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Il gallo cantò di nuovo ed il nuovo giorno era sempre più vicino.
E ciò faceva crescere sempre più l'ansia di Gwen. La giovane avvertiva un gran desiderio di rivedere Emon ed ormai mancava poco al loro appuntamento. Poco dopo spuntò l'alba. |
Fu tutto molto rapido ma i miei occhi riuscirono a seguire la scena con attenzione, mentre il mio cuore batteva forte.
La lotta sembrava impari, un uomo solo contro molti ma questi non era un uomo qualunque. La sua fuga sulla scale e infine quella freccia. Appena la scoccò indovinai la traiettoria, balzando in piedi e allontanandomi subito dal tavolo, un secondo prima che il lampadario si infrangesse su di esso |
Sorrisi appena alle parole di Guisgard.
Quelle parole mi riportarono indietro, senza volerlo, a un giorno lontano. Un giorno che non ricordavo mai volentieri. Non avevo mai amato i tornei. O meglio, li avrei adorati... se solo avessi potuto combattere. Ancora ricordavo il viso prima meravigliato, poi severo di mio padre mentre mi spiegava che no, non avrei mai potuto partecipare a un torneo. Che una donna non poteva diventare un cavaliere. Sebbene io non desiderassi altro. Poi era arrivata mia madre, e mia nonna ovviamente, a dirmi che non stava bene, che nessun uomo mi avrebbe mai voluto. Cose che mi erano entrate in un orecchio e uscito dall'altro. Ora, grazie a mia zia potevo realizzare il mio sogno. Forse non sarei mai stata un vero cavaliere, ma al momento giusto avrei dimostrato a mio padre e a tutta la corte che non era una follia. Sognavo di andare all'assalto in testa alle truppe ducali. Mio fratello non era un guerriero, e io avrei potuto guidare l'esercito al posto suo, insieme avremmo governato Miral e le città libere del ducato, unite sotto lo stemma del Lupo e della Vipera. Ma quelli erano solo sogni, sogni che mi davano la forza però di adempiere la mia parte del patto stipolato con mia zia, essere un'ottima dama di corte, essere inattaccabile. Lei era stata la prima a dirmi che non dovevo privarmi della passione per le armi, dovevo solo nasconderla. Quel giorno però non ero del mio umore migliore. Mi ero preparata minuziosamente, sperando di incrociare il suo sguardo, avevo scelto quell'abito di velluto rosso perché esaltava la mia carnagione, e la sua linea sinuosa seguiva il mio corpo come una carezza leggera. Camminavo tra i padiglioni, cercando qualcosa che mi distraesse da quei maledetti pensieri, per un po' osservai un cavaliere allenarsi, poi alzai gli occhi al cielo e ripresi a camminare, guardandomi attorno. D'un tratto, un'ombra veloce mi si avvicinò. "Lila, maledizione, che ti è saltato in testa?" la mia amica Fria mi prese sottobraccio. Io la guardai stralunata. "Che stai dicendo?" le chiesi. "Tirdalo.." mi guardò come se quel nome dovesse avere un significato per me. "Perché diavolo lo stavi guardando?" "Mi annoiavo.. perché?" non capivo. "Beh, sta venendo qui... qualcuno ti ha visto.." Alzai le spalle "Lassa che vegna..." con l'accento di Lortena, che ben si adattava. "Ma.." protestò Fria, ma si zittì immediatamente, rendendosi conto che dei cavalieri si erano avvicinando a noi. Li squadrai con aria si sufficienza, sforzandomi di sorridere appena. Il tizio che avevo osservato si avvicinò e si inchinò. "Ser Tirdalo, al vostro servizio.." allungando la mano per prendere la mia. Gliela porsi quasi meccanicamente. Il mio sguardo, tuttavia era stato catturato da una figura alle sue spalle, ma lo distolsi rapidamente. Purtroppo però, nel farlo lo vidi: quel nastro. Serrai la mascella in maniera impercettibile. "Vorrete farmi l'onore di essere la mia madrina?" incalzò Tirdalo. Io lo squadrai severa, per poi ridere appena, nervosamente. "Cielo no, mi fareste fare una pessima figura.." quasi senza accorgermene. Fria al mio fianco impallidì e mi strinse il braccio. "Mettete in dubbio il mio valore, madama?" visibilmente contrariato il cavaliere. "Non credo sia un segreto.." alzai le spalle io. "Cosa ve lo fa pensare?" Io alzai lo sguardo su di lui, solo su di lui. Quella rabbia che mi ribolliva dentro andava sfogata in qualche modo, e quel poveraccio capitava a fagiolo. "La vostra guardia, naturalmente..." come fosse la cosa più ovvia. "La.. mia.. guardia?" incredulo lui. "Sì, è troppo sbilanciata.. anche un bambino potrebbe farvi perdere l'equilibrio, non sarete mai stabile... inoltre non caricate bene i colpi.. credete che basti avere braccia di quelle dimensioni se l'altro ci mette tutto il peso del corpo?". Restai con lo sguardo in quello del cavaliere per un lungo istante. "Date retta a me, cercatevi un'altra madrina, ce ne sono un sacco di donne che non fanno caso a queste cose.." con un sorriso forzato. Lui non replicò, e abbassò lo sguardo. "Ora se non vi dispiace.." sempre sorridendo forzatamente "Signori.." chinando appena il capo. Una volta lontane, Fria scoppiò a ridere. "Tu sei pazza.." scuotendo la testa. Io sorrisi appena. "Nove su dieci il suo maestro d'armi gli ha detto le stesse cose, per quello non ha ribattuto..." divertita, per poi sospirare "Non avrei dovuto espormi in quel modo.." pensierosa "Se mio padre lo venisse a sapere...". "Non credo che lo racconterà mai a qualcuno.." sorridendo la mia amica. "Fria, eccoti finalmente..." un giovane dai capelli biondi e gli occhi azzurri si avvicinò. La mia amica si illuminò. "Posso rubarvela, Lilian?" cortesemente il cavaliere. Io sorrisi, e annuii. "Naturalmente.." lasciando il braccio di Fria "Fatevi onore sir Milus.." con un leggero cenno del capo. Li osservai andare via con un sorriso, per poi sospirare. Non ero ancora in condizioni di raggiungere il palco, avrei rischiato di dire qualcosa di inappropriato. Così continuai a camminare, per schiarirmi le idee.. Arrivai ai margini del campo, dove la gente ormai si diradava. Sembrava esserci uno strano silenzio, le voci della festa erano lontane, tranne alcune. Ragazzi che ridevano. Osservai la scena da dietro un albero. Una gara di abilità, nientemeno. Quei cavalieri si sfidavano allegramente cercando di colpire un bersaglio con dei coltelli. "Facile.." pensai. Ma a quanto pare per loro no, dato che continuavano a sbagliare. Scossi la testa. Perché quegli incapaci potevano combattere e io invece dovevo stare buona buona in un corsetto. Trasalii. Il mio corsetto! Guardai circospetta a destra e sinistra che non ci fosse nessuno, poi presi velocemente un pugnale che tenevo proprio tra le stecche del corpetto. Lo guardai per un istante con uno sguardo soddisfatto. Un profondo respiro, caricai il braccio come avevo fatto decine di volte in allenamento, mirai e tirai, colpendo il bersaglio. Risi piano, nascondendomi dietro un albero. Quella anonima vittoria mi aveva fatto tornare il buonumore. Poi mi bloccai: qualcuno stava applaudendo alle mie spalle. Ero fritta.. "Complimenti..." una voce alle mie spalle. Quella voce.. L'avevo sentita poche volte, e non si era mai rivolta a me. E io che ero andata fin lì per non pensarci. Ma l'adrenalina di quel lancio mi rese audace e mi voltai, con un sorriso divertito. "Grazie.." dissi soltanto, tentando di tenere a bada i battiti del mio cuore, anche se probabilmente ero arrossita. "Ecco perché il povero Tirdalo non ha avuto scampo.." divertito a sua volta. Io sorrisi appena, concedendomi di alzare gli occhi su di lui. Ero in trappola, catturata da quell'azzurro inconfondibile in cui mi sembrava di annegare. Così da vicino, poi, era ancora peggio. Sentivo l'adrenalina combattere con il rossore sulle gote, sul fiato che mancava. Poi fu qualcosa di diverso a prendere il controllo, qualcosa che non conoscevo, che non controllavo. Mi avvicinai a lui di un passo, poi di un altro, senza distogliere mai lo sguardo. "Già.." dissi, con voce bassa e calda "Ma non ditelo in giro, mi raccomando.." con un sorrisetto vagamente divertita per poi andarmene senza aggiungere altro, senza voltarmi indietro, mentre mille sensazioni diverse attraversavano il mio essere. Il mio sguardo si indurì a quel ricordo. Sciocca e patetica ragazzina... Avevo giurato a me stessa che non avrei mai permesso a nessuno di ferirmi di nuovo. Il mio cuore era ben protetto ora, pensai con un sorriso. Lui probabilmente non avrebbe mai saputo che regalo mi aveva fatto. Aveva reso il mio cuore insensibile, ghiacciato. Non era stato difficile rinunciare all'Amore, quando scopri quanto questo possa distruggerti. Finii in fretta il mio bicchiere di vino, per scacciare quei pensieri. Fortunatamente la situazione era precipitata e poteva distrarmi. I soldati del maresciallo non erano in granchè. Aveva fatto una gran baruffa. Era una questione personale per Fagas e quindi era meglio non immischiarmi, ma non potevo stare con le mani in mano. Era un nemico del barone, e quindi anche mio. Mi alzai a mia volta, e feci cenno ai Montanari di fare altrettanto, sfoderando Damasgrada. Non ci immischiammo nel duello tra Guisgard e il maresciallo, ma li circondammo, in modo che il cavaliere non potesse scappare. |
Alvaro mi fece notare il viavai di soldati..."Deve essere successo qualcosa..o cercano qualcuno" dissi pensierosa.."Aspettiamo se ne vadano nascosti qui o prendiamo una stradina laterale e andiamo alla rocca?" chiesi al nobile tra la vegetazione salendo su Cruz per sicurezza.
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Il gallo cantò di nuovo.
Altra impazienza. l'oscurità della notte si fece poi da parte, per accogliere l'incedere del mattino. Mancava poco. Posai quindi il libro e cercai il cesto che di solito utulizzavo per raccogliere le erbe, che avrebbe potuto servirmi, dopo quell'attesa così palpitante ed emozionante. |
Il lampadario cadde pesantemente sulla tavola, schiantandosi tra i piatti, le brocche ed il cibo.
Dacey lesta fece un passo indietro, evitando così di essere ferita. Alle sue spalle avvertì però una presenza. "Venite, potrebbero ferirvi." Disse Jean invitandola a mettersi in un angolo della sala. Nel salone infatti lo scontro tra il nobile ribelle ed i soldati aveva scatenato il caos. Alla fine anche Clio ed i suoi uomini decisero di buttarsi nella mischia. Non per combattere, ma per tenere il tutto sottocontrollo. Infatti i mercenari circondarono il capannello di uomini che cercava di uccidere Guisgard. Così facendo i Montanari avevano chiuso ogni via di fuga al Capomazdese. Il Maresciallo si lanciò verso di lui con la spada in pugno, seguito subito dai suoi soldati. Guisgard comprese allora di non avere molte possibilità. Ma ogni via di fuga ora sembrava inesistente. Il nobile ribelle si voltò così verso la grande bifora che si apriva nel muro alla destra delle scale. Si lanciò allora sulla finestra e gettò poi uno sguardo in basso. Si lasciò cadere di sotto, afferrando lo stendardo che fuori pendeva sul cortile. Appeso alla stoffa araldica, questa si strappò, facendo così scendere dolcemente Guisgard fin nel cortile. Raggiunse allora uno dei cavalli e vi montò, per poi galoppare verso il portone. "Chiudete il portone!" Gridò uno dei soldati. Ma il nobile ribelle riuscì a sfrecciare via, con i soldati che tentavano di colpirlo con le frecce delle loro balestre. Ma il buio della notte coprì la fuga di Guisgard, che svanì nelle tenebre. Poco dopo cominciò ad aleggiare. |
"Credo debbano terminare il loro giro di ronda..." disse Alvaro ad Altea "... si, concordo con voi... sarà meglio tornare alla vostra dimora... magari domani sarà più sicuro venire alla Pieve..."
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Il Sole spuntò e pian piano rischiaro' prima il cielo, poi le dolci pendici dei colli che avvolgevano Monsperon.
Giunse così il mattino e lentamente la città si destò dal torpore della notte, con le botteghe che una dopo l'altra si aprirono al nuovo giorno. Ormai era giunto il momento per Gwen di andare all'appuntamento con Emon. |
Annuii..prendemmo una stradina secondaria del bosco e arrivammo alla Rocca, legai Cruz e salimmo velocemente e chiusi col pesante catenaccio.
"Meglio riposare, domani decideremo il da farsi..potete dormire laggiù sul letto di Tomas". Salii le scale di pietra fino la Torre, mi spogliai indossando una delle preziose camicie da notte di seta dono di Madame Sibille e mi misi sotto le coperte e presi sonno. |
Era una lotta impari, eppure a Guisgard non sembrava importare.
Però, ci sa fare il ragazzo... Pensai, mentre davo ordine ai miei di contenere la baruffa. Era in trappola, non poteva sfuggirci. Quando si avvicinò alla finestra credetti stesse bluffando. Invece sembrava davvero intenzionato a buttarsi di sotto. E lo fece, sotto gli sguardi attoniti degli astanti. Ma la stoffa araldica del barone lo fece scivolare a terra dolcemente e sparì, come un'ombra nella notte. A quel punto noi servivamo a poco. Ci era stato affidato un compito diverso, fino a prova contraria. Così, tornammo nei nostri alloggi, e io aggiornai i miei uomini su quanto scoperto nella locanda dai soldati del barone. "Sullor, voglio che mi scopri tutto quello che c'è da sapere su questa storia, se c'è anche un minimo collegamento dobbiamo trovarlo!" Sospirai, sedendomi al tavolo. "Dobbiamo pensare una strategia per quei briganti!" Ai miei. |
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