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A Dio piacendo lo scopriremo presto, milady ;)
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Le avventure di Ardea sono sempre affascinanti, e ora finalmente è vicino alla sua amata.
Che dire, facciamo il tifo per il nostro eroe, perché riesca a conquistare il cuore della bella. ;) |
"Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore." (William Shakespeare, Amleto) “Se un giorno giungesse nel regno qualcuno natio di una terra lontana ed ignota” disse Ardea avvicinandosi a Cramelide “allora, per farsi intendere, adotterebbe un linguaggio universale, capace di essere compreso da ogni uomo o donna di questo mondo.” Sorridendo alla ragazza. “Probabilmente così gli dei in passato parlavano ai mortali.” “Esiste dunque un tale linguaggio?” Voltandosi Cramelide e cancellando il cuore disegnato sul terreno. “Se si, allora di certo è stato dimenticato dagli uomini, visto che oggi è così difficile parlare agli altri.” “Dimenticato dalla mente, ma comunque ancora vivo in noi.” Mormorò Ardea. “Non credo.” scuotendo appena la testa lei. “Eppure” fece lui “avete appena disegnato e poi cancellato uno di quegli immortali segni.” “Davvero?” Stupita Cramelide. “Si...” annuì il cavaliere “... quel cuore... non appartiene forse ad un linguaggio universale? Capace di essere compreso da tutti?” “Era solo uno sciocco disegno...” “Un cuore non è mai sciocco...” “Siete un poeta abbigliato da cavaliere dunque?” Fissandolo lei. “Come Tristano?” “Si, come Tristano...” sorridendo di nuovo lui “... e come l'eroe di Cornovaglia sono in cerca...” “Di cosa?” “Di Isotta, naturalmente.” “Già, risposta ovvia.” Sorridendo per un attimo lei. “Non esistono risposte ovvie.” “Tristano cerca Isotta.” Disse la ragazza. “E non vi è nulla di ovvio in ciò.” “A me pare di si.” “Cercare l'Amore non è mai ovvio, scontato, comune.” Guardandola il cavaliere. “Infatti, nei poemi nessun eroe che cerca la sua amata compie il medesimo cammino di un altro eroe. Perchè Amore batte infinite strade. Ed ognuna di quelle strade è unica. Come la donna che attende l'eroe alla fine di quel cammino.” “Forse allora siete un filosofo.” Ardea rise. “Sono solo un cavalier errante.” Disse poi. “Dunque viaggiate molto” fece Cramelide “e di certo avete visto molte terre.” “In verità” non volendo mentire lui neanche su cose insignificanti “non sono mai uscito da questo reame.” “Vi prendete gioco di me, cavaliere.” Lui la fissò. “Un cavalier errante è così chiamato” continuò lei “perchè appunto vaga di terra in terra.” “Un cavalier errante” spiegò Ardea “è solo un uomo che cerca...” “Già, la vostra Isotta.” Fissando il cielo Cramelide. “Magari non è Isotta...” Lei non rispose nulla. “Magari è altro...” aggiunse il Taddeide “... un castello, una città, un feudo o un regno... oppure un tesoro, un'arma magica, un cavallo fatato o il modo per sciogliere un oscuro incanto...” “Siete abile nel parlare, messere.” Accennando un lieve sorrise lei. “O forse, chissà, una donna...” “Allora vi auguro di trovarla, cavaliere.” Tornando a mirare le stelle la ragazza. “Sono certa sarà molto fortunata.” “Forse voi attendevate qualcuno ed io sono un importuno...” alzando anche il cavaliere gli occhi verso il firmamento. “Affatto.” Rispose Cramelide. “Ero qui a godermi questa dolce sera prima di ritirarmi.” “Quel disegno dunque era dedicato a qualche stella?” Abbassando Ardea lo sguardo sul cuore cancellato. “Magari a quelle della costellazione di Orione, sacra agli Egizi... o a qualcuna che illumina l'Orsa Maggiore, cara ai guerrieri... o chissà, forse a qualche astro che brilla tra Perseo ed Andromeda, tanto amate dagli innamorati...” “Andromeda fu fortunata...” a capo chino la ragazza “... amò e fu amata da Perseo ed infine divennero entrambi stelle... ma i miti non sono mai reali...” “Eppure” avvicinando Ardea la mano al viso di lei, facendo si che alzasse i suoi occhi chiari verso quelli azzurri di lui “io non ho mai letto nulla di irrealizzabile in uno di quei miti.” “Credete che si possa scendere nell'Oltretomba per riavere chi si ama come fece Orfeo con Euridice? O essere salvate da un destino di morte come accadde ad Andromeda con l'arrivo di Perseo?” “Si...” lieve Ardea. “Ahimè, cavaliere...” alzandosi lei “... allora siete davvero un poeta, un sognatore o forse solo un folle... vi auguro una buona notte...” incamminandosi verso una porta. “Un poeta, un sognatore, un folle...” Ardea a Cramelide “... o qualcuno che incarna tutti e tre... un innamorato...” A quelle parole del cavaliere, la ragazza si fermò, girandosi verso di lui. http://40.media.tumblr.com/9590e519e...vm7ao1_500.jpg |
Che gioia..finalmente l' incontro tra Ardea e Cramelide..e chissà se finalmente si dichiareranno Amore.
Di una cosa è certa..questo pezzo di racconto fa sognare e permettetemi milord, al vostro verso di Shakespere di aggiungere questo, da me amato e forse fatto per questa storia... "Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro si allontana... Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai... Amore non muta in poche ore o settimane ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio..." Shakespeare. |
Che meravigliosa scena ci avete donato, milord.. dolce, delicata, appassionata, sognante.
Eh.. non vedo l'ora di leggerne un'altra. ;) Lady Altea, anche io adoro quel sonetto. :smile: |
“In cambio, Ser Lancillotto amava sia il re, sia la regina, e giurò di dedicare la propria prodezza di cavaliere al servigio di Ginevra per tutta la vita.”
(John Steinbeck, Le gesta di Re Artù e dei suoi nobili cavalieri) “Ma voi...” disse Cramelide fissando negli occhi Ardea “... voi, chi siete veramente?” “Sono le stesse parole che Andromeda rivolse a Perseo” rispose il cavaliere “quando lui raggiunse la roccia dove lei era stata incatenata per essere sacrificata al mostro marino.” “E lui cosa rispose?” “Fidati di me...” mormorò lui, con gli occhi in quelli di lei “... qualsiasi cosa accadrà chiudi gli occhi e riaprili solo quando sentirai la mia voce che ti dirà di farlo...” “Siete abile con le parole, ve l'ho già detto...” piano la ragazza “... dovreste scegliere una delle tante e belle dame che ci sono qui ad Acerna e dedicarle versi e racconti...” “Un poeta” disse Ardea “ha scritto... io non credo agli uomini che scelgono l'Amore, ma solo all'Amore che sceglie gli uomini...” “Mi parlate di miti, di poeti...” replicò lei “... ma la realtà è diversa... il mondo non è fatto di versi e di romanzi, ma di obblighi, doveri, sacrifici...” “Amare dunque non è un obbligo? Un dovere? Un sacrificio?” Sorridendo appena lui. “Pensavo che amare fosse una cosa bella...” a bassa voce lei. “E lo è.” Annuì il cavaliere. “Ma bisogna meritarselo. Amare è un dono, un privilegio e va conquistato. Richiede l'obbligo di essere messo davanti a tutto. Impone il dovere di battersi per raggiungerlo. Ed esige sacrifici per essere conquistato.” “Stasera la Luna è particolarmente bella, sebbene malinconica” sorridendo anche la ragazza “e le stelle sembrano piangere così fisse nel loro eterno scintillio... e le vostre parole sono perfette per queste scenario, cavaliere...” era però un sorriso malinconico “... tenetele per voi, vi prego... dette a me sarebbero sprecate... di nuovo buonanotte...” e fece per andar via. “Aspettate!” Prendendo lui la mano di lei. “Aspettate, vi prego!” “Lasciatemi andare...” voltandosi di nuovo la ragazza “... non sta bene trattenere una dama...” “So tutto.” “Tutto?” “Si, tutto!” Deciso il cavaliere. “Non comprendo...” “Vostro fratello mi ha raccontato tutto.” “Ma...” tentò lei. “So tutto e non mi spaventa.” “Andate via, vi prego...” “Vi amo.” “Siete davvero un folle...” “Si.” “Andate via.” “Cramelide...” “Dimenticate il mio nome.” Scostandosi lei. “Buonanotte.” E corse via, lasciandolo solo nel silenzio di quell'inquieta notte. Con i suoi sogni ed i suoi fantasmi. http://p3.storage.canalblog.com/33/7...15/5508927.jpg |
Cramelide è già innamorata di Ardea...eppure non vuole che egli sia disposto ad aiutarla, addirittura sarebbe capace di rinunciare a lui dicendogli di scegliere una altra donna pur di non metterlo in pericolo...attendo il proseguio ;).
Avete ragione...amore non è solo gioia ma sofferenza e patimento anche se questa è una visione pura del Romanticismo ma unica da far sognare. P.S. Ardea è davvero bello in questa immagine :smile:;) |
Lady Altea, vi confesserò che il leggendario Ardea era molto più bello di quanto questa immagine potrà mai raffigurarlo.
Non a caso il sottoscritto è un suo discendente... ;) |
Oh che bello questo capitolo, quanta dolcezza, quante emozioni sussurrate..
persino dalla scrittura si potevano sentire i battiti dei loro cuori. |
Citazione:
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"Il triste corvo del malaugurio col suo cavernoso gracchiare predice allo sconfitto il transito della disfatta con le sue ali di tenebra."
(Antica tragedia) Quella notte trascorse lunga, inquieta, tormentata. Le stelle attraversavano silenziose e scintillanti il firmamento rischiarato da una lieve e fresca brezza, dove persino il pallore lunare appariva distante, enigmatico e cupo nella sua misteriosa ed etera bellezza. Ardea passeggiò a lungo in quel luogo, tra i fiori, gli alberi e le murature consumate. L'eco della voce di Cramelide era ancora vivo ed ogni parte di quel posto sembrava esserne intrisa. Il cavaliere interrogò a lungo le stelle, con il loro immutabile ed eterno corso, poi la Luna, muta e meravigliosa, senza tuttavia riuscire ad ammansire i fantasmi che albergavano nel suo cuore. Sentiva una profonda malinconia dopo aver parlato con quella ragazza. Un senso di tristezza ora divenuto come una avvilente solitudine. Erano emozioni forti, indecifrabili che lo percuotevano, senza che egli riuscisse a domarle o anche solo a comprenderle fino in fondo. E così fino all'aurora, che con le sue rosate e delicate dita giunse a tingere il cielo, rischiarandolo e liberandolo dagli spettri che dimorano nelle tenebre. E solo allora, solo con i primi bagliori del giorno, Ardea, stanco, cadde addormentato presso un basso muretto tra le aiuole. Ma il suo sonno, già leggero e guardingo per natura, si ruppe all'istante quando delle grida echeggiarono nel castello. Erano voci confuse, accavallate, che si rincorrevano, rimbombando per il maniero. Provenivano da alcuni servitori. Qualcuno chiamava il barone, qualcuno altro invece invocava il Cielo. Altri poi maledivano Acerna ed il suo sfortunato popolo, altri ancora invece piangevano e basta. Ardea, destato e preoccupato da ciò, corse a vedere di cosa si trattasse. Quei servi correvano gridando, rendendo quasi impossibile comprendere la loro disperazione. “Tu...” disse il Taddeide, una volta riuscito ad afferrare per la tunica uno di quei disperati “... cosa accade? Perchè gridate e piangete così?” “E' la fine!” Gridò il servo, dimenandosi. “E' la fine di Acerna e di tutti noi!” “Perchè?” Urlò Ardea. “Perchè? Parla, miserabile!” “E' la fine!” Ancora il servo. “Parla!” Strattonandolo il cavaliere. Ma l'altro, in preda a quell'innaturale disperazione, simile ad una inumana follia, si dimenava come un ossesso. E più Ardea lo strattonava per indurlo a parlare, più quello si agitava per liberarsi. Ed alla fine la sua folle disperazione ebbe la meglio, riuscendolo a liberare dalla morsa del cavaliere. Ardea lo vide correre via, nella confusione e disperazione generale, senza riuscire a comprendere nulla. “Ardea!” Lo chiamò Biago. E con lui vi era anche Giaccos. “Cosa sta succedendo?” Domandò ai due il cavaliere. “Acerna è come impazzita!” Esclamò Biago. “Perchè?” Fidssandoli Ardea. “Perchè il drago ha chiesto un tributo ancora più alto.” Disse Giaccos. “Ossia?” A lui il Taddeide. “Non solo una vergine” svelò il figlio del barone “ma anche quattro fanciulli e quattro fanciulle. Otto e vergini.” http://www.ka-bloom.org/gallerie/alb...vd_cap0096.jpg |
Ardea muto e silenzioso nella notte...ha un fascino particolare. Ma sono certa egli non temeva la solitudine, a volte la solitudine e il silenzio sono i migliori consiglieri e coloro che aiutano a svelare i propri sogni.
Ma il Male pretende sempre più vittime...vedremo se Ardea saprà salvare Acerna. Grazie milord :smile: |
Invece, milady, persino il leggendario Ardea temeva la solitudine.
Tutti gli uomini la temono, poichè l'uomo non è nato per la solitudine. Ed infatti, voi che ben conoscete ormai le saghe Capomazdesi, i suoi discendenti, i nobili Taddei, proprio alla solitudine più oscura ed inumana sono stati condannati dalla terribile maledizione che da secoli li perseguita. |
Citazione:
E forse avete ragione, la solitudine a volte porta pure a cambiare e sbagliare, ma mi auguro non sia il caso di Ardea :smile: |
"Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l’innocente." (Salmo 10) Quelle parole di Giaccos fecero impallidire Ardea. Un tributo di morte ed un lutto innaturale stavano per macchiare inevitabilmente Acerna. “E' assurdo...” disse il Taddeide quasi scioccato “... nessuno può accettare mai un simile tributo... è contro natura e soprattutto è contro Dio!” “Mio padre” fece Giaccos “non ha altra scelta...” chinando il capo per un istante, rialzandolo poi un attimo dopo, con fierezza nel difendere le scelte paterne “... è disposto a sacrificare anche la sua amata figlia per salvare Acerna... e il nuovo tributo imposto da quella dannata bestia non cambia di molto le cose...” “Non cambia le cose?” Con rabbia il cavaliere. “Una vittima o otto o nove...” guardandolo Giaccos “... in cambio dell'intera popolazione... è forse da biasimare mio padre?” Ardea abbassò lo sguardo ed annuì. “Nessuno credo possa biasimarlo...” mormorò poi il Taddeide “... nessuno... nessuno a questo mondo...” “Cosa facciamo?” Chiese Biago. “Nessuno può far nulla ormai.” Scuotendo il capo Giaccos. “Si, credo sia così...” mestamente lo scudiero. “Io non resterò con le mani in mano!” Esclamò Ardea. “Cosa vorresti fare?” Fissandolo Biago. “Liberare Acerna e le Cinque Vie da quel dannato mostro!” Deciso il cavaliere. “Non c'è posto a questo mondo per quel maledetto drago!” “Ma neanche il duca è mai riuscito ad ucciderlo!” Allarmato lo scudiero. “Io ci riuscirò.” Portando Ardea la mano sull'elsa di Parusia. Ma proprio in quel momento si udì il triste suono di flauti ed il funereo rintocco delle campane. I tre corsero allora ad una delle bifore, in quanto ciò che avevano sentito proveniva da fuori. E videro così una scena simile al peggior presagio di morte. Un corteo di damigelle e valletti, tutti vestiti di nero, guidavano l'incedere di Cramelide seduta in sella ad un cavallo, anch'esso bardato a lutto, mentre i quattro fanciulli e le quattro fanciulle, tutti abbigliati allo stesso modo delle damigelle e dei valletti, chiudevano la processione. Poco più indietro alcuni soldati circondavano un carro con sopra nove bare bianche. E a quella scena, Ardea fu sul punto di saltare giù dalla finestra, per raggiungere l'amata Cramelide. Solo l'intervento di Biago e di Giaccos, che lo bloccarono a fatica, salvò la vita dell'indomito cavaliere. I tre così, con Ardea che si dimenava per liberarsi dalla presa del suo scudiero e del figlio del barone, videro uscire quel triste corteo dalla città, avvolto dal pianto e dalle preghiere della gente. Ed anche Giaccos, a vedere sua sorella diretta a quel mostruoso olocausto, pianse amaramente. http://mimg.ugo.com/201105/3/5/6/191...-eva-green.jpg |
A dire il vero in questo pezzo vedo risaltare il coraggio silenzioso di Cramelide, ella è una damigella romantica ma forte..chissà quali pensieri nella sua mente mentre si apprestava alla morte uniti a quelli di Ardea.
Ma Ardea ha ragione...l' unico modo è sconfiggere la bestia che vuole il suo tributo di sangue o ci saranno sempre delle vittime. E sono certa lotterà con Ardore per salvare la sua amata ;) |
Giustissima e romantica osservazione, lady Altea.
Cramelide è la vera protagonista di questo passo. Quanto al nostro Ardea, beh, mi sembra interessante notare di come sin dagli albori i nobili Taddei abbiano nutrito una fortissima antipatia verso i draghi :smile_lol: |
Citazione:
Ad ogni modo aspetto, con ansia, di leggere il Destino della bella dama....:smile: |
"Il malvagio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti." (Salmo 37) La saletta era avvolta da una silenziosa penombra, mentre da una piccola finestra socchiusa, a fatica, penetravano i mesti bagliori di quel triste meriggio. I tre stavano in silenzio, ciascuno con un atteggiamento diverso, come in balia di una sconfinata disperazione. Biago era in piedi, con le spalle addossate alla parete e lo sguardo perso nel vuoto. Giaccos invece era seduto su un basso sgabello di legno, con il capo chino e le mani sul volto, ormai senza più lacrime da versare per sua sorella. Tante infatti ne aveva versate fino a quella miserabile ora. Ardea, infine, era accanto alla finestra, con le mani che cercavano quasi di afferrare i sottili raggi di luce attraverso la leggera tendina, come a voler cercare segni da decifrare in quella tragica situazione. “Giaccos...” disse voltandosi verso il figlio del barone “... dove si trova la tana di quel mostro?” “Perchè?” Guardandolo il giovane. “Dimmelo.” “Il Gorgo del Lagno?” Turbato Giaccos. “Si.” Annuì il Taddeide. “Cosa vorresti fare?” Intervenne Biago. “Taci, Biago.” Con un gesto della mano il cavaliere. “Giaccos, dimmelo.” “Oltre l'estremità del bosco conosciuto...” svelò Giaccos “... ma nessuno ora può più giungervi.” “Perchè mai?” Domandò Ardea. “Perchè i soldati impediscono di giungervi.” Spiegò il figlio del barone. “Nessuno può attraversare quella strada fino alla...” “Alla?” Ripetè il Taddeide. “Alla conclusione del sacrificio...” tornando a piangere Giaccos. “Cercare di forzare quel blocco” disse Biago “equivale a sfidare l'intero esercito baronale, giusto?” “Si...” in lacrime Giaccos. “Non vi è un'altra strada?” Avvicinandosi Ardea al giovane. “Dimmelo, ti prego... se tieni a tua sorella la metà di quanto ci tengo io, allora, in Nome del Cielo, dimmelo...” “Mia sorella...” alzando lo sguardo sul cavaliere l'altro “... allora...” “Si...” fece Ardea “... si e darei la vita per lei...” “E' un suicidio...” mormorò Giaccos. “Preferisco morire con lei” replicò il Taddeide “che continuare a vivere senza più tua sorella.” “C'è solo un altro modo per raggiungere il Gorgo del Lagno...” fissandolo Giaccos. “Quale?” “Risalire il Lagno...” rispose il giovane “... ma è una via difficile, angusta, pericolosa...” “Descrivi quel passaggio” sorridendo Ardea “ed io partirò stanotte stessa.” Giaccos annuì. Il Taddeide allora guardò di nuovo la luce che filtrava dalla tenda, poi, nel voltarsi, incrociò lo sguardo di Biago. “Puoi dirmi di tacere” guardandolo lo scudiero “ma non trattarmi mai più come se tutto questo non mi riguardasse. Sono stato con te fianco a fianco in ogni Questione e ho il diritto, se Dio vorrà, di morire con te in questa.” Ardea non disse nulla e abbracciò stretto il suo fraterno compagno. Tutto ciò mentre su Acerna si alzava il lamento dei suoi abitanti. https://lh3.googleusercontent.com/-T...800/122706.jpg |
Questi ultimi capitoli sono sempre più emozionanti, Milord, questa questione non è affatto come le altre.
Sono sicura che Ardea riuscirà a salvare la sua amata, e a conquistare il suo cuore. E comunque... Biagio è sempre stupendo. Anche i grandi eroi come il nostro Ardea hanno bisogno del sostegno fraterno di un amico. ;) Attendo impaziente di scoprire cosa escogiterà il nostro eroe per sconfiggere il macabro mostro. |
Due Amori diversi eppure forti...quello disperato di un Fratello per la Sorella tanto amata e quello passionale e romantico di Ardea uniti per uno stesso fine: salvare Cramelide.
Sono certa Ardea ce la farà...l' Amore Vero fa compiere le azioni e conquiste più forti. |
“Con il dilagare dell'oscurità, alcune specie si dileguarono e altre ne presero il posto, il cambio del turno nella struttura del mondo.”
(John Steinbeck, Le gesta di Re Artù e dei suoi nobili cavalieri) La notte. Profonda, enigmatica, inaccessibile. Attraversata dal silenzio e dalle tenebre, dimora di spettri e demoni, di debolezze, paure e tentazioni. La città sembrava sprofondata in un sonno innaturale, in balia della vastità del bosco, spettrale e ancestrale, che l'avvolgeva come un mare sterminato ed informe fino tutt'intorno le sue antiche mura. E in quel mondo incantato e remoto due figure, animate dal vago pallore lunare, si muovevano guardinghe e furtive mentre attraversavano le mura da una porta laterale e poco sorvegliata. In un attimo sembrarono così lasciare il mondo dei vivi per quello dei morti. La porta si richiuse alle loro spalle e non vi fu altro intorno a loro che quel bosco abissale e assoluto. Ardea si segnò tre volte e segnò allo stesso modo il suo fedele Arante. Poi, con Biago si incamminarono in quel mondo primordiale e misterioso. Raggiunsero il corso del Lago, che dalla notte dei tempi attraversa queste lande e sulle cui acque è giunta la civiltà, fino poi a risalirlo cavalcando parallelamente al suo fangoso argine. Solo la Luna illuminava con lo suo magico ed incantato alone il loro cammino, quasi fosse l'unica alleata che avessero in quella notte. E nell'attraversare quei tratti, al cavaliere ed al suo scudiero parve di oltrepassare un modo stregato, in cui antiche ed innaturali forze vi si trovavano. Versi, urli, grugniti, echi, sibili e altri suoni sinistri lambivano la spettrale atmosfera di quel luogo. Fino a quando arrivati ad un piccolo ponticello in rovina, sospeso tra le due sponde del Lagno, varcandolo una alla volta dall'altra parte vi trovarono un barcaiolo. Ed egli pareva quasi attenderli. “Ci porterà dall'altra parte...” disse Ardea a Biago. “Cosa ci sarà dall'altra parte?” Chiese titubante Biago. “La morte.” Rispose il cavaliere. “La morte?” Ripetè lo scudiero. “Si...” annuì il Taddeide “... la nostra o quella dell'orrore che da troppo tempo dimora in queste terre...” Fece poi un cenno col capo a Biago e i due si avvicinarono al barcaiolo. https://cattivipensieri2.files.wordp...ladiothers.jpg |
Questa atmosfera così gotica mi ha affascinato molto.
Quel barcaiolo...si spera non sia un traghettatore di anime verso la morte, bensì di un eroe verso la vittoria. |
Questo capitolo lascia col fiato sospeso...
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"Attento, è notte e un demone ci insegue lungo la strada!"
(Antica canzone Provenzale) Una fitta umidità era calata attorno alla sponda del Lagno, rendendo il paesaggio vago, mutevole e sinistramente enigmatico. La barca galleggiava silenziosa su quello specchio d'acqua putrido, con le leggere increspature che facevano oscillare quella vecchia imbarcazione. Seduto su di essa vi stava una figura alta, magra, dal volto incanutito e la postura curva, avvolta in un lungo mantello consumato. Aveva lunghi capelli grigi ed una folta barba bianca che ne celava non solo i lineamenti, ma anche l'espressione. Solo il suo sguardo, animato da due profondi e penetranti occhi scuri, pareva tradire l'umore di quell'individuo, misto tra l'austero ed il distante. Appena Ardea e Biago si avvicinarono, senza dire nulla il nocchiero allungò la mano scarna e rugosa. “Portateci dall'altra parte...” disse il Taddeide, lasciando una moneta sul palmo del vecchio. E questi, senza proferire parole, portò la moneta alla bocca e la mordicchio, per accertarsi che fosse autentica. Scese allora sulla sponda fangosa e spinse in acqua la barca, che per metà era ferma sull'argine. Era quella un'imbarcazione lunga ed ampia, al punto che oltre i due passeggeri permetteva al barcaiolo di far salire a bordo anche i loro due cavalli. Poco dopo la barca cominciò a scivolare sulle melmose e silenziose acque del lagno. E più avanzava, più le tenebre intorno a loro si infittivano. Come se quel viaggio li stesse facendo scendere nell'Oltretomba. “Vi troveremo al nostro ritorno?” Chiese Ardea. “Per tornare sulla sponda dalla quale siamo giunti?” E il nocchiero, per tutta risposta, si abbandonò ad una stridente risata. Attorno alla sponda che avevano appena lasciato si potevano vedere fitte fila di alberi, i cui rami, come mani che tendevano verso il Cielo, quasi ad implorare pietà ed aiuto, parevano intrecciarsi ed erigere un muro volto a cancellare ciò che si vedeva. Come se quello fosse un confine tra due mondi. E quando la sponda svanì nell'oscurità e nella foschia, solo allora si iniziò ad intravedere quella opposta, quasi che non fosse permesso vederle contemporaneamente. La barca raggiunse infine una piccola insenatura di quell'argine e lì ormeggiò. “Volete essere pagato prima anche per il viaggio di ritorno?” Ardea al barcaiolo e con in mano un'altra moneta. Ma il nocchiero scosse il capo, per poi far cenno ai due passeggeri di scendere insieme ai loro cavalli. E lasciati i due con i loro cavalli, il vecchio rimise il remo in acqua e tornò a scorrere silenzioso sulla tenue corrente del Lagno, fino a svanire, come uno spettro, nel buio circostante e nel silenzio della foschia. Il cavaliere ed il suo scudiero, così, si voltarono verso l'interno della sponda, ritrovandosi ai limiti di una fitta ed oscura foresta. E nell'osservarla, i due compagni sentirono una profonda angoscia ed un'innaturale paura scendere nei loro animi. “Andiamo, Biago...” mormorò Ardea, dopo essere salito in sella al fedele Arante. http://www.sogliaoscura.org/pictures2/foresta00.jpg |
Quel traghettatore non ha voluto i soldi del ritorno, certo della morte di Ardea e Biagio.
Sicuramente li ha sottovalutati, poichè io credo nella vittoria di Ardea...e ora tocca scoprire i misteri di quel Bosco. |
"Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita." (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto I) Ardea e Biago, in sella ai loro cavalli, si allontanarono dalla sponda fangosa del Lagno e si addentrarono sempre più nell'oscuro e sterminato bosco. Una natura primordiale, opprimente e variegata sembrava sorgere e diffondersi in ogni dove, con ampi cespugli, sterpi e rovi che parevano come sbucare ovunque, rincorrendosi e confondendosi ad ogni passo, mentre nodosi tronchi intrecciavano come disegni ancestrali i loro rami frondosi, rendendo impossibile alla luce della Luna riuscire a filtrare e ad illuminare quel luogo. Una vaga ed enigmatica penombra così si diffondeva intorno a loro, con giochi di chiaroscuro sul punto di dar forma a sinistre figure, pronte ad animarsi nel silenzio di quella tetra foschia. Gli zoccoli dei loro cavalli dal melmoso e denso argine del Lagno, giunsero a calpestare arbusti e pietrisco di quel terreno umido ed incerto, con quella lussureggiante vegetazione che man mano avanzavano si apriva per accoglierli, per avvolgerli ed inghiottirli in un mondo di primordiale e sinistra atmosfera. Versi e latrati cominciarono ad echeggiare intorno al cavaliere ed al suo scudiero, prima vaghi e lontani, poi più intensi e vicini. Ad un tratto il fievole sibilo del vento fra le foglie, poi come un lamento basso e leggero. E all'improvviso una voce. Lieve, appena accennata, eppure chiara. Era la voce di uomo. Ardea si fermò un istante ad ascoltarla e la riconobbe. Era quella di suo padre. Suo padre che lo chiamava sofferente, pietoso, come implorante. “Padre...” disse Ardea “... padre, dove sei?” “Ardea...” fissandolo Biago. Ma il cavaliere udì ancora quella voce. “Padre!” Chiamò il Taddeide. “Ardea...” mormorò lo scudiero “... Ardea, è solo il vento... non c'è tuo padre qui...” Il cavaliere lo fissò ed annuì. I due così proseguirono. Avanzarono per un altro tratto, in uno scenario che sembrava non mutare mai, negando la possibilità ai due di capire quanta strada avessero fatto. Poi ancora il sibilo del vento tra le querce immobili come statue pietrificate. E di nuovo Ardea udì qualcosa. Una voce. Lenta, lamentosa. Era quella di Cramelide che lo chiamava. Lo chiamava come se stesse scappando via per quei meandri di oscurità e dannazione. La ragazza correva per il bosco ed in lacrime chiamava il cavaliere. “Cramelide!” Gridò Ardea. “Cramelide! Continua a chiamarmi! Guidami con la tua voce!” “Ardea!” Cercando di farlo ragionare Biago. Ma il Taddeide spronò il suo destriero e galoppò verso la direzione da cui pareva provenire la voce. “Ardea, non è lei!” Urlò Biago, cercando di raggiungerlo. Ma il cavaliere galoppava come senza meta, fino a quando una faina attraversò la sua corsa, proprio mentre la Luna illuminò i suoi occhi feroci. L'animali emanò uno stridulo ed Arante si imbizzarrì. Ardea allora scese di sella e si guardò intorno, in cerca di Cramelide. E fu in quel momento che intravide qualcosa. Come un gioco di riflessi e bagliori tra l'alone lunare e le lucide fogli degli alberi inumidite. Una figura, eterea e spettrale. Una bellissima ragazza in lacrime che tendeva verso di lui le sue braccia aperte. Il Taddeide così tentò di avvicinarsi a lei, muovendo pochi passi verso quella figura. “Ardea, no!” Biago alle sue spalle. Ardea si arrestò di colpo e chinò il capo. Alzò allora lo sguardo ed estrasse rapido Parusia, facendola brillare tra i bagliori lunari, per poi puntarla contro la figura. Ed essa, all'istante, si dissolse nel nulla. “Ardea...” avvicinandosi Biago a lui. “Amico mio...” rimettendo Ardea la spada nel fodero “... le forze del male sono beffarde e crudeli... abbiamo ancora molto cammino da fare ed ardue prove da superare...” E ripresero ad attraversare il bosco con i suoi misteri. http://www.arabeschi.it//uploads/fur.../Fig_2.tif.jpg |
Un natura benevola e nello stesso tempo nemica.
È vero, le forze del Male hanno tentato di toccare, forse, i punti più deboli di Ardea...il ricordo del Padre e l' Amore verso la sua Cramelide. Ma il Cavaliere si è mostrato saldo...sembra la via essere perigliosa per Ardea. |
Eh, cosa farebbe il nostro eroe senza il fido Biagio? ;)
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"Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta, sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso." (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto I) Quando Ardea e Biago ebbero attraversato buona parte del bosco, in lontananza apparve loro un vago bagliore. I due compagni allora affrettarono il passo, cercando di avvicinarsi a quel lontano chiarore. Ma più si avvicinavano, più quel balenio diventava un insieme di folgori che a tratti parevano illuminare a giorno buona parte del bosco. E quando Ardea ed il suo scudiero arrivarono a meno di una lega videro davanti a loro uno spettacolo spaventoso e allo stesso tempo magnifico. Da uno stagno putrido, dal fetore insopportabile, si innalzava una parete rocciosa, simile ad un naturale castello pietrificato da qualche remoto incanto, con antri e spuntoni, attorno ai quali sorgevano fiamme e colonne di fumo nero come la pece. E dal suo interno si udiva un terrificante ruggito di qualche bestia sconosciuta. “Ardea...” disse Biago. “Si...” annuì il Taddeide “... questa deve essere la tana di quella bestia...” Videro allora un basso e consumato ponticello di ciottoli che univa il margine dello stagno con la parete rocciosa. I due fecero così per raggiungere quel luogo, ma i loro cavalli, come spaventati da qualcosa di malefico che infestava quel posto, si rifiutarono di proseguire. Alla fine solo Ardea riuscì a far camminare il suo Arante, mentre Biago dovette arrendersi all'incapacità del suo cavallo di proseguire. Allora lo scudiero si incamminò dietro al cavaliere ed al suo destriero, oltrepassando quel ponte di pietre e ritrovandosi così dall'altra parte, proprio ai piedi di quella infernale parete rocciosa. E quando raggiunsero un grosso antro, che pareva esserne la porta, lo attraversarono avvertendo il calore sempre più intenso che li avvolgeva ed il fetore di quelle acque, di cui quel luogo era bagnato, che quasi li stordiva e sentirono un forte senso di angoscia e disperazione avvolgere i loro animi. “Nessun essere umano” fece Biago “potrebbe vivere a lungo in questo luogo maledetto...” “Già...” guardandosi intorno Ardea “... e forse è l'anticamera degli inferi...” Ma ad un tratto un boato scosse le pareti attorno a loro, liberando fiammate ancor più alte e gettate di vapore più intense. “Chi giunge nella mia tana?” Tuonò una voce grottesca e assurda, come se il suo suono li circondasse. I due però non risposero nulla e continuarono ad avanzare. “Chi giunge a disturbarmi?” Ancora quella voce grossa e terribile. “Sono Ardea de'Taddei...” parlando al fuoco ed al fumo il cavaliere. “Perchè sei giunto nel mio covo?” “Perchè tu hai preso la mia donna...” Ardea con gli occhi fissi tra le folgori. “La donna è mia.” Sentenziò come in un grugnito quella voce. “Nulla qui è tuo” rispose il Taddeide “e neanche questo luogo che hai reso la tua tana...” Una risata allora echeggiò intorno a loro, al punto che le pareti di pietra cominciarono a scricchiolare. Ardea si voltò verso Biago e con un cenno del capo gli fece segno di seguirlo. I due avanzarono ancora, fino a quando il passaggio apparve interrotto da un muro di ciclopiche dimensioni, dalle pietre annerite dai fumi incandescenti che lo avvolgevano. “Credo che dovrò proseguire io solo...” Ardea a Biago. “Da solo?” Turbato lo scudiero. “Si...” avvicinandosi al muro il Taddeide “... mi arrampicherò fino in cima... lassù intravedo come un piccolo antro... tu resta qui e bada ad Arante...” “E' una pazzia andarci da solo...” “Biago, non ho altra scelta.” Al suo scudiero Ardea. “Ardea...” Il cavaliere si voltò a guardarlo. “L'aria fetida appesta questo luogo” continuò Biago “e in breve renderà quasi impossibile respirare... se poi come credo all'interno è ancora più mefitica, allora restandoci troppo a lungo finirà per incenerirti i polmoni...” “Allora dovrò fare in fretta...” per poi sorridere Ardea al suo scudiero, col tentativo di non farlo preoccupare troppo “... aspettami qui... e prega per farci uscire vivi da questo Averno di fuoco...” I due si scambiarono un lungo sguardo, poi il Taddeide prese ad arrampicarsi lungo quel muro di pietra. In breve raggiunse l'estremità ed entrò nel piccolo antro posto in cima. E lì svanì dalla vista di Biago. http://vignette2.wikia.nocookie.net/...20111004074205 |
Questo pezzo mi ricorda molto lo scritto di Chretyen de Troyes nel Cavaliere della Carretta, quando Lancillotto salvò Ginevra.
Mi è piaciuto molto..soprattutto quando con convinzione Ardea asserisce Cramelide è sua. Ora la storia si fa più avvincente. |
La storia si fa sempre più appassionante, mano a mano che il pericolo si avvicina e i sentimenti crescono, rendendo Ardea ancora più eroico.
Perché cosa c'è di più eroico di un uomo che lotta per la propria donna? Attendo, una volta ancora, col fiato sospeso... |
"Si alzò un bagliore d'incendio, fra l'orrore di tutti: non voleva lasciare nulla di vivo, il Nemico volante per l'aria."
(Beowulf, XXXIII) Ardea entrò nel piccolo antro e si calò attraverso uno stretto cunicolo, fino a raggiungere il ventre di quel luogo di pietre, fiamme e fetore. E per proteggersi da quella malsana aria, il cavaliere strappò un lembo del suo mantello e se lo legò attorno al naso ed alla bocca. Così prese ad avanzare, seguendo la forma della cavità davanti a lui. “Quando avrò ucciso i fanciulli” disse di nuovo la terrificante voce udita prima “e spolpato le carni della ragazza, allora carbonizzerò la tua corazza, fino a far bollire le tue membra, fino a farle aprire.” Ardea però non rispose nulla e continuò ad avanzare. E più avanzava, più sentiva l'aria divenire irrespirabile ed un intenso calore avvolgere la sua corazza. Attraversata infine la cavità, il cavaliere, affacciandosi da un basso spuntone roccioso, vide una terribile scena davanti a sé. Una palude di acqua bollente e rocce fuse, da cui si levavano fumi incandescenti e vapori pestilenziali, circondava un basso banco di pietra vulcanica sul quale erano aggrovigliati fra loro per lo spavento e l'orrore i fanciulli portati lì come tributo al drago. E poco più in alto, incatenata ad un blocco di pietra, stava Cramelide, come assopita e stordita per gli effetti di quell'aria pestilenziale, simile ad una vergine offerta al Minotauro. E nel vedere ciò, Ardea sentì il sangue gelare nelle vene. Ma all'improvviso l'acqua della palude infuocata cominciò a scuotersi, come se tutto intorno vibrasse intensamente. I fanciulli, allora, accortisi di ciò, iniziarono a gridare e a stringersi ancor di più gli uni agli altri. Il Taddeide comprese che la bestia aveva avvertito l'odore del suo sangue. Prese così il suo laccio e lanciò la cima verso il blocco su cui era incatenata Cramelide. E si issò poi su, fino a raggiungere la ragazza. “Cramelide...” chinandosi su di lei, cercando di destarla da quella veglia innaturale “... Cramelide, mi senti?” La ragazza aprì gli occhi chiari, arrossati per le esalazioni di quel luogo fetido. “Cramelide... svegliati...” accarezzando il bellissimo viso di lei “... Cramelide, sono io, Ardea...” “Ar... Ardea...” sussurrò lei. “Amore mio, ascoltami...” togliendosi il mantello lui ed adagiandolo poi sotto il capo di lei “... non abbiamo molto tempo...” le pietre tutt'intorno infatti vibravano sempre più “... devi essere forte e coraggiosa...” “Ardea...” mormorò lei. “Ora ascoltami bene...” fece lui “... chiudi gli occhi... e qualunque cosa sentirai, per terribile e terrificante che sia, qualunque cosa avvertirai accadere intorno a te, ti prego, non aprirli... non aprirli fino a quando non sentirai di nuovo la mia voce che ti dirà di farlo... lo farai, Amore mio?” “Si... Ardea...” annuì lei. Lui sorrise ed accarezzò ancora il bellissimo volto della giovane donna. Restò a fissarla per un altro istante, come a voler imprimere quel meraviglioso viso nella sua mente. Un attimo dopo si alzò e si voltò verso la palude incandescente, in attesa di vedere spuntare il terribile drago. Ed infatti, un momento dopo, dalle acque di quella palude, il cavaliere vide alzarsi un'onda infuocata e da essa poi spuntare qualcosa di gigantesco. Un terrificante ed abominevole drago prese forma tra le vampate ardenti e i vapori bollenti. Grosso più di qualsiasi altro animale conosciuto, con la pelle ricoperta da squame lucidissime e taglienti, leggere ed ampie ali da pipistrello, zampe con artigli affilatissimi ed una lunga coda che si muoveva simile ad un infernale serpente. Grosse squame si aprivano per tutto il lungo collo, la schiena, fino all'estremità della coda. Ma ciò che più sconvolgeva era la grande testa, dalle fauci spalancate e le zanne come forgiate in quelle fiamme devastanti, mentre due occhi malvagi, simili a quelli di un rettile, tradivano tutta la ferocia e l'odio che animavano quella belva. E liberatosi dalle acque della palude, il terrificante drago si abbandonò ad un indescrivibile ruggito che fece tremare e scricchiolare le rocce tutt'intorno. https://biblioklept.files.wordpress....1510.jpg?w=739 |
Avete saputo fondere l' irrequietezza e la brutalità di quel luogo e del Male con la bellezza dell' Amore tra Ardea e Cramelide.
Una cosa mi ha colpito di Cramelide...ella si fida di Ardea..ad occhi chiusi e non ha titubanze sull' Amore di lui e sul suo coraggio. Sono certa l' Amore di entrambi sapranno sconfiggere il Male rappresentato dal Drago. |
Da piccolo, milady, quando mi veniva raccontata questa storia, mi colpiva su tutto una cosa.
Non l'orrenda tana del drago, posta nelle mitologiche Sorgenti del Lagno, né il suo aspetto mostruoso. Mi colpiva invece il fatto che non i genitori, i fratelli o gli amici potevano liberare Cramelide, ma solo colui che l'amava. Questo è uno straordinario simbolismo di come il legame fra gli amanti sia il più potente di tutti. Esso infatti non si basa sul sangue, ma sul cuore e sull'anima :smile: |
Si è vero, infatti nessuno della famiglia di Cramelide è arrivato fin dove è arrivato Ardea perchè forse avete ragione, l' Amore Vero può solo sconfiggere il Male.
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"Il Signore Dio disse al serpente: poichè tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche, sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno."
(Genesi, 3, 14-15) A quel mostruoso ruggito i fanciulli adagiati per l'olocausto gridarono spaventati, stringendosi ancor più fra loro. Cremelide, invece, voltò il viso dall'altra parte, sempre tenendo gli occhi chiusi come le aveva detto Ardea, anche se la paura la spingeva ad aprirli per comprendere cosa stesse accadendo. Poi quello spaventoso drago chinò lo sguardo sul cavaliere che lo fissava con rabbia. “Hai commesso un errore” disse tuonando con tono spaventoso e grottesco “a venire fin qui nella mia dimora. Pagherai con la vita.” “Non è la tua dimora...” mormorò il Taddeide “... non c'è da nessuna parte una tua dimora... perchè non c'è posto per te a questo mondo.” “Io sono Lanzario” fece il drago “signore del fuoco, della distruzione e della morte. Queste terre sono mie da sempre e con esse anche tutti coloro che vi abitano.” “Sei un morbo che appesta queste lande” replicò Ardea “ed io, con l'aiuto di Dio ed in nome del duca Taddeo le libererò dalla tua immonda e malefica presenza.” Il drago si abbandonò ad una fragorosa ed insopportabile risata. Ardea allora si inginocchiò e conficcò in una fessura della pietra ai suoi piedi la superba Parusia, come se fosse una Croce. Si segnò e pregò. Intanto Lanzario continuava a far tremare quel luogo con la sua innaturale risata. E più quel mostro rideva, più incessantemente il cavaliere pregava. Poi, quasi a sancire la fine di un segreto ed inesorabile conto alla rovescia, il drago vomitò intorno a sé fuoco e fumo, spaccando e fondendo le stesse rocce, arrivando persino a lambire quasi i fanciulli stretti sulla roccia sottostante. Le loro urla di paura rimbombarono ovunque e di nuovo Lanzario emise la sua terrificante risata. “Spaventi i deboli, mostro.” Dopo essersi segnato ancora ed alzato Ardea. “Gli indifesi. Vediamo ora come reagisci all'acciaio benedetto della mia Parusia.” Estraendo la spada dalla fessura ed impugnandola con vigore. “Oggi qui sono giunte Fede e giustizia!” Gridò, puntando Parusia verso il Cielo. Lanzario ruggì con rabbia e forza e di nuovo quel castello di pietre, fuoco e fumo, tremò, quasi sul punto di sgretolarsi. Ma subito seguì l'urlo di battaglia di Ardea, che con in pugno Parusia si lanciò verso l'immane e infernale creatura. Il drago allora distese le mostruose ali e volò verso il cavaliere, alzando litri e litri di acqua bollente e pestilenziale intorno ad esso. La foga di Parusia e gli artigli affilati con le zanne di Lanzario cominciarono a darsi battaglia, generando clangore, scintille ed echi di morte in quel luogo. Una battaglia furiosa, senza sosta, ne pietà. Una battaglia primordiale, come quella tra il Bene ed il male, tra l'uomo e l'antico avversario, tra la luce e le tenebre. Una battaglia terrificante, la cui furia non riusciva ad essere coperta dal pianto disperato dei fanciulli terrorizzati e che spingeva Cramelide, sempre con gli occhi chiusi, come una Euridice che seguiva il suo Orfeo nell'attesa di risalire dall'oscurità alla salvezza, a pregare con intensità e forza, nella speranza che quell'incubo andasse via, senza reclamare per sè le vittime che aveva designato. http://nerdreactor.com/wp-content/up...yer.jpg?27c9ea |
In questa immagine Ardea sembra quasi San Michele..o San Giorgio contro il drago..il male.
Sarà una lotta ardua...e speriamo Parusia faccia il suo degno dovere, ne sono certa perchè ogni spada è animata dal cuore e animo del proprio cavaliere. |
Sempre più epico, appassionate e romantico questo poema.
L'immagine di Cramelide con gli occhi chiusi e di Ardea che si batte col drago é di una poesia unica. E se lui combatterà per lei, non può che uscire vittorioso. Sempre più col fiato sospeso, milord ;) |
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