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"I popoli dell'Est" disse Herbert riempiendo un altro bicchierino con quel liquore, per poi versarlo nel piatto di Gwen "sono affascinanti, poichè vivono in balia di un tempo che resta metà barbaro e metà moderno." Fissandola. "Ora mescoli bene con la forchetta, in modo che si insaporisca."
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Diedi poco peso alla sua spiegazione socio-filosofica, impegnata com'ero a non farmi sopraffare dall'angoscia e dal panico.
Cercai di far confluire tutto il mio malessere nei cerchi che la forchetta compiva nel piatto, Senna speranza di state meglio, specie grazie al liquore, quantomeno l'alcool mi avrebbe aiutata. Inviato dal mio Redmi Note 5 utilizzando Tapatalk |
Herbert iniziò a mangiare, guardando Gwen che invece continuava a mescolare con la forchetta nel suo piatto.
Lui allora notò lo strano sguardo di lei. "Forse non ha fame..." disse "... non si sente bene? Ha uno strano aspetto..." |
Provai a prendere una forchettata, sentendo il forte gusto dell'alcool unito alla pietanza e a tutte le altre spezie.
Di certo, avrei voluto essere più in forma per godermelo meglio. E magari in un altro posto con un'altra compagnia. Poi, lui notò il mio malessere. "Non ho le mie pillole con me..." soffiai, l'attacco imminente che minacciava già di azzannarmi il respiro, permettendo al panico di farsi strada nel mio animo e nella mia mente. Inviato dal mio Redmi Note 5 utilizzando Tapatalk |
"Pillole..." disse lui ripetendo la parole di Gwen "... che pillole? Soffre di qualcosa? Perchè non me l'ha detto subito?""
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Come potevo riuscire a spiegarglielo?
Poteva lui capire una cosa simile? No, di sicuro no. "Voi... Non potete capire..." Facevo io fatica a capire me stessa, non si poteva certo pretendere che lo facessero gli altri... "Dirvelo... Cosa? E quando? Quando mi sono svegliata sul vostro baracchino lontana da casa, forse?" mormorai, cercando il tono più cattivo che avessi, ma la realtà era che ero improvvisamente assalita da una forte voglia di piangere ogni singola lacrima che avessi in corpo. Il petto e lo stomaco erano attanagliati da una morsa che faceva male, come sempre, o forse più del solito. Chiusi gli occhi cercando di trattenere le lacrime, mentre nei miei polmoni l'ossigeno faticava ad entrare, il panico era sempre più forte, nella mia mente ogni immagine che giungeva, inviata dal mio animo turbato e crudele nei miei stessi confronti, era terribile e alimentava in me quel senso di angoscia, senza che riuscissi ad allontanarla. |
Herbert si alzò e senza dire nulla prese Gwen in braccio.
Raggiunse la porta e con un calcio ben assestato la fece aprire. Percorse rapido lo stretto corridoio in metallo e raggiunse una cabina laterale, dove c'erano 2 uomini intenti a giocare a carte. "Dottor Holus..." disse il capitano "... questa donna sta male. Non sono sicuro, ma credo abbia una crisi di panico." "Accidenti!" Esclamò Holus. "Era dal Luglio del 1916 che non visitavo una paziente donna! Era un'infermiera volontaria, ricordo!" Prendendo la borsa con i suoi ferri. "Ero ubriaco e farneticavo in un idioma che non rsapevo neanche di conoscere! L'infermiera invece mi insultava in una qualche lingua dell'Est!" Hebert mise Gwen sulla brandina. "Cosa si sente, figliola?" Holus cominciando a visitarla. |
Dapprima mi irrigidii a quel primo schizzo d'acqua, ma infondo ero stata io a cominciare, no?
Anche se la cosa era così strana, perchè io non ero di certo il tipo che si metteva a giocare in acqua con uno sconosciuto (nudo). Ma c'era qualcosa in lui che mi spingeva a fare follie, non sapevo come definirlo, non lo sapevo proprio! Così, mi lasciai andare, abbandonandomi a quel gioco fatto di schizzi d'acqua, in cui scappavo e lo rincorrevo, e gli facevo gli agguati e ridevo. Ridevo come non mi ricordavo di aver riso da tantissimo tantissimo tempo. |
Giocavano fra loro, a colpi di schizzate d'acqua, di nuotate furiose per rincorrersi e sfuggire, tra la schiuma e le increspature della piscina.
E in una di queste divertenti battaglie d'acqua, dopo un breve inseguimento, il Generale raggiunse ed afferrò Destresya, stringendola a sè. "Presa..." disse "... ho vinto, no?" Ridendo. |
Ero arrivata al limite.
Non era mai stato così forte e violento, mai e solitamente, nonostante potesse sembrare strano, c'era sempre Stefan con me, a starmi accanto e ora ne sentivo la mancanza. Sentii che mi prendeva in braccio e stavo troppo male per oppormi. Capii poco o nulla di ciò che successe poco dopo, sentii che chiamava un uomo e quello che il tipo farfugliò non mi giunse, poichè la tachicardia faceva rombare il sangue nelle orecchie. "Io... Io non riesco a respirare... Le pillole, ho bisogno delle pillole... Stefan... voglio andare a casa..." farfugliai, mentre lacrime iniziavano a scorrere copiosamente sul mio viso. |
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