Camelot, la patria della cavalleria

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Guisgard 22-10-2015 00.25.15

Nei cieli di Evangelia
 
"Salva il tuo popolo, e benedici la tua eredità;
pascili e sostienili per sempre."

(Salmo 28)



PROLOGO




La guerra ha portato alla sconfitta e alla fine dei grandi stati imperialistici.
Così la Germania del Kaiser, l'Austria-Ungheria degli Asburgo e la Turchia del Sultanato vedono il tramonto, a vantaggio degli stati costituzionali.
Anche l'imperiale Russia degli Zar crolla sotto la rivoluzione rossa.
L'unico stato imperialista rimasto, retto dal suo aristocratico feudalesimo, è quello dell'Afralignone.
Le leggi ed i valori secolari dell'ultimo impero vengono visti così come un pericolo per l'ordine raggiunto tra i vari stati vincitori e per questo l'ex Principato di Animos, da poco mutato in repubblica popolare e autoproclamatasi Canabias, decide di dichiarargli guerra e di invaderne i confini.
Ma le frontiere settentrionali di Afralignone sono difese dalla Rocca di Evangelia, ultimo baluardo a difesa del mondo aristocratico da quello repubblicano.
E proprio nei cieli di Evangelia si combatte questa guerra.
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NEI CIELI DI EVANGELIA



Capitolo I: Angeli caduti

“Un guerriero sa che un angelo e un demonio si contendono la mano che impugna la spada.”

(Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce)



Nuova Camelot, libera città del Nord.
Da essa si possono raggiungere le più importanti capitali europee.
La Stazione Reale pullula ogni giorno di svariata umanità, come viaggiatori occasionali, religiosi, pendolari, militari in licenza o congedo, mercanti, pellegrini, vagabondi, esuli e persino profughi.
La guerra ha rivoltato il vecchio mondo come un guanto, mutandolo in qualcosa di diverso, dove nuove illusioni hanno preso il posto delle antiche certezze.
Le Società di Antico Regime quasi non esistono più, fatta eccezione per l'Impero di Afralignone con i suoi castelli, i palazzi e l'ovattato mondo nobiliare racchiuso nei suoi secolari privilegi.
Molti nobili, in esilio o in fuga dalle macerie degli antichi imperi frantumatisi sotto la guerra ed il nuovo fervore di democrazia, cercano di raggiungere Afralignone.
Qualcuno ci riesce, qualcun altro invece finisce nelle mani della spietata polizia segreta di Canabias, sempre in cerca di esuli nobiliari fuggiaschi.
Il Merdian Express è l'unico treno che da Nuova Camelot conduce a Città di Capomazda, la capitale Afralignonese.
Per molti è il solo mezzo per fuggire dal nuovo mondo e ritornare in quello vecchio.
Ma per giungere a destinazione, col suo carico di speranze e di sogni, il Meridian Exspress deve per forza passare per Evangelia, la rocca che controlla i confini settentrionali di Afralignone.
E' l'ultimo baluardo imperiale a cavallo fra due epoche e due mondi.
Ma in quelle lande imperversa una furiosa guerra e solo i più temerari, o forse solo i più disperati, decidono di salire sul Merdian Express per raggiungere ciò che resta della tradizione aristocratica.
La stazione, con le sue vetrine ed insegne in stile vittoriano che ancora richiamano le Belle Epoque appena tramontata, era densa del fumo delle locomotrici che arrivavano e partivano, brulicanti di figure e sagome tutte uguali, che quasi si muovevano goffe e buffe, come le immagini di un cinematografo, tra i binari ed i sottopassaggi anneriti dal vapore dei treni e dal grigiore che la borghesia operaia amava trasmettere a ciò che restava dei tempi andati.
“In carrozza, signori...” disse il capostazione agitando la sua paletta “... in carrozza... ultima chiamata, signori... in carrozza, signori... in carrozza... ultima chiamata...”
Il prezzo di un biglietto del Meridian Express equivaleva ad un intero salario o ad un mezzo stipendio.
La Società delle Nazioni, ossia i vincitori che si erano spartiti il mondo dopo la guerra, era arrivata ad un accordo con gli stati membri riguardo al libero transito del treno attraverso i territori meridionali, fino alla capitale Aralignonese.
Tuttavia Canabias, in guerra contro l'impero di Afralignone che non aveva riconosciuto il suo governo rosso, era riuscita ad imporre un rigido controllo in tutte le stazioni, ottenendo la presenza di pattuglie armate per sventare la possibile fuga di profughi verso Sud.
“In carrozza, signori...” ancora il capostazione “... in carrozza... è l'ultima chiamata... in carrozza, signori... in carrozza... ultima chiamata per Città di Capomazda...” mentre il Meridian Express già fumava pronto per la partenza.
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Dacey Starklan 22-10-2015 00.46.45

Nei miei occhi c'erano ancora le vivide immagini dell'orda di rivoltosi che si abbatteva sul mio castello, gli sforzi delle guardie per contenerle lungo le mura, il fuoco che divampava e il fumo che si innalzava fino alla mia stanza, poi c'erano i rumori, le armi sparavano e le atroci grida di chi veniva colpito, le urla della mia famiglia...
La mia famiglia. Tutti morti. Non riuscivo ad abituarmi all'idea, non mi sarei mai abituata all'idea, mai. E come potevo io concepire che tutta la mia famiglia era stata uccisa da della gente impazzita, per un motivo che neanche conoscevo. Io mi ero salvata si, e i ricordi di quei momenti erano così confusi nella mia testa, ero ancora sotto shock e per quanto mi sforzassi quegli attimi erano offuscati, solo un insieme indefinito di colori e suoni. Tutto quello che sapevo era che ora ero qui, in una terra a me straniera, orfana e senza nessuno.
Un'orfana che non doveva farsi riconoscere, una ormai ex principessa la cui unica speranza in quel momento era rappresentata da un treno. Un unico nome, il Meridian.

Recuperai il mio misero bagaglio stando ben attenta a restare con il capo coperto e raggiunsi la banchina pronta a immergervi in quel viaggio carica di timore e speranza, presi il mio biglietto, acquistato con un paio dei soldi che ero riuscita a trafugare dal castello, e salii su una carrozza.

Lady Gwen 22-10-2015 00.50.10

Attesa.
Trepidante attesa. Aspettavo impaziente che ci dessero il via per salire sul Meridian Express; avevo aspettato mesi per racimolare il denaro sufficiente a comprare il biglietto, vivere ormai da sola mi aiutava molto anche in questo e avevo anche messo qualcosa da parte per il viaggio. Anche perché dovevo pur vivere, no?
Mi era dispiaciuto molto lasciare l'ospedale, con le altre infermiere che ormai erano come delle sorelle, come se fossero una seconda famiglia, anche se solo la prima era a conoscenza della mia vera natura di pagana.
Mi sarebbe mancato il progresso che conservava ancora qualche traccia dell'epoca vittoriana che amavo e forse era proprio quell'antichitá, quel progresso minimo e relativo, rispetto alla cittá in cui avevo vissuto negli ultimi anni, che mi mancava.
Tuttavia, non vedevo l'ora di partire; ero sempre stata amante dei viaggi, fin da piccola e quando avevo dato la notizia ai miei che volevo cambiare città, anni fa come anche alcuni mesi orsono, mi avevano lasciata libera di fare ció che sentivo dentro di me e sapevo che questa era la scelta giusta.
Sapevo che saremmo passati da Evangelia e da ció che avevo sentito, lí imperversava la guerra, ma ció non mi spaventava.
Quando quando il capostazione ci disse di salire, non me lo feci ripetere due volte e mi affrettai ad esibire il biglietto e cercare un posto sul treno.

Clio 22-10-2015 01.21.17

L'aria era fresca quella mattina, potevo quasi sentirla volteggiare accanto a me, eterea e leggera.
Un altro giorno è sorto.
Un giorno come un altro a Evanglia.
I cieli sono stranamente sgombri, e l'alba regala scenari mozzafiato.
Mi sento fortunata ad essere qui.
Qui, dove nessuno è mai giunto, più in alto delle nuvole.
Come sembra lontana e piccola la rocca vista da quassù, eppure non mi è mai parsa così bella.
Casa.
L'unica che mi è rimasta, l'ultima che vedrò.
Ogni cosa ha un sapore più intenso sapendo che potrebbe essere l'ultima.
Questa alba, questi colori potrebbero non tornare, potrebbero accompagnarmi nell'ultimo viaggio.
Allora fisso ancora per un istante l'orizzonte incantato, un istante per assaporare appieno la Bellezza intorno a me, per fissare quell'immagine nel cuore, renderla indelebile.
Ma è ora di rientrare.
Tutto sommato, il giro di ricognizione mattutino era stato positivo, la tratta aerea riconquistata negli ultimi giorni sembrava stabile.
A malincuore voltai il mio velivolo e tornai indietro, dove un'altra giornata era iniziata.
Non appena aprii lo sportellino, la vivace attività del forte mi avvolse come una coperta in un mattino troppo freddo.
Le reclute affidate ai maestri mi facevano sempre tenerezza, poi c'erano i legionari che parlavano tra loro, i meccanici sempre alle prese con qualche motore che decideva di fare i capricci.
Attraversai il cortile a passo spedito, rispondendo con un cenno del capo ai soldati che salutavano rigidamente al mio passaggio.
Almeno non avevo brutte notizie da riferire quella mattina, pensai con un mezzo sorriso.
Raggiunsi così una porta austera e scura, presidiata da due guardie che si scostarono al mio arrivo.
"Mi sta aspettando" dissi soltanto, come ogni mattina.
Non dovevo certo spiegare che ci facessi lì, ma la disciplina e l'ordine erano all'ordine del giorno ad Evanglia.
Aprirono la porta, facendomi entrare nell'ampia stanza.
"Tenente Loyd a rapporto, signore.." quasi automaticamente.
Salutai militarmente e relazionai circa la mia incursione mattutina.
"Sostanzialmente tutto tranquillo, capitano.." con voce ferma "Avete ordini?".

Marwel 22-10-2015 10.30.07

Non aveva chiuso occhio quella notte, poichè con il freddo erano arrivate anche le prime influenze e a metà dei bambini era salita la febbre, mentre l'altra metà cominciava a starnutire. Insomma aveva passato la parte buia della giornata ad appoggiare pezze bagnate sulla fronte dei suoi orfani e a dar loro le medicine per abbassare la temperatura, ma alle prime luci dell'alba si era detta esausta e, addormentato l'ultimo bambino e messo nel suo letto il più piccolo, si era addormentata abbracciata al fagotto di quattro mesi.
Non era un bel periodo per Evangelia, non lo era per il mondo intero, ma ella non aveva mai pensato ad una fuga. Era la sua casa, era il rifugio dei suoi dodici bambini e presto, pensò, ne sarebbero arrivati degli altri a causa della guerra e lei doveva essere li, pronta ad accogliere chiunque le chiedesse asilo.
Il giorno prima Betty, la più grande dei suoi orfani, dall'alto dei suoi tredici anni, le aveva chiesto il perchè di quella guerra, ma Marwel non aveva saputo darle risposta, poichè nemmeno lei lo sapeva. La guerra era un abominio.
Non riuscì a riposare a lungo, il suo corpo non si gustò a pieno il calore delle coperte, tanto che erano appena le sette quando rimise i piedi sul freddo pavimento e si diresse in cucina.
Doveva preparare la colazione ai bambini e sapeva che avrebbe dovuto imboccarli a causa della febbre, ma per fortuna Betty le dava una mano volentieri. Era il suo braccio destro in un mondo che le aveva tolto tutte le persone a lei care.
La porta della cucina era aperta e, mentre impilava le ciotole per il latte, venne distratta dal suono delle pantofole che strisciavano sul pavimento. Quando si voltò vide Benjamin che ciondolava verso di lei: aveva quattro anni, i capelli biondo dorato e gli occhi di un verde brillante che facevano a pugni con la sua carnagione bianca. Ma quella mattina il suo volto era troppo pallido, le occhiaie troppo marcate e scure per un bambino in salute. Lo aveva sentito tossire il giorno prima e si era lamentato della sua gola dicendo che gli bruciava da matti e nemmeno l'acqua bastava a placarla.
Il bambino era solito stringere a se un orsacchiotto di piccole dimensioni, scuro e a cui mancava un occhio.
"Mio piccolo Benji, perchè sei sveglio?" gli chiese abbassandosi al suo livello per poterlo guardare negli occhi. Subito portò la mano sulla sua fronte e la riscoprì bollente, più di quella di altri bambini, tanto che lo strinse forte a se, lo prese in braccio e lo portò nella camera dove vi erano gli altri bambini malati.
Lo sdraiò sul letto e lo coprì fino al mento, gli disse di rimanere li e andò a svegliare Betty, così da poter cominciare a dar da mangiare ai fanciulli appena svegliati. Marwel era molto preoccupata per la salute di Benjamin, tanto che per un attimo non riuscì nemmeno a farsi venire il mente le erbe e gli intrugli da poter utilizzare per fargli scendere la febbre.
Fece un respiro profondo, si passò le mani tra i biondi capelli e cercò di calmarsi, poi prese la camomilla, il salice bianco e il tiglio e ne fece una tisana.
"Mamma! Benji non apre più gli occhi! Non si muove!" urlò Betty.
La tazza con la tisana le scivolò dalle mani e si ruppe facendosi in mille pezzi, ma la donna non ci fece caso più di tanto e corse nella camera.
Quando arrivò, Betty era in lacrime e Benji sembrava morto; gli toccò il viso e lo scosse per risvegliarlo, ma il respiro del bambino era debole e anche il battito del suo cuore, così Marwel non perse tempo e lo prese in braccio di nuovo, ma sta volta lo avvolse nelle coperte ed uscì dall'orfanotrofio dicendo a Betty di prendersi cura dei bambini.
La temperatura fuori dalla sua porta era bassa, tanto che non passò molto prima che dei brividi di freddo le percorressero le braccia e la schiena, ma non era quello il suo problema. Doveva arrivare in ospedale il più presto possibile e doveva far di tutto per salvare la vita al piccolo Benji.
"Non preoccuparti tesoro, presto starai meglio" disse mentre correva per le vie di Evangelia con le lacrime agli occhi. Raggiunse l'ospedale e chiese aiuto alle infermiere che subito le diedero assistenza, presero il bambino e lo portarono chissà dove.
Si sedette in attesa di notizie. Nessuno le chiese nulla, le disse nulla o fece nulla per tranquillizzarla, ma il mondo era in guerra e tutti erano diventati un po' più freddi e duri.
Il tepore dell'ospedale le scaldò le membra, ma le sue mani erano ancora congelate e non le avrebbe sentite calde per un po', pensò.

Altea 22-10-2015 14.49.38

Venti di tempesta e venti di guerra soffiavano o sarebbero soffiati vicino al nostro piccolo ma importante Ducato, posto tra Afralignone e Canabias, strane voci correvano ma noi eravamo donne e la politica non era per noi, a dir di molti.
Ogni giorno si ripeteva lo stesso rituale, alla stessa ora e con le stesse cadenze. Aspettavo lo scricchiolio del legno pregiato sul pavimento del corridoio, sotto il passo di mia madre, e nel frattempo mi preparai.
Presi uno specchio in madreperla e spazzolai energicamente i lunghi capelli biondi, li scostai e pizzicai le diafane gote per far prender loro un po' di colorito.
Ma lo sguardo dei miei occhi verdi si rifletterono su quello specchio come la mia anima:


"Presto, accorrete, è successo qualcosa al Duca de Bastian". Ero appena tornata da uno dei soliti noiosi balli con le mie quattro sorelle ed eravamo spensierate ma alle urla della serva, ordinai loro di andare a letto e rimase con me la sorella più grande, Costanza.
Seguimmo la serva in lacrime e in preda al panico e ci portò in una stanza posta nel solaio del grande castello e ci fece segno di entrare...senza scrupolo o talmente giovane da non capire. Lì..in mezzo alla stanza..la sedia riversa e il corpo dell' amato padre pendeva da una corda.
Così mio padre ci lasciò e mio nonno Mandus prese in mano il Ducato, visto non vi erano eredi maschi ma aveva grande fiducia in me...non avremmo lasciato la nostra Terra, le ricche produzioni di tessuti e soprattutto la gente.....Cherval doveva vivere e lottare sola.
Un giorno mio nonno mi portò al mare, amava portarmi fin da bambina nei giorni di tempesta.."Vedi, Altea, noi siamo impetuosi come quel mare in tempesta ma forti, freddi, inscalfibili come quelle rocce a strapiombo sul mare che lottano contro le furie della tempesta e delle onde". Prese un sospiro, il vento scompigliava i miei capelli e tenevo ferma la lunga gonna di seta "Tuo padre, Teobaldo de Bastian, non si è suicidato...lo hanno ucciso..sono stati dei sicari di Canabias poiché non abbiamo voluto appoggiare le loro idee contro Afralignone...ho parlato col re e vari nobili ad Afralignone e Capomazda, abbiamo dichiarato la nostra neutralità. Ci hanno promesso in caso di pericolo sarebbero venuti a salvarci...il loro esercito è potente."
Lo guardai prendendo coraggio...."Perchè non mi avete detto lo hanno assassinato, l'ho odiato per molto..pensavo ci avesse abbandonato" non una lacrima scese dal mio viso.."Avete saputo del treno che sta arrivando da Nuova Camelot, nonno Mandus? Porta a Capomazda e..." mi zittì puntandomi l' indice e poi rivolto verso il mare."Mi hai sentita prima? Non cederemo, rimarremo qui...non abbiamo bisogno di prendere quel treno, questa è la nostra Terra e ho già pattuito tutto con Capomazda, siamo sempre stati rispettosi tra noi e loro hanno bisogno dei nostri tessuti. Vuoi fuggire abbandonando il tuo popolo? Lo sai benissimo alla mia morte ho pattuito tu prenderai le redini del Ducato...vuoi deludermi?". Scossi il capo e mormorai.."Sia fatto il vostro volere allora".

Lo scricchiolio..i passi sul legno disegnato ad ovali sovrapposti..era il segnale. Mia madre stava andando a riposare, indossai il caldo mantello vermiglio di angora e misi nella sacca della carta, pennino e un libro. Dovevo raggiungere il mio piccolo luogo segreto, un laghetto nel boschetto vicino e presso la nostra baita. Lì potevo studiare tranquilla, scrivere i miei romanzi e poesie; mia madre disapprovava tutto questo..per lei una donna doveva solo sposarsi e dare una prole, la cultura non serviva ma io seguivo gli insegnamenti di mio nonno e mio padre e avevo insistito per avere pure un maestro privato.
E lentamente sgattaiolai fuori il castello, incamminandomi a piedi, mentre un vento impetuoso soffiava....

Guisgard 22-10-2015 17.17.45

La cantina era semibuia, con quella piccola lampada alimentata da gasolio ad illuminarla, umida e maleodorante.
Ma era diventata il loro rifugio, un luogo tranquillo, alieno dal fragore e dalla violenza che invece imperversavano per le strade di Animos.
Nulla era più come prima.
Neanche la stessa Animos esisteva più, oggi rinominata Canabias dagli operai affamati che avevano assalito i suoi castelli e chiuso le sue chiese, mossi dalle sinistre mire della borghesia.
Si, perchè da sempre nessuna rivoluzione ha mai avuto come scopo la libertà, la liberazione o l'uguaglianza.
E nessuna rivoluzione, da quando esiste il mondo, è mai stata proclamata dal popolo.
La massa, la gleba, il volgo, altro non è che il braccio, furioso ed ignorante, di chi invece mira a rovesciare un potere per instaurarne un altro.
Così è stato per la rivoluzione francese, per quella russa ed ora anche per quella che sta insanguinando la defunta Animos.
La borghesia, gli intellettuali, sono loro i veri capi, le menti di quest'orrore.
Cacciare il re e sedersi al suo tavolo per mangiare ciò di cui si nutrivano i nobili fino a quel momento.
Questa è la rivoluzione che ha spazzato via Animos e così sono tutte le rivoluzioni scoppiate nei secoli su questo pianeta.
Eppure quella cantina era un luogo tranquillo, persino accogliente.
Una specie di angolo segreto in cui le figlie del re fantasticavano e giocavano.
Anastasia, la più grande, poi Dacey ed infine Maria.
Ma una fredda sera dei rumori si udirono dalle scale che conducevano alla cantina.
L'ex re Talcos fissò a lungo la porta.
Non erano i passi delle sentinelle, né del guardiano che portava loro acqua e cibo.
La porta si aprì ed entrarono i militari.
Dacey non li guardò neanche in volto.
Non guardò nemmeno le loro uniformi, né i loro fucili.
Restò a fissare la stella rossa tra la falce e la scure.
L'immagine del nuovo potere di Canabias.
Il simbolo di un orrore che si era abbattuto non solo su quel paese, ma sul mondo intero.
I militari entrarono così nella piccola cantina.
In verità non erano veri soldati.
Erano ex briganti, proclamatisi prima partigiani, poi guerrieri del popolo ed infine della libertà.
Quanti martiri aveva fatto quel demone che agli uomini si camuffa da libertà.
Il caporale si avvicinò all'ex re.
“Dobbiamo farvi una foto...” disse il caporale “... mettetevi tutti in quell'angolo... contro il muro... non ci vorrà molto...”
“Mamma...” chiese la piccola Maria a sua madre “... come fanno a farci una foto se non hanno macchine fotografiche?”
Ma l'ex regina non rispose nulla, limitandosi ad accarezzare e a baciare la sua bambina.

Il fischio del treno destò Dacey da quei terribili ricordi.
Il Meridian Express aveva chiuso le porte ed era pronto per partire.

Guisgard 22-10-2015 17.28.09

Gwen salì sulla carrozza, per prendere poi posto nel vagone affollato.
Dai finestrini vide sui binari dei militari che parlottavano col capostazione.
Avevano le divise rosse, erano dunque di Canabias.
Indicavano il treno, ma poi si allontanarono.
Il fischio e qualche istante dopo il Meridian Express partì, lasciandosi dietro nuvole di vapore.
“Giornali e riviste...” disse il controllore entrando nella carrozza passeggeri “... giornali e riviste, signori...”
“Uno per me, grazie...” uno dei passeggeri.
Il controllore allora si fermò per dare il giornale al passeggero ed avendolo accanto Gwen, gettando lo sguardo sui giornali sotto il suo braccio, notò un trafiletto in cui si richiedevano infermiere volontarie.

Dacey Starklan 22-10-2015 17.32.20

Con un sussulto mi ridestai da quel ricordo. Più passava del tempo, più iniziavo a rammentare, a mettere insieme i pezzi, come in un puzzle che sembrava non voler finire mai.
Quei flashback andavano e venivano facendomi perdere la cognizione del tempo, erano così realistici che mi sembrava di essere ancora lì.
Di essere di nuovo in quella cantina, quel luogo angusto che era stato per un po' la mia casa, la mia e quella della mia famiglia, fino a quando... Quegli uomini, ora ricordavo i loro volti ma soprattutto rammentavo la bandiera, quella bandiera che loro impugnavano con spavalderia, quella bandiera rossa che rappresentava tutti i miei sogni infranti.
Li odiavo, quegli uomini e quella bandiera, li odiavo indistintamente e avrei voluto vederli morti, vedere quella stupida bandiera bruciare. E invece loro erano ancora lì, nel mio regno, percorrevano i corridoi del mio castello e di certo qualcuno stava dormendo nel mio letto. Perché nessuno era intervenuto per fermarli, perché nessuno era venuto in nostro soccorso? Era ciò che mi chiedevo più spesso e anche in quel momento, sul treno, rianimato dal suo fischio, io mi chiedevo perché nessuno aveva fermato i rivoltosi, nessuno aveva salvato me e la mia famiglia.
Appoggiai una spalla contro la parete del treno, gettando qualche occhiata distratta fuori dal finestrino, mentre la gente si affrettava a salire o a salutare i cari pronti per il viaggio.

Lady Gwen 22-10-2015 17.39.37

Salii sul treno e presi posto.
Osservano dal finestrino la gente a:la stazione, le guardie di Canabias e pensavo che ormai non potevo piú tornare indietro, probabilmente non volevo.
Passó poi il controllore con delle riviste sotto braccio.
Quando si avvicinó per porgerne una all'uomo vicino a me, notai un trafiletto in cui c'era un annuncio. Si cercavano infermiere.
"Una anche per me, per favore" dissi all'uomo.

Guisgard 22-10-2015 17.39.44

La stanza era disordinata, con le pareti un tempo bianche ed oggi di un avorio opaco, scaldata da una piccola stufa e addensata dall'odore di sigaro.
Clio entrò, si mise sull'attenti, per poi attendere le parole del capitano.
Goz abbassò le cartine che stava leggendo e gettò uno sguardo sul bell'ufficiale dai capelli lunghi e biondi.
“Sono contento di rivedervi sana e salva...” disse il capitando fumando il suo sigaro “... sarebbe stato un peccato se vi avessero abbattuta. Si, un gran peccato.” Facendole l'occhiolino, per poi scoppiare a ridere. “Per ora sembra ci aspettino alcune ore di relativa tranquillità...” tornando a guardare la cartina “... ma io sento puzza di guai...” mettendo la mappa sulla scrivania e cerchiandone un punto preciso “... in questa zona dovrebbe esserci una fabbrica di motori...” indicando il punto segnato “... pare sia scoppiato uno sciopero... naturalmente è una faccenda che non ci riguarda, essendo quelli dei civili... ma questo genere di cose succedono sempre più spesso ultimamente e se si venisse a sapere che quegli operai sono armati... beh... nove su dieci chiamerebbero noi per ripulire la fabbrica... per ora potete andare... ma tenetevi pronta.” Congedandola con un cenno della mano.
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Guisgard 22-10-2015 17.44.59

Gli ospedali sono bianchi, freddi ed intrisi di un odore strano.
Non è solo per il cloroformio.
Forse è a causa di quell'atmosfera distaccata, indifferente e apatica, generata da chi soffre e da chi invece poco si cura delle loro emozioni.
Erano tempi duri.
Vi era rimasto solo un medico, un giovane appena laureato e spedito al fronte per aiutare i miserabili che abitavano il piccolo borgo di Evangelia, distante poche miglia dalla cima del basso monte dove dominava il Comando della Legione Straniera Afralignonese.
E per un unico medico vi erano poi rimaste pochissime infermiere, seguite e controllate da Suor Ologna.
La donna apparve nel corridoio e si avvicinò a Marwel.
“Il bambino ora dorme.” Disse la religiosa alla ragazza. “E' molto debole. E' rimasto solo un medico e non è facile per lui visitare tutti i malati. Dobbiamo aspettare che passi la notte. Se domattina si sarà ripreso, allora il piccolo ce la farà. Se vuoi abbiamo una cappellina... puoi pregare lì stanotte... altro non puoi fare...”
Un attimo dopo si udì il sibilo di alcuni aerei che facevano ritorno alla base.
E in un certo senso quel sibilo era come un segnale di conforto.
Se infatti i caccia ritornavano al forte allora significava che un altro attacco nemico era stato respinto.
E a quel sibilo Suor Ologna si segnò tre volte.
“Ti ringrazio, Signore...” mormorò, stringendo in mano il Crocifisso che aveva al collo.

Guisgard 22-10-2015 17.49.05

Altea raggiunse il suo rifugio segreto, immerso in quell'angolo di bosco, poco lontano dal lago.
Era un tardo e nuvoloso pomeriggio di Ottobre ed una calma apparente avvolgeva quel luogo.
Così era anche nel ducato e persino al palazzo.
Come se tutto fosse incantato.
Come se tutti attendessero qualcosa di inesorabile.
L'invasione di Canabias.
Ma prima che Altea cominciasse a scrivere, udì un fischiettio.
Poi qualcuno che prese a canticchiare.
Era la voce di un uomo.
Si trovava poco distante, sulla sponda del lago.
Un attimo dopo iniziò a piovere.

Clio 22-10-2015 17.52.54

Ascoltai in silenzio il capitano, osservando di sfuggita quelle carte, sapevo a che cosa si riferiva, e sarei stata pronta ad intervenire nel caso le cose fossero precipitate.
Mi congedai formalmente dal capitano e tornai dai miei uomini.
"Ragazzi non ci crederete, ma potremmo avere addirittura qualche ora di tranquillità.." Con un leggero sorriso "Ma il capitano sente puzza di guai, quindi non ci conterei troppo".

Altea 22-10-2015 17.58.18

Mi inoltrai nel boschetto, vi era silenzio..un silenzio irreale. Non mi sentivo al sicuro..dovevo essere fredda e forte, ma il nostro esercito non era molto forte.
Sentivo solo il rumore della mia veste frusciare tra le foglie secche che, inesorabilmente, stavano iniziando a cadere copiose dagli alberi e il mio respiro affannato.
Arrivai al laghetto, estrassi le carte e il pennino..iniziai a scrivere...di libertà e riscatto...di pace ma ad un tratto mi fermai.
Un rumore..un fischiettio, alzai solo lo sguardo tenendo fermo il pennino dal quadernetto di pelle che raccoglieva i fogli. Vidi un uomo nell' altra sponda del lago ed iniziò a canticchiare...era allegro. Iniziai ad innervosirmi, mi stava disturbando e mi stavo alzando per chiedergli cosa vi era tanto di allegro da fischiare e cantare.
Poi iniziò a piovere...mi alzai e raggiunsi la nostra baita e mi voltai verso l' uomo, non entrai e rimasi sotto la tettoia abbastanza vasta.."Scusate messere..non vorrei essere invadente..ma sta piovendo, e cosa state fischiettando e cantando?". Quell' individuo, come sempre, aveva sollevato la mia curiosità.

Marwel 22-10-2015 17.58.29

Marwel era rimasta li, seduta ad attendere qualcuno, ad attendere il suo Benjamin che correva verso di lei e la chiamava "mamma". Ma passarono ore prima che una donna, una sola donna avvolta dagli abiti ecclesiastici si avvicinasse a lei e le donasse parole di conforto.
Benji dormiva a detta sua, ma era debole e sarebbe stato un miracoloso per lui passare la notte. E l'avrebbe passata da solo.
Il suono degli aerei riempì il silenzio dell'ospedale e la suora si fece il segno della croce e ringraziò il Signore, cosa che Marwel non riusciva a fare. Da quanto tempo non pregava? da quanto il loro Dio non ascoltava le sue parole? d'altronde per cosa avrebbe dovuto pregare fino a quel giorno? era convinta che Dio non combattesse quella guerra, ma sapeva anche che le molte vite non erano state risparmiate da lui. Si sentiva abbandonata come gli orfani che ora giacevano malati nel suo orfanotrofio.
Si alzò lentamente con le membra ancora stanche per la notte trascorsa a vegliare sui suoi bambini e si rivolse alla donna con voce roca: "Posso vedere il medico?".
Voleva vederlo e chiedergli se la malattia di Benjamin fosse infettiva, poichè in tal caso avrebbe dovuto portare anche gli altri bambini in ospedale e sarebbero trascorse molte notti prima che la ragazza avesse appoggiato nuovamente il capo su un morbido cuscino.

Guisgard 22-10-2015 18.25.51

E mentre Dacey guardava distrattamente fuori dal finestrino, il Meridian Express partì.
Lasciò la fumosa stazione e cominciò il suo viaggio verso Sud.
“Mah...” disse all'improvviso uno dei due passeggeri seduto accanto a lei “... mi chiedi chi vincerà la guerra? Non so... da un lato ci sono i gentiluomini Afralignonesi, con le loro tradizioni militari e la boria di chi crede di essere migliore degli altri, di essere prediletto del Cielo... e dall'altro le truppe di Canabias, animate dal fervore liberale e ugualitario che infiamma adesso la loro nazione...”
“Vecchio contro nuovo...” fece l'altro passeggero “... io invece credo che entrambi gli schieramenti siano spinti dalla paura... gli Afralignonesi hanno paura di veder morire il loro mondo, la Società di Antico Regime... e quelli di Canabias invece temono che la raggiunta libertà possa essere messa in discussione proprio dai valori che ancora dominano ad Agralignone...”
“Filosofica interpretazione, amico mio...” annuì il primo “... peccato che le imperiali truppe Afralignonesi non siano mai scese in campo... la guerra è al fronte... ad Evangelia... ed è affidata ai mercenari della Legione Straniera... uomini dunque che non sentono i valori in ballo... ma interessati solo al denaro...”

Guisgard 22-10-2015 18.30.19

Il controllore diede a Gwen una copia del giornale, dove era riportato il trafiletto in cui si richiedevano infermiere volontarie.
Il pezzo così diceva:

“Sono richieste infermiere volontarie per l'ospedale di Evangelia.
Il governo di Afralignone offre incentivi e stipendi certi a chi accetterà di impegnarsi a prestare servizio medico in quel luogo per i prossimi sei anni.”

Guisgard 22-10-2015 18.35.01

Clio raggiunse il saloon di Armand, dove stavano bevendo alcuni dei piloti della sua squadriglia.
“Fantastico...” disse uno di quelli, mentre si scolava l'ennesimo boccale di birra “... se il capitano sente puzza di guai allora significa che il diavolo si sta facendo in quattro per accontentarlo...”
“Puoi giurarci.” Annuì un altro.
Ad un tratto qualcuno entrò, attirando l'attenzione di tutti.
“Cosa vi servo, sergente Tesua?” Chiese Armand al nuovo arrivato.
“Qualcosa di forte...” sedendosi il sergente “... avete sentito la novità, ragazzi?” A Clio e agli altri piloti. “Il governo ha mandato un fotografo... pare che nelle corti nobiliari dell'impero la figura del mercenario la vedano epica, eroica e persino romantica...” Armand gli servì da bere “... alla salute.” Bevendo Tesua.
E tutti risero a quella storia del fotografo.

Lady Gwen 22-10-2015 18.35.20

Il controllore mi diede una copia del giornale e lessi l'annuncio.
Sei anni. Ad Evangelia.
Visto il periodo di guerra passavo sicuramente per folle, ma quell'opportunitá mi interessava abbastanza e poi ero sempre contenta di poter dare una mano.

Dacey Starklan 22-10-2015 18.38.34

Canabias, odiavo anche quel nome. Non era Canabias, la mia terra si chiamava Animos. Mi rattristava sentire che i ribelli avevano cambiato anche quello, avevano cambiato tutto, compresa la mia vita ovviamente.
Ascoltai con attenzione quella conversazione tra quei due passeggeri, la guerra era nell'aria, ma ormai non mi importava granché, era troppo tardi per salvare la mia famiglia.
Tutti ovviamente si interrogavano su cosa sarebbe successo allo scontro tra i due eserciti, me compresa. Non sapevo molto di guerra, se non quello che avevo studiato sui libri ma quella era solo storia, teoria, un altro conto era la pratica, un altro conto era la realtà, un altro conto era un vero campo di battaglia.
Con attenzione dunque ascoltai quegli uomini, cercando di non farmi scoprire e sentii l'angoscia pervadermi, le mie speranze erano tutte rivolte ad Afrignone e non era consolatorio sapere che il loro esercito non era così preparato come avrei voluto.

Guisgard 22-10-2015 18.39.50

A quelle parole di Altea, l'uomo, che se ne stava sotto la pioggia a fischiettare, si voltò di scatto e le lanciò una rapida occhiata.
“La stessa domanda che potrei rivolgere a voi...” disse sorridendo “... cosa ci fa una ragazza tutta sola nel bosco sotto la pioggia?”
Era un giovane uomo dai capelli chiari.

Guisgard 22-10-2015 18.43.08

Suor Ologna guardò Marwel negli occhi.
Normalmente avrebbe risposto di no, ma nei chiari occhi di quella giovane c'era una forza che voleva lottare contro la disperazione.
“Si, vieni...” disse la religiosa, conducendola nell'infermeria.
C'era un odore di cloroformio e mercurio ovunque.
Le condizioni igieniche poi non erano le migliori.
“Dottore...” chiamò la suora.
Allora un giovane medico dall'aspetto bonario e dal viso pulito si avvicinò alle due.
“Questa ragazza vuol parlarvi.” La religiosa indicando Marwel.
“Prego, vi ascolto.” Sorridendo il giovane medico alla bionda ragazza.

Altea 22-10-2015 18.43.38

A quella risposta un sorriso apparve nel mio volto, ma non lo diedi a vedere.."Vedete.."guardandolo bene e finalmente notando era giovane" il fatto è io ho pieno diritto di camminare in questo bosco e non dare motivazioni a nessuno..presuppongo voi non siate di Cherval". Esitai un attimo, di questi tempi dare confidenza ad estranei era pericoloso ma non potevamo chiuderci nella gabbia della paura "Venite sotto la tettoia..vi state bagnando tutto".

Clio 22-10-2015 18.50.37

Raggiunsi i miei uomini che, nonostante l'ora, stavano bevendo al saloon di Armand.
Ma certe norme varranno per le persone normali, non certo per i legionari.
Ordinai una birra a mia volta, e risi con loro.
Quei ragazzi erano la mia famiglia ormai, e nonostante le gerarchie c'era un rapporto fraterno, alla pari.
Mi guardai intorno in cerca di Azelle, ma non la vidi.
Probabilmente non aveva ancora iniziato a lavorare.
E noi abbiamo già iniziato a bere, pensai con un sorriso divertito.
Lei era tutto ciò che restava del mio passato, eravamo scappate insieme, motivi diversi, storie diverse eppure simili, obbiettivi diversi, ma con un patto: la medesima destinazione.
Poi arrivò Tesua e per poco non mi strozzai a quella notizia.
"Un fotografo?" Ridendo.
"Chi può volere pezzi di ricambio decenti, attrezzature e armi nuove quando può avere un fotografo, dopotutto.." Ridendo.

Marwel 22-10-2015 18.55.11

La suora accettò e le fece strada guidandola nei corridoi dell'ospedale. Non le dava fastidio l'odore del cloroformio, ne quello dei vari disinfettanti utilizzati la dentro, in realtà le era tutto molto familiare avendo passato svariati giorni la dentro quando suo cugino si era ammalato. A quei tempi era soltanto una bambina e non c'era la guerra, i medici pullulavano e le infermiere erano dolci e gentili con lei. Ciò che le infastidiva le narici era l'odore di morte e quel che la incupiva maggiormente erano i lamenti dei feriti e i pianti disperati delle giovani donne.
Osservava come le poche infermiere rimaste fossero fredde nel dare la maledetta notizia alle famiglie e come invece fosse caldo e soffocante il dolore provato dalle madri e dalle mogli, tanto da piegarle e far loro battere le ginocchia sul pavimento gelido.
Osservava come la schiena retta dei molti padri andava man mano ingobbendosi nel tentativo di risollevare le proprie donne.
Venne distratta dal cigolio di una porta che si apriva davanti a se e dal suono della voce della suora che annunciava il suo arrivo al medico.
Entrò quasi in punta di piedi, come se avesse il timore di svegliare qualcuno, poi, quando il suo sguardo si posò sul medico, ella rimase interdetta un secondo, poichè non si aspettava un uomo tanto giovane.
In altre occasioni l'avrebbe trovato bello e interessante, ma in quel momento nulla la distraeva dal pensiero di dover sotterrare i suoi bambini se non avesse agito immediatamente.
"Mi dispiace disturbarvi Dottore, ma so che voi avete visitato Benjamin e volevo chiedervi se il suo male è contagioso, poichè ho altri undici bambini che attendono il mio ritorno all'orfanotrofio e non vorrei mettere a rischio la loro salute."

Guisgard 22-10-2015 19.07.24

“Evangelia...” disse ad un tratto un uomo seduto accanto a Gwen, dopo aver gettato uno sguardo alla pagina che leggeva la ragazza “... siete forse un'infermiera? Lasciate perdere quell'annuncio, datemi retta.” Scuotendo il capo. “Evangelia è un luogo solitario, abbandonato in una zona desolata. C'è un motivo per cui ci mandano i mercenari, no? E sapete che gente sono i legionari? La peggiore che si possa incontrare. Criminali, rinnegati ed avventurieri senza scrupoli. Insomma, la feccia dell'umanità. Volete davvero finire laggiù? Guardate che l'annuncio parla della base militare... sareste dunque un'infermiera a diretto contatto con quei balordi...”

Guisgard 22-10-2015 19.15.15

Quei discorsi non avevano fatto altro che deprimere Dacey.
Il mondo sembrava sull'orlo del collasso e nessuno luogo appariva così sicuro.
Dove poteva fuggire?
Quale angolo di Afralignone l'avrebbe protetta contro i demoni che giungevano dal suo passato?
Ad un tratto il treno fischiò e poi cominciò a rallentare.
“Ehi...” disse uno dei passeggeri “... cosa accade? Perchè ci stiamo fermando?”
E a bordo della vettura cominciò a serpeggiare inquietudine.

Lady Gwen 22-10-2015 19.16.12

"Sí" sorridendo e rispondendo all'uomo.
Ascoltai le sue parole sospirai appena.
"Lo so e avete ragione. Tuttavia non possiamo rifuggire una realtá oggettiva, per quanto disastrosa, per sempre. E poi, avreste il coraggio di sottrarvi di fronte ad una richiesta di aiuto?" guardando l'uomo negli occhi.

Guisgard 22-10-2015 19.16.47

Il giovane uomo annuì e raggiunse Altea sotto la tettoia.
“In verità” disse agitando i capelli bagnati “non è male godersi l'acqua sulla pelle, sapete? Magari sarà un fenomeno raro prossimamente. Che cada acqua dal cielo intendo.” Ridendo piano. “Si, perchè da quanto si dice in giro non passerà molto tempo che Canabias verrà a bombardarci. E allora cadrà fuoco sulle nostre teste.” Facendole l'occhiolino. “Certo che sono di Cherval.” Annuì. “Voi piuttosto, di dove siete che non vi ho mai veduta? O essere invisibile è un'altra vostra prerogativa, come quella di poter passeggiare nel bosco senza dar conto ad alcuno?” Sarcastico.

Guisgard 22-10-2015 19.19.01

“Già...” disse Tesua a Clio.
“Quel fotografo” fece Brizz “ci chiederà di metterci in posa, magari davanti al nostro aereo o all'interno dell'abitacolo, facendoci assumere pose idiote da spedire poi ad Afralignone per far scrivere novelle e poesie dedicate a sdolcinate verginelle in odore di sospiri e sogni...” bevendo.
“Ehi, sai che sei un poeta?” Fissandolo Aburn. “Io non ci ho capito nulla, ma parli davvero bene.”
Tutti risero.
“Calma, ragazzi...” mormorò Tesua “... quel fotografo è qui con un incarico ufficiale... mancargli di rispetto può farvi finire in gattabuia.”
“Splendido!” Esclamò Watary.
Ad un tratto un sibilo.
Prima lontano, poi sempre più forte.
“Ehi...” Watary “... sembra che qualcuno stia precipitando... ed abbia scelto la nostra base per farlo...”
“Andiamo a vedere...” alzandosi Tesua.

Dacey Starklan 22-10-2015 19.20.03

Sospirai sempre più pensierosa, mentre quegli uomini continuavano. Avrei voluto intervenire per scoprire qualcosa di più ma temevo di insospettirli con il mio intervento per cui restai zitta. Almeno fino a quando il treno non si fermò di colpo, senza preavviso. Sentii il cuore in gola in quel momento, come quando la porta della cantina si era aperta facendo entrare i rivoltosi.

Mi strinsi ancora di più nel mio cappotto, abbassando per bene il mio cappello sul viso.

Guisgard 22-10-2015 19.23.02

“Il piccolo Benjamin” disse il medico a Marwel “non è infettivo. E' solo malnutrito. La febbre, come la peste nell'antichità, arriva per indebolimento dell'organismo.” La fissò. “Vi avrei preso per sua sorella, non certo per sua madre data la vostra giovane età...” sorridendo “... ma poi avete parlato dell'orfanotrofio ed ho compreso... perchè non andate via? Questo luogo non ha futuro... lo sanno tutti, anche il governo... per questo non invia truppe regolari, ma affida le sorti di queste frontiere ai legionari... io aspetto la chiamata a breve... voglio lavorare in una grande città... qui c'è solo morte...”
“Non è degno per un medico parlare così.” Tornando Suor Ologna. “Comprendo le vostre ambizioni, ma fino a quando resterete qui vi prego di dedicarvi anima e corpo a questa gente. Quanto ai legionari, dottore, non sono peggiori di tanti, come voi, giunti qui perchè pagati.”
“Vi chiedo scusa, sorella.” Mestamente il medico.

Clio 22-10-2015 19.23.19

"Beh, magari diventerete il sogno proibito di qualche dama annoiata.." Risi, divertita, per poi farmi subito seria.
"Però Tesua ha ragione, non possiamo creare guai al fotografo, al massimo ignorarlo il più possibile, vedrete che se ne andrà in pochi giorni... In pochi sopravvivono ad Evangelia.." Sospirai.
Poi quel sibilo, prima lontano poi sempre più vicino.
Trasalii e seguii gli altri fiori.
"Andiamo a vedere..".

Altea 22-10-2015 19.25.17

A quelle parole trasalii...le bombe e il fuoco di Canabias sarebbe venuto a distruggere Cherval..era quello che tutti pensavano e sospirai.
Ma lo stupore fu quando mi disse non sapeva chi fossi, ma nemmeno io sapevo nulla di lui...non sembrava un ragazzo cattivo.
"Sono di Cherval pure io..forse..frequentiamo...posti diversi" deglutii. Non sapevo se fuggire o meno..mi sarei imbrogliata con le mie stesse mani? "Sono la duchessa..Altea...voi chi siete? Di cosa vi occupate qui nel ducato?".

Marwel 22-10-2015 19.35.06

Andarsene da Evangelia? per andare dove? per fare cosa? chiedere aiuto a chi? la suora lo aveva ripreso, ma a parer suo non con tutte le ragioni. Sicuramente, se non avesse avuto l'orfanotrofio, Marwel non si sarebbe trovata in quella città dimenticata da Dio e dagli angeli, ma aveva tra le mani la vita innocente di dodici bambini e non poteva semplicemente fare un fagotto e andarsene.
"Ma se anche voi, Dottore, andaste via di qua, che cosa ne sarebbe dell'ospedale? dei feriti? dei bambini malati? credo che sia più coraggioso restare e aiutare che andarsene, fuggire..." quelle parole le uscirono dalle labbra quasi in un sussurro e come se non volesse farne uscire altre si portò le dita alla bocca e sfiorò la sua pelle.
"Siete giovane e ambizioso, ma non credete che passereste comunque la vita a fuggire? la guerra è ovunque, tanto vale rimanere dove c'è più bisogno di voi."
Arrossì. Era certa che dietro alle proprie parole c'era una semplice supplica, quella di non abbandonare la città al proprio destino, di non abbandonare gli uomini e le donne fragili, di non lasciare indietro i bambini.
"In cuor mio spero che quella chiamata per voi non arrivi mai" disse guardandolo con occhi cupi. Sorrise alla suora e continuò "ora devo andare. I miei bambini mi aspettano e hanno bisogno delle mie cure. Arrivederci Dottore."

Guisgard 23-10-2015 00.09.11

Gwen non terminò neanche di parlare che il treno fischiò, per poi cominciare a rallentare.
Rallentare fino a fermarsi.
Allora a bordo cominciò a serpeggiare inquietudine e paura.
Anche Dacey avvertì la paura.
Lei più degli altri.
Si strinse così nel suo mantello, mentre antichi fantasmi cominciarono ad emergere dal suo passato.
Il controllore allora prese a camminare velocemente verso una delle porte.
“Controllore...” disse uno dei passeggeri “... ma cosa succede? Perchè ci siamo fermati?”
“State calmi, signori.” Rispose il controllore.
Le porte del Meridian Express si aprirono e sul treno salirono alcuni militari.
“Cosa accade?” Domandò il controllore.
“Abbiamo informazioni che su questo treno viaggi qualcuno accusato di alto tradimento verso il governo ed il popolo di Canabias.” Rivelò uno dei militari. “Dobbiamo controllare i viaggiatori.”
“Si, certo...” annuì il controllore.

Guisgard 23-10-2015 00.14.21

Quel sibilo che all'improvviso divenne assordante.
Allora Clio e gli altri corsero fuori.
Videro così uno dei loro aerei che scendeva in picchiata sulla pista d'atterraggio.
“Credo abbia uno degli alettoni in fiamme...” disse Watary, indicando l'aereo.
“E' l'aereo di Pintos!” Esclamò Tesua.
L'aereo finalmente toccò il suolo, ma una delle ruote si spezzò a causa degli sbandamenti causati dall'alettone danneggiato.
L'atterraggio diventò allora quasi drammatico e solo una manovra al limite del pilota evitò una tragedia.
Alla fine l'aereo, con un po' di fortuna, riuscì a fermarsi, sebbene il suo motore cominciasse a fumare.
http://www.impdb.org/images/0/03/Fly...-in-flames.jpg

Lady Gwen 23-10-2015 00.16.35

Non finii nemmeno di parlare, che il treno rallentó fino a fermarsi.
"Ma che succede?" dissi istintiva,ente.
Poi il controllore inizió a camminare nervosamente per il treno e sentii che dei militari cetcavano qualcuno accusato di alto tradimento e dovevano controllare i passeggeri.
Sospirai di sollievo. Almeno ero sicura che non stessero cercando me.

Guisgard 23-10-2015 00.17.57

“Ad Afralignone la guerra non arriverà.” Disse il giovane medico a Marwel. “E' destinata a restare in queste lande. Datemi retta... siete giovane e bella, lasciate dunque questo luogo.”
“Vi ringrazio, dottore.” Intervenne Suora Ologna. “Ora sono certa che tornerete ad occuparvi dei nostri malati.”
“Si, sorella.” Annuì il medico. “Arrivederci.” Sorridendo poi a Marwel. “Spero di rivedervi presto. Potrete vedere il piccolo Benjamin domattina.” E andò via.
Anche Marwel allora andò via, tornando dai suoi orfanelli.
E trovò ad attenderla sulla porta di casa la piccola Betty.
“Mamma...” sorridendo alla ragazza che tornava “... ti aspettavamo... come sta Benjamin?”
In quel momento, dall'uscio, apparve anche un altro orfanello.
Era il piccolo Oliver.
“Mamma...” fissando Marwel “... ci avevi promesso di farci vedere uno degli aerei... ricordi?”


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