era ricordato di un appuntamento, ma comunque non era affar mio.
Ero uscita sul retro del negozio per buttare l'immondizia nel cassonetto, quando due braccia mi avevano afferrata e una mano mi impediva di urlare, poi buio.
Mi ero ritrovata in questa casa un po' fuori città, con questo ragazzo di nome Elv, che non legava molto con la gente.
Ed ero rimasta qui.
I giorni avevano iniziato a passare, uno dopo l'altro, così anche l'anno, senza che io potessi scorgere la prospettiva di tornare libera, tornare alla mia vita, dalla mia famiglia, il mio lavoro.
Ricordavo lo sgomento e la paura iniziali, la frustrazione e infine la rassegnazione e l'accettazione.
Ma ricordavo anche che mai in altri avevo scorto tale bellezza.
Una bellezza oscura, terrificante e affascinante, in un modo contorto e perverso.
Oscura e terrificante nel non farti mai capire cosa ti aspetta, cosa succederà, imprevedibile, e forse proprio per questo affascinante.
In un modo in cui solo chi era ormai rassegnato a guardare il mondo da una finestra come me poteva vederla.
Tutta condensata nei suoi occhi scuri, che mi inchiodavano alla parete, che sembrava mi oltrepassassero l'anima ogni volta che mi guardavano.
Ora era sera, non era ancora arrivato per portarmi la cena ed io aspettavo, seduta sulla moquette con le spalle poggiate contro il letto.
Servizio in camera, e pure gratis, chi può permetterselo?
Quel pensiero sarcastico giunse all'improvviso ed io scossi la testa per mandarlo via, perchè già da un bel po' non ero più in vena di sarcasmo.
Infatti rimasi solo ad aspettare, in attesa di sentire i passi fuori dalla mia porta.
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Guisgard 20-11-2017 17.31.08

Il pomeriggio vagava pigro e lento verso la sera, con il crepuscolo che annunciava il suo arrivo rendendo il cielo di un vago cobalto.
Il gatto faceva le fusa ed in tv correvano rapide immagini a basso volume.
Ad un tratto Altea vide lo schermo che cominciava a mostrare interferenze, con i programmi che di colpo iniziavano a scattare.
Anche il suo cellulare sul tavolino si accese, nonostante non ci fossero né chiamate, né sms.

Guisgard 20-11-2017 17.31.21

Fuori era pomeriggio.
Lo si vedeva dalla finestra in alto a destra.
Non aveva sbarre, ne chiusure particolari, ma fuggire da lì, saltando fuori, non era molto consigliabile.
Erano al primo piano e di certo nel saltare giù il rischio di rompersi una gamba era concreto.
E poi c'era quel cane, quel grosso alano che abbaiava per un nonnulla.
Ad un tratto Gwen sentì dei passi avvicinarsi.
Poi la porta si aprì.

Altea 20-11-2017 17.34.39

Sembrava un pomeriggio tranquillo..Black accucciato sulle gambe ma un fatto misterioso accadde..la tv e il cellulare davano segnali strani. Black iniziò a essere nervoso e fuggì mentre prendevo il cellulare e cercavo un punto della stanza..forse erano interferenze magnetiche.

Lady Gwen 20-11-2017 17.36.37

Dalla finestra in alto, il cielo si scuriva sempre di più e l'abbaiare occasionale del cane ad una macchina passeggera rompeva la quiete dell'estrema periferia.
Ecco, quel cane, oltre l'altezza, era un ottimo deterrente, che demoliva sul nascere qual si volesse tentativo di fuga.
Ma io non ero mai fuggita, non avevo mai nemmeno tentato.
Come mai?
Ad un certo punto, i passi e la porta.

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Guisgard 20-11-2017 18.07.24

Ancora per qualche minuto il cellulare restò come impallato e la tv con le immagini segnate da quelle interferenze sul segnale satellitare, poi finalmente tutto tornò normale.
Sul monitor ripresero i programmi ed il cellulare di Altea squillò.
Era il suo manager che chiamava.
La scrittrice si accorse però che il suo gatto non c'era più.

Guisgard 20-11-2017 18.08.54

La porta si aprì ed entrò un giovane di bell'aspetto, moro, con occhi scuri e l'espressione inquieta.
Posò sul tavolino un vassoio con della pasta al pesto, pesce grigliato e purè di patate.
Guardò poi Gwen per un istante.
Un attimo dopo il cane cominciò ad abbaiare e a ringhiare.
Allora Elv si avvicinò alla finestra, controllando se ci fosse qualcuno.
Ma nessuno si era avvicinato alla casa.
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Altea 20-11-2017 18.15.54

Tutto tornò normale..rimasi perplessa e non vidi Black. Il telefono squillo' e risposi immediatamente anche per dire al manager il fatto accaduto.."Pronto sono Altea.."


Tutti gli orari sono GMT +2. Adesso sono le 09.40.44.

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