Camelot, la patria della cavalleria

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Guisgard 18-10-2010 03.14.44

ARDEA DE' TADDEI

"Orazio: <<E' l'immaginazione che lo rende disperato.>>
Macercello: << Su, svelti, non è bene assecondarlo.>>
Orazio: <<Andiamo. - Come finirà la storia?>>
Marcello: <<C'è qualcosa di marcio in Danimarca.>>
Orazio: <<L'assista il Cielo.>>"
(William Shakespeare, Amleto, I, IV, V)


Sulla soglia di quella porta, davanti a loro, apparve un uomo.
Era di robusta corporatura, alto e ben fatto.
Un lungo ed umile saio ricopriva la sua bella presenza, mentre aveva con se una verga di legno nella mano destra ed un rosario in quella sinistra.
Il volto, incorniciato dai bianchi capelli, nonostante le rughe dell’età, manteneva vivi i bei lineamenti e gli intensi e profondi occhi chiari davano vigore ed intensità a quei tratti.
Ma il gradevole aspetto mal si legava con l’espressione crucciata ed incupita.
Il frate osservava i due nuovi arrivati con lo sguardo cupo e sospettoso, mentre il suo cane ringhiava con nervosismo pochi passi dietro di lui.
Iniziò allora ad impugnare nervosamente la sua verga, come monito ai suoi visitatori e cominciò a dire:
“Siete insistenti e scortesi. I buoni Cristiani non impongono la loro presenza quando non sono graditi.”
“Rasserenate la voce” rispose lesto Ardea, poco impressionato dalla verga e dai modi del frate “e mettete via quella verga. Il rosario che avete nell’altra mano è arma ben più degna per il vostro abito.”
“Se deciderete di rispettare questo santo luogo” disse il frate “andando via all’istante, questa verga tornerà ad essiccarsi accanto al mio braciere e questo santo rosario vi dedicherà ogni grano della sua catena. In caso contrario, io ed il mio fedele amico sapremo impartirvi le regole da seguire per un buon Cristiano.”
A queste parole del suo padrone, come se avesse ben inteso di essere stato chiamato in causa da questi, il cane iniziò ad abbaiare con foga verso Ardea e Biago.
Ardea sorrise a quelle parole.
“Frate, fareste bene a smettere di vestire i panni del soldato, che mal vi si addicono” rispose “e ad indossare invece quelli del penitente, che sono ben più adeguati al vostro ruolo.”
“Tranquilli che dopo avervi cacciato, con le buone se posso, con le cattive se devo, saprò recitare ben tante di quelle orazioni da liberare decine di anime dalle indicibili pene del Purgatorio!”
“Oggi il Signore vi ricorda il Suo Vangelo, Frate...” rispose Ardea “... e fareste bene a non ignorarne i precetti.”
“Andate via, vi dico, furfanti!” Intimò il frate, agitando minaccioso la sua verga. “Questa mia arma sarà degna del bastone di San Giacomo, che ben purificò le sante terre di Spagna dagli infedeli!”
“Non agitate quest’arma, frate!” Gridò Ardea. “Non fatelo che non è degna della Lancia di San Longino!”
Il frate allora, gridando per la rabbia cercò di colpire Ardea con la sua verga, ma questi, urlando a sua volta con tutta la forza che aveva in corpo, bloccò con la mano quel rabbioso colpo, mentre tutt’intorno, la buia selva sembrò essersi destata per quell’indomito scontro.

Il vento, forte ed impetuoso, percorreva con rapide e tonanti raffiche la buia selva che circondava la vallata.
Alte e spesse nuvole nere ricoprivano ogni cosa, rendendo quella terra orfana persino della pallida luce lunare.
Un gelido freddo aveva avvolto ogni cosa, bussando alla porta di quella chiesetta con insistente ardore.
Il sinistro sibilo del vento e gli ululati lontani di qualche oscura fiera erano gli unici suoni che quella notte lasciava trasparire.
Il caldo fuoco donava tepore e luminosità, rendendo la chiesetta un docile e tranquillo riparo.
La legna bruciava con vigore, tra schiocchi e vampate, mentre in una ruvida teglia si cuoceva lenta l’ambita cena.
“Ecco, le verdure sono ormai ben lesse” disse il frate mescolando il contenuto della teglia “ed il lardo è sciolto a dovere. Non abbiamo carne, ma il suo odore ingannerà i nostri sensi. La fame farà il resto.”
Guardò poi il cavaliere accovacciato accanto al fuoco e chiese:
“Come va la vostra mano? Premeteci su ancora quell’intruglio che vi ho dato... vedrete che domani non sentirete più nulla.”
“La mia mano è tutta addormentata” disse Ardea cercando di scoglierla con rapidi movimenti “ed a volte mi sembra paralizzata.”
“E’ l’effetto del colpo subito.” Rispose il frate. “Inoltre, il freddo non aiuta di certo.”
“Li sapete tirare bene i colpi voi, pur essendo un chierico!”
A quelle parole di Ardea il vecchio frate rise di gusto.
“E voi, pur essendo un cavaliere, siete un gran testardo!” Replicò.
Poi aggiunse:
“Ecco, la cena è pronta... vedrete che questo pasto, per semplice che sia, vi donerà tempra e salute!”
Così i tre sedettero attorno ad una vecchia e robusta tavola e consumarono quel genuino ed austero banchetto.
“Questo liquore d’erbe” disse il frate dopo che ebbero terminato di mangiare “è fatto con le erbe di questa valle. Saprà scaldarci e concilierà il nostro sonno.”
Si sedettero poi accanto al fuoco a consumare quel rigenerante elisir.
“Perché non volevate darci ospitalità per stanotte?” Chiese improvvisamente Ardea.
Il frate a quella domanda si alzò e si avvicinò al fuoco.
Non disse nulla per alcuni istanti, fino a quando gettò nel fuoco il contenuto del suo boccale.
Una vampata si animò dal braciere ed per alcuni istanti illuminò quasi a giorno l’intera stanzetta.
Gli occhi del frate erano rossi, come se contenessero una pesante carica di rabbia pronta ad esplodere.
Fissava con intensità le fiamme del braciere come se davanti a lui si fosse spalancata la porta dell’Inferno.
Ardea e Biago lo fissavano in silenzio, ma percependo in pieno la sua inquietudine.
Poi il frate si voltò verso Ardea e lo guardò come se avesse visto il demonio in persona.
In quel momento una raffica di vento aprì rumorosamente una delle finestre, facendola sbattere con forza contro la parete di pietra.
Il vento da fuori soffiava forte, come se portasse con se i peggiori auspici del mondo.
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(Continua...)

Guisgard 21-10-2010 03.29.07

ARDEA DE' TADDEI

"Ora l'eroe dal grande coraggio si pentì quanto mai
d0essere stato così pigro a domandare quanto stava
presso l'infelice suo ospite."
(Wolfram Von Eschenbach, Parzival, libro V, 256)


“Cos’avete, frate?” Chiese Ardea con un tono austero, di chi si attendeva di udire i peggiori auspici del mondo.
Il frate restò in silenzio per alcuni interminabili istanti.
Fissava il braciere con uno sguardo tanto intenso che pareva voler gareggiare per ardore col fuoco stesso.
Nella stanza intanto, attraverso la finestra aperta violentemente dal vento, era giunta una morsa di gelo che attanagliava ogni cosa.
Da fuori, come se percorresse l’intera vallata, un infausto lamento si diffondeva folle nell’aria, generando negli animi nei tre un sordo ed innaturale tormento.
Biago allora chiuse con forza quella finestra, come a voler zittire quel lamento di morte che sembrava giungere da un indicibile incubo.
E quando il freddo e quel visionario eco svanirono, il frate, come destatosi da un irrazionale sonno, riprese la parola.
“Vi avevo avvertiti...” disse quasi confusamente, senza smettere di fissare il fuoco con quel suo grottesco sguardo “... vi avevo avvertiti...”
“Cosa accade in questo luogo, frate?” Chiese ancora Ardea, percependo totalmente il malessere del chierico.
“Il vostro sangue...” disse il frate “... il vostro sangue cadrà su di me…”
“Il nostro sangue ed i nostri peccati cadranno solo su noi stessi.” Rispose Ardea. “Ma le vostre parole dipendono invece da voi solo. Diteci cosa vi turba, frate?”
Il chierico allora si sedette, come vinto da quel suo misterioso tormento, su un piccolo sgabello posto accanto al braciere.
Si portò le mani fra i capelli e si strofinò forte gli occhi.
Poi fissò il vuoto della stanza con lo sguardo umido e pietoso.
A quel punto Ardea gli prese con forza un braccio e lo scosse con vigore.
“Frate!” Urlò quasi a destare lo smarrimento che dominava il chierico. “Frate, parlate in nome del Cielo!”
“Andate via!” Gridò alzandosi in piedi il frate. “Andatevene o finirete come tutti coloro che hanno cercato di giungere o di fuggire da questo luogo di morte!”
Biago sbiancò a quelle parole.
“Cosa ha portato la morte in questa vallata?” Chiese Ardea. “Dovete dircelo, frate!”
“Lasciatemi perdere, dannati!” Urlò il frate liberandosi dalla presa di Ardea. “Non voglio le vostre anime a tormentare la mia coscienza!”
“Se non ci direte tutto” gridò Ardea “allora non solo le nostre anime saranno una colpa della vostra coscienza, ma anche quelle di tutti coloro che continueranno a perire nel male che alberga quaggiù!”
Il frate, come scosso da quelle parole del cavaliere, fissò per qualche istante i suoi occhi.
Il suo volto era come vinto dal più assurdo degli orrori.
Un orrore tuttavia reale, che sembrava, a sprazzi, rendere folle quel frate.
“Siamo giunti qui per aiutarvi!” Gridò ancora Ardea. “Il duca in persona ci ha inviato a Maddola!”
“Aiutarci?” Ripeté con una grottesca espressione il frate. “Nessuno può aiutarci! Nessuno! Possiamo solo confidare nella Misericordia di Dio che possa chiamarci presto a Lui e liberarci da questo giogo di morte!”
Rise follemente e corse verso la porta, come se volesse fuggire dai suoi demoni.
Demoni che sembravano avergli sottratto il senno.
Ma Ardea lo raggiunse e lo braccò.
Lo tenne stretto, mentre il frate si dimenava con tutte le sue forze.
Forze che sembravano essersi quadruplicate per la follia.
“Aiutami a tenerlo, Biago!” Gridò Ardea. “Ha una stazza poderosa e sembra impazzito!”
Biago allora lo prese per le gambe ed insieme al suo amico lo sollevarono, portandolo poi di peso sul modesto giaciglio che il chierico usava come letto.
Lo tennero fermo a fatica per lunghi momenti.
Fino a quando, finalmente vinto dalla sua stessa foga, cadde addormentato.
“Credevo che avesse forze infinite...” disse ansimando Biago “...ma, in nome del Cielo... cosa può averlo ridotto in questo stato? E’ un uomo di Chiesa... dovrebbe trovare sostegno nella sua Fede... invece qualcosa sembra averlo reso folle. Ma cosa?”
“Il male. Il male nella sua forma più reale.” Rispose Ardea, mentre fissava i bagliori del fuoco che si consumavano sul braciere.
Un fuoco che sembrava disegnare orrende e grottesche figure sulle austere pareti della stanza.
http://imagecache5.art.com/p/LRG/15/...te-in-1888.jpg

(Continua...)

Guisgard 24-11-2011 02.54.57

Talvolta capita che questo mondo e quello che ciascuno di noi porta dentro di sé arrivino ad unirsi ed a confondersi.
Allora i personaggi di cui narriamo giungono a vivere i nostri stessi sogni e a combattere contro quegli stessi fantasmi, quegli stessi demoni che ci tormentano.

Il loro cammino diviene il nostro cammino e arriviamo a condividerne anche la stessa missione.

Ed anche la loro redenzione diventa la nostra.

Ed è forse giunto il momento che Ardea riprenda il suo viaggio.

Un viaggio che rappresenta l’unico modo per riscattare la sua anima, e quella dei suoi discendenti, agli occhi di Dio…



+++

Chantal 24-11-2011 03.12.14

Tu sei un talento per me.E io ti accolgo come dono.
Tu sei il mio talento,e l'unico mio scopo è aiutarti a fiorire.
Me lo ha insegnato padre Ermes Ronchi.

Buon viaggio,Ardea.

elisabeth 24-11-2011 08.56.20

Una gioia immensa nel rincontrare Ardea......ho atteso tanto il suo ritorno.....e come ogni buon amico egli ritorna sul mio cammino....sia gioia e luce Ardea.....

Talia 24-11-2011 13.56.23

oh, milord...
sai quanto l'ho atteso e dunque puoi ben immaginare la gioia nel reincontrarlo...
Bentornato Ardea.
Grazie, sir!

Guisgard 24-11-2011 13.56.51

Qualcuno una volta mi disse che il vero ed unico tesoro di un uomo è l’attesa che hanno per lui le persone care.
Ed ogni attesa è il preludio alla Gioia di ritrovarsi.
Lady Chantal, lady Elisabeth, lady Talia: vi ringrazio :smile:

cavaliere25 24-11-2011 14.33.55

che bello è ritornato Ardea evvivaaaaaaaaaaa:smile:

Guisgard 25-11-2011 19.25.57

Grazie anche a voi, amico mio :smile:

Emrys 26-11-2011 07.51.07

Ardea de' Taddei è una lacuna che dovrò colmare... E, a giudicare dall'entusiasmo con cui viene accolta la notizia del suo ritorno, sarà un vero piacere.

Guisgard 28-11-2011 02.59.58

Emrys, amico mio, ci sono molti modi per espiare una pena.
Il più forte samurai di tutti i tempi, Musashi Miyamoto, purificava se stesso e la propria katana fendendo il fuoco e l’acqua senza mai scottarsi o bagnarsi.
Il Biblico Davide per ogni colpa dedicava una preghiera e un canto al Signore.
Lancillotto, che voi così poco amate, trascorreva giorni e giorni da solo a vagare nella foresta, soffrendo per amore e purificando così il proprio cuore.
Ercole, per aver ucciso i suoi stessi figli, intraprese le mitiche Fatiche.
Più un eroe è grande, più severa sarà la sentenza per le sue colpe.
Ardea non possiede altra scelta che terminare ciò che ha iniziato.
Solo così salverà se stesso e tutti i suoi nobili discendenti :smile:

elisabeth 28-11-2011 17.21.22

Ma...allora quando arriva Ardea....:naughty:.....mio caro Guisgard non si fa' aspettare Una vecchia Signora...uno perche' una vecchia saggia maga....secondo perche' anziana.........:neutral_think:...sto aspettando

Guisgard 28-11-2011 18.16.05

Avete ragione, milady (ma smettetela, per carità, con questa storia della vecchia maga!) :smile:
Ma prometto che stanotte qualche menestrello giungerà alla corte di Camelot e riprenderà il cantare del nostro Ardea ;)

elisabeth 28-11-2011 18.30.12

Sia ringraziato il menestrello...attendero' tutta la notte...............;)

Guisgard 29-11-2011 02.22.00

ARDEA DE' TADDEI

"CREONTE: << Buono! Fin la sciagura, ov'ella un esito felice trovi, diverrà fortuna. >>
ÈDIPO: << Che responso è mai questo? Io non m'allegro per tali detti, né timor mi coglie. >>
(Sofocle, Edipo re)



Il vento soffiò impetuoso per tutta la notte, attraversando, come a volerla violentare, l’intera vallata con tutto il suo ardore.
La piccola chiesetta vibrava e scricchiolava sotto i colpi della foga della natura, mentre la legna si consumava lenta sul braciere ed era rimasta ormai l’unica fonte di luce ad illuminare l’austera stanza.
Ardea e Biago vegliarono così tutta la notte, tra dubbi, incertezze e paure.
Il frate dormiva finalmente tranquillo, sebbene di tanto in tanto qualcosa agitava e tormentava il suo sonno.
Farfugliava nervosamente qualcosa, ma le parole uscivano storpie dalla sua bocca, come se nel pronunciarle il chierico si mordesse la lingua.
Giunse così l’attesa alba.
Il vento sembrava aver esaurito la collera con la quale aveva flagellato l’intera vallata per tutta la notte.
Un tiepido Sole si affacciava sul bosco, dissipando la foschia che si alzava lenta e silenziosa dalla nuda terra.
I primi uccelli del mattino, timidi, iniziavano a diffondere il loro melodico canto, come a voler destare quel luogo dalle sue inquietudini e dalle sue paure.
Biago si era leggermente appisolato poco dopo l’albeggiare, adagiandosi accanto alle ultime forze del braciere morente.
Ardea invece non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
La sinistra atmosfera che dominava quel luogo e le folli ed assurde parole del frate avevano reso inquieto il suo animo.
Qualcosa di orrendo e terribile albergava in quei luoghi.
Qualcosa che era riuscito a rendere quasi folle un uomo di Chiesa.
Ma cosa?
Si chiedeva Ardea.
Cosa si celava a Maddola?
E mentre Ardea era tormentato da questi pensieri, il frate si destò dal suo sonno.
Si alzò dal suo giaciglio e restò a fissare il vuoto della stanza per qualche instante.
“Avete fatto un lungo sonno.” Gli disse Ardea guardandolo.
Il frate gli lanciò una rapida occhiata senza aggiungere nulla.
“Spero che il giusto riposo vi abbia reso la tranquillità che avevate perso ieri sera.” Aggiunse il Taddeide. “Tranquillità che avevate smarrito insieme al vostro senno.”
“Siete ancora qui?” Chiese il frate, quasi incurante delle parole di Ardea.
“Sarebbe stato avventato e sciocco, da parte nostra, partire con la tempesta di stanotte.” Rispose il cavaliere. “Ora che il tempo sembra clemente potremo riprendere il nostro viaggio.”
“Tornatevene da voi siete venuti.” Disse il frate.
Poi si alzò e prese una vecchia pentola di argilla lasciata ad inumidirsi accanto al braciere.
Vi versò dentro un intruglio colorato preso da un piccolo timo coperto da uno straccio e la pose accanto a ciò che restava della brace.
Raccolse allora due tronchetti posti sotto un vano del braciere ed alimentò il debole fuoco rimasto dalla sera scorsa.
Avviato il fuoco, attese che l’intruglio iniziasse a bollire.
Quando avvenne, riempì con questo tre ciotole e le servì a tavola.
“E’ una tisana aromatica con i frutti di questa valle.” Disse ai suoi ospiti. “Desterà i nostri spiriti dal sonno che ancora ci ammansisce.”
Biago, svegliatosi, subito raggiunse la tavola e sorseggiò con gusto la sua tisana.
“Voi non bevete, cavaliere?” Chiese il frate ad Ardea.
“Si, vi ringrazio.” Rispose il cavaliere. “E subito poi andrò a sellare i nostri cavalli.”
“Vedo che la notte ha portato giudizio.” Disse il frate.
“Vi avevo detto che ci occorreva solo un riparo per la notte. Ora dobbiamo riprendere il nostro cammino. Maddola è ormai prossima.”
“Siete tanto cocciuto quanto irriverente!” Tuonò il frate.
Ardea sorrise sarcastico.
“Che il diavolo vi porti!” Inveì il frate.
“Un’ultima cosa, frate...” disse Ardea “... prima di ripartire vorrei confessarmi.”
Il frate lo fissò meravigliato.
Poi con un gesto lo invitò ad accovacciarsi su un umile sgabello.
“Io vado a preparare i cavalli.” Mormorò Biago, con il chiaro intento di lasciare soli i due.
“Padre ho peccato, contro il Cielo e contro gli uomini.” Cominciò a dire Ardea.
“Siamo tutti peccatori, figlio mio” rispose il frate “e possiamo solo confidare nella Misericordia di Dio.”
Ardea allora iniziò la sua confessione, raccontando tutta la sua storia.
Ad ogni parola la sua voce diventava più incerta e tentennante.
Il suo fiero tono, la cadenza sicura ed il nobile linguaggio sembravano annullarsi man mano che il cavaliere apriva il suo tormentato animo al chierico.
Un lacerante pianto ben presto cominciò ad accompagnare le sue parole, tradendo l’infinita pena che Ardea ospitava nel suo cuore.
E quando ebbe concluso il suo racconto, si abbandonò a lacrime ancora più amare e miserevoli.
Il frate gli accarezzò il capo con infinità dolcezza.
“Anche San Pietro” disse al cavaliere “rinnegò e deluse Nostro Signore. Ma Egli non cesserà mai di avere fiducia in te, figlio mio.”
Ardea in lacrime non riusciva più a parlare.
Aveva il viso coperto dalle mani che stringevano forte i suoi occhi, divenuti rossi per l’intenso pianto.
“Hai vagato da terra in terra e ciò ti ha purificato dalle tue colpe.” Disse il frate scuotendolo forte. “Tuo padre non avrebbe potuto chiedere al Cielo un figlio più devoto!”
“No, frate...” rispose Ardea tentando a fatica di soffocare le sue lacrime “... non sono degno di considerarmi figlio di mio padre... e riguardo al mio cammino... esso non è ancora concluso... e non lo sarà fino a quando non avrò liberato le altre contrade dal male che le attanaglia... e la prossima sarà proprio Maddola... dovessi versare anche l’ultima goccia del mio sangue per farlo!”
A queste parole uno stridulo sibilo lontano si diffuse sinistro e grottesco nell’aria, ammutolendo i suoni con cui la natura salutava il nuovo giorno.
“Avete udito?” Fece Biago tornato di corsa dentro. “Cosa può essere stato?”
“E’ il grido di morte di quella maledetta!” Rispose il frate, fissando con rabbia l’infinito azzurro del cielo attraverso una piccola finestra che si apriva illuminando la piccola stanza.
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elisabeth 29-11-2011 21.58.07

Ben tornato Ardea.....ho ripreso con gioia a rileggere la storia del tuo cammino......e forse in un modo o nell'altro e' il cammino di molti uomini......:smile_clap:

Guisgard 02-02-2015 01.39.49

Qualcuno ha detto che nessuno scrittore inventa ciò che scrive.
Che nessun uomo può raccontare e sognare più di quanto il suo cuore possa vivere.
Per questo molte storie nascono e crescono con noi, somigliando e ricalcando la nostra stessa vita, combattendo i nostri stessi nemici ed inseguendo i nostri stessi sogni.
Storie destinate a giungere insieme a noi alla fine del viaggio intrapreso.
E la storia di Ardea è la storia di tutti i Taddei.
Senza questo valoroso cavaliere non esisterebbe Capomazda e le sue leggende.
E forse senza di lui non ci sarebbe neanche una parte della nostra Camelot, con le sue avventure in quel mondo di sogni.
Per questo la redenzione di Ardea è la redenzione di tutti i suoi discendenti.



“La Petillo ci odia e farà delle carni d'eroi orribile pasto per cani ed uccelli.”

(Le Geometriche, Libro III, canto XXVIII)



Quell'urlo, disumano ed angosciante, penetrò ed echeggiò in tutta la vallata di Maddola, lasciando nei tre uomini un profondo senso di inquietudine ed una cupa disperazione.
“Ora” disse Ardea al vecchio monaco “voglio sapere chi può mai emettere un simile urlo, un così terribile verso animalesco!”
“Non un essere umano...” fissando il vuoto della stanza il monaco.
“Cosa dunque?” Gridò il Taddeide.
“E' lei...” mormorò il monaco con gli occhi spiritati “... è quella maledetta che reclama il suo sacrilego pasto di anime...”
“Cosa nascondete in questa valle, monaco?” Avvicinandosi Ardea al religioso e guardandolo negli occhi. “Dobbiamo saperlo.”
“Perchè?” Alzando lo sguardo su di lui il monaco. “Per fare cosa poi? Morire anche voi come tanti altri?”
“Ed altri ancora moriranno” replicò il cavaliere “se qualcuno non farà qualcosa.”
“Qualcuno?” Con un ghigno di folle disperazione il monaco. “Voi due forse?” Fissando Ardea e Biago che assisteva immobile a quella scena e ancora scosso per quel verso di morte.
“A Maddola” fece Ardea “è arrivata la Fede di Dio e si manifesterà attraverso la legge degli uomini.”
“Quale legge?” Urlò il monaco.
“Quella del Duca.” Sentenziò Ardea.
“Un anno fa” chinando il capo il monaco “giunse in questa valle una donna. Era giovane e bella. Anzi, molto più che bella. Aveva un fascino particolare... e tutti ne restarono abbagliati. Ciò non solo per il suo aspetto ed i suoi modi, ma anche per le sue conoscenze. Disse di essere un'allevatrice ed aiutò molte donne a partorire. Addirittura una notte arrivò a salvare la vita alla moglie del Borgomastro... il suo bambino, infatti, non si era girato nel ventre materno e rischiava di morire soffocato... quella donna però ci parlò di un modo per salvare la madre e suo figlio... con un'operazione aprì il ventre e tirò fuori il piccolo, per poi ricucire quel taglio... per noi fu un prodigio... in breve quella donna divenne la personalità più in vista di Maddola, acquistando sempre più autorità... iniziò così a parlarci di antichi culti, di una nuova fede, vecchia come il mondo e potente come l'animo indomito della Terra... e allora quei suoi insegnamenti cominciarono a penetrare come veleno fra la nostra gente... impose il culto pagano della Dea Madre, facendo sì, pian piano, che molti abbandonassero la Fede Cattolica... e quando questa contrada, da sempre devota alla Vergine Maria e protetta dall'Arcangelo Michele, perse il Dono della Fede, non fu poi difficile a quella malvagia donna imporvi il suo infernale potere... si mostrò così per ciò che era... un essere diabolico, dagli oscuri poteri e persino in grado di mutare se stessa in ogni forma di animale conosciuto... ha fatto di questa valle il suo covo, impedendo a chiunque di uscire o di entrare, imponendo come dazio la risoluzione di un impenetrabile arcano... quella donna, o meglio quel mostro, si fa chiamare Vammana ed è di fatto la padrona di Maddola...”
“Ecco perchè da qui non viene più pagato il tributo al duca.” Rivolgendosi Biago ad Ardea.
“Già...” annuì l'eroe Taddeide “... nessuno ha mai tentato di affrontarla?” Chiese poi al monaco.
“Molti in verità...” annuì il religioso “... sia semplici volontari partiti da Maddola, sia cavalieri giunti qui di passaggio... ma tutti loro sono stati sottoposti all'enigma della Vammana, fallendo poi miseramente... ed è terribile la fine che spetta a chi non riesce a risolvere l'arcano della bestia... essa ne abusa carnalmente, per poi sbranarlo...”
“E' inumano!” Esclamò Biago.
“Un essere simile” pensieroso Ardea “immagino non abbia fragilità o punti deboli...”
“No...” fece il monaco “... nessun punto debole, se non una singolare ossessione...”
“Ossia?” Incuriosito Ardea.
“Giungendo qui avete visto sulla mia porta quella treccia di crine di cavallo?”
“Si e ci ha sorpreso non poco.” Annuì il cavaliere.
“Ebbene” rivelò il monaco “ne troverete una su ogni porta di Maddola... la Vammana infatti sembra attratta dal crine di cavallo, arrivando persino a rubare le nostre bestie... la sua ossessione è quella poi di intrecciare il crine... di notte, quando lascia la sua tana in cerca di prede per il suo appetito innaturale, trovando il crine sulle porte è tentata di intrecciarlo... e così trascorre l'intera notte, per poi tornare nel suo covo all'alba...”
“Dove si trova la sua tana?” Domandò Ardea.
“Perchè?” Alzandosi il monaco.
“Dove?” Deciso il cavaliere.
“Sul monte detto dei Mulini...” rispose il religioso “... dove può dominare l'intera vallata...”
“Possiamo avere la Benedizione prima di andare?” Chiese Ardea.
“Se andrete morirete entrambi.” Disse il monaco.
“Moriremo tutti comunque, no?”
E dopo un attimo di esitazione, il monaco impose sui due la Solenne Benedizione dell'Altissimo:
“Possa Colui che benedì Davide nell'atto di sfidare Golia posare la Sua Suprema e Paterna Mano su di voi... nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo... Amen.”
“Amen.” Ripeterono Ardea e Biago inginocchiati.
Poco dopo lasciarono quel luogo per dirigersi verso il Monte dei Mulini.
http://es.wahooart.com/Art.nsf/O/9CW...ar+Haarlem.JPG



+++

Altea 02-02-2015 12.53.48

Le avventure di Ardea continuano..e chissà se sapremo riuscirà vincitore in questa impresa. È pure un ottimo motivo per rileggere le sue gesta.

elisabeth 02-02-2015 16.12.56

Mi sembra quasi impossibile....riprendere leggere questa storia iniziata tanto tempo fa.....pero'....un tempo mi fu promesso...che sarebbe stata portata a termine...chissà che il mio desiderio si avveri....

Clio 02-02-2015 17.35.31

Confesso di aver iniziato a leggere questa antica storia un paio di mesi fa, considerando che Ardea veniva citato così spesso nel Gdr e io non conoscevo affatto la sua storia.
Però non l'avevo mai finito, così nel vedere che l'avevate continuato l'ho ripreso da dove avevo interrotto.
Ieri mi ha tenuta sveglia fino a tardi, poi oggi l'ho portato con me per tutto il giorno.
E vi dirò che, arrivata all'ultima pagina, come spesso accade quando si legge un libro tutto d'un fiato, avrei voluto avere meno fretta, e non giungere alla fine tanto velocemente cosicché potesse di nuovo accompagnarmi.
Ma sono davvero felice di vedere che l'avete ripreso.
E' stato affascinante veder scorrere il passare degli anni scandito dal cammino di Ardea, di cui tanto avevo sentito parlare dal mio arrivo a Camelot.

Sapete che adoro il modo in cui scrivete, quindi mi limiterò a commentare la storia, che peraltro mi è piaciuta moltissimo.
L'infanzia di Ardea, l'appuntamento con il Destino, il sogno di diventare Cavaliere che diventa realtà, il misterioso cavaliere, le Questioni e il senso di colpa, senza contare i paesaggi, i personaggi singolari incontrati lungo la strada, duelli epici.
Splendido, degno di un romanzo cortese di tutto rispetto!
E poi.. Biagio! È un personaggio splendido, uno di quegli amici che chiunque vorrebbe avere!
Va da sè che anche Ardea sia un personaggio davvero complesso e affascinante con il suo temperamento, le sue emozioni, e il suo travaglio interiore.
Conoscendolo meglio, rivedo molto di lui nei suoi discendenti che ho avuto modo di incontrare in questi anni.
(E come potrebbe essere diversamente?)

Bene, vi ho annoiato abbastanza... :silenced:
Attenderò con ansia un nuovo capitolo di questo appassionante racconto. :smile_lol:

Guisgard 03-02-2015 02.32.42

Lady Altea, si, le avventure di Ardea continuano.
E a Dio piacendo giungeranno fino al termine, narrandoci finalmente la sua intera e leggendaria saga :smile:

Lady Elisabeth, si, è vero.
La storia di Ardea iniziò tanto tempo fa.
E se un cavaliere vi ha fatto una promessa, allora non dovete temere nulla, poiché la rispetterà ;)

Lady Clio, secondo molti vi è qualcosa di magico nella leggenda di Ardea.
Qualcosa di ciclico, di enigmatico, di profetico.
Per questo scriverla o leggerla equivale comunque a viverla.
PS: come già vi dissi una volta, mi spiace per voi, non possedete il “dono” di annoiare :smile_lol:
Anzi, tutt'altro.
E vi ringrazio per le vostre belle parole :smile:

Guisgard 06-02-2015 02.20.45

“Non ascoltare il maligno, esso mischierà la verità con la menzogna per confonderti.”

(Antico Sermone)



Ardea e Biago, lasciato il monaco, si incamminarono verso il Monte dei Mulini.
Dal basso si potevano vedere alcuni alti mulini che sulla sommità della montagna muovevano silenziosamente al vento le loro pale vecchie e consumate.
Nessuno più infatti giungeva su quel monte, ormai divenuto la tana della terribile Vammata.
Il cavaliere ed il suo scudiero allora imboccarono uno stretto ed angusto sentiero che li avrebbe condotti fin su quella perduta montagna.
E più salivano, più l'aria si impregnava di umidità, di fetido odore e di un opprimente senso di morte.
Lungo il tragitto i due videro cimeli del terrificante e diabolico potere del mostro.
Corazze consumate dall'umidità, tuniche e giubbe rese brandelli dai morsi di cani e di ratti, armi spezzate, scudi sfondati e stemmi ormai sbiaditi ed incapaci di raffigurare il nobile blasone di chi li aveva perduti insieme alla vita.
Gli alti e secolari alberi che circondavano il sentiero sembravano come pietrificati da un antico incanto, rendendo quel luogo simile ad un'anticipazione dell'Ade.
“Sembra la via per giungere all'Inferno...” disse Biago.
“Già...” annuì Ardea “... come se vi dimorasse il demonio in persona...”
Continuarono allora il loro cammino, fino a quando la visibilità tutt'intorno divenne nulla.
Le nuvole infatti, basse e scure, si erano posate su quel monte con l'intento di confondere la realtà con l'inganno, di generare un mondo fatto di miraggi, di illusioni.
Proseguirono così seguendo la strada e ignorando cosa ci fosse intorno a loro.
Fino a quando cominciarono ad udire strani rumori.
Voci lontane e confuse, risate e pianti, sussurri e gemiti.
Poi Ardea, nell'udire tutto ciò, ebbe l'impressione di riconoscere qualcosa di familiare.
Era la voce di suo padre.
Lo chiamava per nome, disperato e dolorante.
Lo implorava di raggiungerlo e di aiutarlo.
E quando l'eroe fu sul punto di lasciare la strada e correre verso l'ignoto intorno a lui, a salvarlo fu il fedele Biago.
“Ardea!” Prendendolo per un braccio. “Nel buio e nell'incertezza si annida la tentazione. Non ascoltare questi tuoi spettri, ma pensa a compiere il tuo dovere.”
“Lasciami, è mio padre!” Gridò Ardea.
“Non è tuo padre.” Fissandolo Biago. “E' il male che cerca di confonderti. Perchè ti teme. Tu hai la Fede.”
Ardea chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Si segnò tre volte, spronò il suo cavallo Arante e proseguì, seguito dal devoto Biago.
Alla fine riuscirono a raggiungere la cima del monte, dove vi erano i mulini abbandonati, con il loro sinistro scricchiolio.
Ed intorno a loro videro uno spettacolo disumano.
Brandelli di carne, lamine arrugginite di corazze sporche di sangue ed ossa ovunque alla mercé degli uccelli.
In quel momento uno spaventoso e bestiale grido si diffuse nell'aria, che gelò il sangue dei due temerari amici.
Ardea allora alzò lo sguardo e vide una caverna.
Come se fosse l'ingresso per un altro mondo.
Un mondo oscuro, remoto, dannato.
Un mondo il cui sinistro e peccaminoso lamento pareva echeggiare tra le più profonde ed antiche paure dell'uomo.
Era l'antro della Vammana.
http://sp8.fotolog.com/photo/8/55/76...10947654_f.jpg

Clio 06-02-2015 17.38.16

Quanto servono gli amici quando rischiamo di perderci.. :smile:

E comunque... che bel posticino! :confused_nervous_sh

Altea 06-02-2015 17.50.02

Vammana aveva le sembianze di una donna meravigliosa..e questo ci mostrà che in realtà la bellezza anche quella del volto è dovuta a quella dell' animo.

Per un attimo, in questa ultima storia..quando il Duca Taddeo chiamava suo figlio Ardea (lui lo ha curato come un figlio vero..quindi era pari a un legittimo) mi sono ricordata del sogno avuto dal mio alterego nel gdr...attendo il proseguio.

Guisgard 09-02-2015 02.20.50

“D'improvviso si sentì chiamare da una voce lontana, e scorse davanti a sé una sorta di vapore che, per quanto fosse aereo e traslucido, impediva al cavallo di passare.”

(I romanzi della Tavola Rotonda, La prigione d'aria)



Vista la caverna, Ardea scese da Arante e tirandolo per le redini si avvicinò all'ingresso di quell'antro, seguito qualche passo più indietro da Biago.
Era un primordiale ed angosciante foro scavato dal tempo e dalle piogge in quell'angolo di montagna.
L'erba pareva non crescere attorno a quell'infausto ingresso, lasciando sulle pietre una patina di giallastra apatia e rassegnazione.
Un'apertura fra quelle rocce usata sin da tempi remoti come la tane di serpi, di ratti e di pipestrelli.
Un ritrovo per bestie immonde e maledette, una soglia che sembrava voler dividere e distinguere la luce dall'oscurità.
E quando furono sulla soglia di quella grotta, qualcosa nel buio che in essa dimorava li colpì.
Due occhi, simili a fessure bianche, si aprirono in quelle tenebre.
“Perchè” disse all'improvviso una voce di donna “giungete in questo luogo tetro e solitario? Io stessa me ne affliggo e vorrei andare altrove.”
“Presto” rispose Ardea “ti cacceremo da qui e potrai tornare nelle cloache infernali che ti hanno vomitato.”
“E con quale potere farete ciò?” Chiese la donna.
“Con l'autorità concessaci dal Duca Taddeo, campione della Chiesa e servo dell'Altissimo.” Fissando i suoi occhi Ardea.
“Perchè allora il duca non è qui” domandò la donna “e manda invece un figlio rinnegato ed un maniscalco a compiere il suo dovere di Campione della Fede?”
Ardea non rispose nulla.
“Forse perchè è morto?” Continuò la donna. “Ucciso dal suo stesso figlio?”
Arante ed il cavallo di Biago, percependo l'alone oscuro di quel luogo, cominciarono a tradire nervosismo.
Iniziarono a nitrire, a scalciare.
Ardea allora affidò le redini del suo destriero a Biago ed avanzò poi verso l'antro.
E quando nel buio apparve una sagoma indefinita, il cavaliere si arrestò di colpo.
“Avvicinati, cavaliere...” mormorò la donna “... sei così credente ed hai paura di una donna? Chi ha Fede non dovrebbe temere nulla, o sbaglio?” Rise appena. “Ma tu forse non hai abbastanza Fede.”
“Poni il tuo arcano.” Riprendendo ad avanzare verso di lei Ardea.
Ma in quel momento la sagoma della Vammana divenne chiara.
Ed uno spaventoso essere bestiale apparve al cavaliere.
Un mostro dal corpo di felino, la coda di lontra e la testa di donna si mostrò all'eroe capostipite di tutti i Taddei.
I suoi occhi erano di fuoco, la bocca bavosa, i capelli lunghi e biondi pieni di pidocchi, pulci e zecche, con la pelle del viso squamosa e folta peluria che usciva dalle orecchie e dal naso.
E quell'orribile spettacolo nauseò il cavaliere, diffondendo nel suo animo un senso di cupa disperazione.
“Ecco il tuo arcano, cavaliere...” con una voce di colpo mutata in rauca e animalesca, quasi echeggiante tra le pietre consumate dai delitti e dai peccati di quell'essere “... ma sappi che se fallirai io avrò te, il tuo scudiero ed i vostri cavalli...” rise in modo grottesco, per poi recitare l'arcano:

“Riposano in pace.”
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Clio 09-02-2015 14.56.59

Accidenti, un'orribile Sfinge contro Ardea.. :eek:
Eh, ma se è vero che buon sangue non mente, sono fiduciosa che riuscirà a risolvere l'arcano...

Guisgard 10-02-2015 02.52.52

In effetti definire la Vammana non è proprio semplice.
Diciamo che nella tradizione Afragolignonese è a metà tra un essere bestiale, proprio come la mitica Sfinge ed una strega.
Quanto al sangue, come anche ai nomi, nel Medioevo si riteneva che permettessero di ereditare forza e valori.
E questa credenza è ancora diffusa nelle mie nobili terre.
Beh, vedremo in che modo il nostro Ardea riuscirà ad affrontare questa terribile Questione...

Galgan 10-02-2015 23.48.05

Invero, l'udire le gesta di siffatto personaggio, ha interrotto le mie preghiere, e penso proprio che l'Onnipotente non me ne vorrà.
Continuerò ad ascoltare con gioia.

Altea 11-02-2015 18.27.06

Sono certa Ardea riuscirà ad indovinare l' arcano di quella creatura tra l' umano e il disumano..

Guisgard 16-02-2015 02.38.44

“La Divinità dispone e l'uomo attua.”

(Antico Sermone Carolingio)



“Hai pochi istanti, cavaliere...” disse la Vammana ad Ardea, dopo aver recitato il suo arcano.
I suoi occhi allora cominciarono a diventare ardenti, il respiro grosso e strani gemiti uscivano dalla sua bocca, che ora mostrava aguzze e bestiali zanne bagnate da viscida bava.
Insomma, l'infernale bestia già assaporava le sue nuove prede.
Ardea tuttavia cercò di non farsi distrarre da tutto ciò, sebbene l'aspetto ripugnante e terribile della Vammana lo aveva impressionato non poco.
Il tempo era però tiranno ed il cavaliere stentava a mettere a posto le idee.
Trascorsero così quei brevi istanti, tempo volutamente insufficiente per ragionare sull'oscuro enigma, con quella mostruosa donna già in posizione eretta.
Ormai era pronta a balzare fuori dalla sua tana ed aggredire i due coraggiosi che avevano voluto sfidarla.
Ma proprio in quell'istante Biago, tenendo per le redini il superbo Arante, il destriero di Ardea, avanzò, non senza inquietudine, verso l'antro, fino a penetrarvi.
Spinse allora il cavallo proprio davanti alla bestiale Vammana, per poi uscire fuori dalla grotta con un balzo.
E la donna, nel vedere il lungo e sciolto crine di Arante, dimenticando quasi l'enigma, saltò in avanti e raggiunse il cavallo.
Le sue zampe anteriori allora mutarono in due braccia umane e la strega cominciò ad intrecciare la folta criniera del destriero.
Vedendo tutto ciò, Ardea ben comprese il piano del suo scudiero.
Si sedette allora su una bassa roccia e continuò a ragionare sull'enigma, meditando su ognuna delle parole proferite dalla Vammana.
Una, due, tre, infinite volte.
Fece ricorso alla sua arguzia, al suo sapere, al suo buonsenso per cercare di dare un senso a quell'arcano.
La Vammana, però, dopo un po', terminò di intrecciare il crine di Arante.
“Bella bestia davvero...” gracchiò, accarezzando il fiero sauro di Ardea “... quando vi avrò uccisi lo terrò con me...” rise in modo grottesco, per poi voltarsi verso il cavaliere.
“Tempo scaduto credo di poter dire...” fissando Ardea.
“Armi!” Alzandosi questi. “La soluzione all'arcano è armi!”
A quelle parole dell'eroe, la Vammana restò come pietrificata.
Comprese allora che l'espediente del cavallo era stata la trappola in cui i due l'aveva spinta.
Si sentì perduta e sul punto di diventare folle.
Emise allora un terrificante grido mai udito in Natura, che raggelò l'aria e arrivò ad echeggiare fin giù nella vallata.
Ardea, credendo che il mostro rinnegasse la sua parola, portò la mano sull'elsa di Parusia, pronto a respingere quel che riteneva ormai un imminente attacco.
Ma incredibilmente la Vammana, schiava della sua stessa condizione imposta sulla vallata, guardò fuori e raggiunse l'argine di un burrone, per poi lanciarsi nel vuoto e finendo spappolata su alcune aguzze rocce sottostanti.
Il suo mostruoso corpo prese allora fuoco ed in pochi istanti si incenerì, svanendo in una nuvola di fumo.
E nel fumo si vide per un momento un volto grottesco che emetteva il suo ultimo grido di vita, simile ad un disperato latrato.
Poco dopo un lieve e fresco vento si alzò, accarezzando dolcemente l'intera vallata e portandosi via la fitta umidità che fino a quel momento aveva invaso gran parte del suo territorio.
“E'...” mormorò Biago “... è finita...”
“Si...” annuì Ardea, per poi avvicinarsi ad Arante “... Maddola è libera...” accarezzando il suo destriero “... grazie, amico mio...” fissando Biago “... senza di te non ci sarei riuscito...”
I due amici si abbracciarono e ripresero il sentiero per tornare giù.
Raggiunsero poi il centro abitato di Maddola e furono ricevuti dallo stupore dei suoi abitanti, che però si erano accorti del cambiamento intorno a loro, quasi fosse un segno di liberazione.
“Ascoltatemi, gente di Maddola...” parlando loro Ardea “... siete liberi... Iddio Ha ascoltato i vostri lamenti, concedendovi la Sua Misericordia ed inviando l'autorità del duca, vostro signore, per liberarvi... grati di ciò chiederete ai vostri preti di benedire questa terra, per poi celebrare una solenne Messa in ricordo dei vostri peccati, affinchè mai più si ripetano... dopo ciò riprenderete a pagare il degno tributo a Sua Signoria il duca.”
A quelle parole ci fu il tripudio generale.
Quella gente chiese al cavaliere ed al suo scudiero di restare lì e festeggiare con tutti loro, ma Ardea rifiutò.
Aveva fretta di riprendere il cammino e raggiungere le ultime due contrade rimaste.
http://www.celtic-twilight.com/camel...tbidsadieu.gif

Altea 16-02-2015 14.47.52

In questo caso Ardea deve ringraziare pure l' arguzia di Biagio..o la amicizia..il vero sentimento di amicizia ha sconfitto la Vammana.
Armi..."Riposano in pace"..forse in tempo non di guerra si intende? Ardea è riuscito pure in questa Questione.

Clio 16-02-2015 17.23.35

Ce l'ha fatta anche questa volta Ardea!! Non avevo dubbi...
Ma Lady Altea ha ragione, che farebbe il prode cavaliere senza il fedele Biagio? :smile_lol:
Devo dire che mi è piaciuto anche l'enigma, sottile ed astuto.

Guisgard 23-02-2015 02.06.13

SESTA QUESTIONE: I CANCELLI DI SAN FELICE, I FALCHI DI PICAS



“Non lontano da lì sorgeva una collina che dalla squallida vetta rigurgitava fuoco e nuvoli di fumo; attorno era solo una lucida crosta levigata, segno sicuro che teneva nascosto nel grembo qualche metallo prezioso, a causa dello zolfo.”

(John Milton, Paradiso Perduto, Libro I)



Ardea e Biago, usciti dalla valle di Maddola, seguirono il passo montuoso, fino ad intravedere un antico castello sulla sommità di una bassa montagna.
Il maniero, di mirabile e monumentale costruzione, dominava il piccolo borgo alle pendici del basso monte, quasi come ne fosse il custode.
Eppure qualcosa di indolente riempiva l'aria intorno ai due compagni.
Come se quel luogo fosse dimenticato, abbandonato e perduto quasi ai confini del mondo conosciuto.
Ma non poteva essere così.
Da sempre, Ardea lo sapeva bene, la contrada detta I Cancelli di San Felice era un viatico importante che univa il Sud ed il Nord del regno.
Un luogo frequentato dagli uomini sin da tempi antichissimi ed il suo castello aveva sempre rappresentato una tappa obbligata per cavalieri, nobili e regnanti durante i loro spostamenti per il reame.
Ma ora invece quella vitale contrada appariva del tutto differente.
Desolata ed avvolta in una cupa dimenticanza.
I due compagni proseguirono il loro cammino, fino a quando, penetrati ancor più in quella contrada, cominciarono a vedere campi un tempo rigogliosi ed ora ridotti in terreni sterili, abbandonati ed arsi dal Sole.
“Ma...” disse Biago guardandosi intorno “... che terra è mai questa? Nessuno potrebbe mai viverci.”
“Eppure un tempo questo luogo non poteva certo apparire così...” mormorò Ardea “... anzi, mi rifiuto di credere che sia diventato tanto arido e deserto...”
“Invece è così.” Fece Biago. “Io non ci vivrei nemmeno come cavalletta o zanzara...”
All'improvviso i due udirono qualcosa.
Era una musica.
Videro allora, dal lato opposto del sentiero, qualcuno giungere a piedi nella loro direzione.
E suonava una rotta.
Ardea e Biago si scambiarono una rapida occhiata e quando poi incrociarono il musico, arrestarono il loro cammino.
“Salute a te, menestrello.” Salutandolo Ardea.
“I miei omaggi, cavaliere.” Con un inchino quello, per poi alzare lo sguardo e fissarli meravigliato.
“Cos'hai, ragazzo?” Chiese Biago.
“Perdonatemi...” mormorò il menestrello “... ma mi chiedevo cosa ci facessero in queste tristi lande due viaggiatori come voi...”
“Forse questa contrada non è più un luogo ameno ed importante per il regno?” Domandò Ardea.
“Un tempo forse, milord...” chinando il capo il menestrello “... ora invece è una terra che presto anche gli ultimi suoi abitanti decideranno di abbandonare...”
“Perchè mai?” Fissandolo il capostipite di tutti i nobili Taddei.
“Guardatevi intorno, sir...” indicando il desolante paesaggio circostante il menestrello “... questa terra ormai non potrà più dar frutti e sfamare nessuno...”
“Si, abbiamo visto le misere e disdicevoli condizioni in cui versano queste lande...” annuì Ardea “... ma cosa ha ridotto così una contrada ducale?”
“Milord, ormai questa non è più una contrada ducale...” fece il menestrello “... o almeno lo è solo sulla carta...”
“Cosa dici mai!” Esclamò il Taddeide.
“Ormai questa terra” scuotendo il capo il menestrello “appartiene alle forze del male...” per poi alzare gli occhi verso il castello che dominava la contrada.
Allora un sinistro ed angosciante fremito sembrò attraversare l'animo di Ardea e quello di Biago.
http://www.wallpaperhi.com/thumbnail...rhi.com_51.jpg

Altea 23-02-2015 16.45.53

Una nuova avventura ha inizio..chissà con qual nemico dovrà vedersela Ardea..sono curiosa.

Clio 24-02-2015 01.20.37

Oh, che meraviglia Una nuova questione per Ardea e il fidato Biagio... E già così non promette niente di buono...
Non vedo l'ora di scoprire cosa dovranno affrontare i nostri eroi questa volta! ;)

Guisgard 12-03-2015 02.07.57

"Un guerriero della luce studia con molta attenzione la posizione che intende conquistare.
Per quanto il suo obiettivo sia difficile, esiste sempre una maniera per superare gli ostacoli."


(Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce)



Quel castello.
Antico inaccessibile ed austero appariva come il primordiale custode di quel luogo.
Ma forse, ora, da esso sembrava giungere qualcosa di oscuro che aveva reso la fertile e ridente contrada la terra triste e morente che adesso appariva ad Area e a Biago.
Una terra abbandonata dall'abbondanza e dimenticata dalla Fortuna.
“Menestrello, questa terra resta una contrada ducale” disse Ardea al giovane musico “e Sua Signoria non abbandona mai i suoi sudditi.”
“Allora dov'è ora?”
“Calma l'ardore, ragazzo.” Lo ammonì Ardea. “Ricordati di chi stai parlando.”
“Perdonatemi...” chinando il capo l'altro.
“Ora raccontaci cosa ha reso così sterile questa terra.” Fece il cavaliere.
“Nel castello...” indicando il maniero il menestrello “... nel castello vive ora un malvagio individuo... un crudele e diabolico falconiere che tiene più ai suoi uccelli che agli abitanti di questo luogo...”
“Ossia?” Domandò Ardea.
“Si, milord...” annuì il musico “... giunse qui mesi fa, con i suoi mostruosi falchi, liberandoli poi sulla nostra campagna e permettendo ad essi così di devastarne i raccolti... ogni giorno il malvagio essere liberava in volo i suoi innaturali rapaci e quelli giungevano qui a cibarsi dei prodotti della terra, degli armenti e di tutte le nostre bestie domestiche... in breve non ci fu più nulla per sfamare la popolazione e chiunque uscisse nei campi per coltivare altro finiva egli stesso in pasto ai terribili predatori volanti...”
“E' terribile tutto ciò!” Esclamò Biago.
“Perchè dici che i falchi sono mostruosi? Chiese Ardea.
“Perchè sono dei mostri, milord...” rivelò il musico “... sono grandi il doppio dei normali falchi e hanno becchi ed artigli fatti di ferro...”
“Cosa?” Impressionato Biago. “Ma è impossibile ciò! Non possono esistere simili rapaci!”
“Parlaci del falconiere.” Ardea con lo sguardo sul menestrello.
“Si, milord...” il menestrello fissando il Taddeide “... ma in realtà posso dirvi ben poco...”
“Perchè mai?”
“Perchè se ne sta sempre rinchiuso nel castello, lontano da tutto e da tutti.” Raccontò il menestrello. “Io lo vidi solo per un attimo mentre se ne stava su una delle torri del maniero... fu un istante... chiamò i falchi e li mandò contro di me... trovai rifugio buttandomi in un torrente... è come se quel falconiere non volesse essere visto da nessuno... ed usa i suoi innaturali falchi, che governa con un flauto, come armi per dominare questa terra...”
“Cosa dicono gli altri abitanti della contrada?” Pensieroso Ardea.
“Cosa dicono...” mesto il musico “... nulla... non possono nulla... per questo pian piano stanno tutti lasciando la contrada... vivere qui ormai è impossibile...”
“Ragazzo, ascolta...” Ardea a lui “... voglio che tu raggiunga il borgo per parlare a tutti loro... spiega ad ogni abitante che Sua Signoria ha saputo del vostro dramma e che ora metterà fine alle vostre sofferenze.”
“Come potrà, milord?” Quasi incredulo il menestrello.
“Spiega loro che è così.”
“Oh...” sorridendo il musico “... allora voi... voi siete inviati del duca... finalmente qualcuno è giunto per liberarci!” E si gettò inginocchio davanti al cavallo del cavaliere.
“Alzati, corri al borgo e fa come ti ho detto.” Deciso Ardea.
“Si, milord!” Esclamò il menestrello, per poi correre via verso il borgo.
“Come risolveremo questa Questione?” Chiese preoccupato Biago.
“Saliremo fino al castello” rispose Ardea “e scacceremo da qui quel malvagio falconiere.”
“Ma i suoi falchi non ci permetteranno di arrivarci...” mormorò lo scudiero.
“Allora vuol dire che li stermineremo prima di raggiungere il maniero.” Sentenziò l'eroe eponimo dei grandi di Capomazda.
http://upload.wikimedia.org/wikipedi...c1848_1852.jpg

Altea 12-03-2015 17.26.59

Aspettavo il proseguio..chissà cosa nasconde quel maniero e il suo falconiere..spero di saperlo presto.

Guisgard 23-03-2015 03.40.58

“<< Degno padre>> replicò il cavaliere << sono un povero viandante sperduto in questi boschi, e vi do l'occasione di esercitare la vostra carità e ospitalità.>>”

(Walter Scott, Ivanhoe)



“Sterminarli...” disse Biago “... e come? Come faremo a tener testa a quei maledetti uccelli?”
“Li attireremo fuori dal maniero.” Fece Ardea.
“Si, buon piano...” sarcastico Biago “... li attireremo fuori proponendoci loro come pasto.”
“Vedi che quando ragioni sei un ottimo alleato?” Ridendo Ardea. “Hai appena avuto un'ottima idea.”
“Che idea?” Incuriosito lo scudiero.
“Ci occorre qualcosa...” guardandosi intorno il Taddeide “... un'esca per attirarli fuori... qualcosa che stuzzichi il loro appetito...”
“Ma se qui vi sono solo fame e miseria!” Esclamò Biago.
“Dobbiamo trovare qualcosa lo stesso.” Perentorio Ardea.
E proprio in quel momento, in lontananza, i due scorsero qualcosa.
Un carretto che camminava svogliatamente lungo il confine della contrada.
“La Divina Provvidenza non abbandona mai!” Ardea, per poi spronare il suo Arante.
Raggiunsero così quel carretto.
A guidarlo era un frate.
Il religioso procedeva a passo lento, forse perchè ben conosceva il suo cavallo poco incline a lunghe faticate.
Aveva un aspetto gaio e fischiettava spensierato, scuotendo, di tanto in tanto, le redini con cui conduceva il cavallo per evitare che quella già dinoccolata andatura con cui procedeva il carretto divenisse apatica.
“Salute a voi.” Con un cenno del capo Ardea.
“Che Dio vi benedica, cavaliere.” Sorridendo il chierico.
“Posso domandarvi dove siete diretto?” Chiese il cavaliere.
“Provengo dal vicino convento di San Salvatore” rispose il frate “e sono diretto al mercato della capitale per vendere alcuni prodotti del nostro convento.”
“Che tipi di prodotti?” Domandò il Taddeide.
“Oh, di varie cose...” fece il frate “... ortaggi, verdure e una scrofa.”
E nel vederla Ardea e Biago si scambiarono una rapida occhiata, che in qualche modo era un segno d'assenso.
“Buon frate...” rivolgendosi poi Ardea di nuovo al religioso “... ecco a voi tre Taddei d'Argento.”
“E perchè mai, cavaliere?” Stupito il frate.
“Per San Salvatore.” Rispose il cavaliere. “E per la scrofa. Con queste monete comprerete un'altra scrofa e qualcos'altro per il convento.”
“In pratica...” mormorò il religioso “... volete comprare la scrofa?”
“Si.” Annuì Ardea.
“Per farne cosa, di grazia?”
“Per mangiarla.”
“Volete mangiarla?”
“Non noi.” Ridendo appena Ardea. “Voi la mangerete.”
“E perchè mai?”
“Rifiutate dunque un così succulento pasto?”
“No di certo” scuotendo il capo il religioso “ma converrete con me, cavaliere, che la cosa è un po' curiosa. Non vi pare?”
“Non temete, buon frate.” Tranquillizzandolo Ardea, per poi aiutarlo a scendere dal carro. “Non vi stiamo proponendo nulla che non possa poi essere definita una buona azione.”
“Mangiare è dunque divenuto un fioretto o un atto di penitenza?” Incuriosito il chierico, dopo essere sceso dal carro. “La gola è pur sempre uno dei Sette Peccati Capitali, vi rammento.”
“Il Buon Dio Onnipotente” replicò Ardea “non vi condannerà per questo, non temete. Vi do la mia parola che mai pasto fu ritenuto più meritevole di riconoscenza Cristiana di quello che vi accingete a consumare voi.” Aggiunse il cavaliere, per poi alzare lo sguardo verso il castello che dominava l'intera contrada.
http://www.artpassions.net/art/wide_castle.gif

Clio 23-03-2015 09.20.49

Non c'è che dire... Tra Ardea e Biagio, quei due sanno essere davvero ingegnosi!
Vedremo come riusciranno a sconfiggere quei mostruosi animali.

Altea 23-03-2015 19.52.38

Sicuramente ad Ardea, oltre l'ingegno non manca nemmeno la arguzia e la battuta pronta..ecco l' esca è trovata..ora vedremo come faranno per attrarre i maestosi falchi.


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