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Fyellon, approfittando della confusione, prese Altea per mano e corse verso la fitta vegetazione della selva.
“Presto, Altea!” Disse Fyellon, correndo fra sterpi e rovi. “Presto!” Corsero senza voltarsi mai indietro. Poi, un muto silenzio scese sulla selva. Un silenzio a tratti insopportabile. “Sembra...” ansimò Fyellon quando finalmente smisero di correre “... sembra che non ci stiano seguendo...” |
Guardai l'uomo e poi gli dissi:
"Buon uomo io già combato per Tylesia, ma non mi metterò mai al servizio sono un cavaliere libero" |
Ad un tratto Fyellon mi prese bruscamente per mano e iniziò a correre stringendo forte la mia con la sua..la selva era fitta, non avevo nemmeno tempo di pensare cosa stesse succedendo e dove stessimo andando.
Quando ci fermammo, mi gettai a terra ansimando "Fyellon" dissi faticosamente "voi...siete un misto tra il razionale e l'irrazionale, so solo che non sto più capendo cosa stia succedendo della mia vita". Poi seguì un muto silenzio, guardai la vegetazione circostante e le mie vesti lacere per i rovi e le sterpi.."Voi pensate che non ci stiano seguendo? potrebbero essere nascosti tra questa sterpaglia...forse è meglio che ci nascondiamo pure noi, e ripartiamo col sorgere del Sole...sempre non succeda qualcosa altro di strano. E mi sto chiedendo dove ci troviamo ora." |
Siamo qui per arruolarci con chi dobbiamo parlare chiesi alle guardie mentre mi guardavo intorno era uno stupendo posto aveva un giardino grandissimo poi guardai i miei amici e dissi sarebbe un lusso stare qui ci sistemeremmo per tutta la vita voi che ne pensate domandai sorridendo
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Il cammino verso Tylesia proseguiva.....nel frattempo Lilith che era in mia compagnia apparve con uno sguardo preoccupato:
"Qualcosa non va, Lilith?" le chiesi. Subito dopo, alzando lo sguardo verso di me Lilith mi parlò della corazza.....anche se.....con qualche dettaglio in più, poteva essere la chiave per scoprire la verità sul mio passato ed i Longiniu......non potevo crederci. "Quale potrebbe essere il collegamento con il mio ordine e passato?" mi chiesi. Sarebbe stato bello averla per se, ma so quanto immane possa essere il potere della gloria ed onore. Se avessi pensato a me stesso avreì segnato la rovina di alcune vite e....non potevo farmi mietitore e giustiziere...... "Non preoccupatevi.......la soluzione verrà da sè. Confido nella giustizia divina......se veramente la corazza risulterà connessa al mio ordine......saprà quale sia la strada che essa seguirà...." "Affrettiamoci, Tylesia è vicina.....cerchiamo di raggiungerla prima che salga la notte." Chiusi, sorridendo. |
Fyellon annuì a quelle parole di Altea.
La selva appariva muta ed immobile, avvolta in una strana atmosfera di indefinita inquietudine. “Si...” disse il cavaliere “... resteremo qui, la fitta vegetazione ci offrirà un riparo e un giaciglio fino al sorgere del Sole...” fece segno ad Altea di sistemarsi accanto ad un tronco cavo “pensavo a Tylesia... quel terremoto sarà stato avvertito anche là... ora riposate, io farò la guardia... ah, prima mi chiedevate di Barius... ebbene... è morto...” esitò “... è morto quando i minatori erano arrivati a un metro e mezzo da lui... ora riposate... a domani...” |
Prima la terra che tremava, poi il caos ed il panico.
Guxyo diede ordine di radunare tutti i soldati. Shoyo allora fece segno ad Elisabeth di andare con lei, per controllare danni ed eventuali feriti nel palazzo. Giunte nel cortile, le due trovarono la regina insieme a molti della corte. “Il giardino...” disse la regina “... accertiamoci che non vi siano danni al giardino... presto... controllate il giardino, il mio giardino...” era come traumatizzata. “Maestà...” fece uno dei soldati “... non temete, il giardino non ha subito danni... anche il cancello è ancora ben chiuso.” “Mio padre!” Gridò Vivian. “Maestà, mio padre è rinchiuso nelle prigioni! Vi prego, mandate qualcuno a controllare se sta bene!” |
Mentre Redentos, Parsifal e Lilith erano in cammino verso Tylesia, una forte scossa di terremoto fece sussultare tutto intorno a loro.
I tre furono costretti a reggersi agli alberi lungo il sentiero. E quando la scossa finalmente terminò, un angosciante silenzio avvolse la selva. Un silenzio tanto innaturale, quanto insopportabile. “La terra...” disse Redentos “... la terra sta vacillando sotto le colpe degli uomini... questo credo sia un segno... un segno che qualcosa di apocalittico sta per abbattersi qui... presto, riprendiamo il nostro cammino verso Tylesia... e voglia l'Onnipotente farci raggiungere in tempo quella città...” |
“Allora, se siete un cavaliere, mettete la vostra spada al servizio di Tylesia.” Disse l'uomo a Daniel. “Nessuno vi chiede di servire un padrone, ma di unirvi a tutti noi per salvare la città.”
Ma proprio in quel momento, una potente scossa di terremoto fece tremare l'intera città, generando caos, paura, danni e feriti. “Dovete parlare con me.” Disse il soldato a Cavaliere 25 e ai suoi compagni. “Ora registrerò i vostri nomi e vi mostrerò gli alloggi.” “Si, stare qui” fece Tieste “ci permetterà di avere finalmente un luogo fisso in cui vivere.” Ma proprio in quel momento una forte scossa di terremoto fece tremare l'intera città, generando il caos nella caserma. |
Un tremendo scossone fece vacillare la terra. I cavalli si spaventarono ma io ed il mio fidato Belfagor restammo saldi, tratteni a me anche Lilith poichè rischiava di cadere e riportare qualche ferita.
Redentos.....ci disse che ciò era un segno.....la terra andava ribellandosi a noi uomini; ciò che era scritto nel sacro libro andava verificandosi "La terra avrebbe tremato per il giudizio universale.....i sigilli erano stati spezzati, le Chiese sarebbero capitolate e l'acqua avrebbe inghiottito il putrido del nostro animo e mondo......e soltanto.....il giusto avrebbe gioito della Gloria dei Cieli.....". Non era più il tempo degli scherzi il nostro mondo sarebbe stato condannato e per cosa......per la cupidigia degli esseri umani. Noi siamo il niente, è senza un posto dove poter vivere saremo " vittime e carnefici dei nostri stessi fratelli". Fissaì il Longiniu e lo baciaì, guardaì Lilith e Redentos: "La resa dei conti è giunta." La chiamata dell'Ordine risuonava nel mio animo......chissà......se ci sarà un posto per me nella "Fortezza di Eternia"........ "Che Dio ci assista......andiamo Belfagor" spronandolo corsi verso il vento ed il mio destino..... |
Lord Guxyo sembrava non aver temuto la scossa riusci' ad impatire ordini, perche' nessuna forza in grado di dare aiuto fosse dispersa.....In sogni lontani, avevo vissuto la vita dopo la catastrofe, bambini in lacrime , persone che vagano per raccogliere quello che gli e' rimasto.....genitori che accolgono tra le loro braccia figli mai appartenuti, ed e' in quei momenti, che l'umanita' si affre all'altro senza remore, senza appartenenza, gli aiuti ariivano da ogni contea, villaggio...ogni colore di pelle, ogni lingua da' il suo sostegno...mi scossi da quel sogno lontano e seguii Lady Shoyo....tutti erano fuori e quello che mi parve orribile, fu che il pensiero della Regina andasse al suo giardino.....sentii Vivian chiedere aiuto per il padre...come sentii chiedere aiuto da ogni parte....mi avvicinai a Vivian... " Mia Regina date la possibilita' a chi e' nelle carceri di uscire fuori.....o per loro sara' la fine, ci saranno altre scosse, mi avetet detto di non volere il male della vostra gente, e a meno che non si siano macchiati di qualche orribile omicidio...fateli mettere in un ampio spazio controllati da qualcuno delle vostre guardie, anche se penso che le vostre galere siano vuote..."....Lasciai Vivian per andare verso il giardino.....sembrava intatto....sembrava che nulla lo avesse sfiorato...misi la mano sul cancello e pensai a Reas....speravo che il Monaco gli avesse dato parte dell'antitodo, almeno per tenerlo in vita....il terremoto lo avevano subito anche loro.....la mia mano piano piano accompagno' parte del cancello ed esso si apri'......rimasi a guardare.....e come avvolta da un pensiero lontano vi entrai, fiori stupendi, colori mai visti.....profumi che si miscelavano dall'oriente all'occidente.....ma cosa c'era di raro in quel posto...con quali occhi avrei dovuto guardare.....
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Il bosco ci diede un posto dove nasconderci, un colpo al cuore quando udii che Barius era morto, feci finta di nulla e mi stesi sull'erba bagnata, dispiaciuta.
Guardavo Fyellon.."Mi spiace davvero per quel ragazzo, nessuno in fondo lo ha mai capito" seguì un leggero silenzio "Tylesia? potrebbe essere che il terremoto si sia sentito fino laggiù, dipende dalla profondità dell'epicentro, me lo spiegò il mio maestro...mi auguro tutto sia tranquillo ovunque. Sembra quasi che dobbiamo iniziare noi ad adeguarci alla Natura e non essa a noi...è lei la Sovrana in questo mondo, e noi uomini non abbiamo ancora capito che dobbiamo rispettarla e non crederci superiori." Mi addormentai, sperando l' Alba arrivasse subito col suo pallore candido a illuminare il giorno. |
Rimasi in silenzio per svariati minuti, colpita dalle parole della duchessa... era una donna completamente diversa quella che si trovava di fronte a me adesso, era una donna tormentata ed alla ricerca di qualche cosa...
Avevo, adesso, la sensazione che stesse cercando di dirmi qualche cosa, ma che non trovasse il modo per farlo... oppure la colpa era mia, pensai... forse era a me che sfuggiva qualcosa... “Si...” sussurrai poi “Avete ragione, in fondo... poche sono le cose che contano davvero, e si rischia di accorgersene sempre troppo tardi. Alessandro tagliò il nodo e conquistò l’Asia...” soggiunsi dopo un momento “Quel quadro, milady, che cosa rappresenta, invece?” |
“Un momento.” Disse Guisgard, alzandosi dal tavolo ed interrompendo il menestrello. “I personaggi di questo racconto...” avvicinandosi al cantore “... quei nomi...”
“Ehi, voi!” Gridò uno dei presenti al cavaliere. “Perchè avete interrotto il racconto?” “Quei nomi...” fissando Guisgard il menestrello “... chi sono?” “Insomma, tornate a sedervi!” “Al diavolo!” Voltandosi Guisgard. “Andatevene al diavolo!” “Cosa hai detto?” Alzandosi quello. “Prova a ripeterlo!” “Calmi, calmi.” Disse Umans, avvicinandosi a Guisgard e riportandolo al suo tavolo. “Ascoltiamo il resto e scopriremo tutto... continua, menestrello!” Il menestrello allora riprese il suo racconto... Il giorno seguente la vita riprese a scorrere semplice e chiassosa a Solopas. La polvere e il vento continuavano, come sempre era stato e sempre sarà, a caratterizzare le giornate della piccola cittadina. E quando giunse il primo pomeriggio, la locanda di Philow vedeva, come ogni giorno, radunarsi gli uomini del posto a chiacchierare e bere, per rilassarsi dopo la dura mattinata di lavoro che il poderoso Sole della tundra rendeva sempre pesante e sfiancante. “Vi dico che è andata proprio cosi!” Disse Vision ai suoi increduli ascoltatori. “Ho udito questa storia da alcuni mercanti che hanno fatto sosta a Solopas ieri pomeriggio!” “Vuoi dire” chiese stupito Hunz “che quel tipo ha sconfitto un mercenario solo per una stupida sfida?” “Proprio cosi, amico mio!” Annuì Vision. “E di cosa vi meravigliate?” Intervenne Palm. “State parlando di Feudis, uno dei peggiori criminali della frontiera! E’ il capo della feroce banda Torix, che assale carovane, borghi isolati e piccole ville lungo strade e sentieri. Si dice che sia il più abile guerriero dell’intera frontiera settentrionale!” “Infatti” aggiunse Vision “e i testimoni giurano che così lo hanno chiamato i suoi due compari! Quel tizzone d'Inferno era proprio il temibile Feudis, il più feroce criminale della zona!” “E perché mai ha ucciso quel capitano di ventura?” Chiese incuriosito Hunz. “Dopotutto era disarmato e la sua banda aveva razziato tutto il possibile. Senza dimenticare poi che avevano sgominato tutti gli altri membri della pattuglia di guardia!” “Semplice, vecchio mio!” Rispose lesto Palm con l’aria di chi conosce a fondo questo genere di situazioni. “Feudis è ossessionato dalla sua stessa fama! Non concepisce che possa esistere un guerriero più abile di lui!” “E non vi è, credetemi, un combattente più abile ed in gamba di Feudis!” Sentenziò Vision. “Vi sbagliate, Vision.” Intervenne in quel momento una voce alle loro spalle. “Feudis non è il miglior combattente della frontiera.” Tutti si voltarono stupiti e incuriositi verso quella voce. Era Andros, che aveva ascoltato a lungo i loro racconti. “Cosa ne sapete voi di queste cose, Andros?” Chiese quasi con noncuranza Palm. “Feudis è molto abile, non lo nego...” rispose Andros con un sorriso quasi di beffa. “... ma non è il migliore fra gli spadaccini.” “Come fate a dirlo?” Chiese Hunz stupito da quei discorsi di Andros. “Semplice...” rispose questi “... perché io conosco il miglior guerriero della frontiera.” Tutti lo fissarono allibiti e confusi. “Vi prendete gioco di noi, Andros!” Esclamò Palm, senza dare molta importanza alle parole del giovane. “Philow, mi servireste da bere, per favore?” Chiese Hero al locandiere. “Birra, perpiacere.” Tutti furono meravigliati da quella richiesta. “Di solito non bevete mai alcolici, voi…” disse il locandiere. “Oggi mi va.” Rispose Andros con uno strano sorriso. E dopo aver svuotato tutto il suo boccale, rivolgendosi a tutti i presenti, disse: “Parlate di guerrieri e cavalieri. Ma li conoscete davvero? Ne avete mai visto uno in azione? Sapete cosa vuol dire colpire un uomo e lasciarlo agonizzante nelle lamiere della sua corazza? No, voi parlate di cose che non concepite nemmeno…” Poi rivolto a Palm: “Guidate tutto il giorno una carretta colma di concime e letame, ma sapete che differenza c’è tra quella ed un destriero armato pesantemente? Sapete dare la caccia a mucche, maiali e polli… ma non immaginate nemmeno cosa significhi combattere contro un cavaliere bardato di ferro, che si muove e attacca ad una velocità che frantuma i vostri più semplici ed immediati pensieri! Non immaginate nemmeno cosa si provi a seguire un nemico attraverso la fessura del proprio elmo, dove perderlo vuol dire essere scoperti, senza difese, alla mercè della sua lancia o della sua spada! Capite di cosa sto parlando, Palm? Lo capite o sapete solo raccontare storie di cavalieri dopo aver bevuto con i vostri amici?” “Sembrate molto esperto di queste cose, Andros…” intervenne Hunz profondamente colpito dalle parole del giovane. “Già...” chiese Vision “... come fate a conoscere tanto bene questo genere di faccende?” “Semplice, amici miei…” rispose Andros con un ghigno quasi visionario “… perché sono io il miglior cavaliere di tutto il ducato!” Un irreale silenzio calò nel locale a quell’incredibile dichiarazione. Rotto solo, dopo alcuni istanti, da Palm che rispose quasi con disprezzo: “La birra ed il Sole vi hanno dato di volta al cervello!” “Lo immaginavo, Palm.” Disse sarcastico Andros. “Sapevo che avreste risposto così. E sta bene. Radunatevi tutta nella piazza. Inizia lo spettacolo!” Detto questo corse via dal locale. Attraversò di corsa la strada principale della cittadina, passando proprio davanti al suo emporio. Qui fu visto da Chymela. La ragazza si era accorta dello stato in cui si trovava il marito e vedendolo andare verso la vecchia miniera sentì il cuore come fermarsi. Sapeva che quegli antichi fantasmi avevano ancora una volta vinto Andros... La duchessa non rispose a quella domanda di Talia. Un irreale silenzio scese nella sala. “Ci sono molti ritratti in questo castello...” disse all'improvviso, rompendo quel silenzio “... ed ancor più nel palazzo di Capomazda... e talvolta i ritratti sono come fantasmi... ti perseguitano, ti tormentano...” esitò “... ma non voglio parlare di queste cose ora... hai fame?” Chiese alla ragazza. “Io si...” e suonò il campanellino. Un attimo dopo, Paolo si presentò nella stanza. “Portateci qualcosa di fresco...” disse la duchessa “... succo di frutta... e dei biscotti.” “Si, milady.” Annuì Paolo, per poi uscire. “Non devi mai fare troppe domande.” Rivolgendosi la duchessa a Talia. “Potresti rischiare di apparire invadente, o peggio ancora interessata. Le persone in genere amano che gli altri si interessino a ciò che fanno o dicono. Tu invece non devi mai concedere troppo la tua attenzione o il tuo interesse agli altri. Mai. Neanche a chi ti è superiore per sangue o ruolo. A loro devi rispetto, obbedienza, lealtà. Non interesse. Rammentalo, Talia.” In quel momento alcuni servitori portarono ciò che la duchessa aveva chiesto. |
Ed improvvisamente mi resi conto del fascino, quasi dell’ ammirazione, che suscitava in me quella donna... quella sorta di dura corteccia, contro la quale mi ero scontrata in un primo momento, si era lentamente ammorbidita ed ora, in modo del tutto inatteso, quella donna mi appariva per ciò che era: una persona fuori dal comune, una di quelle persone di cui si leggeva nei libri e nelle leggende... un personaggio misterioso ed incredibile...
E poi vi era qualche cosa di speciale nelle sue parole, che mi rammentava i precetti del Maestro. Sorrisi, dunque, a quel suo brusco cambio di tono e di registro... e, quasi che quel discorso si fosse fatto troppo opprimente per lei, lo deviò. “Sono consigli preziosi, milady...” sussurrai dopo che i servitori ebbero lasciato tutto su di un basso tavolino di fronte alla loro signora e furono usciti di nuovo “Davvero preziosi! Una cosa mi chiedo, tuttavia... mi chiedo, onestamente, che cosa mai Vostra Grazia possa vedere in me per ritenere opportuno dedicarmi tanto tempo e tanta attenzione...” |
Guisgard più ascoltava quella storia, più fremeva.
Era visibilmente agitato e tradiva una viva inquietudine. Più di una volta, durante il racconto, il cavaliere era stato sul punto di interrompere nuovamente il menestrello e solo l'intervento di Umans gli aveva impedito questo suo proposito. Il menestrello poi si fermò di nuovo, stavolta per bere ed assaggiare qualcosa che alcuni dei presenti gli avevano offerto. Guisgard allora ne approfittò per avvicinarsi nuovamente al cantore. “Quei nomi...” disse il cavaliere “... i nomi dei protagonisti... a chi appartengono?” “Alla fine della storia” rispose il menestrello “comprenderete... altrimenti rovinerete il racconto.” “Voglio solo sapere di quei due nomi.” Fissandolo Guisgard. “Forse non hai capito, amico...” avvicinandosi a lui alcuni dei presenti “... qui vogliamo sentire la storia senza le tue continue interruzioni...” “Massì, ora riprenderà il racconto!” Esclamò Umans. “Forza, menestrello! Riprendi a narrare!” E riportò Guisgard al tavolo. Il menestrello ricominciò a suonare... Andros giunse di corsa alla vecchia miniera. Era sudato per l’intensa calura ed eccitato per quello che stava per fare. Sentiva il cuore pulsargli con vigore nel petto ed un sorriso beffardo, simile ad un ghigno, gli si era fissato sul volto. Raggiunse uno spuntone di rocce seminascosto da un folto cespuglio di rovi. Qui, spostando alcune di quelle pietre, liberò un piccolo cunicolo e vi si calò dentro. Era scuro la sotto, ma Andros si muoveva come chi conosceva bene il posto in cui si trova. Seguirono alcuni infiniti istanti di irreale silenzio, ravvivati solo da un debole vento che faceva svolazzare qualche ramo secco tra le pietre e il terreno. Ad un tratto, avvolto da una leggera nuvola di polvere, una figura emerse da quel cunicolo, impugnando qualcosa che sembrava quasi ardere per i bagliori che emanava. Nella piazza in tanto, seguendo lo strano invito di Andros, tutti si erano radunati. “Questa poi…” disse agli altri Palm “… un tipo, abituato a buttar giù succo di frutta, beve una birra che gli da alla testa e noi tutti a dargli corda!” “Nessuno ti obbliga a star qui.” Rispose Hunz. “Resto perché voglio proprio godermela questa bravata!” Disse Palm. Ad un tratto, si udì un sibilo lontano. E subito dopo, come condotto dal vento, Andros giunse nella piazza come un antico condottiero romano, pronto a meravigliare il popolo con il suo trionfo. Restò alcuni istanti a fissarli compiaciuto, per poi estrarre la sua spada e mostrandola a tutti loro. “Allora? Avete perso la voce?” Gridò Andros sovreccitato al centro della piazza.” Basta così poco per intimorirvi tutti?” “Che mi venga un colpo!” Esclamò Hunz. “Andros… cosa significa?” “Lo scoprirete presto!” Rispose Andros ridendo di gusto. “Avanti, si alza il sipario!” Hunz si avvicinò allora al ragazzo e pian piano, come tante pecore che seguono cieche il proprio pastore, lo imitarono tutti gli altri abitanti della cittadina. “Andros… ma come è possibile tutto ciò?” Chiese come intontito Vision. “Ve l’avevo detto, no?” Rispose Andros. “Che ero io il miglior spadaccino in circolazione!” Poi, fissando Palm, aggiunse: ”Avanti, mio buon amico… se ricordo bene i cavalieri e le armi sono la vostra passione! Avvicinatevi e guardate la mia spada! Avanti, avvicinatevi tutti!” Attorno a lui si formò allora una vera e propria ressa. Tutti erano incuriositi e meravigliati dalla superba spada del loro concittadino. “Ma dove avete trovato questa meraviglia, Andros?” Chiese Hunz, ancora stupito. “Sono stato educato sin da piccolo all'arte cavalleresca.” Rispose Andros. “Ho combattuto in decine di giostre ed ho partecipato a varie battaglie! Ed al mio fianco c’era sempre questa inseparabile compagna!” Concluse poi indicando la propria spada. “Incredibile…” mormorò uno sbigottito Palm. “Ha un nome questa spada messere?” Chiese un ragazzino a Andros. “Certo che ha un nome!” Rispose lesto il taddeide. “Il suo nome è Parusia!” “Parusia…” ripeté quel ragazzino con gli occhi sognanti. “Ora è giusto che vi dimostri la veridicità delle mie parole!” Disse Andros ai presenti. “Siete un cultore di armi da guerra, vero Palm?” “Io?” Ripeté questi quasi cadendo dalle nuvole. “Certo… immagino di si…” “Lo siete oppure no, amico mio?” Chiese con decisione Andros. “Certo che lo sono!” Rispose Palm riprendendosi dallo stupore causato da quella strabiliante situazione. “Bene. E possedete uno scudo degno di tal nome?” Chiese Andros con il tono di chi ha dimestichezza verso questo genere di cose. “Ho uno scudo acquistato ad una fiera ed appartenuto ad un arimanno longobardo!” Rispose con orgoglio Palm. “Un vero gioiello per chi conosce le armi e l'abilità degli armaioli di quel popolo!” “Bene.” Disse Andros. “Andatelo a prendere, per favore. E quando sarete pronto, appendetelo a quell'albero laggiù.” Palm corse a casa sua e fece come gli aveva chiesto Andros. Tornato nella piazza, posizionò sull'albero il suo scudo ed attese. “Sono pronto, Andros!” Disse verso il taddeide. “Quando volete!” Andros allora montò in sella ad uno dei cavalli legati davanti alla locanda e si lanciò velocissimo verso l'albero su cui era stato posizionato lo scudo. E quando gli fu a tiro, il taddeide lo colpì con un violento e preciso fendente, spaccandolo in due parti perfettamente uguali. “E’ incredibile!” Gridò Hunz. “Ha tagliato in due quello scudo, stando in sella al cavallo! E con un colpo solo! Mai vista una cosa simile! Deve avere un'abilità straordinaria!” E la stessa meraviglia si diffuse tra i presenti. Qualche attimo dopo, Andros ritornò fra loro e fu accolto da tutti come un eroe... “La solitudine” mormorò la duchessa “è come una lenta fiamma... troppo piccola per essere vista, eppure abbastanza forte da consumare pian piano ogni cosa al suo passaggio... non impietosirti...” cambiando vagamente tono “... non solo i vecchi e i malati sono soli... no, affatto... quasi tutti lo siamo... e sono soprattutto le persone speciali, fuori dal comune, ad esserlo di più... anzi, a rendersi conto di essere soli... gli sciocchi e gli stolti non ci badano... loro sanno confondersi con la moltitudine e la massa... sono invece i grandi che soffrono di solitudine... molti hanno cercato di dare un volto o un'immagine alla solitudine, eppure solo una volta io ho davvero visto la raffigurazione della solitudine... in un ritratto...” |
Altea poco dopo si addormentò.
Feci sogni inquieti, dove immagini confuse le rammentavano di Tylesia, dell'Avvilente Costumanza e degli uomini che volevano sacrificarla. Sognò poi del suo maestro e del naufragio del Carrozzone di Goz. E alla fine di nuovo Tylesia con il suo monumentale splendore gli apparve nel sonno. Ma in tutti quei sogni confusi e inquieti, qualcosa sembrava sempre rincorrersi. Qualcosa di misterioso ed indefinito. Qualcosa che appariva come una presenza costante, eppure reale. Vicina, da potersi quasi vedere. Poi, le prime luci del giorno destarono Altea dai suoi sogni. Accanto a lei vi era Fyellon. “Buongiorno, milady.” Disse sorridendole. Anche la selva si era svegliata e la paura del terremoto sembrava essere stata dimenticata. |
Elisabeth cominciò a guardare nel giardino.
In quel momento colori, profumi e suoni invasero il suo cuore. Qualcosa di incomprensibile stava prendendo forma davanti a lei, facendola quasi sentire come parte di quello scenario. Ad un tratto però, una mano forte afferrò la sua spalla. “Qui non si può entrare senza il permesso della regina.” Disse il soldato. “Uscite, milady.” E richiuse il cancello del giardino, per poi riaccompagnare la maga dalla regina. “Dite che dovremmo far uscire i prigionieri dalle prigioni?” Fissando Elisabeth. “Si, forse avete ragione... conducete i prigionieri nell'anfiteatro.” Ordinò ai suoi. “Resteranno lì, sorvegliati, fino a quando la situazione tornerà normale.” |
Ero letteralmente rapita, la mia mente sembrava dissolta insieme ai profumi e a una figura che sembrava materializzarsi.....un tocco umano...mi fece sobbalzare..." Mi spiace, non so neanche come ci sia finita qui...."...Tornai dalla Regina,avendo la mente e il cuore in tumulto...la regina sembrava presa da mille pernsieri e quando mi vide,mi comunico'che i prigionieri sarebbero stati messi in liberta' vigilata nell'anfiteatro di Tylesia....." Vi ringrazio ....per aver ascoltato almeno questa mia richiesta, sarebbe beneandare a vedere se ci sono persone che hanno bisogno di aiuto"....mi avvicinai a Vivian.." Forse possiamo avvicinarci a vostro padre, non credo che qualcuno possa impedirci du vedere se hanno bisogno diaiuto ".....e cosi' mi avviai e mi avvicinai ad un gruppetto di uomini erano seduti a terra e alcuni soldati li controllavano.....notai subito il precettore e mi avvicinai a lui " Vedete Vivian ? vostro padre sta bene, non e' cosi' Messere ?...."...Il mio sguardo ando' oltre emiparve di scorgere una figura nel giardino, sembrava Reas...non poteva essere.....non poteva essere tornato senza che io lo avessi saputo......Stava bevendo da una coppa.....Dio mio, non aveva senso..eppure era li'..lo vedevo.." Perdonatemi Vivian solo un momento e ritornero' da voi".....Tornai verso il giardino e Reas sembrava dissolversi lentamente.....ero talmente presa, che non mi accorsi di un Cavallo che veniva verso di me, ilcavaliere non fece in tempo e fui sbalzata a qualche metro...... Mi sembrava di essere entrata in quel meraviglioso giardino..eppure una voce mi stava chiamando
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Il mio sonno non fu per niente rigenerante ma confuso e contornato di sogni...di tutto ciò che avevo vissuto fino ad ora..
"Quel giorno che partimmo sul Calars e mi apparve il maestro che mi guardava fuori dalla finestra della sua casa mentre la madre severa lo richiamava e la sua decisione di imbarcarsi con me e il lungo viaggio....e i cigni, quei meravigliosi cigni che nuotavano quasi a ruota e che nessuno sembrava potesse separarli e messer Goz che comandava il Carrozzone...e poi il buio.. il fiume e la corrente che mi portavano via da tutto ciò e dal mio maestro per sempre. E d'un tratto apparve Tylesia, maestosa, splendente e quasi surreale per la sua bellezza, il palazzo reale, Finn Roma che suonava...e di nuovo...le porte di Tylesia aperte, le porte del palazzo aperte ma soprattutto le porte del Cancello del Giardino aperte e il chierico proprio vicino alla Regina inginocchiata piangente tra i fiori. E d'improvviso il volto di Sir Orco e la consorte che mi fissavano, quei viaggiatori che incontrammo e sfidarono l'Avvilente Costumanza e sentii di nuovi quei rintocchi delle campane...e mi portarono nella fucina e mi vidi prendere la spada col rubino e davanti a me solo la Corazza Rossa e migliaia di topi che mi circondavano ovunque. Mi vidi ad un tratto sopra un altare pagano avvolta da quel velo bianco e Heyto che si avvicinava piano verso me, e scopriva il velo..." Mi svegliai di soprassalto, il sole era sorto da un pò ed ero scossa da tutti quei sogni, ebbi come la sensazione di aver rivissuto di nuovo tutto il mio passato, ad eccezione di quel sogno della regina piangente nel giardino che mi perseguitava...sembrava qualcosa si nascondesse dietro tutti questi avvenimenti. Fui destata dalla voce di Fyellon che mi sorrideva e preferii come sempre non raccontargli nulla di questi sogni, mai lo avevo fatto...anche perchè lui era incredibilmente scettico. Mi alzai di scatto "Fyellon buongiorno, siete stanco? Io...ho dormito male, sarà stato per colpa di quella scossa di terremoto ma sembra sia tutto tranquillo ora ed è meglio che partiamo, che ne dite? Camminiamo per la selva in modo da non farci scoprire?" |
Dopo quella forte scossa di terremoto salii in fretta sul cavallo assieme a Parsifal, ero terrorizzata e non mi stavo rendendo conto di ciò che era accaduto; volevo solo scappare, andarmene in un altro luogo che non mi facesse pensare alla tremenda esperienza appena vissuta.
"Vi prego, andiamocene da questo luogo" dissi balbettando. Quando ripresi coscienza riguardo l'accaduto, chiesi ai cavalieri: "Quello non era un semplice terremoto, vero?" Sapevo riconoscere i terremoti; non ne avevo vissuti numerosi, ma li conoscevo bene perchè i druidi li veneravano: erano forze della natura che servivano a ricordare che gli uomini non avrebbero potuto mai divenire più forti degli déi. Quel terremoto però non era come gli altri, preannunciava un avvenimento negativo ed io ne ero estremamente spaventata. |
La solitudine... sospirai a quelle parole... sospirai al pensiero di quanto e quanto profondamente avevo sofferti di solitudine dopo che Guisgard aveva lasciato il Casale... mi ero sentita così tanto sola da sentirmi smarrita, così tanto sola da morire dalla voglia di gridare e sentire di non aver la voce sufficiente per farlo...
Ed ora era accaduto di nuovo, lo avevano cacciato, se n’era andato... e di nuovo mi chiesi dove fosse... e di nuovo ne sentii la logorante lontananza. Quell’uomo mi fissava... sentivo il suo sguardo insistente sulla mia schiena e sapevo che non se ne sarebbe andato... Rimasi in silenzio alle sue parole, tuttavia, continuando a fissare le acque cupe del fiume... e vi rimasi per molti minuti, scrutando il mio volto riflesso, osservando quei lineamenti con la speranza di riconoscere in essi qualcosa, di sentir affiorare un qualche ricordo, un indizio... ma non accadde. Tutto ciò che rammentavo del mio passato, prima di quel monastero, non erano che immagini sfumate e fuggevoli, immagini prive di un significato chiaro e troppo rapide perché potessi soffermarmi a rifletterci... Attimi di silenzio e di attesa... Tutti mi credevano pazza... lo ero davvero? Me lo chiedevo spesso, ormai... chi ero? Da dove venivo? Cos’erano quelle immagini che mi affollavano la mente, altrimenti vuota? “Il fiume ha un suo fascino...” sussurrai all’improvviso “Ma non nel senso che credete voi!” Sollevai lo sguardo, dunque, e mi voltai a fissare il capitano Cairius... “Questo fiume è buio e scuro come la mia memoria... chissà che osservandolo non riesca a scorgervi qualche cosa...” lo fissai per un istante, poi soggiunsi “Chi siete voi? Oppure... sapete forse chi sia io? Sapete... mi sento così sola in tutto questo buio!” Vacillai per un istante... quella visione era stata tanto forte e tanto inattesa da spiazzarmi... Inspirai profondamente, quindi, nel tentativo di restare in quella stanza... cosa avrebbe detto la duchessa se si fosse accorta de mio stato d’animo? “In un ritratto, dite?” mormorai allora, nel tentativo di distrarre la sua attenzione “La Solitudine può dunque avere un solo volto?” |
Tutto ciò ero apparso ad Elisabeth.
Immagini strane, confuse, enigmatiche ed irrazionali. Cosa aveva visto davvero nel giardino? Reas? La fissava e poi, d'un tratto, cominciò a sorriderle. Sembrava Reas, poi qualcosa del suo volto richiamò invece un altro sguardo, un'altra espressione. Un'espressione familiare, forse suo marito. O almeno questo parve alla maga. E tutt'intorno infinite specie di fiori, molte delle quali sconosciute, abbandonate nel vorticoso scorrere delle stagioni che si susseguono e si rincorrono. Elisabeth fissò ancora quel volto e di nuovo le parve diverso. Stavolta era Fin Roma, il menestrello che di tanto in tanto si vedeva presso il parco del palazzo. “Tylesia...” disse il menestrello “... è come un castello... il Castello del Doloroso Amore...” Si, milady...” mormorò Cristansen e facendo così, con la sua voce, destare Elisabeth da quella visione “... sto bene...” “Oh...” buttandogli le braccia al collo Vivian “... papà, mi manchi tanto!” “Sono felice” disse l'uomo mentre stringeva sua figlia “che lady Elisabeth abbia vegliato su di te in mia assenza...” |
“E' passata un'intera notte” disse Fyellon “e nessuno sembra essersi avvicinato. Forse il terremoto avrà fiaccato quegli uomini... anche perchè molti di loro erano già caduti a causa della mia spada...” si alzò e porse ad Altea alcuni frutti “... mangiate, sono la vostra colazione... li ho raccolti mentre dormivate. E quando sarete pronta, allora riprenderemo il nostro cammino.”
Ma appena terminato di parlare, sul suo volto apparve un'indefinibile espressione. Un misto di stupore e meraviglia, di incredulità e sbalordimento. “Ma questa...” correndo ad agguantare qualcosa piantata nel terreno “... questa è la mia spada... quella appartenente al corredo delle armi di questa corazza rossa...” ed estrasse la spada dal terreno “... come fa ad essere qui? L'avevo piantata nel bel mezzo della testa dell'uomo che vi aveva preso, rammentate? Lo rammentate, Altea? Lui era a terra davanti a voi, con ancora questa spada nella testa... come fa ora ad essere qui? Chi mai avrà riportato qui questa spada?” |
Redentos restò turbato da quelle parole di Lilith.
Fissò prima Parsifal, poi Lilith. “Damigella...” rivolgendosi alla ragazza “... perchè dite questo? Perchè pensate che quel terremoto sia particolare? Diverso?” Ma proprio in quel momento, Lilith udì il sibilo del vento mutarsi in voce e parlarle: “Non tornare a Tylesia, poiché sono già giunto io. Sono arrivato perchè non vi sarà Misericordia da Dio. Lascia che vi giunga solo il cavaliere, la cui sorte è segnata. Impartirò allora giustizia e quella città ripiangerà di esser nata.” Solo lei aveva udito quelle parole. Ma cosa volevano dire? Tylesia era condannata? Perchè? E chi era destinato ad imporre quella sentenza? Forse la Lacrima di Cristo? E chi era il cavaliere la cui sorte era già segnata? E cosa avrebbe fatto ora Lilith? Tornare a Tylesia, oppure no? |
“Io sono solo un uomo che vuole aiutarvi...” disse Cairius a quella ragazza “... quel fiume è tanto buio, quanto freddo... non sfuggirete ai vostri demoni buttandovi in quelle acque, credetemi... questa città è piena di fantasmi... i peggiori, quelli che sanno tormentarti fino alla disperazione, alla follia e alla dannazione... forse tutto il ducato è un covo di fantasmi... forse il mondo intero è così... si, è così... e forse è questo che il mondo vuol farvi diventare... un fantasma...” la fissò, come se volesse studiare ogni parte del suo volto, ogni bagliore del suo sguardo ed ogni gesto, anche il più insignificante.
Cairius fissava quasi con ossessione il volto di quella ragazza. Come se volesse quasi plagiarlo, modellarlo e renderlo credibile per chissà quale scopo. “Chi sono io?” Continuò il capitano. “Forse un amico. Un vostro amico. E sapete cosa rende speciali gli amici? La loro volontà di aiutarci. Ed è quello che farò, se vi fiderete di me.” Sorrise quasi in modo impercettibile. “Io non so chi voi siete, ma so chi non siete... per questo voglio comprendere il perchè dei vostri racconti, di quelle strane e assurde storie rivelate a quella suora... ora venite con me...” porgendo alla ragazza la sua mano “... fidatevi, sarete al sicuro con me... anche dai vostri fantasmi...” “La solitudine” disse la duchessa, destando Talia da quella visione così forte “ha sempre un solo volto. Un volto che ci appare a volte tanto lontano da farci dubitare persino della sua esistenza. Un volto che talvolta sembra destinato solo ai nostri sogni. Un volto che in notti come questa pare confondersi ora con la Luna, ora con tutte le altre stelle del cielo. Un volto che abbiamo ricamato tante di quelle volte sui nostri pensieri, che alla fine è divenuto lo stesso che diamo a tutti i nostri desideri più ambiti.” Restò un attimo in silenzio. “Si, la solitudine ha sempre un volto... forse anche tu, Talia, in questa momento, nel cuore di questa notte senza nome, stai prestando il tuo volto ai pensieri, ai ricordi e ai sogni di qualcuno smarritosi in una solitudine senza fine... una solitudine a cui avrà dato non solo il tuo volto, ma anche il tuo nome, ragazza mia...” tossì. E quel colpo di tosse parve riportare la duchessa al freddo di quella notte. Si, a Faycus la notte, quella notte, era quasi fredda. Il freddo della solitudine. Il suono del campanellino ruppe quel silenzio. Un attimo dopo, Paolo si presentò nella sala. “Mostrate a Talia la sua stanza.” Fece lady Vicenzia. “Quella accanto alla mia. Se avrò bisogno di qualcosa, allora chiamerò lei. Farò dunque a meno di voi per stanotte, messere.” “Ma, milady...” mormorò Paolo “... la ragazza è cieca e potrebbe non essere in grado di occuparsi di voi e...” “Talia è tutto ciò di cui ho bisogno, per stanotte.” Lo interruppe la duchessa. “Ora accompagnatela nella sua stanza. E... buonanotte, messere.” Paolo mostrò un lieve inchino e prese con sé Talia, per condurla nella stanza a lei destinata. Era una camera confortevole e della stessa tonalità dei gigli. E qui la ragazza riposò fino al mattino successivo, quando il limpido Sole di Faycus giunse ad illuminare la Stanza del Giglio. |
Presi i frutti offerti da Fyellon e mentre li stavo mangiando vidi Fyellon quasi sbiancare e correre verso un punto della terra, da qui estrasse la spada con cui uccise l'uomo che mi teneva come ostaggio, era sbalordito e lo ero pure io.
"Si certo, rammento, Fyellon, e in quella spada sembra non vi sia nemmeno segno di sangue." mi avvicinai a lui "Siete certo di non esservi addormentato un attimo stanotte? E non siano arrivati gli uomini di Heyto e questo sia un segnale? Ma è anche vero che la vostra corrazza ha qualcosa di speciale, ma voi non credete a queste cose." Mi guardavo attorno ma tutto era silenzioso, tranne il rumore degli animali del bosco tra la vegetazione. |
La mia mente vagava, come sospinta dalle parole di lady Vicenzia...
“Ma, milady...” sussurrai dopo qualche istante “Allora...” Il campanellino però mi interruppe... perciò tacqui. Citazione:
Eppure tacqui. Avevo imparato, ormai, quando era bene tacere e quando, invece, potevo parlare... Mi inchinai appena... “Buon riposo, milady!” mormorai, prima di voltarmi e seguire Paolo. La stanza in cui fui accompagnata era ampia... la misurai in lungo ed in largo per diversi minuti, assaporando quel gradevole profumo che la pervadeva, come sprigionato dagli stessi mobili, dalle pareti perfino... poi raggiunsi il letto e vi sprofondai, cadendo immediatamente addormentata... Lo fissavo, incerta e preoccupata... ero agitata e tremante... diceva di essermi amico, diceva che mi avrebbe creduta ed aiutata, diceva di sapere... eppure nessuno mi aveva creduta da che ne avevo memoria e meno ancora avevo trovato qualcuno disposto ad aiutarmi... ed ora quell’uomo mi offriva tutto quello, tutto in una volta... esitai, tuttavia... ne avevo passate tante che mi riusciva difficile, ormai, riuscire a fidarmi di qualcuno... “Come lo sapete?” mormorai “Come sapete di quelle storie?” Sorrideva quell’uomo... un sorriso così sereno, così sicuro... ed io lo osservavo in silenzio. Ed allora, in modo così inatteso, iniziai sentirmi più sicura... quel sorriso era così sicuro di sé e così rassicurante... quegli occhi fermi su di me e così limpidi... Il fiume scorreva sereno alle mie spalle, quasi come un dolce richiamo... sorrisi appena ripensando alle parole di quell’uomo: lui credeva che volessi buttarmi... si, questo aveva detto, questo credeva... non poteva capire... Ed improvvisamente, quasi senza rendermene conto, allungai appena la mano verso la sua... Un sottile raggio di sole, insinuandosi tra le imposte della finestra socchiusa, giunse ad accarezzarmi il viso... così, lentamente, aprii appena gli occhi... Non potevo vedere la luce che mi avvolgeva, ma potevo percepirla... così come percepivo con assoluta chiarezza quell’ovattato silenzio... lo ascoltai per alcuni istante, immobile... poi mi misi seduta. |
Era giunta la notte ed il menestrello, invitato a riposare nelle scuderie dell'osteria, aveva interrotto il suo racconto.
Guisgard aveva preso una stanza insieme ad Umans ma non era riuscito a chiudere occhio. Ripensava a quel racconto e ai suoi protagonisti. Così, al mattino seguente, fu il primo a scendere giù e ad attendere il menestrello. Questi, giunto nella stanza, riprese il suo racconto... Andros scese dal cavallo e fu osannato da tutti come se fosse il primo uomo del mondo. Ora finalmente il ragazzo era sereno. Poteva gridare al mondo la sua gioia, la sua soddisfazione. Ora tutti sapevano che era lui il migliore. Il migliore di tutti. Quegli uomini che fino a poco fa l’avevano visto come un semplice bottegaio, incapace anche di bere come un vero uomo, ora erano li, quasi a suoi piedi. “Ho veduto grandi guerrieri combattere tra la latinità e l'Oriente greco… “ cominciò a dire Palm “… ma nessuno era capace di ciò che avete fatto voi oggi! Io credo… si, insomma… credo che nessuno possa starvi alla pari!” “Ma perché mai vi siete nascosto fino ad ora, amico mio?” Gli chiese ancora incredulo Hunz. “Siete una vera e propria leggenda vivente!” “Io ne ho visti tantissimi di cavalieri…” intervenne anche Vision “… ma nessuno possiede la vostra abilità, Andros!” E nell’udirli, Andros era al settimo cielo. “Oggi è un gran giorno!” Gridò Philow. “Ora anche la nostra sperduta cittadina può vantarsi di avere un degno cittadino! Tutti da me, offro io!” Andros rise di gusto ed abbracciò tutti coloro che gli andavano incontro. Ma in mezzo a tanta gioia ed allegria, tra mille voci e risate, avvertì, d'un tratto, un vuoto, una mancanza. Si, qualcosa mancava a quel suo trionfo. Cercò allora tra la folla. Cercò un volto. E cercò quel volto fino a quando non gli apparve tra quei mille volti tutti uguali. Un volto che recava uno sguardo spento. Era il volto di Chymela. I suoi profondi occhi scuri erano ancora più belli del solito e lo fissavano trasmettendogli una grande, immensa delusione. I lunghi capelli chiari che circondavano il suo bellissimo volto erano agitati dal vento che aveva iniziato a soffiare forte sulla piccola cittadina. Lo fissò così per alcuni istanti, per poi correre via in lacrime. “Andiamo, Andros, la birra ci attende!” Gli disse Vision. “Cominciate a bere senza di me, ragazzi… “ rispose distrattamente. Lasciò allora la compagnia e raggiunse Chymela nella loro casa. La ragazza era stesa sul letto, in lacrime. Andros le si avvicinò e si sedette accanto a lei sul letto. “So cosa provi…” cominciò a dire “… perdonami, l’ho fatto di nuovo… domani lasceremo questa cittadina e ricominceremo da capo. E vedrai che saremo felici. Te lo prometto, Chymela.” “Una nuova promessa?” Gridò lei sollevando finalmente il volto dal suo cuscino. “E a cosa dovrebbe servire? Ogni volta è sempre la stessa storia! La stessa maledetta storia! Io sono stanca! Stanca di fuggire e di ricominciare ogni volta!” “Perdonami, ti prego…” “Per cosa?” Chiese lei in lacrime. “Tanto accadrà di nuovo! Ieri è stato a Dussensia, oggi a Solopas e domani sarà in un altro posto! Cambiano i luoghi, ma non la storia!” “Da domani sarà diverso, te lo prometto!” “Basta, non promettere più!” Gridò Chymela. “Tanto è più forte di te! Non puoi cambiare! E’ la tua natura! Ti ho creduto fino ad oggi, ma ora è chiaro che tu non potrai mai mutare ciò che sei!” “Chymela, io…” tentò di dire Andros. “Ed ora lasciami, ti prego!” Lo interruppe lei. “Lasciami da sola!” “Preparerò io i bagagli… partiremo all’alba.” Disse lui. “No, io non verrò!” Sentenziò lei. “Io mi trovo bene qui e voglio restarci. Partirai senza di me! E se un giorno la guerra sarà finita, allora ritornerò a Sygma!” Andros la fissò quasi incredulo. Ma non poteva darle torto. Cosa le aveva dato fino ad oggi? Nulla. Niente stabilità, nessuna certezza. Niente che poteva definirsi una vita. Era troppo da chiedere a chiunque. La fissò per alcuni incalcolabili istanti, poi prese il suo mantello ed uscì fuori. E vi restò per tutta la notte. Il giorno seguente, essendo Domenica, tutti si ritrovarono nella chiesa della cittadina. C’erano tutti, anche Chymela. Ma non Andros. Ad un tratto la porta si aprì ed apparve la sua sagoma nella navata centrale. Il sacerdote si zittì e tutti si voltarono. “Perdonatemi se interrompo la Celebrazione.” Cominciò a dire Andros mentre si avvicinava all’Altare. “Volevo salutare tutti e sapevo di trovarvi qui. Sto partendo.” Un brusio di stupore e meraviglia si diffuse nel sacro edificio. “Partite?” Chiese Hunz. “E dove siete diretto?” “Non lo so, forse a Nord.” Rispose Andros. “Ma perché?” Chiese Palm. “Vedete… quando si è stato un cavaliere, lo si resta per tutta la vita. E’ un marchio che non svanirà mai.” Rispose Andros con lo sguardo basso. “Ieri ho fatto una stupidaggine a rivelarvi la mia vera identità… ed ora è giusto che ne paghi le conseguenze.” “Ma perché?” Chiese Vision. “Perché la vita di un cavaliere è fatta di battaglie, scontri, duelli!” Intervenne a dire Chymela. “Quando sei un cavaliere la terra sotto i piedi scotta e non puoi fermarti mai per mettere radici!” Andros la fissava senza dire nulla. Era bellissima. Come non lo era mai stata. E sembrava incarnare, in quel momento, tutti i sogni ed i desideri di Andros. La sua giovinezza, le sue speranze e tutte quelle cose che costellavano il suo mondo. E come ogni altra cosa, Andros sentiva che stava perdendo anche lei. Qualcuno bussò alla porta della Stanza del Giglio. Erano delle servitrici. Aiutarono Talia a prepararsi e poi la condussero nella sala dove la duchessa attendeva per fare colazione insieme a lei. “La colazione è il pasto più importante...” disse lady Vicenzia vedendo arrivare Talia “... così almeno dice il mio medico... io invece la preferisco perchè ormai è l'unico pasto che riesco a digerire bene... sai quando si è veramente vecchi? Quando si deve sottostare al proprio medico.” Tossì. “Su, facciamo colazione, poi usciremo... sono settimane che non metto piede fuori da questo castello... quando vi giunsi la prima volta fu per il matrimonio di mio nipote... mi era sembrato così caotico allora e tanto distante dal Belvedere... ma ora questo vecchio gigante addormentato” guardandosi intorno “è diventato il mio più fedele e devoto servitore e compagno...” fissò Talia “... ti piacciono i cavalli, vero? Ad ogni dama dell'alta società devono piacere. Soprattutto se di Capomazda. Appena terminata la colazione usciremo per un giro in carrozza...” fece cenno ai servi e questi servirono la colazione. |
“No, stanotte nessuno si è avvicinato.” Disse Fyellon ad Altea. “Sono stato sempre sveglio a fare la guardia.” Fissò di nuovo la spada. “Forse questa spada possiede qualcosa... come questa mia corazza...” i suoi occhi brillavano “... si, non è una spada comune, ma comunque non può essere giunta qui da sola... io sono sicuro di non averla portata con me durante la fuga, visto che avevo la vostra di spada... voi neanche siete stata... allora?” Scosse il capo e si guardò intorno. “Meglio lasciare questo luogo... non mi piace... rimettiamoci in marcia verso Tylesia...” e fece segno ad Altea di andare.
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Entrai nella stanza, accompagnata da alcune donne...
“Buongiorno, milady!” mormorai con un piccolo inchino, facendo poi qualche passo nella direzione che le servitrici mi avevano indicato. La duchessa sembrava vagamente di buon umore quella mattina, mi stava aspettando per la colazione e, a quanto pareva, aveva anche voglia di uscire... non sapevo il perché, ma quest’ultima cosa mi sorprese. “Il Belvedere?” mormorai alle sue parole, prima di riuscire a trattenermi “Sono stata al castello del Belvedere non molto tempo fa... un luogo magico, io credo!” Sospirai... e per un attimo la mia mente si perse tra mille ricordi, e visioni, e sogni... ed in ognuno di essi c’era Guisgard... e allora, di nuovo, ne sentii forte la mancanza. “Perdonatemi l’ardire, milady...” dissi poi, riscuotendomi da quei pensieri, come colta da un’idea improvvisa “Ma vi è una cosa che... vedete... è stato proprio nei pressi del Belvedere, se io ben ricordo, che ho sentito favoleggiare di un uomo... un illustre membro della vostra famiglia, io credo... ed ho sentito tante e tante di quelle meraviglie sulle sue gesta da restarne fortemente colpita... Andros, è il suo nome. Andros de’ Taddei... è forse, egli, l’illustre nipote di cui stavate parlando, Vostra Grazia?” |
Guardai Fyellon stupita.."Perchè mai avrei dovuto metterla io li quella spada? Anzi, visto che ora avete la vostra vi chiederei di restiturmi la mia..anche se non so come si usa però ci tengo a lei, e me la sono meritata. E' grazie a me che possedete la corazza, Fyellon, anche se mi rammarico ancora, a mio avviso quella corazza rossa doveva andare a chi avrebbe vinto l'Avvilente Costumanza. Sapete che andare contro queste leggende non porta molto bene, ma dimenticavo...voi non ci credete." Guardavo il suo volto e lo sguardo, gli occhi illuminati dalla sua spada e da ciò che gli infondeva quella Corazza, eppure io ero convinta che Fyellon fosse un ottimo cavaliere e non avesse bisogno di nessuna corazza particolare "Andate avanti voi e procediamo per Tylesia...verso Oriente ricordate..non vorrei trovarmi di nuovo in una Montagna pericolante".
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Quel racconto.
Aveva catturato l'attenzione di tutti i presenti. Di nuovo il menestrello si fermò, stavolta per fare colazione. “Insomma...” disse Guisgard “... ora capisco perchè ci sono tante pause in questa tua narrazione... ogni qualvolta ti fermi, qualcuno arriva ad offrirti da bere e mangiare.” Il menestrello lo fissò stupito. “Ma, messere...” mormorò. “Avanti, finisci in fretta la tua dannata colazione” sbottò Guisgard “e poi riprendi il racconto, con la speranza che finisca prima di Mezzogiorno, o dovremo attendere anche la fine del tuo pranzo!” “Ora mi hai proprio stufato, grand'uomo.” Avvicinandosi uno dei presenti al cavaliere. “Oste... lo butti fuori tu, oppure lo faccio io?” “Provaci.” Fissandolo Guisgard. Un attimo dopo erano in quattro a circondarlo. “Fuori dai piedi.” Disse uno di quelli. “Va bene, meglio andare a prenderci una boccata d'aria!” Esclamò Umans per poi prendere Guisgard sottobraccio. “Non voglio uscire!” Esclamò Guisgard. “Fuori dai piedi!” Ripetè quell'uomo. “Si, si...” fece Umans “... un po' d'aria ci farà bene...” Ed uscirono. Guisgard però si sistemò alla finestra per ascoltare il seguito del racconto, che non tardò ad arrivare... Andros ascoltava le parole di sua moglie. E guardava i suoi occhi. L’aveva delusa ancora una volta. Ma infondo, pensava, cosa era lui veramente? Lui era un cavaliere. E lo sarebbe stato per sempre. E nulla avrebbe potuto cambiare le cose. “Quando si spargerà la voce che il grande Andros vive in questa cittadina” continuò a dire Chymela “allora vedrete che arriverà gente da ogni dove e vorrà combattere contro di lui. Arriveranno per vendicarsi, per arrestarlo o anche solo per confrontarsi con lui! E questa città vedrà così la propria fine!” “Chymela ha ragione.” Disse Andros. “Un cavaliere non può pretendere una vita normale. Se lo facesse allora si illuderebbe. Ora è giunto il momento che parta.” Chymela lo fissò piangendo. Aveva la morte nel cuore. “Un momento.” Intervenne a dire Hunz. “Dopotutto chi sa che voi vivete qui? Siamo nel bel mezzo della tundra e solo noi siamo in grado di rivelare a qualcuno il vostro segreto.” “E’ vero, Hunz ha ragione!” Disse Vision. “In fondo, siamo noi soli a sapere di voi, Andros.” Intervenne Palm. “E’ un segreto troppo grande, amici miei.” Disse Andros. “Temete che qualcuno lo riveli?” Chiese Hunz. “Allora giureremo tutti. E lo faremo in questo sacro luogo di Fede e preghiera. Siete tutti disposti a giurare di mantenere il segreto su Andros?” Chiese poi a tutti i presenti. Tutti allora si alzarono e giurarono davanti alla santità di quel luogo che mai avrebbero rivelato quel segreto ad anima viva. Chymela in lacrime corse ad abbracciare Andros. “Da oggi il Cielo ci da un’altra possibilità.” Disse in lacrime. Ti prego, non roviniamola.” “Ti giuro che non accadrà, amore mio!” Rispose Andros baciandola. “Te lo giuro!” E da tutti partì un applauso spontaneo che echeggiò nella navata e sancì la sacralità di quel giuramento. Intanto, a poche miglia da Solopas, tre pesanti cavalieri attraversavano veloci l’inospitale tundra. Ad un tratto arrestarono la loro corsa. “Caizan dista ancora molto, stramaledizione!” Esclamò uno dei tre guerrieri. “Già ed i cavalli hanno bisogno di riposare.” Rispose un altro dei tre. “Controlla la mappa, Duxa.” Ordinò quello che sembrava essere il capo. “Cerca di capire se c’è un luogo in cui poterci fermare.” “Ehi, Feudis, sembra che abbiamo fatto centro!” Rispose Duxa. “A poche miglia da qui c’è un piccolo paese agricolo. Lì troveremo ciò che ci occorre!” “Bene!” Esclamò Feudis. “Rechiamoci subito in quel luogo! Ci resteremo giusto il tempo di far riposare i cavalli! Andiamo!” E così i tre temibili rinnegati della banda Torix si diressero verso Solopas. Spinsero al massimo i loro cavalli, giungendo poco dopo nella piccola cittadina. Questa appariva quasi deserta, visto che tutti erano in chiesa per la Funzione domenicale. Per le strade vi era solo un gruppo di ragazzini che giocavano tra la polvere ed il vento che soffiava, echeggiando tra le case e gli stretti vicoli. I ragazzini però, attirati dai rumori dei cavalli, corsero a spiarli. E videro i feroci Torix rubare da alcune botteghe e dai pozzi che dominavano il centro della cittadina. “Questo luogo sembra deserto!” Disse Duxa. “Cosa ti aspettavi?” Rispose Mars, il terzo della banda. “Saranno tutti a coltivare la terra!” “Ehi, guardate, abbiamo degli spettatori!” Disse Duxa indicando i ragazzini che li spiavano dall’ingresso di uno dei vicoli. “Lasciali perdere!” Rispose Mars. “Prendiamo ciò che ci occorre e filiamo da questo luogo dimenticato!” “Un momento…” disse all’improvviso Feudis, il capo dei tre “… ma laggiù c’è qualcosa che emana strani bagliori!” Ed indicò alcuni detriti che giacevano poco fuori dalla cittadina. “Che ti importa!” Rispose Duxa. “Lascia perdere!” Feudis però, incuriosito li raggiunse per accertarsi cosa fossero. “Per la barba del demonio!” Esclamò. “Ma questi sono i resti di uno scudo! E sembra sia stato colpito in pieno!” “Impossibile!” Esclamò Duxa. “Cosa vuoi che ci facciano qui i resti di uno scudo!” “E’ uno scudo ti dico!” Gridò Feudis. “Ed è stato tagliato in due di netto! Ma chi sarà stato, in un luogo sperduto e fetido come questo?” Poi, guardando i ragazzini li raggiunse. Cercò allora ti intimorirli puntando loro contro la sua spada. “Avanti, piccoli…” cominciò a chiedere “… ditemi chi ha ridotto così questo scudo.” Impaurito da quell’uomo, uno dei ragazzini, senza dire nulla, indicò la chiesa. Feudis allora si voltò verso il sacro edificio, chiedendosi cosa volesse dirgli quel ragazzino. La duchessa restò un attimo in silenzio. Talia sentiva solo il rumore delle posate sul piatto e poi il latte che veniva versato nelle tazze. “L'hai fatto di nuovo...” mormorò la duchessa “... ti sei dimostrata di nuovo troppo interessata a ciò che stavamo dicendo. Non siamo due amiche che fanno conversazione. Quando sei stata al Belvedere?” Chiese. “E con chi?” |
Fyellon rise di gusto per quelle parole di Altea.
“Avete ragione, milady.” Disse. “Cosa farei senza di voi? Eh, si, siete la mia inseparabile ed insostituibile compagna di avventure. Quanto alle montagne maledette, non credo ci sia da preoccuparsi. Da ora in poi niente più soste. Tylesia ci sta attendendo. Ah, per la mia corazza...” facendosi serio “... è nostra, ci appartiene. E' meritato il suo possesso. E con essa salveremo Tylesia.” E sorrise. Dopo un po', i due avvistarono un monastero diroccato. |
Sospirai profondamente a quelle parole della duchessa. Sapevo che le avrebbe pronunciate prima ancora che lo facesse, dopotutto... però quelle domande mi assillavano da troppo tempo perché potessi lasciar cadere un’occasione tanto eccellente...
“Poco prima di giungere qui, milady...” risposi distrattamente “Gli abitanti del paese erano fieri di quel palazzo e così prodighi nel narrare leggende...” Avevo mentito e lo sapevo... ma scelsi di non raccontare ciò che davvero era successo, non per il momento, almeno! “Ed altrettanto prodighi erano di storie su vostro nipote Andros, l’arciduca...” proseguii, sempre con il medesimo tono ma calcando appena su quel grado di parentela “Sembrava non desiderassero parlare di altro!” Sorrisi impercettibilmente, di un sorriso candido ed accomodante... “Perdonatemi, Vostra Grazia, vi prego... parlo troppo, temo!” |
"Ecco, ora ho scoperto perchè venite sempre alla mia ricerca, non sapete stare senza di me...ma mi avete seguito quando ero con Heyto?" gli risposi ridendo, era vero Fyellon mi dava sicurezza, era come un fratello per me anzi quasi proprio un cugino inseparabile, volsi lo sguardo e vidi un monastero che non sembrava abitato per le sue condizioni... "Guardate Fyellon, un monastero diroccato..secondo voi sarà abitato? Possiamo chiedere indicazioni per Tylesia".
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Il menestrello tossì e poi riprese il suo racconto...
Intanto, nella chiesa un uomo che sedeva in fondo alla navata aveva udito degli strani rumori provenire dalle strade. Si affacciò dalla porta e ritornò di corsa dentro con la faccia sbiancata dal terrore. “Cosa avete, Larson?” Chiese Vision accorgendosi della sua grottesca espressione. “Che…” tentò di rispondere Larson “… che… Iddio Onnipotente ci aiuti!” “Cosa avete visto?” Chiese Hunz preoccupato dalle strane parole del vecchio Larson. Ma questi non riuscì a rispondere niente. Hunz allora si fiondò a vedere fuori. Un attimo dopo rientrò con il volto teso. “Allora?” Chiese quasi indispettito Palm. “Sono appena giunti in città dei cavalieri…” rispose Hunz accigliato “… credo siano in tre…” In un attimo il panico si diffuse nella chiesa. “Cavalieri?” Ripeté Vision. “E cosa mai cercano in questo posto?” “Non lo immagini?” Rispose Palm. “Scorte, viveri!” Intanto, nella strada, Feudis continuava ad intimorire i ragazzini, chiedendo loro di quello scudo. “Ragazzo, poco fa hai indicato la chiesa…” chiese con tono calmo ma fermo “… cosa volevi dirmi? Sta tranquillo, non ti farò del male. Puoi parlarmi tranquillamente.” Il ragazzino allora, preso coraggio, indicò di nuovo la chiesa e rispose balbettando: “E’… in quella chiesa…” “Chi è in quella chiesa?” Domandò Feudis sempre più incuriosito. “L’uomo… l’uomo che ha colpito lo scudo con la sua spada…” “Uomo?” Ripeté meravigliato Feudis. “Che uomo? In questo posto dimenticato c'è qualcuno in grado di usare una spada? Ti stai prendendo gioco di me, ragazzo?” Questi scosse la testa. “No, signore.” Rispose. “ Ha davvero tagliato quello scudo… e con un colpo solo.” “E’ vero, signore…” disse un altro dei ragazzini. “Andros è il più abile cavaliere del mondo!” A quelle parole Feudis lanciò un grido di sfida. “Ora lo vedremo se è davvero il migliore!” Esclamò poi. “Lascia perdere, capo!” Intervenne Duxa. “Abbiamo i soldati del Gastaldo alle calcagna! Non possiamo perdere tempo con queste sciocchezze!” “Al diavolo!” Rispose Feudis. “Un’ora in più o in meno non cambierà niente! Partiremo da qui quando avrò accoppato quel maledetto!” “I soldati arriveranno presto” tuonò Duxa “ed io non voglio finire in gattabuia a causa dei tuoi giochino da spadaccino!” “Zitto, maledetto!” Ringhiò Feudis. “Ora voglio che quel dannato esca dalla chiesa e venga a dimostrarmi di essere il migliore!” Un momento dopo, uno dei tre cavalieri raggiunse la chiesa. “Mi sentite là dentro?” Cominciò a gridare Mars. “Stiamo cercando un certo Andros! Fatelo uscire, altrimenti non rivedrete più i ragazzini che giocavano nelle strade!” In un secondo, nella chiesa, si diffuse un’indicibile paura. “Il mio bambino?” Gridò una donna. “Era fuori a giocare!” Aiutatemi!” E con lei cominciarono a disperarsi anche le altre madri dei ragazzini. “Vigliacchi!” Disse Hunz. “Hanno preso i ragazzi!” “Hanno chiesto di Andros!” Disse Vision. “Ma perché? Cosa vorranno da lui?” “E te lo chiedi?” Intervenne Palm. “Sua moglie ci aveva avvertiti. Si sarà già sparsa la voce che lui vive qui! E noi già ne stiamo pagando le conseguenze!” Allora in quel momento la rabbia cominciò a diffondersi nella chiesa, mischiandosi alla paura che già dominava l’intero ambiente. “Andros…” disse Vision “… voi siete l’unico che può aiutarci. Dovete salvare i nostri ragazzi!” “Vision ha ragione!” Intervenne Philow. “Dopotutto siete il migliore! Riuscirete a stanare quei maledetti!” “Ma sono tre!” Rispose Chymela. “Andros, per abile che sia, non può tenere testa a tre avversari contemporaneamente! Sarebbe un suicidio!” “Lui ci ha messo in questa situazione!” Disse Palm. “Se non fosse stato per la sua bravata dello scudo, a quest’ora non ci troveremmo nei guai!” Andros li ascoltava senza rispondere nulla. Aveva lo sguardo basso e la fronte rigata dal sudore. “Un momento, calmi!” Intervenne Hunz. “Non possiamo costringere Andros a battersi. La cittadina è nostra e dobbiamo difenderla noi!” “E’ impossibile!” Gridò Palm. “Quelli sono guerrieri veri! Noi invece siamo semplici contadini! Sarebbe un massacro!” “Allora andrò io!” Sentenziò Hunz. “Dopotutto sono stato io a chiedere ad Andros di restare. Io vi ho fatto giurare. E’ quindi giusto che affronti da solo questa situazione.” “Sei folle…” disse Vision. Intanto, da fuori si udì un poderoso nitrito. “Avanti, lì dentro!” Gridò il cavaliere davanti alla chiesa. “Il mio capo sta aspettando! O ci consegnate quel certo Andros oppure useremo i vostri mocciosi come bersagli!” “Vado!” Disse Hunz. “Un momento.” Lo fermò Andros, rompendo il silenzio in cui si era chiuso. “E’ giusto che vada io.” “Ma sono tre, Andros!” Gridò Chymela. “E’ un suicidio!” “Quando si è quello che sono io…” rispose Andros guardandola con infinita tenerezza “… la vita non da mai un’altra possibilità. Perdonami, ti prego...” “Perchè?” Fissandolo Chymela. “Lo faccio per te...” con un malinconico sorriso “... per non destinarti ad una vita da fuggitivi...” L’abbracciò forte e la baciò. Si avvicinò poi all’Altare e si segnò tre volte. Dopo di chè si diresse verso la porta, mentre il sacerdote lo benediceva. “Andros!” Lo chiamò Chymela. “Ti amo…” “Lo so.” Rispose Andros voltandosi e sorridendole. Poi aprì la porta ed uscì. E nella chiesa scese un funereo ed innaturale silenzio... “Si...” disse la duchessa a Talia “... parli troppo e talvolta a sproposito.” Fissò il piatto davanti alla ragazza. “Bene, se non vuoi toccare altro, allora direi di prepararci.” E suonò il campanello. Paolo entrò nella sala. “Fate preparare la mia carrozza.” “Milady?” “Cosa accade?” Fissandolo la donna. “No, è che mi stupisco...” “Di cosa?” “Che voi vogliate uscire proprio oggi...” “Allora, quando lo stupore vi sarà passato, farete preparare come detto la mia carrozza.” Disse la donna. “E voglio un velo per Talia. Turchese, ma leggero, di seta persiana. Ed un diadema di corallo per fissarlo. Ha la pelle chiara e non voglio che il caldo di stamattina possa fargliela arrossare. E poi i suoi occhi. Meglio non affatichino con troppa luce.” “Subito, milady.” Poco dopo la carrozza lasciò il castello, per risalire la parte alta della città. “Prima non mi hai più risposto.” Fece la duchessa. “Con chi sei giunta al Belvedere?” |
La duchessa ordinò un velo per me ed un diadema... ero stupita!
Ordinò che si preparasse una carrozza e poi, prendendomi con sé, uscì dalla sala per raggiungere il cortile... il sole era alto quella mattina ed i profumi della vicina campagna in fiore mi raggiungevano e mi avvolgevano... Citazione:
Sospirai... "Con Guisgard!" risposi. |
Ci sono momenti che la razionalita' si manifesta attraverso l'irrazionalita', avevo visto il volto delle persone amate....i fiori sparsi tra cambi di stagioni....il Catello del doloroso Amore......Fin Roma...allora esisteva, Reas mi aveva detto di non conoscerlo...sorrisi, mentre i miei occhi si velorono di lacrime e un immenso dolore pervase il mio essere......la Gioia di Vivian e le parole di Cristansen mi riportarono alla triste realta'....." Sono felice che possiate abbracciare vostra figlia Messer Cristansen, non sempre il buon Dio ci da' una seconda possibilità.......e se devodire il vero..Vivian e' stata una donna in gamba, io le ho chiesto aiuto e lei non ha mai esitato, anche quando la disperazione avrebbe potuto ofuscarle la mente, avete fatto un buon lavoro....e adesso perdonatemi, ma qui mi sembra di parlare ai sordi, forse il mio posto e' accanto ad un amico.....ho tentato di salvagli la vita....ma forse posso assisterlo prima del suo ultimo viaggio..."....Mi allontanai da loro,sentendomi eternamente sconfitta, tutta quella situazione non aveva piu' una logica.....Tylesia sarebbe andata in frantumi, ma almeno Reas avrebbe visto il mio volto, non era granche'.....ma morire in solitudine non lo auguravo neanche al peggior nemico, ultimamente anche come maga non valevo niente,una volta riuscivo a fare qualcosina......alzai gli occhi al cielo...mi chiedevo, perche' e da chi ero stata punita......cosi' continuai sino alla porta del palazzo, c'era molta gente in confusione e cercare un cavallo dopo il terremoto, era quasi impossibile, ne trovai uno che spazientito stava vicino ad un albero...era nero, bellissimo.....gli andai vicino molto lentamente......incominciai a parlargli come un lieve sussurro.....una volta vicina, incominciai ad accarezzarlo..sino a quando non lo sentii piu' tranquillo....
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Dopo aver udito quelle parole, gridai ai cavalieri di fermarsi. Avrei avuto bisogno del loro aiuto per comprendere quel messaggio. Temevo, però, che essi non mi avrebbero creduto.
"Cavalieri" dissi loro, cercando di ricevere la loro attenzione. "Io spesso odo una misteriosa voce che mi consiglia e che mi aiuta, è una voce che posso sentire solo io. Credetemi, vi prego, non ritenetemi pazza, poichè essa in passato mi ha già aiutato numerose volte, soprattutto durante l'Avvilente Costumanza. Ho appena udito un nuovo messaggio da questa misteriosa voce, ma sto iniziando a temere che essa non sia così benevola come pensavo. Ho bisogno del vostro nobile aiuto per capire cosa è meglio fare." Li guardai e vidi nei loro volti una particolare attenzione, quindi proseguii: "La voce, che deve appartenere ad un uomo, poichè parla di se' come se fosse un uomo, mi ha detto che non devo dirigermi a Tylesia, perchè lui si trova già lì. Mi ha detto che è a Tylesia perchè Dio non sarà benevolo ed ha aggiunto di farvi andare solo il cavaliere la cui sorte è segnata. Infine ho udito queste parole, che mi hanno molto spaventata: 'Impartirò giustizia e quella città ripiangerà di esser nata' " Guardai in viso i due cavalieri e sperai che potessero aiutarmi, in qualche modo. |
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