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Lo guardai e non credetti ai miei occhi. Era lo stesso marchio che avevano i cavalli di lord Tudor...non potevo credere a quello che avevo appena visto.
" Ma perchè vi siete messo in un pasticcio simile..io i giorni passati ho parlato di voi al lord , non capisco che avete fatto di male". Io non so se posso aiutarvi, continuai..non so quanto possa essere influente la mia parola..ma vi prometto che vi aiuterò". Uscì di corsa dalle scuderia per andare in cerca del duca , quando ad un certo punto, accanto al laghetto del palazzo, sentì delle risate..e una voce di donna... Mi fermai e voltandomi lo vidi...lord Tudor in compagnia di una bellissima dama...sembravano molto amici... Chi era costei ? Quanto è bella e dal suo portamento cosi elegante di certo è una nobildonna. Mi fermai osservandoli.... |
Citazione:
"Buonasera compagni! Per la vostra gioia eccomi di ritorno, so di esservi mancata molto... Sono stanca morta dopo aver viaggiato tutto il giorno a cavallo, ma non abbastanza da non voler sentire gli aggiornamenti della settimana. Cosa è successo in mia assenza?" A parlare era una giovane dai lunghi capelli rossi, con ridenti e profondi occhi verdi, legata a Missan e De Jeon da un'amicizia che durava oramai da diversi anni. L'ultima settimana l'aveva trascorsa ad Honfleur, a suo dire la più bella cittadina della regione, lontana da tutte le tensioni che agitavano gli animi della novella Repubblica di Magnus. |
Mi soffermai un attimo a guardare i due nobili cavalieri e mi alzai, con un leggero inchino mi presentai a loro "I miei omaggi, sono milady Altea Costance O' Kenninghton. Scusate la mia irruenza nel rispondere, ma parlo anche poco la vostra lingua". Mi soffermai, e il mio pensiero andò alla mia terra natia, la verde terra d'Irlanda dove lasciai i miei genitori in modo poco consono. Mio padre, nobiluomo aristocratico e membro delle guardie reali, si scontrò spesso con me per la mia poca gratitudine per la terra dove dimoravo e la mia strana indole nei confronti del mistico. Una sera venne nelle mie stanze reali mentre la mia dama di compagnia mi pettinava i lunghi capelli del color del tramonto e fissando i miei occhi mi mostrò una fodera color nero, e sguainò una spada dall'impugnatura d'oro con inciso lo stemma della nostra casata e incastonato uno splendido smeraldo. "Vedi figlia mia, ho fatto incastonare questa pietra del color dei vostri occhi" disse nascondendo le lacrime.
Capii subito, me la pose vicino al letto. Il mattino dopo presi quella spada e pochi bagagli e mi affrettai verso il piccolo porto urlando ai marinai di un galeone di aspettarmi "scusate verso dove siete diretti?". Un mozzo si voltò sbalordito "milady..verso la terra di Camelot ma non è posto questo per una nobildonna come voi". Dopo vari dibattiti salii a bordo del galeone e dopo un lungo viaggio approdai nelle lande di Camelot. La voce del giovane dalla pelle chiara mi destò dai miei pensieri, dolci lacrime stavano per scendere ma la mia indole e l'educazione rigida che mio padre mi diede, quasi da guerriero, mi fecero ridestare e un finto sorriso rivolsi ai due giovani. |
Gonzaga era andata in cerca di lord Tudor.
Voleva parlargli del giovane Daniel e della sorte che gli era toccata. Ma giunta dal duca, trovò il nobile signore di Camberbury in compagnia di una bellissima dama e di un ecclesiastico. “Ah, sei qui.” Disse lord Tudor vedendo arrivare Gonzaga. “Vieni qui, voglio presentarti alcuni nostri amici… questi è monsignor vescovo di Touls… e questa deliziosa dama e lady Melisendra Du Blois, Duchessa di Beuchamps, insieme alla sua governante. Ah, dimenticavo il nostro amico sir Hagus, il mio amministratore in terra di francese.” Aggiunse lord Tudor. “Questa è lady Gonzaga.” Indicando la sua pupilla. “I miei omaggi, milady…” facendo un lieve e cortese inchino Hagus “… è un piacere per me conoscervi.” “Bene, messer Hagus, credo non ci sia altro da dire.” Fece lord Tudor rivolgendosi al suo amministratore. “Credo che abbiate un compito da svolgere… trovare informazioni su quanto raccontatoci da lady Melisendra. Attenderemo con ansia il vostro ritorno.” “Farò il prima possibile, milord.” Disse Hagus, per poi salutare tutti i presenti e andare via. |
Il giardino era intriso del delicato profumo ed animato dai vivaci colori di quei fiori che circondavano ed avvolgevano i due giovani.
Brianna fissava Theo con occhi sognanti, che sembravano richiamare in essi tutta la luminosità di quella bella mattinata di Settembre. Theo guardandola sentiva una forte gioia nel cuore, quasi sussultando ad ogni parola della ragazza. “La Francia è un paese unico…” sussurrò Theo “… non è simile a nessun altro luogo al mondo… nell’aria sembra esserci un’eterna poesia, che possiamo riconoscere nel verde della campagna, nell’incanto delle colline, nel fruscio del vento che accarezza gli alberi, nel silenzioso e dolce scorrere di un fiume in un lussureggiante bosco… le città sono arricchite ed animate da sontuosi palazzi e imponenti monumenti… oh, dovresti vederla, Brianna… servirebbe un poeta per descriverti le meraviglie di quella terra e non un semplice cavaliere come me…” sorrise alla ragazza “… in verità non ho avuto molto tempo per girare… essendo al seguito di sir Hagus sono stato quasi sempre impegnato… a proposito, stasera devo recarmi al palazzo del Belvedere perché sir Hagus ha promesso di presentarmi a lord Tudor, signore di queste terre… mi piacerebbe portarti con me… ti farebbe piacere, Brianna?” E restò a fissare i dolci occhi della ragazza. http://image.chaobuoisang.net/cs/201...n-ban-3d-7.jpg |
Le parole di Altea risuonarono nella mente di Lyo, lasciando quasi un eco, simile ad un sospiro, che attraversò il cuore del giovane.
“Vi porgiamo il nostro saluto, lady Altea Costance O' Kenninghton.” Disse Arthos. “Il vostro accento è irlandese, vero? L’ho riconosciuto subito.” Aggiunse sorridendo. “Siete dunque irlandese?” Intervenne Lyo. “Provenite allora dalla terra della fiabe e dei miti. Io conobbi un tempo un irlandese… studiava con me all’accademia quando ero ancora un cadetto… mi parlava sempre della sua verde terra e della bellezza delle donne che vi abitavano… ma, nel vedervi, mi accorgo che la realtà supera qualsiasi racconto…” “Ehm, Lyo…” fece Arthos “… lady Altea ci ha spiegato che, essendo straniera in queste terre, non può aiutarci riguardo alla nostra destinazione… e direi quindi di affrettarci a trovare la strada per il Belvedere, perché sai bene che lord Tudor non ama attendere…” “Eh, cosa?” Voltandosi Lyo verso l’amico. “Ah, si, certo… perdonatemi, milady…” rivolgendosi di nuovo ad Altea “… da ciò che avete detto non conoscete queste terre e probabilmente neanche le persone che abitano qui… siete sola dunque in questo luogo… posso accompagnarvi alla vostra dimora? Vedete, non è consigliabile restare qui da sola… sono contrade poco sicure queste…” “Ma non mi dire…” mormorò sarcastico Arthos “… ed io che non ne sapevo niente… fortuna che non mi è capitato ancora nulla di male…” “Già.” Disse Lyo, voltandosi verso di lui. “Ma tu sei grande e forte e non hai nulla da temere. Perché ora, magari, non cominci a cercare il palazzo dove siamo attesi? Così recupereremo tempo. Va, su!” Esclamò facendogli segno di andare via. “Già, forse è meglio che io vada.” Sorridendo Arthos. “E mi raccomando di non fare tardi, Tristano…” e accennò una risata “… ora vi saluto, milady… è stato un piacere conoscervi…” e salutata Altea galoppò via. “Dunque?” Chiese Lyo ad Altea una volta rimasti soli. “Posso accompagnarvi a casa vostra, milady?” Fissando il bel volto di quella misteriosa ragazza. http://www.beertripper.com/OffTopic/...ndomiel_sm.jpg |
Quel brivido di freddo.
Come un alito di morte. Morte nel cuore sentì per un breve, infinitesimale istante Chantal. La notte, profonda e misteriosa, sembrava aver portato via con sé suo zio. E la notte è fatta di mille cose, soprattutto sogni, ma anche incubi. Chantal camminava insieme a suo zio. I due attraversavano un lungo viale con diversi alberi ai lati della strada. Così i colori degli oleandri, dei ligustri e dei salici assumevano intensi e scintillanti riflessi sotto gli ultimi raggi del Sole morente. Chantal era serena e suo zio le sorrideva. “Visto che si è fatto tardi” disse il chierico “ed è ora di tornare a casa per la cena, che ne diresti di fermarci a prendere un pò di formaggio e del pane bianco?” Lei annuì. Ma proprio in quel momento qualcosa spaventò Chantal. “A morte i nobili!” Gridava la gente. “A morte il Clero!” Poi tumulti scoppiarono ovunque. La folla sembrava voler travolgere tutto e tutti e Chantal perse di vista suo zio. “La messa!” Urlava qualcuno. “Sta celebrando la messa! Andiamo in chiesa, rivoluzionari! Andiamo e lo troveremo là! Andiamo a prenderlo per condurlo poi dal boia!” Chantal si guardò intorno in cerca di suo zio e proprio in quel momento le apparve un’immagine sbiadita. Suo zio, solo, attraversava un lungo viale. Non più fiero e dall’andatura imponente, ma stanco ed ingobbito, come se stesse percorrendo l’ultimo tratto di strada della vita… I suoni dei canti e dei balli che si udivano nelle strade in lontana destarono la ragazza da quel sogno. Chantal si era addormentata poco dopo l’uscita di suo zio. Ma quel sogno aveva lasciato nel suo cuore una profonda inquietudine. |
Si svegliò di soprassalto.
Chantal si ritrovò senza fiato,col cuore accelerato. I suoni della notte. D'un tratto tutto le apparve muto,tranne che il suo cuore che le urlava paura. Era stata colta dal sonno nella poltrona nella quale era solito accomodarsi lo zio quando ella suonava. Ebbe freddo ancora,vi si accoccolò,rannicchiandosi,si strinse le ginocchia al petto,poi poggiò il capo sulla spalliera,profumava dei capelli di suo zio,annusò il velluto,e guardò ancora attraverso la finestra,senza cognizione del tempo. Aveva avuto un incubo,non le accadeva certo per la prima volta,eppure si sentì stretta nella morsa del timore e dell'angoscia. Si alzò. "Perchè dovrebbe accadere"pensò,"Dio lo preserverà ancora in salute,ne sono certa.E' così che deve essere" Cercò di convincersi di questo perchè la speranza non l'abbandonasse e lo sconforto non la cogliesse. Ma il tempo,inclemente,incrementava le sue ore e la notte le appariva interminabile nel suo nero che abbracciava ogni cosa lì,fuori dalla sua casa appena rischiarata da una lampada ad olio che ancora ardeva incustodità. Si levò rapidamente.Andò di nuovo alla finestra. La grande e fredda vetrata rifletteva solo la sua immagine.Chantal vi si accostrò per scrutare fuori in cerca di un lumicino,una lanterna che le indicasse il ritorno di suo zio,ma il buio inghiottiva ogni cosa,era notte alta.Il suo respiro annebbiava il vetro tanto si avvicinasse per poter guardare fuori.Ma non scorgeva alcun lume.nè passi o suoni. Una notte inquieta che Chantal avrebbe voluto dissipare con un soffio,invocando l'alba perchè sopraggiungesse al più presto. Agitarsi non la conduceva a nulla. "Prega e spera;non agitarti.L'agitazione non giova a nulla.Iddio è misericordioso e ascolterà la tua preghiera". Queste parole le echeggiarono nella mente,le parole di un Santo. "Prega e spera".Si ripetè Chantal. Ma non riusciva a pregare in preda ad un inquietante pensiero che,oramai,la rapiva interamente. Raccolse la lampada,abbandonò la vetrata e le tenebre che essa incorniciava e si portò nello studio di suo zio nell'attesa interminabile e angosciante che quella notte si snodasse in seno alle prime schiarite delle luci dell'aurora.Solo allora,forse,anche i suoi pensieri avrebbero ritrovato serenità. Ma non riusciva.Non demordeva,non fu capace di abbandonare quell'agitazione.Pur nello studio,era accecata dai timori che non vedeva le carte di fronte a sè,non sapeva da dove prendere il capo per fare qualcosa che la tenesse occupata.Posò le mani sui documenti,sentiva d'essere smarrita.Ogni cosa si smarriva come lei in quella stanza orfana di suo zio. Prese fiato,cercò di abbandonare quell'ambiente alla sua solitudine ma,mentre si portva verso l'uscita,un riflesso generato dalla fiamma che si muoveva dalla lampada che aveva nelle mani,la spaventò,poi,scrutando bene,lo riconobbe proveniente da un fermacarte d'argento,a forma di fiore da molti petali intrecciati tra loro,che teneva bloccato un foglio ingiallito,un foglio posato su qualcosa che Chantal non riusciva a scorgere bene,una tazza,forse.Ritornò allo scrittorio,spostò il fermacarte e sollevò il foglio. Fu sorpresa. Quel foglio poggiava su un vaso ricolmo di terriccio. Chantal lo prese,ne annusò il contenuto che sapeva di humus.Fu rapita per un'istante,rimase perplessa e destata da un curioso incanto.Anche quel terriccio,rimestato dalle mani di suo zio,la riportò ai suoi più aspri timori di quelle ore. Ripoggiò il vaso coprendolo nuovamente con quel foglio e ritornò nella sala per rimanere,in piedi,ancora con lo sguardo perso attraverso la vetrata nel desiderio di scorgere la lanterna che annunciasse il ritorno di suo zio. E si abbandonò in balia dell'agitazione che non voleva lasciarle respiro in quella notte inquietante ed interminabile. Oramai i suoi pensieri non trovavano più spazio nel suo cuore,tanta era la sua inquietudine. E l'attesa corrodeva la sua speranza. |
Gaynor entrò a suo modo nella stanza dove i due Ginestrini stavano discutendo.
“Temevamo di averti persa…” con sarcasmo De Jeon a Gaynor “… mentre tu viaggiavi tra le bellezze del nostro paese, qui succedevano diverse cose… e non tutte piacevoli, temo…” “Eh, la nostra Gaynor è sempre stata affascinata dalla bellezza e dal richiamo del mondo aristocratico.” Fece Missan. “Ed immagino abbia accettato con gioia il suo nuovo incarico, quello cioè che la porta a catalogare tutti i beni sottratti all’aristocrazia e al Clero.” “Ormai quei beni sono del popolo.” Replicò De Jeon. “Sono stati confiscati in seguito alle leggi che vietano la proprietà privata. Ma parleremo in un altro momento di questo, Gaynor. Lascia pure qui i tuoi rapporti… c’è ben altro su cui discutere… e, conoscendoti, credo che lo troverai ben più interessante…” “Già, la nostra bella Ginestrina ha un debole per le storie romanzesche e i misteri…” sorridendo Missan. De Jeon fissava Missan senza tradire emozioni. “Amica mia, devi sapere che qualcuno sta sottraendo nobili ed ecclesiastici dalle mani del boia…” continuò Missan “… qualcuno che ama firmarsi con questo…” e mostrò alla ragazza il biglietto sul quale era impresso il simbolo del Giglio Verde. |
Daniel era nelle scuderie, ancora incatenato e marchiato come si fa con le bestie.
Meditava la fuga, animato com’era dal disprezzo e dall’odio per coloro che gli avevano tolto la libertà. Ad un tratto alcuni uomini entrarono nelle scuderie per condurvi un bellissimo cavallo. “Chi è costui?” Chiese Guisgard fissando Daniel. “E’ un ladruncolo che vostro zio ha fatto marchiare e poi diventare schiavo.” Rispose Jalem. “Oh, bella!” Esclamò vagamente divertito Guisgard. “Mio zio non ha mai perso la mania di trattare meglio i cavalli che i suoi servitori!” E rise di gusto. “Questo gaglioffo ha insultato il duca, milord.” Spiegò Jalem. “Davvero?” Continuando a ridere Guisgard. “Cioè, se ho ben capito, questo ragazzo ha osato mancare di rispetto al più importante uomo d’Inghilterra, dopo sua maestà?” “Esattamente, milord.” “Ed io che sono andato in Italia perché mi annoiava la nebbiosa ed umida campagna inglese!” Esclamò il nipote del duca. “Sarei invece dovuto restare qui a Camelot! Mi sarei divertito molto di più!” E rise ancor più forte. “Avrei voluto vedere la faccia di mio zio! Lui che ha fatto tremare in gioventù persino in turchi, preso in giro da un ragazzo!” Gli altri lo fissavano stupiti. “Su, forza, liberate quel ragazzo.” Disse Guisgard. “Cosa avete detto, milord?” Chiese Jalem. “Quel che hai capito, amico mio.” Rispose Guisgard senza scomporsi. “Non trovate che questo cavallo sia bellissimo? Io ci sono molto affezionato e voglio che se ne occupi un servitore capace.” “Ma questo gaglioffo è un ladro!” “Chi ha tanto coraggio da prendere in giro un pari del regno” con candore Guisgard “non è certo un sempliciotto. Avanti liberatelo.” Pochi istanti dopo Daniel era libero. “Ascolta, ragazzo…” spiegò Guisgard a Daniel “… lo vedi questo magnifico cavallo? Ecco, portalo ad abbeverare presso il ruscelletto che sta tra il Belvedere ed il villaggio… lui beve solo acqua pura di fonte. Poi lo riporterai qui ed attenderai altre mie disposizioni. Ora va, ragazzo.” “Il conte non comprenderà questa vostra trovata, milord.” Mormorò Jalem. “E si arrabbierà, temo.” “Tanto è sempre arrabbiato.” Ridendo Guisgard. “Specialmente con me. Ora su, forza, bisogna affrontare il leone nella gabbia. Accompagnami da mio zio.” Ed un attimo dopo i due uscirono dalle scuderie per recarsi da lord Tudor. |
Dovevo arrivare a Ostyen........ormai erano giorni che camminavo, e avevo sperato di lasciare il libro e volare via.....non volevo neanche conoscere chi fosse mio padre, volevo scappare da quei luoghi, non ero piu' abituata a guerre e disagi.....il luogo da dove provenivo era fatto di conoscenza, di leggi, non le leggi degli uomini......quelle portavano solo sfacelo, erano le leggi che ognuno di noi aveva disegnate nel proprio animo.....il tempo che scandiva le nostre esistenze. Avevo voglia di meditare....di riordinare le idee, ma non avevo il tempo di farlo dovevo andare in questa benedetta citta' e io non sapevo neanche che direzione prendere...........vidi una luce alle spalle di quell'uomo che si voleva far chiamare Monsieur.....era la sagoma del mio maestro......aveva le mani giunte in segno di preghiera, e la sua energia passo' attravero l'uomo per entrare in me, chiusi gli occhi perche' potessi prenderne tutta l'essenza......" Elisabeth, ogni cosa e' scritta, ogni uomo ha il suo cammino e non c'e' nulla al mondo che puo' fermarlo, e' il tuo bagaglio..prendi il tuo libro e portalo a chi di dovere....e non temere lui ti mostrera' la strada......il mondo e' circondato da segni e tu hai imparato a leggerli.....Ascolta Elisabeth ed evita di udire...."........Era la mia conoscenza che si era dimostrata a me in un momento di sconforto.......non ero sola,nessuno era mai realmente solo......" Monsieur, andro' a Ostyen.......cosi' come mi avete consigliato, per me non sara' semplice, qui regna il caos e io non so che strada prendere, vi chiedo un'ultima cosa.......indicatemi la strada che dovro' seguire........non ho molto tempo, e ne ho perso gia' molto "...
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portarmi a palazzo con te.. in presenza di lord tudor ! esclamai sssi mi farebbe molto piacere theo però vedi sono felice di avervi ritrovato ma anche triste ,saperti sempre in viaggio lontano da camelot e se chiedessi a sir hagus di unirmi a voi? non feci intempo a pronunciare quelle parole che di balso sentii il calore del suo corpo avvolgermi in un abbraccio ,feci cadere la rosa dalle mie mani ...
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Cosa? Cos'è successo? è accaduto tutto immediatamente! Chi era quello? Il nipote di Lord Tudor? Rimasi immobile per qualche minuto incredulo.. Mi tastai il collo.. Non c'era più quella fastidiosa catena! Ma il marchio restava... Mi girai e guardai quel cavallo.. Mi fissava e io lo fissavo.. Mi toccò col muso.. Eravamo amici..
<<Su andiamo a bere bello..>> Presi le briglie del cavallo e lo portai fuori.. Uscimmo fuori dalle mura e andammo al ruscello.. Quando il cavallo finì di bere tornò da me.. Per un attimo rimasi fermo.. Avevo la possibilità di fuggire con un bellissimo cavallo.. Che fare? Gia so che mi sarei pentito di averlo fatto ma quell'uomo mi aveva dato fiducia.. Rientrai a corte nelle scuderie e misi il cavallo in una stalla.. Uscii dalla scuderie e iniziai a correre nel prato vicino le scuderie.. Mi stesi a terra a guardare le nuvole aspettando quell'uomo che mi aveva salvato.. |
"E' un piacere fare la vostra conoscenza, lady Gonzaga", la salutai.
Improvvisamente, di fronte alla pupilla di Lord Tudor, mi resi conto di quanto fossi miseramente abbigliata. Abiti semplici e scuri, di comune fattura. Avevo l'aspetto di una cameriera. Naturalmente sapevo che ciò non aveva importanza, date le movimentate circostanze, ma mi sentii ugualmente a disagio. Nonostante quel momento di smarrimento sorrisi. Mi rivolsi a Lord Tudor, che stava congedando Sir Hagus: "Trafford Bridge... questo nome non mi è nuovo... potrebbe essere il luogo giusto." Osservai la mappa, pensierosa. Presi un compasso e misurai la distanza da quel luogo. "Pare essere non troppo distante..." Mi voltai verso Giselle e, vedendo il suo volto stanco, capii che mi ero attardata più del dovuto. "Milord, vi ringrazio per il vostro prezioso aiuto... ora vi lascio ai vostri impegni, sono certa di avervi sottratto fin troppo tempo... vi domando licenza di ritirarmi... " Ero nuovamente incerta. Non ero abituata ad essere un'ospite. Avevo da sempre avuto la possibilità di andare e venire a mio piacimento dalle proprietà della mia famiglia e di non dipendere da nessuno, mentre ero giunta in quel castello con i soli vestiti che indossavo e una governante stanca e affamata. L'idea di dovermi rendere presentabile per la cena mi fece tornare con la memoria ai sontuosi banchetti che si tenevano a corte e alle feste nella tenuta di Beauchamps. Ero stata felice a quei tempi... ma sembrava tutto sospeso come in un bel sogno. |
Citazione:
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Chantal tornò a fissare la vetrata ed in quel momento udì un rumore provenire dallo studio di suo zio.
Da una finestra aperta un improvviso colpo di vento aveva fatto cadere dei documenti a terra. E fra questi vi era una lettera che subito colpì la ragazza. Probabilmente era stata nascosta per bene sotto altre carte e solo quel fortuito colpo di vento era riuscito a farla emergere tra i vari documenti sullo scrittoio. La lettera era ben sigillata con la ceralacca e su retro recava un messaggio: “A Chantal. Da aprire dopo la mia morte.” http://static.domini.it/files/ceralacca_01.jpg |
“Certo, milady.” Disse lord Tudor per poi chiamare alcuni servitori. “Conducete lady Melisendra e la sua governante negli alloggi preparati per lei.”
Le due donne furono allora condotte in una sontuosa stanza, preparata per gli ospiti del palazzo. Era riccamente arredata, con tende alla moda di Francia, mobili di gusto fiammingo e diversi dipinti alle pareti, che raffiguravano scene pastorali, bucoliche e altre a tema religioso. “Questo palazzo è accogliente, madame…” fece Giselle, visibilmente stanca “… accogliente e sicuro…” si voltò verso la sua padrona “… non siamo più ad Animos e forse non ci torneremo più… ma siamo vive… vive, grazie al Cielo.” Sorrise. “Ora prego soltanto che questi nobili benefattori riescano a trovare le terre di vostra madre, per permetterci così di ricominciare una nuova vita…” Si avvicinò ad una delle finestre e restò a fissare l’ancestrale incanto della campagna inglese immersa nel silenzio e nella magia della notte. “Ora riposate, madame…” continuò Giselle “… così sarete pronta per la cena che lord Tudor ha fatto preparare per il vostro arrivo.” |
Spaventata da quel rumore Chantal attraversò tutta la sala col cuore in gola.
Nello studio trovò una finestra spalancata,non seppe spiegarselo,ma avvertì pericolo e sgomento.Si precipitò a richiuderla con una tale veemenza che ella stessa non si capacitava dei suoi irrazionali movimenti. E i documenti,tutti scomposti,li vide sparsi tra lo scrittoio ed il pavimento. Eppure,ella dubitò che fosse opera di una violenta folata di vento. Non vi era traccia di forzature,o furto,o ricerca di qualcosa ad opera di qualcuno nella stanza,solo quei fogli in disordine,come disseminati da chissà quale arteficio sovrumano. E tra questi scorse una missiva,a lei indirizzata,suggellata da un sigillo,e con un esplicito invito ad aprirla in circostanze precise.Rimase scossa,e fu ancora più inquieta. E,come chi si ritrova senza fiato dopo una lunga corsa,irrefrenabili si mossero le sue mani senza esitare un solo momento.Staccò la ceralacca sul quale aveva riconosciuto il giglio.Quel giglio.Diceva tante cose. Turbata,lasciò scorrere le righe attraverso i suoi occhi. |
De Jeon saltò su.
“Proprio tu dici questo?” Fissando Gaynor. “Eri anche tu nel Cortile delle Statue all’università quando il maestro tenne il suo primo discorso! Ed eri presente anche nel Palazzo della Ginestra quando giurammo tutti sulla nuova bandiera della nazione! Ed ora vieni a parlarci di tolleranza e misericordia! Loro ne hanno avuto per noi? Forse i nobili hanno rinunciato ai loro diritti feudali quando trovavano i nostri contadini a rubare per fame nelle loro terre? E ne hanno avuto forse i chierici? Mentre affossavano il popolo nel corpo e nello spirito con i loro dogmi che incatenavano gli uomini alle catene della superstizione e dell’ignoranza? No, ora il popolo vuole giustizia! E tutti i tiranni saranno puniti!” “Perdonami, repubblicana Gaynor…” intervenne Missan “… ma trovo molto più interessante ciò che hai detto riguardo a quel biglietto…” riprendendo fra le mani quel biglietto “… ciò che dici è giusto… molto giusto…” “Hai dunque un piano, Missan?” Chiese De Jeon. “Naturale…” rispose Missan “… riallacciandomi a quanto detto da Gaynor, possiamo facilmente supporre che i nostri nemici siano inglesi, visto che tutti gli esuli si trovano in quelle terre, e che parlino benissimo la nostra lingua. Solo così si può spiegare la facilità con cui eludono i nostri controlli e si confondono tra le nostre fila… probabilmente quindi hanno studiato sotto precettori francesi, magari proprio nelle nostre scuole… ciò vuol dire che appartengono tutti ad una classe sociale alta, aristocratica…” “Ci sono dunque gli inglesi dietro questa sporca storia!” Esclamò De Jeon. “Già, pare di si…” annuendo Missan “… il simbolo del Giglio Verde, come giustamente fatto notare da Gaynor, è stato impresso, con una leggera rotazione verso destra, ma non abbastanza forte da stropicciare la carta… credo dunque che il marchio sia stato fatto con un anello.” “Se sono inglesi allora li staneremo nella loro maledetta isola!” Con impeto De Jeon. “E ti recherai tu lì, Missan!” “In quello stato ci detestano e sicuramente ci ostacoleranno in tutti i modi…” mormorò Missan “… bisogna essere dunque scaltri…” “Potrai avere tutto ciò che ti occorre per smascherare e catturare il Giglio Verde!” “Non serve far molto rumore…” con un sorriso Missan “… occorre invece astuzia… in Inghilterra posso contare su una mia spia… qualcuno insospettabile e capace di introdurmi negli ambienti aristocratici… per il resto porterò con me solo due persone… la nostra Gaynor ed una mia vecchia conoscenza che ho già fatto chiamare.” “Ottimo!” Disse entusiasta De Jeon. “E sono certo che Gaynor sarà all’altezza per affiancarti in questa missione!” http://1.bp.blogspot.com/_Qi_l_pmRm0.../Picture+1.png |
Mi avvicinai a Giselle e l'abbracciai.
"Sistemerò tutto... presto avremo una nuova casa." Le stampai un bacio sulla guancia e poi la congedai. Era troppo affaticata e non potevo permetterle di prendersi cura di me. "Vai nella tua stanza e risposa... ti manderò una cameriera... sai bene quanto mi è cara la tua salute... e non ti preoccupare di nulla." Il mio tono era irremovibile. Non avrei ascoltato le sue proteste. Una volta rimasta sola con una tinozza d'acqua fumante, congedai le cameriere e iniziai a sciogliermi i lacci dei vestiti. Strato su strato lasciai cadere a terra ogni singola camicia, fino a quando non riuscii a slacciare il corsetto. Iniziai a strapparne la fodera e ne estrassi le mie uniche gioie. Erano ancora lì. Tutte quante. La loro luce aveva reso ancor più brillante la bellezza di mia madre. Le racchiusi in uno scrigno. Tutti tranne uno. Il diamante blu era montato su una spilla. Era stato il preferito di mia madre, perciò decisi di indossarlo. Una volta uscita dall'acqua mi sedetti a spazzolarmi i capelli umidi, vicino al fuoco, mentre una cameriera si occupava silenziosamente di portare via i miei vecchi vestiti e un'altra svuotava la tinozza. Aprii una cassapanca e, incuriosita, iniziai a cercare qualcosa di appropriato da indossare per la cena. Per la prima volta dopo tanto tempo indossai nuovamente un abito che non fosse tetro come quelli vedovili. Appuntai sul petto la spilla di mia madre e raccolsi i capelli rossi in morbide onde. Dispensata Giselle dall'accompagnarmi, mi feci guidare da un'ancella verso la sala dei banchetti. http://i68.photobucket.com/albums/i3...onestcourt.jpg |
E appena ritiratasi Melisendra, in compagnia della sua governante, lord Tudor si abbandonò ai suoi pensieri.
Ricordi, sensazioni, emozioni, sogni di un’intera vita attraversarono il suo sguardo perso oltre la finestra, nel paesaggio notturno. “Che silenzio vi è qui!” Esclamò qualcuno entrando nella stanza. “Questo vecchio palazzo diventa ad ogni mio ritorno più austero…” continuò Guisgard sorridendo a suo zio “… i miei amici toscani, di certo più abituati ad un clima di borgata, non esiterebbero a definirlo… diciamo, di gusto gotico. Dico bene Jalem?” Voltandosi verso il servitore che l’aveva accompagnato. “Ah, abbiamo il ritorno del figliol prodigo.” Disse lord Tudor. “Ma qui non vedo vitelli grassi uccisi per me.” Ridendo di gusto Guisgard. “Forse perché i vitelli grassi, ossia il mio patrimonio, già lo consumi a dovere tra viaggi, battute di caccia nei luoghi più assurdi ed impensabili d’Europa, gioco ed il tuo guardaroba che farebbe invidia alla regina.” “Ah, vi prego, zio, non alzate troppo la voce…” con sufficienza Guisgard e lasciandosi cadere su un divano “… il viaggio è stato lungo e per nulla gradevole… e temo che dovrò lavarmi di nuovo i capelli, se vorrò essere almeno sufficientemente presentabile…” Lord Tudor scosse la testa e brontolò. “Novità, caro zio?” “Ti riferisci ai miei affari? Affari che in teoria dovrebbero essere anche i tuoi.” “No, vi supplico…” portandosi una mano sulla fronte “… risparmiatemi queste cose… sapete che mi deprimono…” “Ti deprimono?” Sempre più contrariato il duca. “Eppure sono proprio i miei affari che ti consentono la vita che fai!” Guisgard sorrise, socchiudendo poi gli occhi. In quel momento Gonzaga rientrò nella stanza. “Gonzaga, questa è la piaga della mia vecchiaia…” indicando il nipote assopito sul divano “… mio nipote Guisgard… lei è lady Gonzaga.” “Incantato, milady…” aprendo gli occhi Guisgard e alzandosi dal divano “… i miei omaggi alla vostra bellezza…” aggiunse baciandole la mano, per poi cadere di nuovo sul divano “… perdonate, ma nulla stanca al mondo come un viaggio… credo che le vere fatiche per il mitico Ercole siano stati i viaggi che lo portarono da un capo all’altro della Grecia, proprio per superare le sue imprese…” “Componiti, sei un Tudor!” Tuonò lord Tudor. “Vi supplico, non alzate la voce, zio…” “Ah, che il diavolo ti porti!” Esclamò il duca. “Stasera ci sarà una cena in onore di alcuni ospiti e voglio che tutto sia in regola!” “Quali ospiti, zio caro?” “Alcuni amici giunti qui dalla Repubblica di Magnus.” In quello stesso momento Melisendra, accompagnata da un’ancella, entrò nella sala. http://img641.imageshack.us/img641/6...2321h20m28.png |
Non feci caso, prima di fare il mio ingresso, alle voci che provenivano dalla sala. Sembrava fosse in atto un aspro rimprovero.
Una volta varcata la soglia mi accorsi del furore che aveva arrossato le gote del mio benefattore mentre, almeno così sembrava, la causa di tanto affanno se ne stava comodamente seduto su un divanetto. "Milord..." mi inchinai alla maniera della corte di Animos, dove qualunque inchino doveva essere aggraziato e flessuoso quanto un passo di danza o un giunco nel vento. "La vostra ospitalità non ha eguali..." Lo ringraziai. Mi accorsi dell'aria un po' tesa. "Spero di non aver interrotto niente..." |
Lord Tudor, nel vedere Melisendra, cambiò espressione e si ricompose.
“Milady, è la vostra presenza che nobilita ed impreziosisce la mia dimora.” Sorridendole. “Ed è una gioia ed un onore ospitare una dama del vostro lignaggio.” Fissò poi il nipote ozioso sul divano. “Avete solo interrotto l’ennesima arrabbiatura che mio nipote si diverte a procurarmi… milady, questi è sir Guisgard, il mio unico nipote e bastone della mia vecchiaia.” Fece con ironia il duca. “Guisgard, questa è lady Melisendra Du Blois, Duchessa di Beuchamps.” “Incantato e vostro schiavo, milady.” Alzandosi Guisgard e sfiorando con le labbra la mano della ragazza. “Purtroppo mio zio è facilmente irascibile…” sorridendo “… io credo che sia questo palazzo… non trovate anche voi che sia, come dire… si, decadente, di un’atmosfera un po’ ammuffita? Io credo che lo eviterei anche da fantasma.” “Beh, potresti sempre andare a vivere altrove.” Accigliato lord Tudor. “Magari in qualche sperduta landa scozzese.” “Troppo aspra la vecchia Scozia, caro zio…” accennando uno sbadiglio Guisgard “… ma ditemi, milady, come vi sembra l’Inghilterra?” Rivolgendosi poi a Melisendra. “Io devo dire di essere molto incuriosito da voi. Oh, intendo dire che sono incuriosito dalle donne francesi. Vedete, mi affascina la vostra capacità di far confondere noi uomini… per esempio, perché voi dame d’oltre Manica amate tanto farci ammattire? Quando dite si è spesso invece da intendere come no, mentre poi, talvolta, dite no per voler invece dire si. Ecco perché nei vostri romanzi cortesi gli amori erano così complicati. Ah, quanto è affascinante la vostra cultura.” |
“Madame, la strada per Ostyen è dall’altra parte della cittadina.” Disse quel misterioso uomo ad Elisabeth. “Ma in questo momento vi sconsiglio anche solo di pensare di poterla percorrere. Da quelle parti infuriano gli scontri tra i Ginestrini e i Pomerini… scontri feroci e violenti, animati dall’odio… sarebbe un suicido tentare di attraversare quel passaggio…” la fissò per qualche istante senza dire nulla “… vi farò una proposta, madame…” rompendo il suo silenzio “… se attenderete che la situazione migliori, allora vi condurrò io stesso alla strada per Ostyen… nel frattempo troveremo un posto dove rifugiarci. Cosa ne dite?”
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Daniel fissava le nuvole che percorrevano come immense isole galleggianti lo sterminato mare azzurro dei Cieli.
Nel guardarle il giovane sembrava riconoscere in esse strane immagini. Città oltre la Terra, reami lontani e poi torri, manieri, mura, bastoni. Nella sua vivace fantasia un intero mondo sembrava prendere forma. Un mondo che lui immaginava di percorrere libero come il vento. Quello stesso vento che gonfiava e muoveva quelle nuvole sopra i suoi occhi. Ma ad un tratto qualcosa riportò Daniel alla dura realtà. Due mani forti lo tennero fermo, mentre un secondo uomo con un piede sopra il suo petto lo bloccava a terra. “E così stavi tentando la fuga, eh?” Disse una voce sopra il ragazzo. “Voi inferiori vi credete sempre migliori di noi, ma stavolta ti sei messo nei guai, gaglioffo… hai insultato lord Tudor ed ora vorresti farla franca? Avrai ciò che ti meriti!” Il giovane finalmente riconobbe quella voce: era lord Carrinton. “Tenetelo fermo!” Ordinò ai due uomini il nobile inglese. “Ora lo farò strillare come un maiale…” e cominciò a far schioccare il frustino che adoperava per cavalcare. |
Osservai quel giovane con aperta curiosità e lo soppesai con lo stessa stessa sfacciataggine che mi aveva riservato.
"Non sono francese, Nobile Guisgard, sono una dama della corte di Animos... siamo molto più pungenti... e per di più per metà sono inglese. La frivolezza che voi imputate ai natali d'oltre Manica dovrebbe essere mitigata dalla temperanza che mi insegnò mia madre, una lady della casata dei Wendron." Sorrisi. "Non posso lamentarmi del paesaggio e dell'atmosfera che si respira nelle vostre terre, giacchè le mie sono diventate ben più tetre... trovo che questi luoghi che voi definite gotici siano invece molto romantici... mi hanno accolto la dolce e malinconica nebbia che avvolge le scogliere di Dover e il calore di questo palazzo... di cosa mai potrei lagnarmi senza sembrare una sciocca?" |
“Beh, la vostra metà francese, pardon, di Animos, si fa sentire, eccome, milady.” Sorridendo Guisgard. “Ma poi non ha assunto un nuovo nome la vostra terra? Com’era? Aiutatemi, zio.”
“Io sinceramente non ho capito nulla di ciò che hai detto fino ad ora.” Scuotendo il capo il duca. “Ah, si!” Esclamò Guisgard. “Magnus! Si, Repubblica di Magnus! Ma dicevo, la vostra metà d’oltre Manica si fa di certo apprezzare, milady, ma vi insegnerò, col vostro permesso, qualcosa che riguarda l’altra vostra metà, quell’inglese intendo… vedete, milady, una dama inglese trova sempre il modo per lamentarsi di qualcosa… ora di un vestito, ora di un diadema, ora della città, ora della campagna… persino del tempo una dama inglese trova il modo per lamentarsi… immagino sia per questo che gli uomini di queste terre hanno imparato ed essere così pignoli.” Sorridendo nuovamente. “Lady Melisendra ha dovuto affrontare alcune situazioni ed un viaggio tutt’altro che semplici.” Intervenne lord Tudor. “Cerchiamo di farla sentire come a casa.” “Immagino non sia difficile, essendo già per metà compiuta questa cosa, visto che la nostra bella dama è per metà inglese.” E rise di gusto Guisgard. “Perdonatemi, ma ho una particolare abilità, nonché un audace brillantezza, per le battute di spirito. Temo dovrete farci l’abitudine, milady. Però, magari, il mio spirito vi farà dimenticare le peripezie subite in patria.” Restò poi per qualche istante a fissare la preziosa spilla che la ragazza aveva indosso. “Per Diana!” Esclamò. “Davvero un gioiello degno di tale nome! Posso ammirarlo, milady? Davvero notevole… anche perché riesce quasi a non essere oscurato del tutto dalla vostra folgorante bellezza. Ma, mi chiedo… come avete fatto a portarlo con voi? Non sarà stato certo facile eludere i controlli dei repubblicani… mi viene quasi da chiedervi, milady, dove la tenevate nascosta una simile meraviglia… eh, è proprio vero… avete mille virtù e mille risorse voi dame francesi… ops, perdono, volevo dire di Animos…” e sorrise. |
Theo strinse a sé Brianna.
La sua pelle morbida e chiara, i capelli profumati e del colore del Sole ridestarono il giovane cavaliere da ogni fatica e stanchezza. “Vorresti venire con noi in uno di quei viaggi?” Sorridendo ed un po’ stupito Theo. “Beh, potresti annoiarti alla fine. Magari tu sogni l’avventura, scenari da romanzo, ma in realtà noi dobbiamo fare da scorta a sir Hagus quando si reca in Francia per curare gli interessi di lord Tudor.” La fissò vagamente divertito. “Sin da quando ti conosco hai sempre avuto un debole per le avventure cavalleresche… ecco perché mi hai chiesto di insegnarti a tirare di spada… avresti dovuto innamorarti di uno scrittore, così ti avrebbe resa l’eroina di uno dei suoi racconti.” Rise. “Su, va a prepararti che tra un po’ ci recheremo al palazzo del Belvedere, dove ti presenterò a lord Tudor.” Poi, di colpo, si fece serio ed abbandonò i suoi occhi in quelli di lei. Un attimo dopo gli occhi di entrambi si chiusero e le loro labbra si sfiorarono fino a congiungersi in un dolce e lungo bacio. |
"Suppongo che farò l'abitudine al vostro senso dell'umorismo... così come ho fatto l'abitudine al vostro clima... ma forse, come dite voi, parto avvantaggiata dal mio retaggio." Mi portai una mano alla gola, dove splendeva il gioiello di mia madre, appeso a un nastro. "Questo? Apparteneva appunto a mia madre... l'ho salvato dai saccheggi e dalle confische dei ribelli... non potevo permettere che la dote di mia madre cadesse nelle loro mani. Ora sono tornati al luogo a cui appartenevano... e presto, forse, nella loro casa."Sospirai.
"Non sono sicura che sia cosa da dire in compagnia di persone per bene come voi, ma sono riuscita a salvare i gioielli di mia madre... cucendoli... bè... nella fodera del mio corsetto!" Non riuscii a trattenere un sorriso di soddisfazione. |
Incominciai a stropicciarmi i lembi del mantello.....ero nervosissima, gli scontri li avevo visti, e se ancora ero viva lo dovevo a quell'uomo ...... che motivo poteva avere per allontanarmi dal mio obiettivo !!! " Ascoltate, ormai sono qui e devo portare a termine la mia missione ...... non vorrei pero' che qui gli scontri si protrassero all' infinito, non ho molto tempo......verro' con voi, ma ascoltatemi bene, se per qualche assurdo motivo vi state prendendo gioco di me, non sara' contro le armi che dovrete lottare....!!....
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non potrei mai innamorarmi di un'altra persona,lo sai bene è vero io adoro l'avventura ,pensavo vi facesse piacere avermi accanto ma forse avete ragione sir theoden sarei un peso per voi protestò brianna .
nonostante la discussione monologa di brianna si preparò con cura ugualmente per accompagnarlo a palazzo indossò un elegante vestito rosso con rifiniture dorate i capelli raccolti in una crocchia dorata |
<<NO!>> Cercavo di liberarmi ma quegli uomini erano forti.. Lord Carrinton stava per frustrarmi allora ormai disperato morsi una mano che mi teneva.. La morsi talmente tanto che sentii il sapore metalico del sangue.. L'uomo mi lasciò.. L'altro preso alla sprovvista mollo la presa.. Approfittai della distrazione comune e cominciai acorrere.. Sentivo che mi stavano inseguendo e tra poco mi avrebbero raggiunto.. Corsi lontano dalle scuderie fino allla corte interna dove vidi quell'uomo insieme a Lord Tudor e Lady Gonzaga.. <<AIUTO! QUell'altro Lord mi vuole frustare!>> disse correndo vicino all'uomo che mi aveva salvato..
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" Scusate del ritardo", dissi entrando nel salone dei banchetti. Andai verso lord Tudor e con un cenno di inchino gli porsi il mio saluto, poi mi avvicinai a Lady Melisendra..." scusate lady per l'altro giorno, forse sono stata poco cortese nel salutarvi. Avrei voluto fare la vostra conoscenza in un modo un po diverso , ma purtroppo quel giorno sono successe troppe cose che mi hanno irritato e fato gioire allo stesso tempo la mia anima." Notai il suo dolce sguardo..era bella ed elegante , si capiva dal suo portamento. I suoi occhi facevano trasparire la bellezza della sua anima. In fondo alla sala notai un giovane ...era Guiscard..,,ricordo ancora quando Lord Tudor me lo presentò. Un giovane cavaliere dal temperamento assai divertente. " Ditemi lady Melisendra... starete il tempo neccessario per poterci conoscere meglio? mi farebbe molto piacere " Che strano ma mi mancava la presenza di Lord Carrinton , non so perchè ma la sua compagnia era stata piacevole .... http://farm4.static.flickr.com/3593/...aa46555202.jpg |
“Oh, non badateci, milady.” Disse sornione Guisgard fissando Melisendra. “Purtroppo spesso le regole della cortesia e della nobiltà, a mio giudizio le peggiori invenzioni fatte dall’uomo, ma ormai talmente radicate in noi che senza non si potrebbe vivere, limitano più di qualsiasi altra cosa gli slanci e gli estri di noi altri.” Accennò un sorriso che sembrava in realtà più simile ad una smorfia. “Però, devo dire, che mai ho invidiato tanto le sorti di un gioiello… cioè, voglio dire, ho sin da piccolo immaginato di essere un falco, un lupo, persino uno scorpione, ma mai mi sono sentito tanto attratto dall’idea di essere un gioiello.” E rise di gusto.
“Smettila con queste sciocchezze, che finirai per mettere in imbarazzo la nostra ospite!” Adirato lord Tudor. “Oh, vi ho forse messa in imbarazzo senza volerlo, milady?” Stupito Guisgard. “Se così fosse, beh, ovviamente faccio ammenda delle mie colpe e cavallerescamente mi dispongo ad essere vostro campione per qualsiasi causa.” Accennando un lezioso inchino. “Ah, che idiozie!” Sbuffò lord Tudor. “Ti prego, cara…” voltandosi verso Gonzaga “… pensa tu a fare gli onori di casa ed a fare compagnia alla nostra lady Melisendra.” Ma in quel momento si udirono delle grida. Un attimo dopo Daniel entrò come un fulmine nella sala, nascondendosi dietro Guisgard. Subito dopo anche lord Carrinton ed i suoi due servi raggiunsero tutti loro nella sala. “Per Diana!” Esclamò Guisgard. “Cosa accade qui?” “Abbiamo scoperto il vostro servo proprio mentre stava per fuggire, lord Tudor!” Disse lord Carrinton. |
Chantal lesse quella lettera:
“Chantal, ragazza mia. Se stai leggendo questa lettera allora vuol dire che il mio tempo è giunto. Loro mi stavano cercando da tempo e l’aver abbandonato l’insegnamento accademico non poteva proteggermi all’infinito. Il paese pullula di spie e prima o poi sapevo che questo sarebbe accaduto. Ma grazie al Cielo ho avuto una vita lunga e ricca di felicità. Ho amato e sono stato amato e niente cambierei della mia esistenza. Il Cielo non ha voluto benedire il mio amore per una donna con il dono dei figli, ma mi ha forse dato qualcosa di più grande: il tuo affetto sincero e devoto. Mi sei stata e mi sarai sempre cara come una figlia. Tutto ciò che possiedo non potrà divenire tuo perché a quest’ora i repubblicani avranno già confiscato ogni mio bene. Ma forse non il più prezioso. Nel mio studio troverai un umile vaso di terracotta, dentro il quale è seminato un tesoro inestimabile. Richiede cura ed amore, ma presto, sono certo, sboccerà. E quando quel giorno verrà, allora quel tesoro saprà ricompensarti per tutto ciò che non stato capace di darti io. So che oltre me non hai nessuno al mondo, figlia mia. Perdonami se non ho saputo proteggerti. Spero che quel dono possa in parte ripagare le mie mancanze. Suona sempre, Chantal. Suona come se io fossi accanto a te ad ascoltarti. Suona perché io ci sarò davvero. Ti voglio bene, figlia mia e ti affido all’Onnipotente. Adam, servo di Dio.” |
"Siete sfacciato... Sir Guisgard... ma non tanto da farmi arrossire..." Sorrisi senza cessare di guardarlo dritto negli occhi. Non mi costava alcuna fatica quella compostezza, dal momento che la corte di Animos era famosa per i suoi passatempi frivoli e libertini. Avevo sentito battute ben più salaci di quella.
"Siete molto gentile, lady Gonzaga..." mi rivolsi alla bella dama che era accanto a Lord Tudor. "Anch'io avrei voluto che la nostra conoscenza avvenisse in circostanze migliori. Spero che saremo buone amiche per tutto il tempo che trascorrerò presso questa dimora... solo il Cielo sa quanto sono combattuta tra il desiderio di restare nella quiete di queste mura e quanto, invece, desidero conoscere le terre della mia famiglia." Alle mie spalle udii un rumore di passi e grida concitate. |
Alla vista del giovane Daniel non sapevo che posizione prendere.
Non era appropriato che una dama prendesse le difese di un giovane sconosciuto e per di più accusato di furto . Ma vederlo cosi indifeso e con quel marchio sulla spalla , mi metteva a disagio. Speravo in cuor mio che nessuno se ne accorgesse , ma provai una gran pena per lui. " Scusatemi signori, ...dissi rivolgendomi ai cavalieri presenti...non voglio e credo nessuno di noi, che questa sera venga rovinata da un fatto che molto probabilmente si potrà risolvere fuori da questa stanza. E poi carissimi...questa sera abbiamo nostra ospite lady Melisendra , immagino che lei voglia trascorrere con noi una serata serena. Mi avvicinai verso lord Tudor ....Vi prego , duca...cercate di ascoltare questo giovane, sono giorni che cerca un dialogo con voi.In fin dei conti che vi costa? Guardate i suoi occhi..vi sembrano quelli di una persona pericolosa? E' solo un ragazzo a cui la sorte non ha riservato nulla di buono. E avvicinandomi a Lord Carrinton .." sarà un piacere presentarvi la nostra ospite....conoscete già Lady Melisendra?.. |
Guardai quel giovane straniero, dubitando se fidarmi o meno. Mi trovavo in un posto lontano e non conoscevo nessuno, ma pensai che peggio di cosi non potevo imbattermi in altre situazioni. Ridendo cercai di farmi vedere sicura e senza timore, come mio padre mi insegnò "messere, io mi sono presentata, io ancora aspetto il vostro nome. Sappiate comunque che avete indovinato, la verde e fiera Irlanda è la mia madre Patria. E solitamente mi soffermavo a parlare con folletti e fate".
Passato il momento degli scherzi, sospirando ammisi che non avevo una fissa dimora e che per ora alloggiavo presso una donna aristocratica che mi vide approdare a Camelot. "Mi scusi ma avete parlato di un Belvedere? di un certo milord Tudor?" |
Citazione:
Ogni particolare recava la firma di suo zio. Chantal non fece in tempo ad interrogarsi su quali potessero essere i contenuti che già si ritrovava a scorrere le righe con i suoi irrefrenabili e sgranati occhi. Fu colta da un'emozione inaspettata interamente governata dal pianto. Leggeva.Leggeva mentre si asciugava le lacrime strofinandosi le guance con la mano. Le parve una beffa del destino. Il mancato rientro di suo zio,l'incubo che l'aveva colta mentre aveva ceduto al sonno solo poco prima in quella notte inquietante fatta di attese e tenebre,il rumore proveniente dallo studio,il vento,infine quelle righe. Righe di abbandono. Righe di addio. E i battiti del suo cuore che le percuotevano il petto con ferocia. Sgomento,sconforto,incredulità,e poi irrazionalità e affanno e rabbia,e ancora impazienza,insofferenza,spregevolezza,e desiderio di scoprirsi in inganno,di cogliere un anelito di speranza,mille e più sentimenti insieme suscitavano quelle righe che sembravano orchestrare gli eventi che in quel momento stavano avvolgendo la figura di Chantal,tutto inondato da un pianto che la ragazza non riusciva a contenere,tutto avvolto dal ritmo accelerato del suo cuore che non accennava a smorzarsi. Continuava a strofinarsi le guance per ostacolare il fluire delle lacrime,le disperdeva sulla pelle che,calda,le assorbiva e le evaporava.Ma scendevano copiose e amare,espressione di un dolore sordo e spregevole che in quel momento si impossessava della sua ragione.Non riusciva a prosciugarle quelle lacrime,sebbene non smettesse di avvolgersi il viso nella mano che ora si potava agli occhi celati dietro il nero velo del Kajal che si scioglieva,ora alla bocca che sentiva di fuoco,ora ancora tornava alle guance,così permeate e veementi di rossore. E vi cedette,abbandonandosi a quel pianto,smarrendo lucidità e cognizione. Il vaso,leggeva del vaso,di quel tesoro che lo zio le affidava in eredità,lo aveva scorto per la prima volta in quella notte avvolta di mistero che presagiva a qualcosa di irrimediabilmente infelice. Ed infelice si sentì in quel momento quando fu rapita da quelle righe che mai avrebbe voluto leggere. Righe di allontanamento e separazione per sempre. Suo zio che la lasciava,e che forse,era già in seno all'abbraccio del Padre mentre ella ancora indugiava in quella lettura. Ogni cosa le appariva incredula eppure perfettamente disposta come le tessere di un mosaico che raffiguravano la verità,in quel momento. Il silenzio di quella notte custodiva ora solo il taciuto urlo della disperazione,quell'urlo che Chantal non aveva trovato forza di emettere dalla sua bocca sigillata la cui voce soffocava al cospetto di quel momento di vita in cui avvertì d'essere davvero sola,vinta da un'inconscia consapevolezza che quelle righe presagissero il vero. Adam, servo di Dio Fu il sigillo che Chantal impresse a quella notte. |
Quella scena aveva stravolto l’atmosfera della sala.
“Avete dunque beccato il ragazzo che fuggiva col mio formidabile sauro nuovo?” Fece Guisgard fissando Carrinton. “Ah, ma allora vi sono debitore, amico mio! Quel cavallo vale una fortuna! E ditemi… dove avete trovato questo ragazzo? Nel bosco? Al villaggio? Oppure era già quasi riuscito a fuggire oltre le terre di mio zio?” “No, l’ho beccato mentre era ancora nel Belvedere.” Rispose Carrinton fissando il nipote del duca. “Davvero?” Stupito Guisgard. “Questa è bella! Ed io che ritenevo questo ragazzo molto più furbo invece! Dunque costui, caro lord, è tornato indietro, ha lasciato il mio cavallo nelle scuderie, per poi decidere di fuggire via. Beh, non so se definirlo audace, singolare o soltanto stupido il suo comportamento. Non vi pare?” “Non comprendo…” mormorò Carrinton. “Vedete, ho affidato a questo ragazzo, che per la cronaca è il mio nuovo scudiero, la cura del mio nuovo cavallo. L’avevo infatti mandato nei dintorni per abbeverare il destriero in questione. Ma ora non capisco il perché abbia riportato il cavallo, invece di fuggire via con esso.” “Temo ci sia stato un malinteso.” Entrando Jalem nella stanza. “Lo penso anche io.” Sorridendo Guisgard. “Il nostro lord è solo stato un po’ troppo… impulsivo? Avventato? O forse aveva solo voglia di un po’ di moto. In questo caso vi consiglio la caccia, mio signore. Di animali, non di servi, ovvio.” “Vedo che siete abile di lingua e di immaginazione, sir.” Piccato Carrinton. “Mai come voi, milord.” Con sguardo ingenuo Guisgard. “Visto che prendete gli scudieri che lavorano per fuggiaschi.” “Se volete discutere della mia immaginazione posso tranquillamente accontentarvi, sir…” “Ma questo ragazzo non era in catene?” Intervenne lord Tudor. “Veramente, milord, sir Guisgard…” fece Jalem. “Immagino.” Lo interruppe il duca. “Non voglio sapere altro.” Jalem, ad un cenno di Guisgard, portò allora con sé il giovane Daniel. Poi Gonzaga presentò Melisendra a lord Carrinton e l’atmosfera sembrò rasserenarsi. “Non ho la fortuna di conoscere una creatura tanto splendida.” Con lieve inchino, il nobile. “Incantato, milady.” |
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