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Provai pena per quel ragazzo, strattonato ed evidentemente in balia degli eventi. Ricordavo bene quale fosse la sensazione di sentirsi trascinare via dalla corrente, la spiacevole e gelida consapevolezza che il proprio destino sta nelle mani non curanti di altri al di fuori di sè.
Lo guardai con simpatia e trattenni il respiro quando fu nuovamente portato via da quella sorte che gioca ogni persona, ma certi con più durezza di altri. Avevo udito appena le parole dell'uomo che aveva esibito quel ragazzo come un trofeo di caccia. Mi affrettai a rispondere al suo saluto. "Lord Carrington..." forzai un sorriso e un lieve inchino "sono lieta di fare la vostra conoscenza." Mi voltai verso Guisgard. "Avete un singolare modo di fare qui... prima voi e le vostre arguzie, ora una caccia agli scudieri... pare che i passatempi non vi manchino, perfino i più fantasiosi..." Pronunciai quella parole con gaiezza, ma i miei occhi tradirono una certa diffidenza nei confronti dell'uomo a cui ero stata appena presentata. |
“Dite davvero, milady?” Fece Guisgard fissando Melisendra. “Allora qui prende il sopravvento la vostra metà di Animos!” Appoggiandosi stancamente ad una parete. “Riuscite davvero a trovare fantasioso tutto ciò? Ah, vi invidio, mia cara! E non sapete quanto! Non vi nascondo che alla noia che domina queste terre, preferirei di gran lunga la confusione che c’è dalle vostre parti. Credetemi, milady, nulla stanca più della noia.”
In quel momento un servitore arrivò ad annunciare che la cena era stata servita. Tutti allora raggiunsero la sala accanto a quella in cui si trovavano in quel momento. Anche lord Buttleford giunse al palazzo per unirsi a loro. Gli ospiti presero così posto a tavola. “Immagino, milady…” disse lord Carrinton a Melisendra “… che sia stata tanto drammatica quanto penosa la vita dalle vostre parti dallo scoppio di quell’assurda rivoluzione. Io tremo al solo pensiero di come si possa vivere quando l’ordine costituito da leggi naturali e secolari viene stravolto in questo modo. Ora il vostro governo è in mano a delle bestie, perché tale è la massa.” Aggiunse il nobile che sedeva accanto a lady Gonzaga. “Monsieur, nessun uomo è una bestia, essendo fatto ad immagine e somiglianza di Dio.” Intervenne il vescovo di Touls. “Purtroppo la colpa non è certo della gente, ma di chi approfitta dei suoi drammi per giungere al potere.” “Ma chi sono veramente questi rivoluzionari?” Chiese lord Buttleford. “E cosa vogliono?” “Le nostre terre, i nostri titoli e le nostre teste, amico mio.” Rispose lord Tudor. |
"Il loro odio per il nostro sangue e il disprezzo per ciò che abbiamo costruito si mescola col desiderio di impossessarsene. Il fanatismo di quegli uomini è tanto pericoloso quanto brutale è la maniera in cui si manifesta... non dimenticate quante teste sono già cadute sotto la lama del boia... nè le donne e neppure i bambini sono esenti da ciò che hanno il coraggio di chiamare giustizia."
Le mie parole erano amare e pesanti come piombo in fondo al mio cuore. Faticavo a riconoscermi in quella gravità. Se mi fossi vista allo specchio avrei stentato a credere di aver pronunciato quelle affermazioni. La piccola Melisendra, quella fanciulla leziosa e felice, quella piccola lady che prendeva il cavallo del padre e lo spronava a perdifiato nelle campagne... le frivole chiacchiere col le altre dame, i sospiri dei corteggiatori... mi ero persa da qualche parte nel passato. Nel presente non esistevo più. "Perdonate l'asprezza delle mie parole..." Presi il calice di vino e assaporai il liquido ambrato. Le mie dita sfiorarono con noncuranza il gioiello di mia madre. Mi sentii subito meglio. Sapevo di apparire fragile. Ero sempre apparsa come una fragile e delicata creatura. Ma mio padre mi diceva ogni volta che non dovevo dimenticare mai che il sangue che mi scorreva nelle vene faceva di me una guerriera. All'epoca io ridevo di quelle parole. "Sei una guerriera, Melisendra, anche se ancora non lo sai... hai uno spirito forgiato nel fuoco, sotto quel visetto angelico." E poi mi ammoniva: "E ricorda che la spada di una gentildonna è la raffinatezza e la cortesia dei suoi modi. Che Dio salvi il tuo futuro sposo quando imparerai a usare le tue armi!" Posai il calice. "Come intendete sconfiggere la noia che tanto temete, Sir Guisgard?" decisi di passare a pensieri più lieti. |
“Purtroppo non possiamo neanche immaginare ciò che voi e la vostra famiglia avete dovuto sopportare, milady…” disse lord Tudor “… voi come tutti i nobili ed il Clero di Animos… tutti noi avevamo amici fra i tanti martiri di quell’inumana rivoluzione ed il solo pensiero che gli artefici di tutto questo sono ancora ai loro posti, mi fa vergognare di vivere in questo mondo.”
“Suvvia, non affliggiamo oltre i nostri ospiti…” prendendo la parola Guisgard. “Guisgard, ti prego…” scuotendo il capo lord Tudor. “Ma è stata lady Melisendra a chiedermi di distrarla, caro zio.” Replicò il nipote. Del resto se è fuggita da Animos, non è giusto che si ritrovi anche qui ad affrontare quegli argomenti per lei tanto dolorosi, non vi pare?” “Potreste raccontarci del vostro viaggio in Italia, sir.” Fece lord Buttleford. “Oh, non amo tanto apparire ed accentrare l’attenzione su di me, milord.” Con insofferenza Guisgard. “No, per distrarre la nostra bella lady di Francia, ops, pardon, di Animos… temo non mi abituerò mai, milady…” sorridendo a Melisendra “… ci vorrebbe qualcosa di particolare, originale, fuori dall’ordinario…” “Milord…” entrando in quel momento un valletto “…la marchesa Ymma De Tour Jazzy e suo marito, sir Louis de Peruguen sono qui.” “Falli entrare.” Rispose lord Tudor. Un attimo dopo la giovane entrò e riconosciuto suo zio, il vescovo di Touls, corse fra le sue braccia, baciandolo e stringendolo a sé. “Grazie al Cielo, siete salvo, zio.” “Ymma, piccola mia.” Piangendo il vescovo. “Grazie, milord… grazie dal profondo del cuore…” rivolgendosi a lord Tudor. “Ciò che conta è che vi siate riuniti.” Rispose il duca. “Milady, vorrei presentarvi lady Melisendra Yolande Demetra Du Blois, Duchessa di Beuchamps. Anch’ella fuggita come voi dalle persecuzioni dei Ginestrini.” “Sono lieta di conoscervi, madame.” Disse Ymma a Melisendra. “E sono felice di sapervi in salvo e al sicuro qui con noi.” |
“Fate bene a stare in guardia, madame” disse il misterioso uomo ad Elisabeth “e a non fidarvi di nessuno. Ma non credo abbiate molto da temere da me. Non penso siate una nobile in fuga, o una monaca che si nasconde, quindi ci guadagnerei poco se vi vendessi alla Guardia Repubblicana. Conservate pure le vostre forze per quando incontrerete, ed accadrà credetemi, minacce e pericoli ben più reali di quelli che potete vedere in me ora.”
L’uomo controllò la situazione ed il luogo in cui si trovavano e vista la via libera condusse via Elisabeth. Poco dopo i due giunsero ad una piccola casa, seminascosta tra due vicoletti che si tagliavano perpendicolarmente. “Prego, madame.” La invitò ad entrare l’uomo. “Non sarà la reggia del principe, ma saprà accoglierci e proteggerci almeno per un po’.” Preparò allora una fugace cena col poco che aveva in casa e lo divise con la donna. “Sono sincero…” disse dopo aver mangiato “… trovo curioso, strano, forse assurdo che una donna tutta sola attraversi il paese in questo momento. Soprattutto con l’aria di sospetto che il vostro modo di fare riesce a suscitare in chi vi guarda. Ogni angolo di questo stato pullula ormai di guardie e spie.” |
"Marchesa, mi ricordo di voi... ho avuto modo di scorgervi a corte, molto tempo fa. Sono lieta di vedervi in salvo." La salutai con cordialità.
In quel momento i ricordi tornarono a sopraffarmi e cercai di scacciare quella malinconia nascente. "La fantasia non vi manca, Sir Guisgard, attenderò con impazienza i vostri suggerimenti. State pur certo che non deluderò le aspettative che attribuite al temperamento delle dame d'oltre Manica e saprò fare buon uso dei vostri consigli." |
Ymma salutò Melisendra ed accennò anche lei ad un ricordo lontano di un loro incontro.
Poi la cena proseguì, con l’aggiunta dei nuovi venuti. “Ormai da Animos giungono solo voci confuse.” Disse lord Buttleford. “Il governo della repubblica lascia solo, e sporadicamente, blandi comunicati ufficiali che sanno di niente o quasi.” “Laggiù ormai c’è solo il caos.” Fece lord Carrinton. “Ed arrivano voci assurde, senza alcuna fondatezza.” Mormorò lord Tudor. “Di certo vi riferite a quelle di misteriosi liberatori dei nobili e del Clero, vero, milord?” Chiese Buttleford. “Leggende e favole.” Sentenziò il duca. “Sembra che ora abbiano anche un nome…” scuotendo il capo Buttleford “… alcuni marinai di un mio amico armatore mi hanno raccontato che si firmerebbero con un fiore.” “Che assurdità.” Con indifferenza lord Tudor. “Io li ho visti, milord!” Intervenne Ymma. “Se io e mio marito siamo qui è grazie a loro! Erano degli uomini travestiti da zingari. Parlavano con accento inglese e ci condussero fino a Calais, dove poi ci fecero imbarcare sulla nave di un capitano italiano!” “E’ impossibile organizzare tutto questo in un paese controllato notte e giorno da guardie e spie, milady.” Fissandola lord Tudor. “Milord, perdonatemi, ma anche noi abbiamo incontrato qualcuno a cui dobbiamo la vita e che ci ha celato il proprio volto.” Intervenne il vescovo. “Erano diversi uomini, tutti camuffati, e se siamo qui lo dobbiamo solo a loro. Io non so se le voci su quel fiore siano vere o fasulle, ma so che chi ci ha tratto in salvo era reale come lo siamo ora tutti noi qui.” “Ho raccolto alcune informazioni da mercanti e viaggiatori” disse il marito di Ymma “e ad Animos tutti giurano che quelle voci sono vere. Tutti laggiù parlano del misterioso Giglio Verde.” “Ecco un argomento adatto per farvi distrarre, milady.” Disse Guisgard a Melisendra. “C’è tutto per far galoppare la fantasia verso pensieri sognanti… mistero, avventura ed un sottile alone di romanticismo d’altri tempi… non a caso ho composto alcuni versi su questa cosa, amici miei.” Aggiunse con un sorriso vagamente compiaciuto. |
L’angoscia e la disperazione stringevano come in una morsa il cuore di Chantal.
Aveva paura. Paura di non rivedere più suo zio. Il mondo, il suo mondo, quella sera sembrava caderle addosso. Cosa ne sarebbe stato di lei? Ma, ad un tratto, qualcosa la destò dai suoi tormenti. Era un rumore. Qualcuno si trovava nel giardino e dal rumore dei passi sembrava avvicinarsi sempre più alla porta di casa. Quella lettera appena letta era ancora lì, davanti a lei. Quella lettera con il suo inestimabile tesoro. Ma ora lei e quel tesoro sembravano essere in pericolo. |
Lyo fissò Altea e restò un istante in silenzio.
“Che sciocco che sono!” Esclamò. “Vi sarò sembrato di certo scortese, milady… ma permettetemi di rimediare… il mio nome è Lyo Bahyle e sono un cavaliere al servizio di lord Tudor.” Sorrise e mostrò un lieve inchino col capo. “Beh, giungete davvero dalla lontana Irlanda se non conoscete lord Tudor e la sua nobile dimora, il Palazzo del Belvedere!” Esclamò. “Egli è il signore di tutte queste terre e tutti qui lo conoscono. Sicuramente anche la nobildonna che vi ospita.” La fissò per qualche istante. “Però, se non avete mai visto il Belvedere, perdonatemi, è davvero una cosa grave, milay. E’ un magnifico palazzo, secondo solo, per stile e sontuosità, al Palazzo Reale di sua maestà. Vi va di vederlo? Io sto andando proprio là. E sarà ovviamente una gioia potervi accompagnare lì.” |
Theo fissò Brianna mentre la ragazza andava a prepararsi.
Strani e cupi pensieri attraversarono in quel momento il suo cuore. Era combattuto. Combattuto su cosa dire e fare. “Forse non capiresti, piccola mia…” disse fra sé “… vorrei che tutto questo finisse… vorrei non avere quest’impegno… ma ho giurato… e se non mantenessi quel mio giuramento, non sarei degno del grande dono che il Cielo mi ha fatto… il tuo amore.” Dopo un pò Brianna tornò da lui. Era pronta per essere presentata a lord Tudor. Ed era bellissima. In quello splendido abito rosso, impreziosito da quelle rifiniture e ricami dorati, la sua fresca bellezza sembrava splendere ancor più radiosa. La sua pelle bianca esaltava il luminoso colore di quello sguardo che sembrava celare dolcezza unita a determinazione. I capelli raccolti lasciavano libero il suo volto, mostrando gli splendidi e perfetti lineamenti con i quali il Buon Dio l’aveva ritratta. “Sei… sei bellissima, Brianna…” sussurrò Theo nel vederla “… sarò il più invidiato ora che giungeremo al Palazzo del Belvedere…” le si avvicinò, baciandole la mano “… posso avere, milady, l’onore di essere il vostro cavaliere per oggi?” Scherzò sorridendo. “Badate che non accetterò alcun rifiuto." |
Daniel, nel frattempo, era sto portato via da Jalem.
Questi, in precedenza, aveva avuto ordine da Guisgard di abbigliare come si conveniva il nuovo scudiero del nipote del duca. Guisgard infatti aveva scelto il giovane Daniel come suo scudiero. Così Daniel ora aveva un ruolo ed un lavoro in questa nostra avventura. I poemi e i romanzi ci parlano spesso di giovani apprendisti di quella che è la grande scuola della vita. Il nostro audace ladruncolo, anche se ora si è guadagnato il più onorevole titolo di scudiero di sir Guisgard, sembrava adatto, quasi predestinato, all’avventura. Era coraggioso, abbiamo visto come aveva apostrofato il burbero lord Tudor, indomito, mai infatti si era abbandonato alla disperazione e allo sconforto, e leale. Inoltre si era anche meritato, proprio grazie alla sua lealtà, la fiducia del nipote del duca e questa, amici miei, è spesso la chiave, dato che i Tudor erano i nobili più potenti del regno, per riuscire in tutte le cose. “Ascolta, ragazzo.” Lo chiamò Jalem. “Prendi la carrozza e recati al villaggio. Lì troverai, presso la locanda delle Due Rose, sir Hagus ad attenderti. Prendilo e conducilo qui. E’ atteso da lord Tudor.” |
Gia' non ero una nobile e neanche una suora, se mi avesse venduta potevo finire solo sul rogo, non sapeva invece quanto gli uomini mi facessero paura, avevo subito e questo mi aveva allontanata per anni ormai dal vivere accantoa giovani uomini, i maestri che frequentavo erano delle persone speciali, loro avevano un'energia universale erano figli del cosmo.......la comunita' in cui ero stata cresciuta, era fatta di donne......seguii il mio salvatore cercando di pulire la mia mente, entrai in casa, una casa piccola, un pasto caldo che aiuto' il mio stomaco a non borbottare piu'........" Perdonate il mio comportamento...non volevo mostrarmi ingrata, vi chiedo scusa se avete avuto questa impressione.....vi devo ringraziare, mi avete fatto entrare in casa vostra e avete diviso con me il vostro pasto......non avrei mai creduto che un uomo potesse avere un tale riguardo nei miei confronti. Sappiate che dal luogo da cui vengo, viviamo in piccole dimore e dormiamo sulla nuda terra......mangiamo cio' che la mnatura ci offre, la nostra giornata e' fatta di ritualita' e studio....il mio vestito e' una semplice clamide azzurra e alla vita ho una cintola in canapa......il mio mantello e' della stessa stoffa del vestito ....ed e' dei colori della natura...che sia estate o che sia inverno il mio abbigliamento non cambia.......L'obbedienza delle regole mi ha fatto lasciare il mio porto sicuro, perche' io potessi portare un dono.....e per conoscere i miei natali, mi e' stato detto che in quella casa avrei trovato una risposta.........se guardate le mie mani, sono mani che hanno lavorato tutti i giorni, se guardate il mio volto.....potrete vedere il calore del sole e la luce della luna...se guardate i miei occhi potrete vedere il solco delle miei lacrime...ma agli angoli delle mie labbra ci sono rughe di gioise risa......riconosco di essere stata messa alla prova, la mia sapienza e la mia conoscenza deve dare i suoi frutti...con questo principiuo sono stata cresciuta........Sono schiva neio confronti degli uomini, da loro so che posso avere solo del male.....ma a quanto pare voi siete un'eccezione...!! "........Mi alzai, presi il mio piatto e il cucchiaio...poi presi il suo e cercai di rendermi utile, volevo dargli il poco che potevo.....approifittando di questo, gli voltai volutamente le spalle, per me quella situazione era di grande imbarazzo, sola con un uomo non c'ero mai stata....le mani tremavano...
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Chantal rimase a lungo preda dello sgomento.
Leggeva incredula,interrogandosi se fosse un segno,o solo un gioco del destino che,in quel momento di attesa,la stesse riconducendo al mancato rientro di suo zio. Ritrovò la ragione. "E' solo una coincidenza",pensò,mentre continuava ad asciugarsi le lacrime con le mani. Ma ella non credeva al caso ed alle coincidenze,non s'era mai sbagliata sulle sue sensazioni.E le sensazioni di quel momento erano inquietanti. Ancora cercava di prosciugare il pianto quando udì un rumore proveniente dal giardino. "Zio!"Si precipitò,attraversò la casa con la lettera in mano e si avviò alla porta. L'aprì,ma non vide suo zio. D'istinto e con scaltrezza,nonchè celerità richiuse la porta,la sprangò,e con tutto il peso della sua esile figura si pose con le spalle a bloccarla per ragionare,comprendere,decidere o, forse, per ritrovare le forze. Non aveva cognizione di chi potesse esserci là fuori,che fosse un uomo o una bestia,non faceva differenza alcuna,ciò che le importava era che non aveva certo potuto cogliere il suono della voce di suo zio a confortarla o rassicurarla,o ad annunciarle il suo rientro. E suo zio era solito invocarla per nome appena varcava il cancello d'accesso al viale del giardino.Sempre,senza eccezione alcuna. E non l'avrebbe fatta in quella notte. Questo la fece insospettire,come anche il non aver veduto una qualunque fonte di luce,quale viene diffusa da una lanterna o una candela,a rischiarare il viale e i cespugli. Il cuore in gola le faceva mancare il fiato,era spaventata,ed ora anche sospettosa e turbata. Era notte alta,sebbene fosse prossima l'alba. Il sogno,la lettera,quei rumori,la finestra misteriosamente aperta. Tutto la spaventava e tormentava i suoi sensi e la sua ragione. Aveva comunque due scelte alle quali abbandonarsi;fidarsi ed aprire per invocare aiuto ed intraprendere le ricerche di suo zio nelle strade del borgo,o diffidare,e cercare un nascondiglio,poichè avvertiva pericolo ed inquietudine. Non fu la ragione a suggerirle quale delle due strade imboccare,ma la paura. Chantal era una figura molto esile,vestiva sempre in modo semplice e leggero,spesso indossava una veste scivolosa come una camicia da notte di lino o mussola leggera,o di impalpabile georgette,come quella sera.A differenze delle belle ragazze del paese,donne aristocratiche e raffinate,non amava quei pesanti gonnelloni a balze e corredati di numerosi strati di sottogonne che le impedissero di muoversi con leggerezza,nè indossava mai corsetti che la costringessero.Solo una veste camicia,per lo più bianca,che le avvolgeva la figura quasi come una carezza. Ed era ancora estate. E così anche quella notte.Ma ora le veniva utile poichè pensò che le avrebbe facilitato l'accesso ad un luogo angusto e ristretto che stava meditando di varcare. Non esitò a trovare rifugio,infatti.Del resto,non aveva certezza che a suo zio fosse realmente accaduto qualcosa,così ragionò nel senso della tutela di se stessa.Era sola,era buio,fuori c'erano conflitti ed illegalità ed ella era la nipote di padre Adam,una delle poche figure ecclesiastiche,anche di notevole temperamento,che ancora sfuggiva ai Repubblicani. Pensò,quindi,di nascondersi,solo così poteva venire più utile anche alle ricerche di suo zio che avrebbe intrapreso l'indomani. Da piccola,infatti,giocando a rimestare il grande pentolone di rame che si calava dal camino,aveva scopeto tra il fondo e le colonnine di marmo del focolare localizzato sulla parete est della sala,un'apetura segreta,celata dietro la muratura di terracotta.Come una porticina che s'apriva con facilità a chi sapesse come accedervi. Si indirizzò verso il camino,scostò appena gli alari ed il parascintille per attraversare quel passaggio che non sapeva dove l'avrebbe condotta,suo zio le aveva sempre impedito di attraversarlo,ma di sicuro le offriva sicurezza in quel momento. Cercò con le mani su quella parete annerita dal fumo un chiavistello nascosto in alto,e ricoperto di fuliggine,nel buio muoveva le dita con scrupolosa meticolosità e,finalmente,riuscì a forzarlo,lasciando che uno scatto facesse aprire un varco. Ma subito,come un lampo,ritornò alla lettera ed ai suoi contenuti,durante quell'operazione l'aveva tenuta stretta tra i denti,non l'aveva posata un solo istante per timore che rimanesse incustodita.Si rialzò,si precipitò nello studio,prese il vasetto di creta a cui si faceva riferimento,lo strinse al petto ed andò a nascondersi,richiudendo il varco alle sue spalle. Quella lettera e il contenuto di quel vaso ora erano il filo emotivo ed affettivo che la tenevano legata al suo caro zio. Erano come la speranza. Non sapeva cosa l'attendesse,procedeva a tentoni attraverso quel passaggio,aveva sentito sotto i suoi piedi nudi dei gradini di umida pietra,iniziò a percorrerli lentamente,si aiutava rimanendo china,accovacciata,nel buio le mani erano l'unica fonte di conoscenza che le fecessero apprendere come fosse architettato quell'ambiente così angusto,umido e ammuffito. Ad un tratto,però,si sentì smarrita,si lasciò cadere su quei gradini e si abbandonò di ad un nuovo pianto di disperazione. Aveva paura. Strinse,così,in seno la lettera ed il vasetto invocando la protezione di Dio e proferendo il nome di suo zio. |
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<<Grazie mille.. Vado subito..>> Andai fuori le mura e vidi una carrozza semplice.. Trainata da due destrieri marroni.. Era nera.. Sembrava più un carro funebre.. Vidi che non c'era il cocchiere.. La devo guidare io?? Io non so guidare carrozze.. Salii al posto di comando e imitai quello che fanno i cocchieri.. Feci schioccare le briglie e urlai <<YA!>> i cavalli partirono velocissimi.. A momenti mi facevano cadere a terra.. Non riuscivo a frenarlli non so come si faceva.. Arrivai al villaggio correndo.. Stavo per schiantarmi quando tirai le briglie con tutte le mie forze.. I cavalli si fermarono a un palmo da una locanda.. Fuori c'era un uomo che guardava la scena divertito.. Sir Hagus? |
certamente che vi concedo l'onore.
brianna era molto agitata di andare a palazzo con l'uomo dei suoi sogni aveva pensato molte molte a quella scena e mai si sarebbe immaginata tanta agitazione . salirono sulla carrozza e via a palazzo brianna fece un inchino a lord tudor |
"Il giglio verde..." sussurrai sottovoce. Poi mi inserii nella conversazione. "Chiunque sia l'uomo dal volto coperto che ci ha salvati, gli sarò eternamente grata per quel nobile gesto."
Picchiettai pensierosamente le dita sulla mensa. "Mi ha profondamente colpita la loro conoscenza della lingua di Animos... la parlava senza la benchè minima traccia di accento straniero, sebbene poi tra loro li abbia uditi parlare la vostra lingua. La sua conoscenza della lingua mi fa pensare che non fosse una persona comune, ma ben istruita." Guardai i commensali. "La leggenda che si creerà attorno a questi fatti presto farà nascere ballate e poesie su questo misterioso Giglio Verde." Sorrisi tra me e me. |
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“Se fossi di qualche anno più giovane” disse lord Buttleford fissando Melisendra “sarei quasi geloso del modo in cui parlate di quel misterioso individuo. Chiunque sia davvero il Giglio Verde, sembra vi abbia profondamente affascinata, milady.”
“Che sciocchezze!” Intervenne lord Tudor. “Non sappiamo neanche cosa ci sia di vero in queste storie!” “Qualcosa di vero esiste, milord.” Replicò la giovane Ymma. “Ed era rappresentato da quegli uomini che ci hanno tratti in salvo. Li ho visti e ho potuto parlare con loro, come adesso sto facendo con voi.” “Sono sicuramente degli inglesi.” Disse lord Carrinton. “Solo il coraggio e l’audacia del nostro sangue possono spingere a tali atti di eroismo.” “Devo dire che tutto ciò è deprimente, amici miei…” con aria seccata Guisgard “… trovo assurdo che qualcuno possa celare così la sua identità. Voglio dire… sei diventato celebre, dalle due sponde della Manica non si fa altro che parlare di te, sei ammirato dagli inglesi ed odiato da quelli di Animos… e tu cosa fai, mio caro Giglio Verde? Nascondi il tuo nome ed il tuo volto! Bah… lo trovo assurdo… forse poteva fare effetto qualche secolo fa, ma al giorno d’oggi questi atti di effimero romanticismo non vanno più di moda…” |
Guardai Sir Guisgard con un'espressione di sorpresa.
"Oh, Sir... non potete pensarla veramente così... un'aura di effimero romanticismo, come dite voi, contribuisce ad aumentarne il fascino e a confondere i nemici... perciò direi che, chinque sia quell'uomo, è senz'altro astuto." Mi voltai verso Lord Buttleford. "Noi donne, Milord, siamo molto sensibili all'audacia... e quando ci si presenta un raro esemplare di questa virtù... bè, non possiamo che riconoscerne il merito." Sorrisi. "Tanto più che questa persona è così reale che gli devo la vita... e di questo gli sarò eternamente riconoscente." Mi rivolsi a Lord Tudor "Come sarò sempre grata a voi, Milord, per la vostra ospitalità e il vostro aiuto." Sospirai. "Avrei voluto conoscere il nostro misterioso salvatore, ma i suoi uomini sono ben decisi a preservarne l'anonimato... e a ragione aggiungerei. E' stata ammirevole la grazia con cui il capitano italiano della nave che ci ha condotti in Inghilterra ha deviato ogni mia domanda in proposito!" |
“Eh, la curiosità è femmina!” Esclamò Buttleford. “Ed immagino che quel capitano abbia dovuto penare molto per resistere alle vostre domande, milady.”
“Cosa posso dire, milady…” accomodandosi il colletto Guisgard e fissando Melisendra “… ormai ho sviluppato un forte cinismo, che detesto io per primo, riguardo alle azioni compiute dai miei simili… guardo il senso pratico delle cose… perché tanto mistero? Perché mascherarsi? E’ forse brutto questo Giglio Verde?” Sorrise. “Vi immaginate, amici miei? La nostra lady Melisendra è tanto affascinata da quell’individuo e magari lui è sfigurato, deforme!” “Perché dovrebbe esserlo?” Chiese Ymma. “Magari ci sono buoni motivi che lo spingono a celare la sua identità.” “E la bruttezza non vi sembra un motivo più che giusto?” Scherzò Guisgard. “Solo nei romanzi cavallereschi gli eroi sono bellissimi e coraggiosi. Entrambe le cose sembrano difficili da potersi avere.” E rise di gusto. “Io mi accontenterei di avere un nipote coraggioso.” Sbuffò lord Tudor. “La bellezza, a quanto vedo, serve a poco. Forse è considerata una virtù dalle donne, ma non certo da me.” “Grazie al Cielo madre Natura non la pensava come voi, caro zio, altrimenti a quest’ora anche io andrei in giro con una maschera e magari firmandomi con qualche pseudonimo… non so, del tipo Rosa Viola, Peonia Turchina o Orchidea Amaranto!” “Siete sempre il solito, sir!” Ridendo Buttleford. “Con voi non si può mai essere seri! Scherzate su tutto!” “Chi, sir? Io, sir? No, sir!” Scuotendo il capo Guisgard. “Non scherzerei mai sul mio aspetto.” Sorridendo. “E neanche sul tuo coraggio potresti scherzare!” Fissandolo lord Tudor. “Visto che non ne hai!” |
Il misterioso uomo fissò Elisabeth che, dandogli le spalle, sparecchiava dopo quella modesta cena.
Era una donna strana, pensava fra sé. Si vedeva che ignorava le regole dell’alta società, quel vuoto apparire, quell’osteggiare fierezza e presunzione. Era una donna molto semplice, a tratti candida, non diversa da quelle che aveva conosciuto nel Sud della Francia, tra la Linguadoca e il Rossiglione. Quelle pastorelle che frequentavano le brulle conche tra l’entroterra e le pendici dei Pirenei orientali. “Quindi appartenete ad una specie di congrega, giusto?” Domandò l’uomo. “Una congrega religiosa forse?” Prese una bottiglia di vino. “Spero che il vostro ordine, qualunque esso sia, non vi vieti di bere.” Mormorò. “Certe giornate è meglio bere e dimenticare… ci aiuterà a non avere incubi durante la notte.” Riempì due bicchieri. “Non abbiamo molto da bere, ma abbastanza per allietarci i pensieri. Oggi anche il vino è diventato un bene di lusso. Prendete.” Porgendole un bicchiere. |
Ora ne avevo abbastanza di quell'atteggiamento. I miei occhi scintillarono di furore a sentire quelle sciocchezze pronunciate con tale naturalezza.
"Sir, penso che la bellezza, qualora sia accompagnata da un completo vuoto interiore, sia ben più grave di qualunque cicatrice possa sfigurare il volto di un uomo virtuoso..." dissi aspramente. Poi mi placai. "Sarei affascinata dal coraggio e dalla dedizione di quell'uomo alla causa che ha abbracciato anche se fosse orribilmente sfigurato." Poi mi feci più severa. "Potete non avere coraggio o aspirazione alcuna per le imprese di cui udite parlare, ma non deridete chi mette in pericolo la propria vita per la salvezza di altri." |
Per qualche istante un assoluto silenzio scese nella sala.
Le parole di Melisendra, così sentite e cariche di passionale slancio, avevano generato una specie di vuoto. “Anche io la penso come voi, madame.” Rompendo quel silenzio Ymma. “La vera bellezza sta nell’anima, non in un bel volto.” “Ma io non volevo in nessun modo screditare la vostra ammirazione verso quell’uomo, milady.” Disse Guisgard, assumendo un’aria di vivo stupore. “Assolutamente. Noi tutti gli siamo grati. Deve davvero essere un grand’uomo se il solo nominarlo riesce a far tingere il vostro bel volto di quel vivo rossore.” Sorridendo. “Sapete… trovo che i vostri bellissimi occhi si giovino, e non poco, di quel rossore… allora vorrà dire che saremo grati anche di questo al misterioso Giglio Verde.” “Ma non avevate accennato a delle rime, sir?” Chiese Buttleford. “Certo, milord.” Alzandosi in piedi Guisgard. “Rime che ho composto io stesso, pensate, mentre decidevo in che verso accomodarmi i capelli una mattina.” “Sempre il solito!” Ridendo Buttleford. “Queste rime dimostreranno che non ho nulla contro gli eroi romantici d’altri tempi.” Fece Guisgard. “E, se posso, le dedicherò alla nostra lady Melisendra ed al suo entusiasmo per il nostro misterioso salvatore… il titolo è Il Giglio Verde, di sir Guisgard Tudor…” E cominciò a recitare: “Chi mai sarà e da dove mai arriverà? E Magnus, tutta inquieta, dov’è non sa. E la repubblica dietro quel nome si perde. Sarà Angelo o demonio, quel Giglio Verde?” E terminate quelle rime, tornò a sedersi con un sorriso compiaciuto. http://1.bp.blogspot.com/_2EPJUI5nVX...-and-essex.jpg |
Lo applaudii insieme agli altri commensali.
"Belle rime, Sir..." chinai il capo in segno di apprezzamento "Dovreste inviarle ai Repubblicani di Magnus..." suggerii maliziosamente "Chissà che non li distraggano da tutto l'affanno che egli dà loro." |
Chantal aveva percorso quel passaggio segreto portando con sé la lettera ed il vaso di terracotta.
Sotto i suoi piedi sentiva il freddo marmo, sporco di terreno e sterpi. Attraversò per un bel tratto quel passaggio, ma poi avvertì la disperazione e l’angoscia crescere in lei. Si abbandonò ad un pianto disperato. Sensazioni, ricordi e paure cominciarono ad animare i suoi pensieri. Vedeva inquiete immagini che sembravano animarsi davanti ai suoi occhi. E cominciò ad avvertire dei suoni. I discorsi dei Ginestrini, le urla della folla, i canti dei giovani per le strade. All’improvviso qualcosa sembrò scuoterla. Dei rumori alle sue spalle. Rumori di passi. Forse la inseguivano. “Chantal.” Immaginò di udire. “Chantal.” Erano reali quelle voci? Davvero qualcuno la stava inseguendo? Oppure era tutto frutto della sua immaginazione? Poi, ad un tratto, alzò lo sguardo e vide una lieve luce in lontananza. Forse davvero quel passaggio conduceva da qualche parte. Ma dove? |
Tutti, tranne lord Tudor, applaudirono le rime di Guisgard.
“Sapete che non sono niente male?” Fece Buttleford. “Mi piacciono!” “Niente male?” Ripeté Guisgard. “Un capolavoro dovreste dire, milord! Ve le copierò su un foglio e voi le imparerete a memoria! Voi, invece, dite che dovrei farle leggere ai governanti delle vostre terre?” Chiese a Malisendra. “Non so… dalle vostre parti… si perde la testa per un nonnulla!” E rise di gusto. “Non la trovate arguta, lord Buttleford?” “Moltissimo, ragazzo mio!” Ridendo Buttleford. “Milord, sir Arthos e sir Theo sono appena giunti.” Annunciò in quel momento un servitore. “Fateli entrare.” Annuendo lord Tudor. I due cavalieri allora furono ricevuti e lord Tudor li presentò ai suoi ospiti. “Sir Arthos e sir Theo sono due dei miei più fidati cavalieri.” Disse il duca. “Perdonatemi, milord…” un po’ imbarazzato Theo “…lei è lady Brianna…” “Ah, bene, bene…” fece lord Tudor osservando con attenzione la ragazza “… vedo che hai saputo ben scegliere… i miei omaggi, milady.” Salutando Brianna con un lieve inchino. “Presto ci raggiungerà anche sir Hagus. L’ho incaricato per delle ricerche riguardo ad alcuni feudi appartenenti alla famiglia di lady Melisendra. Ora perdonatemi, amici miei, ma mi ritirerò in attesa di sir Hagus.” Rivolgendosi ai suoi ospiti. “Mio nipote e lady Gonzaga sapranno fare gli onori di casa meglio del sottoscritto. Col vostro permesso.” E si ritirò. “Posso sperare nel vostro perdono, milady?” Chiese Guisgard avvicinandosi a Melisendra. “Devo pur rimediare al fatto di aver scherzato sul vostro misterioso eroe… se vi mostrassi il Belvedere dite che potrei meritare il vostro perdono?” |
Daniel correva lungo la verde e umida campagna inglese col quel carretto affidatogli da Jalem.
Percorse rapido la stradina che conduceva al villaggio ai piedi del colle del Belvedere. Giunto in paese non molti, in verità si accorsero di lui, ma il nostro giovane scudiero riuscì comunque ad attirarsi più di uno sguardo malizioso da parte di qualche giovane contadinella. Ed infatti il nostro non era certo un brutto ragazzo. Immaginatevi uno di quei giovani protagonisti che compaiono in qualche novella pastorale. Ma figuratelo abbigliato con una giubba un po’ sbiadita, pantaloni marroni e stivali consumati ma di buona qualità. Occhio vivo, espressione vispa, solare, che tradiva una genuinità d’animo tipica dei preferiti di madonna Avventura. Daniel aveva anche un cappello, non troppo vecchio ed ornato con una piuma variopinta. Il nostro simpatico novello Oreste aveva con sé anche un’arma, ben stretta in un cinturone di cuoio. Non certo una spada, ma un coltello, non troppo grande e quindi incapace di spaventare un uomo d’arme esperto, ma sufficiente da permettere al nostro Daniel di difendersi da qualche balordo che frequentava il villaggio, o da uno di quei birboni che di tanto in tanto si spingevano nel bosco per qualche bravata. Giunto nel villaggio, subito si ritrovò davanti alla locanda Delle due Rose. Qui vide un uomo davanti alla porta. “Hei, fa attenzione!” Esclamò questi. “Volevi entrare con tutto il tuo carretto nella locanda?” L’uomo era un cliente di passaggio. Ma dall’interno della locanda provenivano alcune voci. Sicuramente sir Hagus si trovava dentro il locale. |
Mi ero lasciata trascinare di nuovo dalle mie intemperanze, le stesse che la vigile sorveglianza di Giselle e l'esemplare contegno di mia madre avevano cercato di mitigare.
"Accetto con piacere, mio signore... quanto al perdono, penso che i vostri versi lo abbiano già conquistato... siete indubbiamente dotato del dono di servirvi delle parole con grazia e arguzia. Forse dovrei addirittura stare in guardia da tale abilità." Sorrisi. |
Guisgard accennò un sorriso.
“Allora stasera, sebbene voi sogniate il misterioso e romantico Giglio Verde, avrò l’onore io di farvi da cavaliere.” Disse, porgendo la mano a Melisendra. I due allora visitarono le ampie sale al pian terreno e la meravigliosa Parrocchia Ducale dedicata alla Divina Misericordia, adibita a cappella di palazzo. Raggiunsero poi l’ampia terrazza che dominava sul panorama della collina. Uno sciame di luci lontane sui fianchi della collina descriveva la forma del villaggio vicino, simile ad un vecchio addormentato. La Luna illuminava quella sera col suo pallido alone, generando un chiaroscuro molto suggestivo nel bosco sottostante, dal quale, per questo magico effetto, sembravano formarsi ed animarsi strane ed irrequiete figure. “Sono dunque bastati quei versi” disse Guisgard alla ragazza “per sciogliere il vostro disappunto, milady?” Sorrise. “Beh, allora venderò ogni bene, sempre se mio zio me ne lascerà, e diventerò poeta.” Accarezzò alcune rose che ornavano la terrazza. “Dite, vi va di salvare questi fiori, milady? Vedete, sin da piccolo ho la passione per i fiori, ma mio zio ha sempre visto questa cosa come una perdita di tempo, poco incline agli interessi di un futuro duca. E così ho sempre dovuto affidare la cura di questi miei fiori ai vari giardinieri che si sono susseguiti nel palazzo… ecco…” cogliendo alcune rose di vari colori “… ne faccio dono a voi… oh, non saranno il vostro fiore preferito, il Giglio Verde, ma un po’ mi ricordano voi… bellissime, dai petali delicati, ma protette da spine…” la fissò con la sua solita indefinita espressione ed accennò un sorriso. http://img.fdb.cz/galerie/0/06dd76b4...5c0f1c9086.jpg |
Uscito dalla sala lord Tudor, lord Carrinton si avvicinò a Gonzaga.
“Non trovate che sia una splendida sera, milady?” Fissandola. “Vostro zio vi ha imposto di fare gli onori di casa, ma la magica Luna di questa notte mi sospira audacia…” sorrise “… e se vi rapissi a tutti i vostri ospiti? Se facessi di voi l’eroina di uno di quei romanzi di picaresche avventure, dove l’incanto dei sogni si confonde con gli slanci del reale? Potreste dunque rifiutarmi un sogno? Questo vi offro… e all’albeggiare già non ci sarà più… non merito dunque almeno queste poche ore fino al sopraggiungere dell’Aurora?” I suoi occhi in quel momento sembrarono sul punto di unirsi a quelli di lei. “Ditemi di si e tramuterete questa notte nel più radioso giorno di Maggio.” E le sfiorò delicatamente la mano. |
De Jeon fissò con sguardo indagatore Gaynor dopo le sue parole.
“Certo che ti ritengo all’altezza.” Disse Missan alla giovane. “Hai tutto per riuscire in questa impresa… astuzia, intelligenza, senso pratico e fascino… le donne come te, un tempo, o le si prendeva nelle proprie fila, oppure si eliminavano.” E un sorriso indefinito sorse sul suo volto. “E sia.” Avvicinandosi alla porta De Jeon. “Tutto è deciso dunque. Partirete al più presto per l’Inghilterra. E’ tutto, repubblicani.” Missan allora condusse Gaynor nel suo ufficio, dove stava ad attenderli un terzo personaggio. “Sei qui da molto, repubblicano Marcien?” Domandò Missan. “In verità si…” mormorò Marcien “… non che mi lagni di avervi atteso, ma, sapete, la mia povera Clementine, mia moglie, attende il mio ritorno perché da sola non riesce a portare avanti la nostra attività…” “Hai un’attività?” Chiese Missan. “Pensavo vivessi in ristrettezze economiche.” “In verità non è nulla di che…” “Eccoti la somma pattuita per averci aiutato a catturare l’ex duchessa di Beuchamps.” “Oh, grazie, repubblicano.” Sorridendo con avidità Marcien. “Ma ho solo fatto il mio dovere… del resto quegli sporchi aristocratici devono pagare per le loro colpe…” “Dalla somma però va tolta la metà.” “Come sarebbe?” “L’ex duchessa Melisendra Du Blois è fuggita.” Rispose Missan. “E non ha pagato il suo debito alla giustizia ed al popolo.” “Ma io vi ho consegnato quella donna!” Protestò Mercien. “Che colpa ne ho io se poi i vostri soldati non sono riusciti a sorvegliarla?” “Oggi è il tuo giorno fortunato, Marcien…” sorridendo Missan “… voglio proporti un lavoretto che, se dovesse riuscire, risolverebbe ogni tuo problema…” “Che lavoro?” “Verrai con noi per raccogliere un fiore.” “Un fiore?” “Si, un fiore particolare, unico…” mormorò Missan “… tanto ambito, quanto letale… un fiore che cresce soltanto in Inghilterra…” “In Inghilterra?” Ripeté Mercien. “Ma è troppo lontano. Dovrei poi lasciare da sola mia moglie.” “Però al tuo ritorno non avresti più alcun pensiero…” fissandolo Missan “... nessun problema da affrontare, nessun sacrificio da sostenere… sono certo che tua moglie te ne sarà grata…” “Di quale fiore state parlando?” “Di un giglio… un giglio verde…” “Allora sono vere le storie che si sentono in giro!” “E’ deciso.” Sentenziò Missan. “Domani io, la repubblicana Gaynor e tu” guardando Mercien “partiremo per l’Inghilterra a caccia del misterioso Giglio Verde…” |
La conversazione a tavola era molto serena e tra i commensali regnavano i sorrisi.
Notai lord Carrinton quanto era affascinato da lady Melisendra, chi non lo era, una dama cosi fine nei modi di porsi e nella sua eleganza era difficile che passasse inosservata. Lord Tudor aveva scelto bene i suoi ospiti, questo era stato sempre un suo pregio..ad ogni ricevimento riusciva sempre a creare la giusta atmosfera . Per non parlare di ser Guiscard, il suoi argomenti erano sempre motivo di risata e gioia per tutti. Seguivo con attenzione i loro discorsi, senza interrompere, ascoltavo dei loro viaggi, di questo famoso "Giglio verde" di cui per la prima volta avevo sentito parlare...non osavo chiedere spiegazioni per non sembrare inopportuna... In fondo alla sala vidi Yalem che mi sorrideva , quasi avesse notato in me un certo senso di disagio . Se stavo cosi bene a tavola con loro, perchè non vedevo l'ora che questo interminabile pranzo volgesse al termine? |
Dopo aver sparecchiato la tavola, tolsi il mantello....misi le scodelle nell'acqua, e cominicia a lavarle.....Monsieur....aveva un dolcissimo accento provenzale, ricordava i prati fioriti della Provenza.....ma alla parola vino, feci cadere una scodella a terra.....interrompendo quel profumato pensiero.....il braccio comincio' a bruciarmi e istintivamente posi la mano su un segno che portavo sin dalla nascita....Era un Giglio !!....Sentii il mio patrigno urlare con la voce impastata dal vino, " Sarai la nostra sverntura con quel segno sul braccio, stupida bambina finirai sul rogo.....sei figlia del demonio....."...e con violenza mi strofinava il braccio finche' quel fiore si colorava di quel rosso rubino che e' il sangue e col passare dei giorni....i lividi lo facevano sembrare verde...Il Giglio verde.......con gli occhi lucidi mi voltai di scatto, osservavo il bicchiere che quell'uomo mi offriva per poter vivere meglio una notte di stanchezza e stenti......" La mia non e' una congreca.....siamo una piccola comunita', non seguiamo la religione che voi conoscete,per noi c'e' un unico Creatore dell'universo, rispettiamo tutto cio' che e' perfezione e giubilo, le regole che regolano l'universo sono il nostro motivo di vita, non abbiamo metalli ne' quelli esterni che adornano il nostro corpo ne' quelli dell'anima.......non abbiamo divieti se non quello che l'animo stesso.....parlando all'uomo di conoscenza vieta......il vino...il vino e' vita !!! Ma vi prego se potete, evitate di bere, quello che il vino puo' cancellare dalla vostra mente ora....ve lo riversera' sul cuore domani........vi ho parlato di me...perche' non mi dite qualcosa di voi.......se dobbiamo condividere lo stesso tetto, possiamo parlare sino a quando la stanchezza non si impossera' di noi e poi lasceremo che il sonno culli i nostri pensieri...la luce del giorno ci mostrera' la via da seguire !!.....Presi dalle sue mani la coppa e ne versai il contenuto all'interno della bottiglia, aveva ragione, in quel momento era un liquido prezioso....non doveva esser sprecato !!.....il Giglio mi dava un senso di enorme calore e mi resi conto che non avevo dato luce all'ape del libro.....andai alla mia sacca e uscii il libro..." Vi dispiace se accendo qualche candela ? c'e' poca luce qui....." Accesi cosi' tre candele e vi posi vicino il libro....cercavo di essere piu' normale possibile.....sino a quando il Giglio non bruciava piu' e potei udire lo sbattere delle ali dell' ape....aveva ripreso energia........ Raccolsi il mio vestito e mi sedetti su una panca difronte a Monsieur....." Bene......ve ne prego....non so nulla di voi...."
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Entrai nella Locanda "Le due Rose".. Era un postaccio.. Pieno di uomini armati fino ai denti.. Camminai a testa bassa fino al bancone.. Dietro di esso c'era una ragazza bellissima.. La figlia del proprietario credo.. Aveva lunghi capelli corvini.. Fisico snelo e slancitao.. Un paio di occhi nerissimi.. Mi misi a fissarla un pò troppo e se ne accorse..
<<Scusate sapete dirmi dov'è Sir Hagus?>> ma la ragzza fuggì.. L'avevo spaventata? Eppure non sono così brutto.. Chiesi a qualcun altro..Ma nessuno mi dava retta.. O erano indaffarati o erano ubriachi.. Scocciato e infastidito salii su un tavolo e urlai <<SIR HAGUS é QUI?>> Tutti gli sguardi si concentrarono su di me.. Compresi quelli della ragazza.. Dopo pensai che non era stato prudente fare quella cavolata.. Ma ormai non si poteva tornare indietro.. Sir Hagus era lì o no? |
Citazione:
Sono convinta che da questa storia non trarremo niente di buono, la sensazione di disagio che provo è troppo forte, si disse Gaynor. D'improvviso si ricordò di una cosa che doveva mostrare a Missan e della quale si era dimenticata fino a quel momento. Aspettò che l'amico finisse di parlare con Mercien, poi lo condusse fuori dalla stanza. Aprì un involucro che teneva legato alla cintura e gliene mostrò il contenuto: "Durante l'ultima catalogazione dei beni che abbiamo confiscato, ho trovato questo e mi chiedevo se fosse possibile tenerlo per me... lo trovo meraviglioso...". Si trattava di un pugnale d'argento con zaffiri incastonati sull'elsa finemente lavorata, certamente opera di un abile artigiano. |
"Piacere di conoscervi messer Lyo, vi ringrazio per la vostra gentilezza. Sapete, la nobildonna che mi ospita è solo presa in pettegolezzi di corte con le sue nobili amiche. Mi farebbe molto piacere vedere il Belvedere, anche se mio padre, che era un cavaliere reale, mi insegnò che non si entra in un palazzo senza invito del nobile che vi abita. Siete certo che Lord Tudor accolga con piacere questa visita? Voi lo conoscete di persona? Sono nelle vostre mani, ma vi avviso che non voglio incorrere in pasticci" risposi con la solita durezza, e subito pensai che ero davvero incorreggibile con questo carattere mentre il giovane Lyo dimostrava molta gentilezza.
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Nella locanda tutti si voltarono a fissare Daniel.
“Forse quel ragazzo cerca voi, milord.” Disse un uomo che sedeva ad un tavolo insieme ad altre tre persone. “Potevi far suonare le campane della chiesa del villaggio, ragazzo.” Sorridendo uno dei tre. “Così potevano sentirti fino a Camelot.” E tutti risero. “Tranquillo, non hai più bisogno di urlare…” continuò l’uomo, per poi terminare il suo boccale “… hai trovato colui che cercavi. Sono io sir Hagus.” Alzandosi in piedi. “Immagino ti abbiano mandato dal Belvedere. Avanti, possiamo andare. Signori, grazie per la compagnia.” Salutando i presenti. “Alla prossima, se Dio vorrà.” Così Hagus e Daniel raggiunsero il carretto e ripartirono verso il Belvedere. “Sai, ragazzo…” fissandolo Hagus durante il tragitto “… la tua faccia non mi è nuova… ma non ricordo dove… massi!” Esclamò all’improvviso. “Ora ricordo! Proprio al palazzo di lord Tudor! Nelle scuderie, per la precisione! Ma… eri in catene… ora invece sei vestito come un degno scudiero… hai forse trovato un cavaliere che ti ha preso al suo servizio, ragazzo?” |
Il misterioso uomo fissò con attenzione e curiosità Elisabeth.
E allo stesso modo guardava quelle tre candele accese vicino a quel libro. Restò perplesso davanti a quella scena, ma tuttavia non fece domande. “E’ vero, quel vino è prezioso” disse alla donna “ma non è detto che domani saremo tanto fortunati da poterne bere ancora, madame. Nel paese domina il caos. Qualcosa di innaturale si è impossessato della sua popolazione. Chi aveva promesso di guidarlo fuori dalla miseria e dagli stenti si sta ora scontrando con una ferocia ed un odio senza precedenti.” Continuò quell’uomo. “I Ginestrini vogliono schiacciare i Pomerini per avere in mano il totale controllo della neonata repubblica. Tutti gli ordini sociali si sono battuti in questa lotta fratricida… il principe e i nobili nell’aristocrazia, i chierici nel Clero, i borghesi nei Pomerini, operai e contadini nei Ginestrini.” Scosse il capo. “Tutti contro tutti…” mormorò. Chi era davvero quel flemmatico francese che aveva salvato e poi condotta con sé Elisabeth? Robusto, tra il castano chiaro ed il biondo, dai lineamenti aristocratici e dalla pelle bianchissima, gli occhi, come detto in precedenza, grigi, attenti, le labbra beffarde e sottili. Poteva essere qualsiasi cosa. Un gentiluomo dai nobili principi e dai modi gentili, forse in fuga per qualche motivo dalla sua terra natia, oppure un avventuriero giunto in quei luoghi perché attratto dalla possibilità di facili guadagni in seguito allo scoppio della rivoluzione. Magari era invece un chierico travestito da borghese per nascondersi tra la gente, o un aristocratico in procinto di scappare via da quelle turbolente terre. I suoi abiti non erano sontuosi, ma i suoi modi tradivano una disinvolta eleganza. Inoltre il suo parlare era saldo, sicuro, preciso e prudente, segno di una solida cultura. Questa descrizione può non dirvi nulla, amici lettori, ma è molto più di quanto Elisabeth udì dalla sua voce. “Volete sapere di me?” Fissandola. “E a che pro, madame? Viviamo in tempi tristi, dove tutto può essere usato contro di noi. La legge è sottoposta alla libertà. Una libertà senza freni, senza regole e quindi capace solo di generare caos. Il bene dell’individuo viene dopo quello della collettività. In questi controsensi, in queste assurdità si muovono le nostre figure, madame.” Mormorò, portandosi alla bocca un rametto di qualche insolita essenza. “Figure tragiche, spinte dagli umori degli eventi. Questo siamo. Vi dissi niente domande tra noi…” si alzò, avvicinandosi ad un’umile brandina. “Ecco, dormirete qui…” disse accomodando alla meglio quel giaciglio “… e non temete, madame… non ho toccato vino e dunque conservo intatte le mie facoltà… così non avrete nulla da temere…” Raggiunse allora un angolo della stanza, dove sistemò due vecchie sedie, per poggiarvi poi sopra una coperta. “Io dormirò qui, madame…” coricandosi come poteva su quell’improvvisata cuccetta “… cercate di riposare ora… domani, a Dio piacendo, ci attenderà una lunga giornata… buonanotte…” e si voltò dall’altra parte, dando le spalle, forse per pudore, forse per rispetto, ad Elisabeth e lasciandola perplessa nell'inquieto silenzio di quella notte. http://lh4.ggpht.com/_MZs5SHIBdZ4/Sq...e88%5B2%5D.jpg |
Lyo accennò un sorriso udendo quelle parole della misteriosa Altea.
“Fate bene, milady, ad essere cauta e prudente.” Disse il cavaliere. “Ma non dovete temere. Lord Tudor tiene molto ai suoi uomini e gli amici dei suoi amici sono sempre benaccetti nella sua dimora.” Scese da cavallo e tenendolo per le briglie si avvicinò alla ragazza. “Sapete che è quasi un delitto per chi vive in queste terre non conoscere il Palazzo del Belvedere? E’ forse la dimora più sontuosa che c’è da qui a Camelot. Inferiore solamente al Palazzo Reale. E’ adagiato su una verdeggiante collina che domina su un magnifico paesaggio. L’ideale per chi ama la bellezza della natura e la magia dei luoghi antichi. Allora avanti, su!” Esclamò. “Il Belvedere ci attende!” Salì in groppa al suo cavallo ed aiutò la bella Altea a fare altrettanto. “Reggetevi forte, milady.” Disse alla ragazza ben salda tra le sue braccia che, stringendo le redini del cavallo, le cingevano i fianchi. Il cavallo allora si lanciò al galoppo verso il palazzo di Lord Tudor. “Posso rivelarvi una cosa, milady?” Fece Lyo mentre cavalcavano. “Conosco benissimo dove si trova il Belvedere…” sorridendo “… ma ho finto di non saperlo, perché non avevo nessun’altra idea per avvicinarvi. Siete in collera?” Ma proprio in quel momento una strana figura comparve sulla strada, quasi a bloccare la loro corsa. Il cavallo per quell’improvvisa visione sembrò quasi volersi imbizzarrire. “Ma sei pazza, donna?” Urlò Lyo. “Sei sbucata all’improvviso sulla strada e a momenti non ti facevi travolgere dal mio cavallo in corsa!” “Vi chiedo perdono, nobile signore.” Mormorò la donna. “Sono solo una povera zingara… abbiate pietà e misericordia per questo mio povero e decadente corpo… lasciate che vi legga la mano… lo farò per una moneta, mio bel signore… così saprete cosa ha in serbo la sorte per voi e per la bella dama che vi accompagna… solo per una moneta, mio signore…” |
La cena era terminata.
Gonzaga sentì una mano sfiorare il suo braccio. “Milady…” stupito lord Carrinton “… avete completamente ignorato le mie parole e l’invito che vi ho fatto appena uscito lord Tudor dalla sala… ditemi, ho forse in qualche modo peccato ai vostri occhi? Vi ho offesa o contraddetta? Se così è stato vi chiedo mille volte perdono. La ragione ed il torto, per me, si annullano d’innanzi a voi. Ditemi quale pegno devo pagare e pagherò… ma non negatemi la vostra considerazione, milady, o sarei, nonostante il mio blasone e le mie ricchezze, l’ultimo dei miserabili di questo regno…” e mostrò un lieve inchino alla dama “… avevo chiesto la vostra compagnia, lontano da tutti e da tutto, perché mi ero permesso, forse scioccamente, di portarvi un dono…” |
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