Camelot, la patria della cavalleria

Camelot, la patria della cavalleria (http://www.camelot-irc.org/forum/index.php)
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-   -   Ardea de'Taddei (http://www.camelot-irc.org/forum/showthread.php?t=803)

Guisgard 08-04-2015 03.54.44

"Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno."


(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XIII)



Il frate si sedette su un tronco cavo e restò a fissare Ardea e Biago mentre sgozzavano la scrofa e la preparavano per essere cucinata.
I due accesero poi un fuoco con della legna raccolta nei paraggi e appena pronta la brace cominciarono ad arrostire l'animale.
In breve il profumo delle sue tenere carni e del grasso che si scioglieva si diffuse nell'aria.
Allora il cavaliere ed il suo scudiero, quando la scrofa fu cotta, la servirono al frate, imbastendo quel pasto per il religioso.
Il frate, così, con l'appetito stuzzicato dal profumo di quell'arrosto, cominciò subito a mangiare compiaciuto.
Ma poco dopo accadde qualcosa.
Un sibilo, lungo e leggero si alzò nell'aria, come se la fendesse.
E proveniva dal castello.
Sembrava un flauto a suonare, con le sue oscure ed indecifrabili note che parevano volare tra il vento che percorreva la contrada.
“Ci siamo.” Disse Ardea, intuendo che la loro attesa giungeva ormai al termine.
Biago annuì e subito corse a prendere qualcosa dalla sella di Arante.
Ritornò qualche istante dopo con delle robuste reti.
Erano intrecciate con canapa e lamine di bronzo che le rendevano praticamente indistruttibili.
I due allora, arrampicatisi sull'albero sotto il quale avevano imbastito il pranzo per il frate, cominciarono a sistemare le reti tra i rami.
Ed attesero.
Tutto attorno a loro pareva avvolto da un innaturale silenzio, rotto solo dal rumore del frate che mangiava e dalla brace che ormai andava spegnendosi.
Ma la sensazione del Taddeide riguardo ad un'imminente pericolo era forte, fortissima.
Poi, all'improvviso, si udì qualcosa intorno a loro.
Un mostruoso gracchiare che si ripeteva come un eco stridulo e continuato.
Un istante dopo due veloci falchi apparvero in cielo.
Si spostavano rapidi ed erano più grandi e robusti dei falchi comuni.
Le piume erano spesse e folte, come se fossero scaglie di una corazza, mentre becchi ed artigli luccicavano al Sole di sfavillanti cromature, dato che erano fatti di puro e vigoroso ferro.
In pratica di trattava di vere e proprie armi in grado di volare.
Mai in natura si erano visti simili predatori dell'aria.
Prima cominciarono a volteggiare sopra il pranzo del frate, poi, puntata la preda, si lanciarono in picchiata a grande velocità, come schegge che i bagliori del loro metallo rendeva incandescenti.
Nel frattempo, rimasto immobile a fissarli, il religioso, prima incredulo e poi spaventato, restò pietrificato alla sua mensa e solo quando i due mostruosi falchi erano praticamente su di lui, chinò la testa e si rannicchiò per la paura.
Prese allora a gridare e poi a recitare alcune orazioni ad alta voce, come se fossero la sua unica difesa in quella terribile ed incredibile situazione.
Ma fu proprio allora che, tagliate le reti con un preciso colpo di spada, Ardea fece scattare la trappola.
In un attimo i due falchi si ritrovarono nelle pesanti reti, quasi impossibilitati a muoversi.
Le lamine di bronzo si incagliarono tra le piume di quei rapaci, bloccandoli e quasi soffocandoli con il loro peso.
“Hurrà!” Gridò Biago con fare trionfante.
Ma i due infernali uccelli, sentendosi in trappola, con i loro mostruosi becchi ed i loro artigli metallici cominciarono a far scempio di quelle reti.
Un momento dopo erano di nuovo liberi e volteggiavano minacciosi sul religioso ed il suo pasto.
“Hanno becchi ed artigli letali come armi!” Gridò Biago. “Hanno fatto brandelli delle reti! Reti capaci di imbrigliare orsi! Che bestie sono mai questi uccelli? Come riusciremo a fermarli?”
Intanto i due superbi rapaci puntarono di nuovo la loro preda e un istante dopo erano nuovamente lanciati contro il frate e la sua mensa.
http://www.xtec.cat/~sgiralt/labyrin...heracles13.jpg

Altea 08-04-2015 17.55.15

che strani esseri..o armi mortali..nemmeno le preghiere del frate sono riuscite a sconfiggere gli Inferi..ma sono certa Ardea troverà il modo per salvarlo. ;)

Clio 13-04-2015 00.23.00

Finalmente un po' di tempo per leggere le avventure di Ardea!
Quel frate se la starà vedendo davvero brutta con quelle bestiacce...
Ma concordo con lady Altea, i nostri eroi troveranno il modo di salvarlo ;)

Galgan 13-04-2015 16.07.39

Invero, la figura di Ardea risulta gradita anche alla mia piccina (anche se lo chiama "Aldea":smile:), ed ama sentire le sue storie.
Un doppio ringraziamento, quindi, buon Guisgard.

Guisgard 14-04-2015 01.30.51

Sono io che ringrazio tutti voi, che leggete ed apprezzate le antiche imprese di Ardea.
E naturalmente un grazie speciale va anche alla dolcissima principessina di sir Galgan :smile:

Guisgard 15-04-2015 01.39.20

“<<E' questa la regione, è questo il suolo e il clima>> disse allora l'Arcangelo perduto, <<è questa sede che abbiamo guadagnato contro il cielo, questo dolente buio contro la luce celestiale?>>”

(John Milton, Paradiso Perduto)



Davanti a quella scena Biago si sentì avvilito.
I falchi si erano dimostrate creature quasi di un altro mondo.
Un mondo oscuro, malvagio e sacrilego.
“Non è il momento di abbattersi...” disse Ardea, spronandolo “... presto, o faranno strage del frate!”
Questi infatti era ai piedi della sua mensa, impaurito, a balbettare preghiere per salvarsi.
I due falchi, allora, si lanciarono di nuovo in picchiata e raggiunsero la scrofa, cominciando poi a maciullarla con gli artigli ed a strapparne le carni con i loro becchi.
Ardea, comprendendo che quello era il momento di agire, raggiunse la brace ancora calda dove avevano cotto la scrofa ed iniziò ad intingere nel grasso colato tra le pietre e la cenere le sue frecce.
Quelle che erano state forgiate dalle armi del malvagio Govarola.
Portò poi le frecce sui tizzoni ancora ardenti della brace e diede loro fuoco.
Mirò così alle carni della scrofa e in un attimo quel pasto prese fuoco, avvolgendo in rapide fiamme i due terrificanti rapaci.
In principio i due uccelli tentarono la fuga, col primo però che non riuscì neanche a spiccare il volo, tanto erano consumate le sue ali e con il secondo che, alzatosi per pochi metri, fu subito raggiunto da un altro dardo di Ardea che gli spaccò in due un'ala, facendolo cadere pesantemente al suolo.
Il cavaliere allora si tolse il mantello e raggiunse prima un falco, poi l'altro, spegnendo le fiamme che li stavano carbonizzando.
“Perchè?” Stupito Biago. “Lasciali bruciare!”
“Ci servono vivi.” Fissandolo il cavaliere.
“Perchè mai?” Domandò lo scudiero.
“Vedrai.” Rispose Ardea. “Andiamo dal frate ed accertiamoci che stia bene.”
I due, così, raggiunsero il religioso per sincerarsi delle sue condizioni.
“Come state?” Aiutandolo ad alzarsi Ardea.
“Oh, Signore...” mormorò ancora scosso il religioso “... Bontà Divina...” scuotendo il capo.
“Su, che state benissimo.” Sorridendo Biago.
“Ma...” farfugliò il frate “... ma cos'erano? Demoni?”
“Erano falchi.” Spiegò Ardea. “E voi siete stato coraggiosissimo. Senza di voi sarebbero ancora in volo a terrorizzare la contrada.”
“Non esistono falchi simili...” incredulo il religioso “... non possono esserci animali tanto mostruosi... nessun Testo Sacro li cita...”
“Nei Vangeli” fece Ardea “Nostro Signore scaccia i demoni... perchè sono una realtà.”
A quelle parole del cavaliere, il religioso chinò il capo ed annuì, per poi farsi il Segno della Croce ed iniziare a recitare i Divini Misteri del Santo Rosario.
Essendo Mercoledì erano dunque i Divini Misteri Gloriosi quelli che il frate recitava.
E lo scorrere del Santo Rosario fra le dita del religioso pareva scandire un inquietante conto alla rovescia, dopo il quale, Ardea ben intuiva, la Questione avrebbe mostrato il suo vero volto.
Per questo l'eroe eponimo di tutti i Taddeidi cercava con lo sguardo il castello che dominava l'intera contrada.
Da esso infatti sarebbe giunto il vero nemico da affrontare in quella terribile impresa.
http://www.wallpaperfly.com/thumbnai...may.net_83.jpg

Clio 15-04-2015 02.22.03

Sempre ingegnoso il nostro Ardea! :smile:
La faccenda si fa sempre più interessante....

Altea 15-04-2015 17.34.23

Sempre arguto Ardea..questa è la sua miglior arma..

Guisgard 21-04-2015 02.14.04

“Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte?”

(Salmo 15, L'ospite del Signore)


Sulla contrada un lento e lamentevole vento si era alzato, soffiando da Nord e ammutolendo tutto ciò che sorgeva in quella landa.
La campagna era intrisa di un cupo silenzio ed il cielo, con le sue sue inquiete nubi, sembrava quasi maledire tutto ciò che si trovava sulla Terra.
Poi, nel vento, si udì ancora una volta il sibilo sinistro di quel flauto.
Giungeva dal castello e in un attimo si diffuse su tutta la campagna.
Ma nulla rispose a quel funereo richiamo.
E di nuovo, dopo qualche istante, quell'inquietante sibilo, simile ad un antico e disgraziato lamento, ad una tacita sentenza di morte, si diffuse nei cieli della contrada.
Ma neanche stavolta ci fu risposta a quell'oscuro segnale.
Allora le secolari porte di quel maniero di aprirono ed una figura uscì da quelle antiche mura.
Alta e snella, dalla postura austera, indossava un lungo mantello grigio ed il suo capo era nascosto da un cappuccio stretto da bende.
La misteriosa sagoma si guardò intorno e restò così per diversi istanti, come se quel silenzio l'avesse sorpresa e turbata.
Montò poi in sella ad uno scarno palafreno e scese verso la campagna sottostante, continuando a suonare quel suo malefico flauto ad intervalli quasi regolari, senza però ricevere mai risposta alcuna.
Suonava e si guardava intorno, come se attendesse di vedere una qualche reazione a quel suo richiamo.
Ma non accadde nulla.
Fino a quando, sospinto dal vento, un odore di carne raggiunse i suoi sensi.
La misteriosa figura incappucciata, così, seguendo quell'aroma, percorse buona parte della campagna, raggiungendo infine il luogo in cui Ardea e Biago avevano preparato quel pasto per il chierico.
Ed in quel momento, finalmente, la figura incappucciata vide su un rudimentale altare, fatto di pietre e rami secchi, i due falchi coperti da tagli e ferite che respiravano a fatica.
La figura allora, incredula, scese da cavallo e si avvicinò ai due falchi moribondi.
Lanciò un grido per la rabbia e si tolse, dopo essersi strappato le bende, con vigore il cappuccio, mostrando così il suo aspetto.
Era un essere ripugnante, che di umano aveva ben poco.
La pelle era di un bianco che richiamava i cadaveri e grinze simili a squame gli ricoprivano il volto ed il collo, come se un morbo infettivo ne avesse martoriato le carni.
Gli occhi erano piccoli e scuri, i capelli grigi e sottili, la testa irregolare.
Il viso si mostrava scarno e deforme, mentre la bocca appariva come una fessura e i pochi denti non riuscivano ad evitare che la saliva, gialla e fetida, fuoriuscisse attraverso le sottili e scure labbra.
E per la rabbia, quell'orrendo falconiere, picchiò con forza il pugno su quel rozzo altare.
“Dannazione...” disse con la sua voce stridula e grottesca “... chi ha osato fare questo ai miei falchi? A me, Picas, signore di questa contrada? Chi?” Urlò di rabbia. “Chi ora subirà la mia giusta collera?” Con un moto di frustrazione. “Oh, gente malvagia! Così ripagate chi vi ha lasciato in vita, invece che gettarvi in pasto ai suoi nobili falchi? Così rispettate chi ha scelto di prendersi solo i frutti di questa terra, invece che le vostre sudicie vite?” Scosse il capo. “E sia! Ora conoscerete la vera sofferenza!” Con occhi colmi di odio e crudeltà.
http://spb.fotolog.com/photo/59/2/43...70108327_f.jpg

Clio 21-04-2015 12.09.35

Accidenti che orrore... :eek:
Non promette nulla di buono... :confused_nervous_sh

Altea 21-04-2015 16.11.32

Che essere immondo:eek:..........ora ha inizio la vendetta a meno che Ardea e Biagio si facciano valere prima

Guisgard 25-04-2015 02.22.01

“Ecco, sono caduti i malfattori, abbattuti, non possono rialzarsi.”

(Salmo 36)



Appena il pugno del ripugnante falconiere sbatté forte su quel rozzo altare e cominciò a gridare, i due falchi iniziarono pian piano a muoversi.
Picas fu sorpreso e lieto di ciò.
Ma i falchi, con ormai i sensi alterati dai nervi recisi, avvertendo l'odore della carne del diabolico falconiere, si avventarono improvvisamente su di lui, ormai incapaci di riconoscerlo.
E nonostante i corpi sfregiati e in parte ustionati, i loro becchi ed i loro artigli di solido ferro erano ancora capaci di colpire.
Così, in breve, cominciarono a scorticare vivo Picas.
Questi però si dimenava, gridava ed inveiva, nel tentativo di scrollarsi di dosso quei feroci rapaci.
Ma tutto era inutile.
I due mostruosi uccelli affondavano con selvaggia furia e primordiale voracità i loro becchi ed i loro artigli nelle carni vive del loro padrone.
Il falconiere allora cercò di mettere mano alla spada, ma da qualche passo più indietro, uscito allo scoperto con Biago, Ardea scoccò una freccia infuocata che raggiunse l'altare sapientemente unto col grasso della scrofa.
In un attimo, così, una viva fiamma avvolse quella primitiva mensa, ingoiando Picas ed i suoi due mostruosi falchi.
Il malvagio falconiere, allora, tra quelle vampate, si voltò per vedere il volto di colui che aveva preparato quella fatale trappola.
Vide così Ardea ed il suo scudiero.
E a quella scena cominciò a dimenarsi ancor di più, poiché aveva capito di essere stato giocato.
“Maledetti...” disse mentre le sue carni cominciavano ad aprirsi per il calore “... maledetti... mi avete teso questa trappola... prima i miei falchi... poi me... maledetti...” fino a quando quel rogo lo rivestì e consumò definitivamente, divorando il suo deforme corpo e condannando ad un fuoco ben più potente ed eterno la sua malvagia anima.
“Ma quale Inferno può aver partorito un simile essere?” Mormorò Biago.
“Le forze del male” fece Ardea “sono sempre pronte a inviare i loro attacchi...”
Rimasero, così, a fissare quel rogo, fino a quando verso sera, restarono solo ceneri adenti che in breve il vento disperse, nell'aria, diffondendo per un momento un eco di morte che svanì un istante dopo, insieme agli orrori che avevano flagellato quelle lande.
Il chierico allora benedì quella terra, ormai libera dal suo flagello, facendo sì che nuovi frutti potessero germogliare nella contrada ormai liberata.
Recuperò poi il suo carretto, salutò i due e riprese il suo cammino.
Ardea e Biago, così, salirono in sella ai loro cavalli e si diressero verso il centro abitato della contrada.
Qui proclamarono a tutti la loro liberazione, richiedendo poi di pagare al duca il giusto tributo.
La gente del posto ringraziò con commozione il cavaliere ed il suo scudiero, uscendo poi dalla cittadina cantando e ballando per la gioia, lodando il Signore per la fine dei loro tormenti.
Ma Ardea e Biago non si trattennero oltre in quella terra.
Li attendeva l'ultima contrada ed il Tempo era ormai tiranno.
Infatti il conto alla rovescia che avrebbe portato al giorno del duello col misterioso cavaliere stava giungendo al termine.
Ed Ardea era deciso a liberare definitivamente la sua terra da ogni pericolo, prima di consegnarsi al suo Fato che da troppo tempo reclamava il suo nome.
http://www.verniceprogetti.it/wp-con...anticismo3.jpg

Altea 25-04-2015 12.24.32

Un finale inaspettato..alla fine il falconiere, oltre alla bravura di Ardea, è stato punito dal suo stesso male e dalla sua cattiveria.

Guisgard 08-05-2015 00.35.33

Settima Questione: Acerna, Il Gorgo del Lagno



“Ogni guerriero della luce ha ferito qualcuno che amava.
Perciò è un guerriero della luce: perchè ha passato queste esperienze, e non ha perduto la speranza di essere migliore.”

(Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce)



Dopo aver cavalcato per circa due ore, Ardea e Biago giunsero nella settima ed ultima contrada della Cinque Vie.
Acerna, immersa nell'ancestrale e lussureggiante bosco di Suessione, dominio di leggende e tradizioni antichissime, era la maggiore fra le sette contrade dominate dal duca Taddeo, posta a Nord come una porta aperta verso gli estremi confini del reame.
Essa era terra di antichi miti e remote civiltà e da sempre dimora di potenti ed invincibili domini.
Il tempo che accolse i due compagni d'avventure era cupo, grigio, intriso di vaga e sfuggente inquietudine, come se celasse un primordiale ed inclemente tormento.
Il vento, che aveva soffiato a lungo ed aspro su quelle lande, era cessato di colpo, lasciando nell'aria un irreale silenzio, una soffusa malinconia, come se quel primordiale paesaggio ora si mostrasse sotto gli effetti di un qualche incantamento, piombato com'era in quell'enigmatica dimenticanza.
Ardea ed il suo scudiero proseguirono in quella lussureggiante atmosfera intrisa però di diffusa indifferenza al loro passaggio, fino a scorgere, lungo il sentiero segnato dai secolari solchi lasciati da ruote di carri, un vecchio mulino.
L'edificio era in disuso ed adibito ora a locanda.
Una palizzata lo recintava, estraniandolo dalla incolta campagna circostante e staccandolo dal polveroso sentiero, dove al suo interno, nel bel mezzo di uno spiazzo in parte coltivato ad orto, si ergeva l'antico mulino.
Un'insegna di legno che scricchiolava ed oscillava recava il nome di quella locanda: Il Mulino Vecchio.
I due viaggiatori si scambiarono un rapido cenno d'intesa, raggiunsero lo steccato e vi entrarono con i loro cavalli.
Scesi dalle selle suonarono poi un'arrugginita campanellina e subito arrivò un uomo alto, robusto, con due fieri baffi e l'aria di una dignitosa bonarietà.
“Salute a voi, cavaliere e benvenuto.” Disse poi con un vistoso inchino. “Lasciate pure qui il vostro cavallo e quello del vostro scudiero. Manderò subito uno dei miei garzoni ad occuparsene. E se avrete la compiacenza di entrare vi farò servire immediatamente un piatto caldo e del buon vino.”
Ardea annuì e poi con Biago entrarono nella locanda.
Era questa un luogo caldo ed accogliente, poco affollato e ben curato.
I due compagni si sedettero ad uno dei tavoli, il più vicino al camino, attendendo poi l'arrivo del locandiere con quanto promesso.
Ma nel guardarsi intorno Ardea notò qualcosa che subito attrasse la sua attenzione.
Il ritratto sulla parete di una bellissima ragazza dai capelli corvini, la pelle bianca e gli occhi di un chiaro indefinito.
E nel vedere quell'immagine il cavaliere restò meravigliato.
Era infatti lo stesso volto della ragazza vista tempo prima nella carrozza e della quale, pur senza conoscere nulla di lei, egli si era perdutamente innamorato.
http://www.geocities.ws/l_imaginee/vivian2.jpg

Altea 08-05-2015 17.26.38

Sir Guisgard, ho apprezzato molto la prefazione di Paulo Coehlo..niente di più vero, sbagliare in Amore per arricchirsi.

Veniamo a questa nuova avventura di Ardea, prima di tutto vi ho sempre ammirato per la vostra dote sulla descrizione dei paesaggi..sembra di vederli davanti, toccarli come un magico sogno.
E ora...chi sarà la bella donna del dipinto? Aspetto il proseguio..

Clio 13-05-2015 12.26.07

Oh, finalmente torna quella fanciulla che tanto ha colpito Ardea! :smile_lol:

Guisgard 03-07-2015 03.29.38

“Il coro canta il lamento dell'ingiusta sciagura, cercando di comprenderne il significato e Dio volendo il modo per scongiurarla.”

(Antica tragedia)



Ardea continuava a fissare quel ritratto, rapito dalla sua bellezza.
Da quei tratti perfetti, dai suoi occhi vivi e di una indefinita trasparenza, dalla pelle d'alabastro, dai lunghi capelli neri e raccolti in modo semplice.
Eppure vi era qualcosa in quel meraviglioso volto che lo ossessionava al punto da rapire ogni suo pensiero.
Ma cosa?
Cosa di quel volto lo tormentava, oltre ad estasiarlo per la sua bellezza?
Questo continuava a domandarsi il Taddeide.
Vi era qualcosa che pareva influenzarne profondamente l'espressione e lo sguardo.
“Ardea...” disse all'improvviso Biago, destando il suo compagno da quelle inquietudini “... cos'hai?”
“Quel ritratto, quel volto...” mormorò Ardea.
“Cos'ha di particolare quel ritratto?”
“E' lei, la ragazza che vidi a Caivania...”
“Forse ti starai confondendo...” fece lo scudiero “... è un ritratto e spesso gli artisti traggono ispirazione da volti belli ma usuali.”
“Ti sembra forse una bellezza usuale quella?” Indicando il ritratto il Taddeide. “O forse un volto comune?”
“E' molto bella...” mormorò Biago “... ma chi è in realtà?”
“Non lo so... ma voglio scoprirlo...”
“E come?” Domandò Biago.
Ardea si guardò intorno e notò il locandiere poco distante.
“Ehi, voi!” Lo chiamò.
Quello fece un cenno di assenso, per poi raggiungere il loro tavolo.
“In cosa posso servirvi, cavaliere?” Chiese.
“Solo una curiosità...” sorridendo Ardea “... chi è la dama del ritratto?”
“Oh, è bellissima, vero?” Sorridendo il locandiere.
“Molto.” Con gli occhi sul ritratto Ardea. “Ma di chi si tratta?”
“E' lady Cramelide, figlia del barone Avator, vassallo del duca Taddeo.” Rivelò il locandiere.
Ardea fissava quel ritratto, incapace di distogliere i suoi occhi azzurri da quelli trasparenti di lei.
“Una dama” continuò il locandiere “tanto bella, quanto sfortunata.”
“Sfortunata?” Ripetè Ardea, voltandosi di scatto verso l'uomo.
“Si, cavaliere...” rattristato il locandiere “... sfortunata, come questa terra... Acernia condivide il medesimo Fato con la bella Cramelide...”
“Cosa intendete dire?” Chiese il cavaliere.
“Lasciate perdere, cavaliere...”
“Come sarebbe a dire?”
“Che certi fatti luttuosi meglio ignorarli, credetemi.”
“Ditemi cosa affligge quella ragazza e questa contrada.” Deciso Ardea.
“Cosa vi importa?” Alzando le spalle il locandiere. “Tanto siete di passaggio e ripartirete presto. Dunque vi dimenticherete di questo luogo e dei suoi drammi.”
“Parlate, per la miseria!” Innervositosi il Taddeide.
“La troppa curiosità non è affine ad un cuor cortese.” Fissandolo il locandiere.
“Come l'insolenza” replicò Ardea “non è utile ad uno maldestro.”
“Io non posso certo vantare le vostre virtù, messere...” scuotendo il capo il locandiere “... né il vostro lignaggio... né la vostra ricchezza... sono un umile locandiere...”
Ardea comprese e scosse il capo.
Prese allora un Taddeo d'argento e lo fece tintinnare sul tavolo.
“Ora potete parlare.” Guardandolo.
“Grazie, mio signore!” Arraffando la moneta il locandiere. “Dovete sapere che questa contrada è maledetta da sempre...”
“Che vuol dire?” Ascoltandolo con attenzione il cavaliere.
“Che un terribile incanto è stato imposto su di essa...” spiegò il locandiere “... un incanto oscuro e terribile, che da sempre era affrontato dal duca Taddeo... ma ora lui non si mostra più da tempo ed il nostro flagello riguarda noi soltanto...”
Ardea e Biago si scambiarono una lunga occhiata e poi il cavaliere tornò a voltarsi verso il locandiere.
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Altea 03-07-2015 17.00.27

E' tornato Ardea..chissà di che maledizione è colpito quel borgo e quella dama.:smile_wub:

Guisgard 20-08-2015 17.49.27

"Risveglia la tua potenza davanti a Efraim, a Beniamino e a Manasse, e vieni a liberarci."

(Salmo 80)



“Voglio sapere di questo incanto.” Disse Ardea al locandiere.
“Oh, credetemi, è meglio non saperle queste cose.” Fece l'uomo. “Io stesso avrei preferito nascere altrove e chiunque altro abitante di questa triste contrada la pensa come me.”
“Io invece voglio sapere.” Ribadì il cavaliere.
“Mio signore, credetemi, mi ripugna narrare simili disgrazie...”
Ardea, allora, prese un altro Taddeo e lo fece tintinnare sul tavolo.
“Questa moneta” fissandolo il Taddeide “saprà ammansire ogni scrupolo di coscienza.”
Il locandiere prese avidamente quel Taddeo ed annuì.
“Dovete sapere” cominciò a raccontare “che la civiltà ad Acerna è giunta attraverso il millenario corso del Lagno, che unisce le coste all'entroterra e rappresenta una via di comunicazione frequentata da sempre dagli uomini...”
“Si, conosco queste cose...” annuì Ardea “... ma voglio sapere dell'incanto che vi affligge.”
“Ci stavo arrivando, milord...” grattandosi la barba il locandiere “... dicevo del Lagno... esso però in passato è sempre stato nocivo, in quanto melmoso e fetido, tanto da appestare la terra circostante, rendendola impossibile da vivere e da coltivare... alcuni allora, secoli fa, decisi a bonificare tutta questa zona, pensarono di risalire il corso del Lagno, alla ricerca della mitica fonte...”
“La fonte del Lagno...” mormorò il cavaliere “... un'antica leggenda...”
“Oh, ma non è solo una leggenda...” il locandiere “... no, milord...”
“Come sarebbe?”
“Perchè quegli uomini arrivarono dove nessuno era giunto mai prima di allora...”
“Davvero?” Stupito Ardea. “E cosa trovarono?”
“Non certo ciò che si aspettavano...” scuotendo il capo il locandiere.
“E cosa?”
“Una gigantesca palude, infetta da acque e fumi mortalmente velenosi...”
“E com'è possibile ciò?” Turbato il cavaliere.
“Perchè qualcosa” rivelò il locandiere “rendeva mortale quel luogo, milord...”
“Cosa?”
“Un terrificante drago capace di non dormire mai, perennemente affamato e praticamente invulnerabile.”
Ardea e Biago si scambiarono un'occhiata densa di inquietudine.
“Un mostro spaventoso e terribile...” continuò il locandiere “... un essere infernale, simile ad un sciagura in grado di flagellare intere generazioni...”
“Come poteva dunque il duca fermare un simile flagello?” Domandò Ardea.
“Egli, come chiunque altro aveva provato a sfidare il drago prima di lui, non poteva ucciderlo, ma rintanarlo nel suo covo di melma e malaria...” rispose il locandiere “... e così, ricacciato nella sua immonda tana, il drago vi restava per un intero anno... ma al risveglio di quel mostro il duca non è più tornato ad Acerna... e allora quella bestia ha ricominciato a spaventarci e a distruggere i nostri armenti, a devastare le nostre campagne e ad appestare l'aria col suo fetido ed incandescente alito, portando malaria e morte in questa contrada...”
http://www.indire.it/immagini/immag/mosfy/nf83.jpg

Clio 20-08-2015 18.30.42

Anche questa volta la situazione sembra delle più disperate.. eh ma gli abitanti di Acerna ancora non sanno con chi hanno a che fare ;)
Quel drago farà una pessima fine, altrochè :smile_lol:

Guisgard 20-08-2015 19.12.45

La saga di Ardea, milady, da sempre scandisce la vita del mondo che l'ha generata.
Nel passato, cantando gli ideali che unificarono la mia terra sotto un unico Credo ed una sola corona, così come nel futuro, visto che una profezia parla proprio di questo poema per la sua realizzazione.
Infatti, secondo essa, nessuno dei Taddei troverà mai il Fiore Azzurro se prima quest'antica opera non sarà del tutto narrata...

Clio 20-08-2015 19.16.47

Allora non vedo l'ora di leggerne l'epilogo, milord.. ;)

Altea 20-08-2015 21.48.17

Milord....Non ho dimenticato Ardea..ora mi chiedo cosa lega l' incanto sulla dama del ritratto con il drago e il Lagno. Il Lagno...vecchi ricordi a cui sono legata, e alla sua Dama fatata.

Guisgard 14-09-2015 00.48.41

"Il cinghiale del bosco la devasta e le fiere della campagna vi pascolano."

(Salmo 80)




“Dunque” disse Ardea al locandiere “Acerna non dispone di un esercito e di uomini valorosi? Nessuno si è mai offerto di affrontare quel mostro e liberare la contrada dalla sua malvagia presenza?”
“Cavaliere...” mormorò il locandiere “... parlate così perchè non conoscete quale pericolo rappresenta quel drago... solo il duca Taddeo era in grado di tenergli testa, ricacciandolo ogni anno nella sua immonda tana. Eppure, nonostante il suo eccezionale valore, neanche il duca è riuscito mai ad ucciderlo.” Scosse il capo. “Ed ora che egli non giunge più ad aiutarci, il drago impone a tutti noi un orrendo tributo di morte.”
“Tributo?” Ripetè Ardea.
“Si, cavaliere...”
“Che tributo?” Chiese Ardea. “Non bastano gli armenti massacrati e le campagne devastate?”
“Il drago” rivelò il locandiere “impone ogni primo Sabato del mese una fanciulla vergine... e tante sono state le vittime offerte in questo innaturale sacrificio... un anno è composto da infiniti Sabati...”
Ardea guardò Biago con un'espressione di disgusto e rabbia.
“Ma ora” continuò il locandiere “il popolo è stanco... nessuno più vuole perdere le proprie figlie e le proprie sorelle... nessuno più è disposto a destinare i suoi cari a quel macabro martirio... per questo il barone Avator ha deciso di condividere il dramma del suo popolo, offrendo in sacrificio al drago la sua stessa figlia...”
“Cramelide!” Trasalì Ardea.
“Si, cavaliere...”
Il pugno del Taddeide si avventò violentemente sul tavolo.
“Ora scusatemi, ma ci sono clienti che mi reclamano...” fece il locandiere “... col vostro permesso mi allontano...” ed andò via.
“No, non può essere!” Esclamò Ardea.
“Questa Questione” disse Biago “credo sia la peggiore di tutte quelle che abbiamo affrontato fino ad ora...”
“Un padre non può offrire sua figlia in questo spregevole sacrificio!” Fuori di sé Ardea. “E' un tributo inaccettabile!”
“Il barone” fece Biago “ha il dovere di proteggere il suo popolo... questo lo sai bene, Ardea...”
“Si, hai ragione, non ha colpe quell'uomo...” chinando il capo il Taddeide “... ma questa gente non può vivere così...”
“Senza il duca questa contrada non ha più difese...” mormorò Biago.
“Ci sono io ora!” Fissandolo Ardea.
“Non essere avventato...”
“No, Biago!” Interrompendolo il Taddeide. “E' un compito che spetta a me! Sono il figlio del duca!”
“Ma non hai sentito?” Prendendolo per un polso Biago. “Neanche tuo padre è stato in grado di uccidere quel drago! Come puoi riuscirci tu? Al massimo potrai ricacciarlo nel suo covo... ma dopo? Cosa accadrà dopo? Fra un anno? Fra dieci anni? Fra cento?”
“Ci saranno altri a ricacciarlo nella sua tana!” Deciso Ardea.
Ma poi il suo sguardo si abbassò.
“So cosa pensi...”
“Cosa?” Chiese Biago.
“Che dopo di me il casato di mio padre non esisterà più...”
“Non penso questo.”
“Invece si.”
“No, ti dico.”
“Però è ciò che accadrà...”
“Come fai a dirlo?” Guardandolo Biago.
“Fra poche settimane ho il duello col misterioso cavaliere...”
“Ardea...”
“Ma non posso pensare a questo ora...” alzandosi Ardea e gettando delle monete sul tavolo per pagare il locandiere “... ora c'è quest'ultima Questione da risolvere...” con sguardo inquieto.
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Clio 14-09-2015 01.01.47

Ho come l'impressione che questa Questione varrà molto più delle altre, forse perché Ardea ha l'occasione di salvare una dama, ma non una qualunque... ;)
Sono già in trepidante attesa di scoprire cosa escogiterà il nostro eroe per sconfiggere questa malvagia creatura.

Guisgard 14-09-2015 01.04.15

Già, lady Clio.
Pare che i nobili Taddei sin dagli albori della loro stirpe siano stati destinati a salvare dame in pericolo ;)

Clio 14-09-2015 01.05.41

Non so perché, ma la cosa non mi stupisce affatto.. :smile_lol:

Guisgard 14-09-2015 01.54.15

Non so perchè, ma noto sarcasmo, milady... :rolleyes:
E sia, ma tanto si sa, la nostra Clio non è certo una dama indifesa, dunque non avrà bisogno del proverbiale e leggendario eroismo dei nobili Taddei per essere salvata... ;)

Clio 14-09-2015 02.09.20

Sarcasmo? Affatto, in realtà.. (per una volta.. :rolleyes:)
Come ho detto non è una dama qualunque ad essere in pericolo, ma una che ha colpito molto il notro eroe.. ;)
(Quanto a Clio, beh... come mi sembra di aver già scritto da qualche parte, ci sono molti modi per salvare una donna..)

Altea 14-09-2015 11.02.54

Con grande entusiasmo ho letto il proseguio della storia..ecco cosa legava la dama al drago.
Sono certa Ardea riuscirà a sconfiggere il drago poiché è l'Amore per Cramelide che lo renderà vittorioso. .ora aspetto con ansia il susseguirsi della vicenda.
Sarà la Ultima Questione? Avete detto solo finito il racconto di Ardea, i Taddei troveranno il tanto desiderato Fiore.

Guisgard 14-09-2015 16.22.30

Lady Altea, vi sono molte leggende attorno alla saga di Ardea e con esse un'antica profezia.
Secondo essa infatti solo terminando di mettere in forma scritta questa eroica epopea i Taddei troveranno il Fiore Azzurro, spezzando così la terribile Gioia dei Taddei.
Come vedete è una storia magica, oltre che antica quasi quanto il mondo :smile:

Guisgard 20-09-2015 01.43.20

“<< Il primo, per onore e per valore, per fama e per rango >> rispose il pellegrino << era l'intrepido Riccardo, re d'Inghilterra. >>”

(Walter Scott, Ivanhoe)



Ardea e Biago lasciarono la locanda e si avviarono verso il centro abitato.
Era questo molto vasto e densamente abitato, circondato tutt'intorno da una campagna estesa e verdeggiante.
La contrada era brulicante di case e palazzi, chiese e botteghe che accerchiavano e quasi si aggrappavano, come preda di un'innaturale ed invisibile paura, sulle alte e spesse mure del Castello Baronale.
“Pensavo...” disse Ardea, fissando il monumentale maniero “... pensi ci sia possibilità di essere ricevuti dal barone?”
“Non credo...” rispose Biago “... a meno che tu non voglia presentarti per ciò che sei, ossia il figlio del duca.”
“Escluso.” Sentenziò Ardea.
“Allora dovrai fingerti un musico, un saltimbanco oppure un mendicante.” Divertito lo scudiero.
“Divertente...” fissandolo il cavaliere.
Ma proprio in quel momento i due udirono qualcosa.
Una musica seguita da un canto.
Si voltarono e allora videro un ragazzo, dai capelli rossi, alto e magro, con l'aria sognante che se ne stava sotto un sicomoro a suonare la sua cetra.
“Magari” ridendo Biago “potresti chiedere a quel musico di prestarti il suo strumento.”
“Oggi sei in vena di battute.” Mormorò Ardea. “Peccato ti manchi il dono di suscitare risa.”
Biago rise ancora.
“Vieni...” fece il cavaliere “... magari quel menestrello ci informerà circa questa contrada.”
“Cos'altro vuoi sapere?” Fissandolo lo scudiero. “Come si arriva presto dal drago forse?”
Ardea si limitò a sorridere, per poi raggiungere il menestrello.
“Salute a te, menestrello.” Con un cenno del capo il cavaliere.
“Che Dio vi benedica, messeri.” Sorridendo quello.
“Cerchi forse ispirazione sotto questo sicomoro?” Domandò il Taddeide.
“In verità si...” annuì il cantore.
“Per la bella dama del tuo signore?” Ancora il cavaliere.
“In realtà, cavaliere...” smettendo di suonare il musico “... in realtà cercavo ispirazione per un canto da offrire a mia sorella...”
“Però!” Esclamò Biago. “Un giusto modo per dimostrare che l'arte non ha alto lignaggio!”
“Cosa intendete dire, messere?” Fissandolo il menestrello.
“Beh, senza offesa, non penso che né tu, né tanto meno tua sorella siate marchesi o principi.”
“Messere...” risentito il musico “... sappiate che mia sorella appartiene alla più alta nobiltà di questo ducato e dell'intero reame.”
“Come sarebbe?” Confuso Biago.
“Che ella è nobile, messere.”
“Io credevo che...” farfugliò Biago.
“Nobile quanto me, naturalmente.” Precisò il cantore.
Biago cercò di dire qualcosa, ma Ardea con un gesto ed uno sguardo lo bloccò.
“Chiediamo a te perdono, amico mio.” Con un lieve inchino il cavaliere. “Non era nostra intenzione recarti offesa. Vuoi dunque presentarti a noi? Io sono un semplice cavaliere errante e costui, un po' troppo ciarliero, ma di animo sincero, è il mio fedele scudiero.”
“Salute a voi, dunque.” Sorridendo il musico. “Il mio nome è Giaccos, detto il Rosso, figlio del barone di Acerna.”
Guisgard restò meravigliato.
“Barone?” Ripetè Biago.
“Si, messere.” Annuendo Giaccos.
“Allora...” Ardea a questi “... allora tua sorella è...”
“Si, cavaliere.” Alzandosi Giaccos. “Mia sorella è lady Cramelide.”
Ardea e Biago allora si scambiarono un lungo ed eloquente sguardo.
Intanto l'aria profumata della campagna animava il fruscio del sicomoro sopra di loro.
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Clio 20-09-2015 02.58.03

Che curioso incontro di buon auspicio direi.
Le cose si fanno sempre più interessanti, milord.
(E Biagio è sempre fantastico! :smile_lol:)

Guisgard 21-09-2015 16.10.48

Questa è notoriamente conosciuta come la Questione più ardua affrontata da Ardea, milady.
Non si tratta solo di affrontare un terribile mostro, il più feroce che esisteva a quei tempi nell'Afragolignone, ma di salvare una donna.
E non una donna qualsiasi, ma quella che lui ama.
Perseo liberò Andromeda da un Destino infelice, mentre Paride salvò Elena da una vita senza Amore.
Lancillotto riportò in vita Ginevra dal malvagio incanto di Gorre e Rinaldo salvò Armida donandole il suo cuore.
Come giustamente dite voi, vi sono molti modi per salvare una donna ;)

Guisgard 02-10-2015 17.10.28

"Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno."


(Salmo 17)



Lo stupore di Ardea e di Biago, per quella rivelazione di Giaccos, era tangibile.
“Posso chiederti” disse allora il cavaliere al musico “perchè vuoi dedicare dei versi a tua sorella? Solitamente il nostro estro lo riserviamo alla bella che ci fa battere il cuore.”
“In verità” spiegò Giaccos “ella da troppo tempo ha perduto il sorriso, la gioia di vivere. E chiunque abbia conosciuto mia sorella ritiene questo un peccato. Ella infatti non solo è bellissima, ma è anche, o meglio lo era, la più felice e spensierata ragazza di questo mondo.”
“Cosa allora le ha fatto perdere la spensieratezza?” Domandò Ardea.
Giaccos non rispose nulla, limitandosi a scuotere la testa.
Ardea allora lo fissò ancor più turbato.
“Dunque?” Guardandolo.
Giaccos, ad un tratto, scoppiò in lacrime.
E a quella scena il cavaliere ed il suo scudiero non dissero nulla.
Ardea gli si avvicinò e lo guardò negli occhi.
“Perdonatemi...” piangendo il musico “... perdonatemi... per un cavaliere come voi vi sembrerà indegno che un uomo pianga...”
“Piangi...” mettendogli una mano sulla spalla il cavaliere “... piangi e non vergognarti... un uomo deve sapere quando piangere...” e lo strinse in un commosso abbraccio.
Restarono così per lunghi momenti, fino a quando il musico ebbe la forza di versare lacrime per i suoi dolori.
“Tra non molto” fece Ardea, con la sera ormai prossima “farà buio... sarà meglio tornare alla locanda...” a Biago.
Lo scudiero annuì.
“Vi prego...” guardandoli Giaccos “... vi prego, venite con me al castello... voglio che siate ospiti di mio padre...”
I due compagni si scambiarono una lunga occhiata.
“Vi prego...” ancora il musico “... la vostra presenza sarà di certo gradita a mio padre... vi supplico... le mura del castello sono intrise di solitudine e di dolore... la vostra compagnia ci aiuterà a non pensare alle nostra triste Sorte... e al castello vi racconterò tutto...”
“Tutto?” Ripetè Ardea.
“Si...” annuì Giaccos.
“Andiamo...” sorridendo il Taddeide “... siamo onorati della tua ospitalità.”
I tre, così, si avviarono verso il castello di Acerna.
Si trattava di una vasta costruzione, dalle mura alte e solide, le torri merlate ed un vasto fossato tutt'intorno che lo rendeva praticamente inavvicinabile.
Sulle antiche murature, custodi e testimoni di epici e remoti secoli, sventolavano gli aristocratici vessilli Acerniani, simboli della grandezza di queste terre.
Un possente ponte levatoio fungeva da ingresso e numerosi guardie sorvegliavano quell'accesso al maniero.
Ed attorno a questa monumentale fortezza si ergeva l'intero abitato cittadino.
I tre vi giunsero quando ormai era già quasi sera, con deboli luci ad illuminare il castello.
Le tenebre reclamavano il dominio sull'imminente notte, così densa di misteri ed inquietudini.
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Altea 14-10-2015 22.03.07

Questa Questione mi affascina e mi coinvolge molto...chissà poi come sarà l' incontro tra Ardea e Cramelide.

Guisgard 06-01-2016 03.30.53

"Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo."


(Salmo 126)



Giunti Ardea, Biago e Giaccos presso l'ingresso del castello, le guardie subito riconobbero il musico, facendolo dunque passare insieme ai suoi due compagni.
I tre allora attraversarono un ampio cortile illuminato da poche torce scoppiettanti, fino a raggiungere un androne che dava su un'antica scalinata di pietra.
Saliti al primo piano si ritrovarono in una piccola anticamera e da qui passarono poi in un più ampio salone.
Era arredato secondo il tipico gusto Acerniano, con mobili antichi e grezzi, arazzi consumati alle pareti ingiallite per la troppa umidità, teste di animali impagliati sui muri che con armi, elmi e corazze, alcune delle quali arrugginite ed ossidate, fungevano da primordiali trofei di caccia e di guerra.
Dall'altra parte del salone, ossia al punto opposto alla porta da cui i tre erano entrati, un uomo, alto e magro, dal volto scarno ed accigliato, stava in piedi accanto ad un camino acceso, con due molossi accucciati ai suoi piedi, un soldato accanto ed un servitore qualche passo più indietro.
“Ti sei degnato di tornare a casa tua, vedo.” Disse l'uomo riconoscendo il menestrello. “Talvolta non so se mio figlio è un nobile signore o soltanto uno sfacciato menestrello.”
“Salute a te, padre mio.” Con un cenno del capo Giaccos. “Vedo che il tuo umore non è migliorato dall'ultima volta.”
“Ne ho forse motivo?” Fissandolo il barone Avator. “Ho forse una ragione per essere lieto?”
“Si, perchè nella nostra casa sono giunti degli ospiti.” Annuì Giaccos. “E tutti ad Acerna sanno quanto sia celebre la tua ospitalità.”
“Acerna è il luogo più inospitale del mondo ormai.” Mormorò Avator. “Su, vieni avanti con i tuoi ospiti.” Invitandolo ad avanzare con Ardea e Biago.
Quell'ultima frase però non passò inascoltata e i due compagni si scambiarono una rapida occhiata.
“I miei omaggi, milord.” Con un lieve inchino il Taddeide. “Io ed il mio scudiero” indicando Biago “siamo onorati della vostra ospitalità.”
“Da dove giungete, cavaliere?” Chiese Avator.
“In verità” rispose Ardea “è forse più importante conoscere la nostra destinazione, piuttosto che la nostra provenienza, milord.”
“Vi ascolto.” Sedendosi su un grosso seggio il barone.
“Siamo diretti in Oriente.” Spiegò il cavaliere. “Il vescovo di Tessalonica ha richiesto l'aiuto di alcuni cavalieri Cristiani per annientare una rivolta istigata laggiù da alcuni eretici.”
“Comprendo.” Guardandolo Avator. “E forse la provenienza di un campione Cristiano è forse indegna da pronunciare?”
“Chi come noi” rivelò il Taddeide “ha poco interesse per i beni terreni, così come per il suo nome ed il suo stesso sangue, anche i titoli ed i propri Natali rivestono ben poca importanza. La causa che richiede i nostri servigi non impone solo valore e dedizione, ma anche umiltà ed annullamento di se stessi.”
“Stando così le cose” fece il barone “non chiederò oltre riguardo la vostra terra d'origine. Ma neanche il vostro nome è lecito pronunciare, cavaliere?”
“Vi basterà chiamarmi Cavaliere Errante” sorridendo Ardea “ed io volgerò a voi il mio sguardo. Questi invece è il mio scudiero Biago.”
“I miei omaggi, signore.” Con un umile saluto lo scudiero.
“Stasera dunque sarete ospiti del castello.” Sentenziò Avator. “E tra non molto ci metteremo a tavola.”
Ardea ringraziò il barone, per poi guardarsi intorno.
L'atmosfera di quel maniero era cupa ed inquietante, come se tutto gridasse la propria sofferenza contro un Destino di morte.
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Altea 06-01-2016 12.42.12

Che sorpresa...un altro racconto di Ardea..la frase del Salmo è Luce di Speranza vera.

E io aspetto l' incontro tra Ardea, il Cavaliere errante, e Cramelide..

Guisgard 08-01-2016 18.30.50

"Bella è Lesbia, bellissima tutta fra tutte
a ognuna ha rapito ogni possibile grazia."

(Catullo)



La cena fu servita poco dopo in una sala adiacente, più piccola ed adatta ad ospitare un pasto.
Attorno ad una rozza tavola imbandita con pane, salumi, formaggi, vino e frutta vi erano Ardea, Biago, Giaccos e naturalmente suo padre il barone.
Avator era uomo di poche parole, ma comunque cortese ed ospitale e la serata passò tutto sommato tranquilla per il cavaliere ed il suo scudiero.
“Naturalmente” disse il barone ad Ardea “voi ed il vostro scudiero resterete ospiti in questo castello stanotte. Dopo un mio servitore vi condurrà ai vostri alloggi.”
“Ve ne siamo grati, milord.” Annuì il Taddeide.
Poi Avator chiamò uno dei suoi servi.
“Informa lady Cramelide che stasera non è richiesta la sua presenza.”
“Si, mio signore.” Con un inchino il servo.
A quel nome Ardea e Biago si guardarono per un lungo istante.
“Vi fermerete molto ad Acerna, cavaliere?” Chiese Avator.
“Il necessario, milord.” Rispose il Taddeide. “Ossia una notte ed un giorno. Dobbiamo riprendere al più presto il nostro cammino.”
“Comprendo.” Sorseggiando del vino il barone.
Poi la cena terminò e Giaccos intrattenne i due ospiti e suo padre con un canto ed alcuni versi.
Infine il barone congedò il cavaliere ed il suo scudiero e li fece accompagnare da un servo al loro alloggio.
“Luogo piuttosto allegro direi.” Fece Biago, appena rimasto da solo con Ardea nella loro stanza.
“Già...” guardando da una finestra il cavaliere “... un'atmosfera di lutto... ma forse è comprensibile, non credi?”
“Immagino di si, dato ciò che ci è stato raccontato.” Annuì lo scudiero. “Tu cos'hai intenzione di fare adesso?”
“Non lo so...” inquieto Ardea “... immagino che ci rifletterò su... per ora posso fare solo questo...”
“Il tempo allora non ti mancherà...” disse Biago “... visto che hai un'intera notte davanti a te. Io invece preferisco dormirci su.” E si stese su uno dei due letti della stanza.
Il Taddeide invece continuò a fissare l'immensità della sera dai vetri della finestra, come se aspettasse una risposta o forse un segno dal silenzio che avvolgeva il castello.
Poi, ad un tratto, guardando giù nel cortile vide qualcosa.
Una figura che si muoveva lenta nel vago chiarore animato dalle poche torce che bruciavano.
E osservandola infine il cavaliere riconobbe le movenze di una donna.
Incuriosito, allora, uscì dalla stanza e raggiunse il cortile.
E seduta su una delle panche di pietra, illuminata dall'incerta e malinconica luce di una torcia, Ardea vide una giovane e bellissima donna.
Un istante dopo ella, con un lieve gesto della mano, spostò un lembo del velo che copriva in parte il suo viso, mostrando le sue fattezze al cavaliere.
Era Cramelide, la figlia del barone.
La ragazza aveva in una mano un ramo spezzato e con quello disegnava sul terreno un piccolo cuore.
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Altea 08-01-2016 18.41.31

Ho letto "voracemente" questo altro racconto di Ardea...e così ora Ardea e Cramelide sono vicini e chissà a chi rivolgeva quel gesto dettato dal chiarore e sospiri alla Luna la bella Cramelide.


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