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Quella visione... fu un attimo.
La voce calda di Andros, il suo tono vibrante e quelle parole... sentii l’anima di Chymela sussultare e vibrare forte mentre lo ascoltava, mentre lo guardava... Fu un attimo, ma fu tanto chiaro e limpido nella mia mente che anche io sussultai. Citazione:
Sentivo gli altri allontanarsi, intanto, ed avviarsi verso la festa... anche noi dovevamo andare, lo sapevo bene... ma improvvisamente non volevo più, improvvisamente non era più quella la cosa più importante... Improvvisamente mi accorsi di sentire la sua mancanza. Non avevo mai dato troppo peso al fatto di non poter più vedere... al contrario, passato lo shock iniziale mi ci ero quasi abituata: avevo imparato ad ascoltare con più attenzione e a far conto su tutti gli altri sensi, la mia anima spesso ‘sentiva’ ciò che io non potevo vedere. E questo, in qualche modo, mi bastava. Ma improvvisamente mi accorsi che non mi bastava più per lui. Sentivo la sua mano nella mia e sentivo il suo sguardo su di me, sentivo il suo cuore battere e la regolarità del suo respiro... eppure non mi bastava più. No, non mi bastava: improvvisamente desiderai di nuovo guardare nei suoi occhi per accertarmi che tutto andasse bene, per tranquillizzarmi, così come facevo quando eravamo ragazzini... si, io volevo vederlo, volevo guardarlo... ne avevo bisogno! Trattenni la sua mano nella mia, tremando, e chiusi gli occhi, li strinsi e respirai piano per qualche attimo... pregai in quei pochi attimi, implorai per poter vedere ancora, anche un solo momento, quel momento... poi, inspirando profondamente, li riaprii... Ma niente era cambiato, ed io mi trovai ancora in quel buio screziato di vividi lampi di luce fiammeggiante. La delusione fu cocente ed i miei occhi si riempirono di lacrime... lacrime amare, lacrime di frustrazione... In fretta, dunque, perché Guisgard non le notasse, abbassai il viso e sospirai mestamente... Poi mi voltai verso la porta... “Dai, andiamo...” mormorai, senza riuscire a nascondere quel tono vagamente triste. |
Guisgard strinse la mano di Talia e si accorse che era fredda e tremante.
Inoltre la sua voce incerta e il tono mesto e rattristato non erano sfuggiti al cavaliere. Le tre coppie si avviarono allora verso il luogo della festa, mischiandosi pian piano con gli altri che si dirigevano là. Ma Guisgard voleva restare solo con Talia e comprendere cosa avesse. Allora, cominciò sensibilmente a rallentare il passo, lasciando che tutti gli altri li circondassero, separandoli dai loro amici. E all'improvviso, Guisgard si avvicinò ad una fontana per bere. “Ah, mi ci voleva una bella bevuta!” Esclamò. “Fresca! Adoro l'acqua che sgorga in questi borghi di montagna!” Guardò i vari cavalieri e le loro dame sfilare verso la festa. Allora, bagnandosi la mano con quell'acqua fresca, scherzò sulle guance di Talia. “Vuoi bere?” Chiese alla ragazza. “E' fresca e buonissima. E poi magari mi racconti perchè mi sembri così triste...” le accarezzò il viso “... la regina Ginevra deve essere gaia e spensierata... lei solo possiede il cuore di Lancillotto!” Sorrise. “Messere!” Avvicinandosi all'improvviso un bambino. “Acquistate una rosa per la vostra dama? Ho rose di tutti i colori... rosse, bianche, perlate, ambrate, gialle... vi prego... se torno a casa senza averne venduta almeno una, mio padre mi picchierà!” “Avanti...” disse Guisgard “... una rosa per far sorridere la mia regina... quale desiderate, lady Ginevra?” Domandò a Talia. http://s4.hubimg.com/u/6204495_f520.jpg |
Ci inoltrammo tra la folla, camminando lentamente... Guisgard stringeva la mia mano ed io seguivo i suoi passi. Ormai non provavo più disagio a camminare nella confusione, mi ero abituata e riuscivo a districarmi abbastanza bene... eppure quella vaga tristezza che mi aveva investita poco prima non accennava a diminuire, al contrario...
Poi d’improvviso Guisgard si fermò vicino ad una fontana, sentivo l’acqua zampillare allegramente, sentii la sua mano raccoglierla, poi la sua voce... Citazione:
“Non sono triste!” mentii. Raramente avevo mentito a Guisgard, non ero mai stata molto capace a raccontare bugie e lui mi conosceva troppo bene, tanto che gli era sempre bastata una sola occhiata per smascherarmi... ma quella volta era diverso, non volevo rattristare anche lui e non volevo pensasse che ero sciocca... Poi, prima che potesse chiedermi qualcos’altro, una seconda voce si intromise tra noi... Citazione:
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Troppo impaurita la donna per ascoltare, sembrava fuori si ...senza potersi esprimere come voleva...niente viaggio in quella notte per nulla al mondo...solo per me...il fato diede sfogo alle sue immagini....entrai in una trance che mi estrometteva solo parzialmente dal mondo reale....e la visione fu limpida...e vidi Fin Roma e la Regina....il suo dolore era palpabile come le mani di Reas poco prima.....Fin sembrava vivesse dei suoi pensieri ed ella come solo un amore infito puo'...desiderava l'odore di quel magnifico fiore....e se quel fiore fosse l'uomo che ella amava...e se quel fiore fosse la sua sola ragione di vita.....quel fiore, non poteva essere estirpato......sembrava la vita stessa......Ritornai in me e i miei occhi erano ancora fissi sul volto della donna.......la stanza, si...dovevamo riposare......" Grazie padre..qualsiasi cosa andra' bene perche' si possa riposare, l'alba sembra terribilmente vicina.."....entrai nella stanza...sembrava cosi' piccola, vi era un letto che sembrava abbastanza grande per due persone....e vi era un inginocchiatoio.....chi non dormiva..pregava......chiudemmo la porta alle nostre spalle..." Reas....che strana situazione, cerchiamo i cigni e troviamo altro......incomincio a temere per tutte le persone che conosco......incomincio a sentire quello che l'umana coscienza chiama paura di perdere....e io ho gia' perso tanto nella vita..........Ho giurato a Goz di trovare i suoi cigni.....ho avuto una visione....voi avete mai visto il fiore che e' custodito nel giardino del parco reale ?..."...
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Dopo aver udito quella voce, corsi verso Parsifal, stringendogli il braccio. "No. Voi non affronterete nessuna prova senza di me. Lei vi sta mentendo... non fidatevi."
Non volevo che Parsifal se ne andasse, soprattutto in quel momento. La voce, prima di affrontare la prova, mi disse che saremmo dovuti restare insieme per poterla superare. Ora mi stava dicendo di non fidarmi, altrimenti saremmo morti entrambi. Mi feci coraggio ed avanzai verso quella donna. "Affronteremo entrambi la prova. Nessuno si sacrificherà per nessuno." Tornai poi accanto al cavaliere e lo guardai, sperando che accettasse la mia decisione. |
La montagna, di tanto in tanto scricchiolava e qualche pietra, di varie dimensioni e forma, rotolava giù dalla parete rocciosa.
“Non siate...” disse Barius tossendo “... non siate ingiusta con sir Fyellon, milady... egli sta organizzando il da farsi... sono sicuro che mi tirerà fuori di qui... egli è un gran cavaliere... lo si vede dal nobile portamento e dalla risolutezza con cui affronta le avversità... è grazie a lui che ho trovato il coraggio di resistere... posso farvi una richiesta?” Tossì nuovamente. “Siate buona con lui... è un generoso, si vede... ma ha bisogno anche del vostro aiuto... vedrete che saprà risolvere questa brutta situazione...” Intanto, tornato alla locanda, Fyellon vi trovò i minatori. “Questo è Jussac.” Fece Gerprando, presentando il capo dei minatori al cavaliere. “Bisognerà che vediate la montagna.” Disse questi. “E' venuta giù parecchia pietra?” “Un'intera parete.” “E come sta quel disgraziato?” “Sta bene.” Rispose Fyellon. “E' di fibra dura. Seguitemi, vi condurrò a vedere la montagna.” In quel momento si avvicinò Renya. “Vostro marito ha chiesto di voi.” Fissandola Fyellon. “Davvero?” Sarcastica lei. “Dovrei sentirmi lusingata, immagino...” “Venite con me.” Disse Fyellon. Si appartarono nella cucina della locanda. “Allora?” Fissandolo Renya. “Cosa avete?” “Avete un'altra domanda?” Ironica lei. “O volete conoscere la storia della mia vita?” “A me non interessa la vostra storia...” infastidito Fyellon “... voglio solo che facciate la moglie devota ed afflitta!” Prendendola per un braccio. “Ora tornate di là e fatevi scendere qualche lacrima!” “Amate comandare tutti a bacchetta, vero?” Tentando di liberarsi da quella presa lei. “Ed io cosa ci guadagno?” “Stanno cominciando ad arrivare diverse persone” disse Fyellon “e ho visto che gli affari iniziano a girare per la locanda... non siete soddisfatta?” “Voglio altro da questa storia!” Esclamò la donna. “Cosa volete?” “Voglio una vita felice” rispose lei “e voglio un uomo vero... come voi!” Lui la fissò per qualche istante, per poi prenderla a schiaffi. “Tornate di là, in cucina” disse con astio “e recitate la vostra parte.” Fyellon tornò poi dai minatori e con loro raggiunse di nuovo la montagna, ritrovando Altea. |
A quelle parole di Elisabeth, Reas si voltò di scatto a fissarla.
“Avete detto” disse visibilmente turbato “che vi è un Fiore a Tylesia... come fate a dirlo? Come sapete di questo? Nessuno può avervene parlato in città, che io sappia... come conoscete allora il giardino di Tylesia?” I due erano in quella piccola stanza, arredata con un letto, un vecchio scrittoio ed un inginocchiatoio. Alla parete vi era solo un piccolo crocifisso in legno e l'unica fonte di luce arrivava da una candela che il monaco aveva lasciato loro. La penombra dominava ovunque in quella stanza, generando mutevoli immagini, simili ad ombre inquiete, che sembravano danzare una macabra danza sulla spettrale melodia dei suoni della notte. Reas fissava Elisabeth, cercando di comprendere le sue parole attorno a Tylesia ed al suo giardino. Ad un tratto si udì un rintocco di campana e poi il sordo rumore del portone del monastero che veniva chiuso. Come se il monaco avesse voluto proteggere tutti loro dai misteri che attraversavano la selva. |
L'uomo era ancora aggrappato alla corda fissata attorno alla carrucola, quando Alberico si avvicinò e con il becco e gli artigli sciolse il nodo, facendo così ricadere nel pozzo lo strano individuo.
Questi lanciò un urlo e si ritrovò, subito dopo, sul fondo melmoso di quel pozzo. “Non è un uomo, sciocchi.” Disse il falco a Cavaliere25, a Tieste e a Polidor. “E' un essere soprannaturale chiamato Jinn.” “Aiuto!” Gridò dal fondo del pozzo. “Aiutatemi, vi prego! Non lasciatemi qui!” |
Quel vago sorriso sul volto di Talia e quel gioco sussurrato, quasi come una piccola sfida, simile a tante altre che sin da piccoli i due si erano scambiati, fecero sorridere lievemente Guisgard.
Il cavaliere allora fissò il bambino delle rose. “Eh, gia.” Disse. “Sentito, mio giovane amico?” Il bambino annuì divertito. “Sembra che una nuova sfida avanzi verso il prode Lancillotto.” Continuò Guisgard. “E stavolta non si tratta di stanare draghi, affrontare orchi e mettere in fuga felloni. No, stavolta un'impresa ben più insidiosa si mostra all'orizzonte... stupire la bella Ginevra! L'hai sentita anche tu la nostra regina, vero?” Guardando il piccolo fioraio. “Devo dimostrare di essere il solo e vero sir Lancillotto! Ti sembra poco, amico mio?” Il bambino rise. “Vediamo se madonna Fortuna sarà dalla mia parte...” cominciando a scegliere tra le varie rose “... quale di queste rose sarà la prescelta dalla mia Ginevra? Forse questa gialla, che mi ricorda i suoi bellissimi capelli? O forse questa bianca, che mi fa tornare in mente la sua pelle d'alabastro? E se invece fosse questa perlata, così simile al suo contagioso e magico sorriso? O questa rossa, che in tutto e per tutto richiama la sua vellutata e deliziosa bocca? O magari questa ambrata, che pare dipinta dello stesso colore dei suoi bellissimi occhi? Eh, arduo giudizio... ben più complicato di quello toccato a Paride... anche se il premio che attendo sarà di certo ben più prezioso di quello che il figlio di Priamo trovò a Sparta tra le braccia di Elena... e sia, ho deciso!” Esclamò. “Si, ho scelto... prenderò due di queste rose... questa ambrata, dello stesso colore dei suoi occhi, i più belli che io abbia mai visto, affinchè mai una lacrima possa più solcare quello sguardo... e poi questa perlata come il suo sorriso, capace di irraggiare il mondo intero, perchè non smetta mai di illuminare ogni mio risveglio...” Guisgard allora lanciò due monete al bambino e questi fece prendere le due rose al cavaliere, che le racchiuse poi nelle mani di Talia, facendole specchiare così nella limpida e fresca acqua della fontana. http://img3.dreamies.de/img/392/b/5cjlskg9cwg.gif |
Ero pronto ad affrontarla, ma il tempo non c'era.....poichè nell'avanzare... al primo passo mi sentì stringere il braccio saldamente....era Lilith.
"Lilith.....ma cosa...." dal suo sguardo intenso capì che non mi avrebbe permesso di fare tale gesto. Mi rammentò le parole della prima volta che entrammo: "Insieme, avremo superato la prova.....". Nei suoi occhi vidi una forte determinazione e coraggio fuori dal comune, rimasi esterefatto.....la guardaì e le dissi: "Perdonami.....mi ero dimenticato del nostro patto....." mi inginocchiaì innanzi a lei e le baciai la mano. "Non sei ingenua come tu dici......." le dissi sorridendo. Con nuovo impeto e ardore, mi misi in piedi e girandomi verso la "Prova" le dissi: "perdonate milady, ma abbiamo promesso......vinceremo insieme". |
Guardai il falco e dissi bella mossa amico ora allontaniamoci da questo pozzo e lasciamolo qui questo essere e mi spostare di qualche passo mentre guardavo gli altri
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Le mie dita strinsero lo stelo di quelle due rose ed io, sentendone subito il dolce profumo, sorrisi...
“E così Lancillotto, per amore della regina Ginevra, fece ciò che nessun altro mai avrebbe osato...” Guisgard, seduto al centro di un gruppetto di fratelli, accanto al muretto che delimitava il giardino e lo divideva dal bosco di Suessyon, raccontava... la voce chiara e vibrante, il tono fervente, gli occhi luminosi. Io, accomodata poco distante, tendevo le orecchie per ascoltarlo con attenzione mentre, distrattamente, terminavo di ripiegare alcune tovagliette per l’altare della cappella del Casale. “Chiacchiere!” sentenziò ad un tratto, in appena un sussurro, una voce subito dietro di me. Mi voltai di scatto, quindi, e trovai Fyellon seduto su di una grossa pietra lì vicino... era arrivato tanto piano che non me ne ero accorta. “Cosa?” domandai. “Bah... tutto!” ribatté con un’alzata di spalle, accennando a Guisgard e agli altri “Sono tutte sciocche storie infondate, balle infarcite di miele, miti e leggende senza nessuna utilità... ma non c’è niente di vero in ciò che dice! Assolutamente niente di reale!” Sospirai a quelle parole e tornai ad abbassare gli occhi sul mio lavoro... “A me piacciono le sue storie!” “Oh, ma questo lo so bene!” sussurrò lui, vagamente sarcastico “E... credimi, poche cose mi deludono allo stesso modo!” “Fyellon!” “Cosa?” i suoi occhi si fecero improvvisamente di fuoco “Cosa, Talia? Ma non capisci che ti sta solo ingannando? Ti incanta con mille racconti di terre lontane e misteriose, con immagini di viaggio... ti fa sognare... e poi? Realizzerai mai quei sogni, Talia? Te lo dico io: no! Non ne realizzerai neanche uno perché il tuo destino è un altro... e lo sai!” Mi irrigidii a quelle parole... “E tu che cosa credi di saperne di ciò che sogno?” ribattei, la voce bassa ed improvvisamente dura. Fyellon fece una piccola smorfia di disappunto... “Probabilmente niente!” rispose poi “Ma sono pur sempre tuo fratello... e so che la vita nel Tempio non fa per te. Ti vedo, sai? Ti osservo qualche volta... tutto ciò che fai per la Cappella, lo fai solo perché è ciò che il Maestro vuole, lo fai per non dispiacere a lui, e non per altro... Tu non vuoi essere una sacerdotessa, lo so, e Guisgard non fa che alimentare questi tuoi sogni! Ma ricorda questo, Talia: tu alla fine farai esattamente ciò che ci si aspetta da te, diventerai una sacerdotessa perché è questo che il Maestro vuole... e né Guisgard, né nessun altro Lancillotto dei miei stivali potrà mai farci niente! I sogni non servono a niente, Talia, se non a farti soffrire di più alla fine! Difficilmente si realizzano... e certamente non nel tuo caso!” Quelle parole fredde e dure, pronunciate quasi in un sussurro, mi ferirono profondissimamente... per qualche attimo rimasi immobile, stordita dal dolore... e poi, incapace di reagire, raccolsi tutte le mie cose e scappai via. Raramente avevo provato tanto dolore e tanta angoscia prima di quel momento... nessuno dei miei fratelli parlava mai espressamente del voto e del mio futuro, Guisgard per primo... ma quel giorno quelle parole aspre di Fyellon aprirono una ferita nella mia anima che credetti insanabile... E come sempre accadeva quando era molto triste, finii in quell’angolo di cortile che il Maestro aveva riservato solo a me, perché io potessi accudire le mie piante, attività che prediligevo sopra ogni altra cosa. Quel giorno, tuttavia, neanche quello sembrava volermi dar conforto... le splendide rose dal colore appena madreperlato che crescevano ben oltre il lago e che io avevo convinto il Maestro ad andare a prendere per me, perché desideravo tentare di far ambientare al Casale, infatti, non volevano saperne di attecchire e continuavano bellamente a morire, in barba a tutto il mio impegno, al tempo che dedicavo loro, alle mie cure e ad ogni genere di espediente cui ero ricorsa... erano rimaste solo le ultime due piante, ormai, ed anche quelle erano pressoché seccate... cosa, questa, che mi causava un vivo senso di frustrazione, oltre il sonoro dolore che ancora le parole di Fyellon stavano generando nel mio cuore... “Hey, sei qui!” esclamò, ad un tratto quella voce familiare. Guisgard saltò la bassa staccionata di legno che delimitava il mio angolino privato e venne verso di me, sorridendo... “Questa mattina te ne sei andata prima che finissi di raccontare quella storia...” disse, sedendosi vicino a me... Io non risposi, limitandomi ad annuire. “Perché?” chiese. Mi strinsi nelle spalle. Lui mi osservò per un istante, poi sospirò... “Cos’hai? Perché sei triste?” Non risposi subito, continuando ad armeggiare intorno a quelle rose, ma poi, sentendo il suo sguardo indagatore su di me, mi decisi ad aprire bocca... “Non sono triste!” mentii “Non ho niente!” Lui rimase in silenzio per qualche istante poi, con uno strano tono, chiese... “Non ti piaceva la storia che raccontavo oggi?” “Non lo so... non ci ho pensato!” dissi, rassegnandomi e gettando stizzosamente di lato una di quelle piante ormai secca... “Sai cosa si dice? Che nessuno capisse Ginevra come il prode Lancillotto... se lei era triste lui lo vedeva subito... e nessuno, Talia, nessuno poteva scacciare via la tristezza della regina Ginevra come lui!” Chiusi gli occhi a quelle parole... all’improvviso mi sentivo infinitamente male, le parole di Fyellon mi rimbombavano nella mente ed io, pur desiderando con tutta me stessa non sentirle più, non sapevo come farle tacere... “Basta, Guisgard!” dissi allora, piano, con voce quasi implorante “Basta, ti prego!” “Che succede?” chiese ancora, con il mio stesso tono basso “Talia... cos’hai? Dimmelo! Sai, Lancillotto...” “Basta!” lo interruppi, il cuore ormai a pezzi e gli occhi pieni di lacrime “Basta con Lancillotto! Basta, Guisgard... tu nomini spesso Lancillotto ma non hai capito niente! E forse è vero che sono tutte soltanto storie false! Sogni! E forse è vero che i sogni non si realizzano mai! Forse è vero che Lancillotto non poteva affatto leggere nel cuore di Ginevra... E forse... Forse, addirittura, ha ragione Fyellon ed è tutto inutile. Ed è tutto sciocco!” Mi alzai in piedi, tremavo... ma Guisgard, alzandosi a sua volta, mi afferrò per un polso prima che potessi fuggire via... “Fyellon?” chiese lentamente, osservando i miei occhi lucidi “Che cosa c’entra Fyellon, Talia? E’ lui che ti ha messo queste idee in mente? Era questo che ti stata dicendo questa mattina in giardino?” Non risposi... non potevo, tremavo tanto e tanto a stento riuscivo a contenere lacrime e singhiozzi che ero certa che se avessi parlato non ci sarei riuscita più... “Ma non è vero...” sussurrò ancora lui dopo qualche istante, lasciando il mio polso e sfiorandomi i capelli “Non è vero niente! Lancillotto sa bene cosa c’è nel cuore di Ginevra, può leggervi... ed ognuno dei sogni che le descrive sono reali...” Scossi appena la testa, ma lui non mi lasciò obiettare... “Ognuno di quei sogni è reale... Talia, credimi... non ci sono bugie. Non ti mentirei mai!” Guisgard attese che mi calmassi, attese che il mio respiro tornasse regolare e che smettessi di tremare poi, lasciatami nella Cappella, sparì... non lo vidi più per tutto il pomeriggio ed anche la sera, per la cena, giunse molto tardi... era spettinato ed accaldato ma sorridente, non capii. Non capii fino a quella sera, quando, giungendo nella mia camera, vi trovai due piccoli vasi di terracotta che accoglievano due rametti di quelle rose madreperlate che tanto desideravo ma che crescevano solo oltre il lago e che, ormai, credevo non poter più avere... Mi avvicinai sorpresa e ne presi uno tra le mani... e fu allora che notai quel biglietto... ‘Lancillotto sa ciò che Ginevra desidera. Ogni sogno di Ginevra è per Lancillotto una missione.’ Sorrisi... Quell’anno, per la prima volta, al Casale fiorirono le rose color perla. Quel lontano, lontanissimo ricordo scivolò tra i miei pensieri quando il profumo di quelle rose mi raggiunse... I miei occhi si bagnarono di nuovo... ma sorrisi. “Devono essere meravigliose...” mormorai “Meravigliose! Le rose color madreperla... Oh, Guisgard... darei qualsiasi cosa per vederle...” Lentamente mi avvicinai e gli poggiai un bacio sulla guancia... “Grazie!” sussurrai “Grazie!” |
Alcuni pezzi di roccia iniziarono a staccarsi dalla parete della montagna alzando ancora di più la polvere, l'aria era satura e iniziai pure io a tossire.
Barius cercò in quel momento di strapparmi una promessa..egli si fidava ciecamente di Fyellon. "Barius" dissi tossendo "io ho già aiutato Fyellon in tutto e per tutto..l'ho fatto entrare nelle guardie reali della Regina di Tylesia e l'ho aiutato a prelevare una corazza speciale...ora penso che tocchi a lui essere in pegno con me...ma sapete io lo conosco più di voi e non nego che lo vedo cambiato, con voi si mostra benevolo ma io lo vedo freddo e cinico e non capisco il motivo". Mi bloccai un momento e mi balenò in mente quel sogno fatto dopo essere svenuta al maniero..per quei topi..che strano fatto...Tylesia e i suoi cancelli aperti e il cielo buio sopra la splendente città che incupidiva le sfavillanti cupole...e il cancello del Fiore misterioso aperto con la Regina piangente e le parole di Fin che non sono riuscita a udire. A questo pensiero iniziai a innervosirmi..e se Tylesia fosse stata in pericolo? "Messer Barius, dovete sapere che pure io cerco un Tesoro...io vengo da una città chiamata Tylesia, dovete vedere che magnificenza ella sia, e nel palazzo reale dove sarei ospite vi è custodito un prezioso Tesoro..un fiore..si sembra strano ma è un fiore e io voglio salvarlo e capire di cosa si tratta.." non riuscii a finire, sentii delle voci e dei passi, mi voltai e vidi Fyellon con delle persone. "Fyellon, finalmente....dobbiamo fare presto o la montagna rischia veramente di crollarci addosso". |
XXII Quadro: L'Enigma della Belva
“E innanzi a quest'uomo dorme una strana schiera di donne adagiate sui seggi. No, non donne, ma Gorgoni le chiamano; anzi neppure a figure di Gorgoni potrei paragonarle.” (Eschilo, Orestea) A quelle parole di Parsfifal e di Lilith, la donna nella nicchia emanò un gemito che si mutò in una stridula ed insopportabile risata. “E sia!” Disse. Ma la sua voce era mutata in un tono bestiale e terrificante. I suoi occhi si accesero di un fuoco carico di odio e malvagità e dalla nicchia cominciarono a fuoriuscire folgori e fumo nero. All'improvviso una figura emerse e si mostrò ai due giovani sfidanti dell'Avvilente Costumanza. Era una donna dalle orribili fattezze animalesche. La sua pelle era coperta da scaglie ed emanava un fetido come se fosse putrefatta. Bava e sangue colavano dalla sua bocca, in cui erano racchiuse, come imprigionate, affilate zanne. Una lingua biforcuta danzava sulle sue labbra arse da un alito che appestava l'ambiente col suo mefitico odore di marcio. Sul suo corpo sembravano essersi abbattute tutte le malattie conosciute, come la peste nera, la lebbra, la cancrena, la rabbia. L'espressione del volto era indescrivibile ai sensi umani, sfigurata, com'era, da un misto di terrore, di astio e di avvilimento. Quello era il volto dell'Avvilente Costumanza. E quell'essere era il demone che ne incarnava tutti i mali, gli stessi che riempiono quel vuoto lasciato dall'amore quando viene fatto sfiorire. “Avete scelto il vostro destino” grugnì la belva “ed ora ne sarete vittime!” Si abbandonò ad un'assurda e fortissima risata di folle perfidia. “Ecco l'enigma... e solo risolvendolo potrete vincere questa prova... ma se fallirete, allora io prenderò i vostri corpi e le vostre anime!” Di nuovo echeggiò quella maligna risata di morte. Li fissò ancora una volta, per poi cominciare a recitare: “ Ascoltate l'arcano, poiché esso non tradisce! Quando cade, sempre e solo in acqua finisce!” http://cdn.ilcinemaniaco.com/wp-cont...shofTitans.jpg |
Ma mentre Cavaliere25 e i suoi amici si allontanavano, dal pozzo quell'essere cominciò a chiamarli:
“Non mi abbandonate! Vi prego! Altrimenti morirò qui dentro! Aiutatemi, vi supplico! Fatelo ed io mi sdebiterò! Esaudirò tre vostri desideri!” |
Fyellon sorrise ad Altea come a volerla tranquillizzare.
“Non temete...” disse “... questi uomini sono esperti minatori e stanno già studiando la montagna per comprendere il modo migliore di aiutare Barius... però vi vedo stanca... su, tornate alla locanda. Dovete mangiare qualcosa e poi riposare. Sta cominciando ad arrivare gente, sapete? La notizia della tragedia di Barius sembra abbia fatto il giro della zona.” Si affacciò allora nella fessura. “Sentito, amico mio? Siete diventato una specie di celebrità!” “Questa poi...” sorridendo per poi tossire Barius “... non immaginavo una cosa simile... e Renya? Ditemi, è orgogliosa di me?” “Non fa altro che parlare di voi!” “Davvero?” “Sicuro!” “Sapete...” mormorò “... non è mai stata molto affettuosa... ma è colpa mia... non sono un buon marito...” “Invece la troverete cambiata!” “Perchè?” Domandò Barius. “Probabilmente è stata la paura di perdervi.” Rispose Fyellon. “Si e solo ora ha compreso di amarvi davvero.” Si rivolse poi ad Altea. “Milady, tornate alla locanda. Vi riposerete e poi verrete a darmi il cambio. Così facendo Barius avrà sempre uno di noi due accanto. Su, io attenderò il vostro ritorno.” La prese poi in disparte, allontanandosi dalla fessura per non farsi sentire da Barius. “In verità ho bisogno di voi, Altea...” mormorò “... dovete tenere d'occhio Renya... stamani era intenzionata ad andarsene... Barius vive per lei ed un suo addio, beh, credo causerebbe un trauma per quel poveraccio... e lui invece ora non può mollare...” |
Quel bacio.
Come una carezza, un sospiro, sfiorò il viso di Guisgard, che, istintivamente, con un movimento quasi impercettibile, cercò le labbra di Talia. Labbra che però non trovò. Il cavaliere fissò poi gli occhi di lei, inumiditi da quell'emozione. “Le vedrai quelle rose, Talia...” disse lui “... si, le vedrai, presto... te lo prometto... e quando ciò accadrà, non le vedrai mai appassire, perchè io ne coglierò una ogni giorno per donartela ad ogni tuo risveglio...” sorrise e accarezzò il suo viso “... si, le vedrai, te lo prometto...” E fissando quelle rose, soprattutto quella perlata, un ricordo scivolò sul suo cuore... La notte. Avvolgeva ogni cosa, rendendo le forme del bosco di Suessyon mutevoli e sfuggenti, come se fossero i contorni sbiaditi di un sogno fatto poco prima del risveglio. Luci distanti scintillavano tra i lineamenti delle sagome dei monti lontani, che si stagliavano nel buio dell'orizzonte che sembrava perdersi nella notte sterminata. Tutto taceva al Casale. Solo un grillo cantava tra gli alti alberi che segnavano il limite tra il cortile e lo spiazzo che il maestro usava come giardino. Una figura, taciturna e furtiva, scivolava nel silenzio che avvolgeva ogni cosa. Si arrampicò su un albero e da qui saltò verso il parapetto di una finestra. In quel momento, sotto di lui, vide qualcuno che si accingeva ad entrare per poi raggiungere la sua stanza. Guisgard allora balzò dalla finestra, apparendo proprio alle spalle di Fyellon. “Fyellon!” Disse. “Cosa vuoi?” Voltandosi questi. “Oggi ti ho visto vicino a Talia.” Con occhi di ghiaccio Guisgard. “Beh?” Fissandolo Fyellon. “E se anche fosse?” “Cosa le hai detto?” “Va al diavolo!” “Rispondimi!” “La verità!” Esclamò Fyellon. “Questo le ho detto! La verità su tutto... è mia sorella e non voglio che cresca credendo in cose assurde... le ho parlato, anzi rammentato, del suo voto... del senso della vita e ciò a cui ognuno di noi è destinato.” “Cosa ne sai tu a cosa è destinata lei?” “Lo so bene” mormorò Fyellon “e lo sai anche tu.” “Tu non sai nulla...” celando a fatica la rabbia Guisgard “... nulla...” “Lo credi davvero?” Con un sorriso Fyellon. “Ne sei certo? E allora dimmi tu come stanno le cose e a cosa siamo destinati... avanti, ti ascolto...” “All'Inferno...” con astio Guisgard “... a quello sei destinato tu...” “Si, si...” ridendo l'altro “... sempre il solito ruolo... quello che ti sei disegnato addosso sin da piccolo... il Primo Cavaliere... il buono, il giusto, l'eroe cortese... colui che vince sempre contro i cattivi e conquista alla fine il cuore di Ginevra...” scosse il capo “... ma tu non sei Lancillotto!” Con disprezzo. “Non sei il Primo Cavaliere! Non ci sono nemici qui, né draghi, né orchi e né tanto meno demoni! Gli unici demoni sono solo i tuoi deliri di eroica onnipotenza! Ma chi credi di essere? Pensi che basti raccontare qualche storia di cavalieri per far credere a tutti di essere un predestinato? O disseminare il Casale di fiorellini e petali colorati per fingerti un eroe romantico?” Guisgard serrò i pugni per la rabbia. “Sai perchè lei ti sta ad ascoltare?” Continuò Fyellon. “Perchè non ha altro in cui credere e sperare! Non ha altro mondo in cui rifugiarsi, oltre a quello che le inculchi tu ogni giorno! Ma quando sarà cresciuta ed accetterà finalmente il suo destino, quando i privilegi e gli onori che la sua condizione le offrirà, allora, credimi, ti riderà dietro! Ai suoi occhi sarai solo un patetico burattinaio che muove le sue marionette su sfondi di cartapesta... e allora il ricordo di questo tuo paese dei balocchi le sembrerà pietoso e ridicolo!” Guisgard, all'improvviso, colpì violentemente Fyellon con un pugno, facendolo cadere a terra. “Se...” ansimando per la rabbia “... se ti vedrò ancora una volta vicino a lei... giuro su quanto ho di più sacro che ti ucciderò, Fyellon... ti ucciderò davvero...” L'altro, allora, si sfiorò la bocca e vide che sanguinava. “Sai...” tornando a sorridere, ma con l'intendo di ferire a morte suo fratello “... cosa penso, caro fratello? Che quando la porteranno in Oriente qualche cavaliere le farà scoprire le gioie della vita... laggiù, a quanto si dice, le bionde con la pelle chiara scarseggiano e...” “Maledetto!” Gridò Guisgard, per poi saltargli addosso, impedendogli così di continuare a parlare. “Maledetto!” Fyellon, però, lo colpì all'improvviso con una pietra che, senza farsi accorgere, aveva afferrato dopo essere caduto a terra. Colpì con forza, quasi spezzandolo, il polso destro di Guisgard. Questi però, in preda a quella forte furia, quasi non avvertì dolore e cominciò a colpire con pugni e calci suo fratello. In quel momento, attirato dalle grida dei due, giunse il maestro. Prese di peso Guisgard e lo allontanò da Fyellon. “Mi ha aggredito, maestro!” Gridò Fyellon. “Mi ha aggredito a tradimento! E' un vigliacco!” “Lasciami!” Urlando Guisgard e tentando di liberarsi dalle braccia del maestro. “Lasciami! Lasciami che voglio ucciderlo, questo bastardo!” “Ora avrai ciò che meriti!” Disse il maestro. “Con te bisogna avere il pugno di ferro! Come si fa con gli animali!” E lo portò via. Il maestro legò ad un albero quel figlio ribelle e lo lasciò così per tutta la notte. All'umidità e al dolore lacerante che ormai il polso ferito gli procurava. Ma da quel punto poteva vedere quell'angolo del cortile che il maestro aveva lasciato a Talia per le sue piante ed i suoi fiori. E per tutta la notte sognò ad occhi aperti quelle rose perlate che presto sarebbero sbocciate. Sbocciate come i sogni di Talia che lui aveva promesso di realizzare tutti. Sogni che non sarebbero mai sfioriti, se lei avesse creduto in lui e nelle sue promesse. Quel ricordo scivolò via in un attimo, come portato via dalle luci e dalle voci del borgo festante. “E ora farai sfoggio del tuo bellissimo costume alla festa.” Sorridendo Guisgard a Talia. “E queste rose sono il giusto ornamento alla tua bellezza... su, ora sorridimi, gioia... sei la regina Ginevra, la più bella di tutte... l'unica capace di conquistare e custodire il cuore di Lancillotto...” prese la sua mano e si avviarono verso il palco destinato al ballo. E subito ritrovarono i loro compagni. |
Finalmente venne allo scoperto..... l'immagine che comparve innanzi a noi era agghiaciante.
Il corpo che guidava la bestia era quello di una donna che in tutto il suo perenne cammino ha assimilato e assorbito tutti i mali di questo mondo......riuscivo a comprenderne la disperazione ma oramai era troppo terdi per salvarla, il suo animo era corrotto. Avanzò innanzi a noi, con fare aggressivo ma non mi tiraì indietro......la nostra sfida era stata accolta tanto che ci porse l'arcano; era in formato breve.....la risposta potrebbe sembrare anche banale ma non credo sarebbe andata così. Le parole che lo componevano celavano un profondo mistero, non era permesso sbagliare.....altrimenti sarebbe stata la fine...... |
La tanto sperata notizia arrivò..finalmente i minatori erano arrivati, ma da quel che capii la cosa doveva essere lunga visto Fyellon mi chiese di fare dei turni di guardia.
"Si avete ragione, sono stanca Fyellon...vi lascio Barius, e poi tornerò dopo che mi sarò un pò ripresa". Il cavaliere mi condusse in disparte e ascoltai con attenzione con un mezzo sorriso la sua richiesta..."Avete sempre bisogno del mio aiuto vero? Altea fate questo e quello...e voi che farete per me Fyellon? Così Renya se ne vuole andare, d'accordo cercherò di fermarla e ho alcune cose da dirle". Uscii da quella Montagna, il sole quasi accecava i miei occhi, mi guardai ero piena di polvere, imboccai la stradina da dove ero venuta e notai uno strano fermento di persone...strano, questo posto era davvero spaesato. Entrai nella locanda e chiesi di parlare con Renya. |
Alla vista di quel mostro, rabbrividii e sussultai.
mi avvicinai a Parsifal e gli sussurrai nell'orecchio: "avete qualche idea?" Tolsi lo sguardo dalla bestia e cercai di concentrarmi sull'arcano, ma non avevo nessuna idea. |
Notaì il ribrezzo che provò Lilith, nel vedere quella mostruosità. Rimase...molto nauseata da quella vista.
Subito dopo, venne vicino me e sussurandomi nell'orecchio qualcosa....mi chiedeva se avevo qualche idea dell'indovinello ma neanche io sapevo rispondergli. Non credo che ci sarebbe stato concesso molto tempo nel trovare la soluzione ma come potevamo comportarci? |
lo sentite dissi cosa sta dicendo quel matto dentro al pozzo io non torno ad aiutarlo e rischiare di finire un altra volta nei guai e continuai a camminare voi se volete tornate indietro e tiratelo fuori ma a vostro rischio e pericolo
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Il borgo era in festa, intorno a noi c’erano risa e canti, c’era musica e quel fermento carico di emozione che sembrava aver contagiato tutti...
Io tuttavia non stavo facendo caso a niente di tutto quello... la mia mente era tutta protesa verso Guisgard, lo ascoltavo, ascoltavo il battito del suo cuore ed il suo respiro... e per un attimo lo sentii lontano, sentii la sua mente volare via. Lui non disse niente in proposito ed io non chiesi... però sapevo dov’era volata la sua mente, sapevo che era volata esattamente dove era anche la mia... Citazione:
Forse, pensai, avrei dovuto preoccuparmi per quei cavalieri che ci stavano cercando, che ci inseguivano con tanta caparbietà e che pareva fossero giunti che lì... forse avrei dovuto sentirmi agitata ed all’erta... eppure, inspiegabilmente, non avevo affatto paura... da quando Guisgard mi aveva ritrovata, non ero neanche più preoccupata. Strinsi appena di più la sua mano e di nuovo gli sorrisi. |
La belva fissò Parsifal e Lilith ed un ghigno, come una folle smorfia, deformò quasi il suo terribile volto.
Cominciò poi a canticchiare una grottesca ed enigmatica canzone: “L'artigiano lavora sodo, così come il soldato. E' dunque giusto che il suo lavoro sia premiato! Si danna il contadino, fa fatica pure il panettiere, perchè deve raccogliere chi si dona al suo mestiere! E allo stesso modo reclamerà, dopo averla guadagnata, la tua anima il demonio, perchè ora è sua ed è dannata!” E finito di cantare, la belva si abbandonò ad una delirante risata che echeggiava di morte. “Abbiamo ancora del tempo...” disse fissando i due ragazzi “... ditemi di voi... chi siete? Da dove venite? Perchè siete giunti nella mia dimora per farmi del male? Ho forse mancato verso di voi? Ho commesso qualche torto nei vostri confronti?” |
A quelle parole di Cavaliere25, Tieste e Polidor annuirono e seguirono il boscaiolo.
“Aspettate!” Disse l'essere nel pozzo. “Io possiedo davvero la facoltà di esaudire i vostri desideri! Non mi credete? Eppure io conosco tutto di voi... tu, che non hai voluto più aiutarmi... io so tutto di te... tu sei un boscaiolo e sei giunto qui insieme a due monaci... volevate costruire una chiesa... ed io posso aiutarti a ritrovare quei due monaci...” |
“Salveremo Barius” disse Fyellon ad Altea “e poi lasceremo questo posto dimenticato. Partiremo alla volta di Tylesia ed affronteremo i suoi misteriosi nemici. Avete la mia parola di cavaliere, Altea.”
Altea, allora, lasciò la montagna e ritornò alla locanda. Qui vi trovò molte persone che erano accorse per assistere alla tragedia dell'uomo intrappolato nella Montagna dei Sette Spiriti. La voce era stata diffusa dagli uomini di Gerprando. Giunta nella locanda, Altea chiese di vedere Renya. Poco dopo, la donna si presentò a lei. “Avete chiesto di me...” fissando Altea “... cosa volete? Fate presto che ci sono molti clienti ed io non ho tempo da perdere...” Intanto, alla montagna, i minatori avevano controllato la situazione. “Allora?” Chiese Fyellon al capo di quelli. “Il metodo più veloce” spiegò l'uomo “è quello di allargare la crepa e poi spostare le rocce.” “Quanto veloce?” Domandò il cavaliere. “Forse in un paio di giorni riusciremo.” “Credo sia pericoloso.” Disse Fyellon. “Le pietre sono sul punto di franare. E' troppo rischioso.” “E' sempre rischioso quando si scava nel ventre di una montagna così instabile.” “Scaveremo dall'alto.” Spiegò il cavaliere. “Ho controllato, è la strada più sicura.” “Ma ci vorranno quasi dieci giorni!” Esclamò sorpreso il capo dei minatori. “E' il metodo più sicuro.” Sentenziò Fyellon. “E voi farete come vi sarà ordinato.” |
I cavalieri con le loro dame sfilavano lungo le strade illuminate di Maddala.
Costumi e maschere si muovevano nell'incanto di quell'atmosfera fatta di cavalleria e cortesia. Tutto era perfetto. Vi erano diverse Isotte, sia bionde, sia dalle bianche mani. I Tristani le conducevano per mano verso il luogo del ballo, tra la musica e i versi dei cantastorie che, con la loro arte, tentavano di far rivere il lontano e fatato sfolgorio della leggendaria Camelot fra le stradine del borgo. Nell'altra mano, i nobili eroi di Cornovaglia, portavano ampolle e fiale che simboleggiavano il mitico filtro d'amore che avrebbe reso immortale il loro amore. Non mancavano poi fanciulle vestite da Enide, dove tutte fingevano di precedere di un passo il proprio Erec, giurando, come la bellissima eroina, di non rivelare mai nessun pericolo all'amato. Scrutando poi fra quelle nobili fila si potevano vedere diversi Cliges, accompagnati ciascuno dalla propria Fenice, molti Yvain, ognuno affiancato dall'adorata Laudine e non pochi Galvano con accanto le proprie amate. E molti altri cavalieri, non solo delle leggende arturiane, comparivano per le strade, ciascuno con la propria compagna: Paladini di Francia, campioni crociati, guerrieri germanici ed eroi della Reconquista spagnola. E di tutti loro vi erano vari costumi, che differivano per il colore del mantello, per l'elsa della spada o per il simbolo sullo scudo. Anche le dame, benchè anch'esse vestite dalla stessa eroina, si distinguevano l'una dall'altra per un velo distinto, un diadema adornato con pietre differenti o una cintura di diversa tonalità. Ma fra esse vi era una sola Ginevra. Si potrebbe comodamente descrivere il sontuoso abito di regale seta, dal raso screziato e capace di emanare mille e più riflessi l'uno diverso dall'altro, dalla fascia in vita con ricami d'Aragona e dalle vivaci spalline con fantasia di gigli stilizzati. Potremmo parlare del diadema intrecciato tra i chiari e lunghi capelli o dello strascico intessuto d'oro con riverberi di broccato. Dei bottoni alveolati e dei richiami al gusto di Faenza che impreziosivano gli orli delle maniche. Ma per quanto splendida e perfetta la sua figura, elegante ed aggraziato il suo incedere, morbidi e deliziosi i suoi modi, era il volto, la luminosità che emanava e la bellezza che sembrava imprigionata in esso, ad incantare. Talia sembrava la giovinezza. Non quella fugace e passionale, che arde e si consuma nel breve ed infinitesimale attimo che segue il suo fiorire, ma quella azzurra e trasparente che ispira i sogni più semplici e leggeri, quella che è racchiusa nel battito d'ali di una farfalla, o nel pigmento dei gerani al mattino. Nel verde scintillante nella campagna battuta dal pungente zeffiro di stagione o in quella che si sente nel leggero sfiorare i primi petali di un pesco in fiore. Ma Talia era molte altre cose ancora. Era bella come le nuvole di madreperla rosata che si gonfiano nei miti pomeriggi di Maggio quando si stagliano contro l'orizzonte terso, chiara come la spuma delle onde che si infrangono contro uno scoglio, preziosa come solo la semplicità del corallo più puro e spoglio sa apparire. Talia sorrideva ed era serena accanto a Guisgard. I due ritrovarono così i loro compagni. “Eccovi!” Disse Margel. “Vi eravate attardati?” Chiese la moglie di Fernand. “Si.” Annuendo Guisgard. “Fra tanti cavalieri e tante dame non è facile riconoscervi subito, amici.” “Presto, che comincia il ballo!” Disse la moglie di Fernand. “Forse però” mormorò Guisgard “sarà meglio non dar troppo nell'occhio... perciò non balleremo...” “Al contrario invece!” Esclamò Delucien. “Stare troppo per conto proprio è rischioso. Dovete essere naturali. Comportarvi, cioè, con normalità.” “Vedremo...” con un lieve sorriso Guisgard “... se Talia vorrà, balleremo...” “Cosa si sente a ballare con la propria sorella?” Domandò la moglie di Fernand. “Ecco...” mormorò Guisgard. “Che domande!” Lo interruppe Margel. “Sicuramente avranno ballato già in passato!” E a quelle parole, Guisgard ripensò ad una lontana notte al Casale. Alla Luna di quella volta, alla musica dell'ocarina e ad un vestito rubato. Rivide così alcuni momenti della sua ultima notte al Casale degli Aceri. |
I suoi ochhi erano piu' neri della notte che si rifugiava tra la selve e le antiche mura del castello...Reas era confuso, incredulo ed esigeva una risposta, non gli avevo mai mentito....eppure lui ...non mi aveva mai creduta, quel viaggio sembrava cosi' strano....i cigni di Goz ci avevano fatti ritrovare insieme in un luogo che sapeva di ombre e tormenti...un luogo fatto di paura, perche' il futuro sembrava reggersi su colonne di sabbia......era cosi' piccola quella stanza che le mura si chiudevano tra le nostre spalle...neanche il tonfo del portone mi riscosse dai miei pensieri...eppure forse avrebbe dovuto " Reas.....vi sono cose che esistono....eppure la vostra Regina ha preferito farvi vivere nelle tenebre, forse pensando di proteggervi ha evitato che voi vedeste la luce......I dono che ci vengono dati alla nascita devono essere elargiti senza nulla a pretendere a tutti coloro che troviamo sul nostro cammino....la vostra Regina non lo ha fatto....ognuno di noi ha sofferto....sentendosi morire, senza avere piu' il tempo di rinascere a quella sofferenza, eppure..... i doni di Dio sono stati portati avanti senza nessun indugio..........Ho visto Tylesia ed ho visto quel fiore...ed e' per tutto questo che Tylesia verra' distrutta.............sono una Maga, una strega..consideratemi quello che volete........ma questo non ve l'ho mai nascosto............e adesso, potete dormire..vi concedo il letto a me va bene rimanere qui accanto alla finestra ..le streghe non dormono mai....".......quella notte cosi' serena aveva qualcosa di molto strano...quella donna col suo bambino era per me uno strano presagio
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Cercando di trovare una soluzione, la belva decise di accompagnarci con il suo terribile canto......di certo non era un canto di incoraggiamento.....
Nel ghignare.....la belva ci disse che vi era molto tempo innanzi a noi.....ma non potevamo trattenerci a lungo perchè vi era il pericolo imminente di una guerra che avrebbe massacrato dei cittadini: "Mi chiedi....il mio nome......ebbene ve lo dirò,sono Parsifal Cavaliere dei Longiniu....non ho una terra natia perchè ognuna nei miei viaggia mi ha fatto da madre. Il mio passato non lo ricordo, ma la risposta è custodita in questo ciondolo, siam giunti sin qui perchè una donna aveva richiesto il nostro aiuto.....spero che basti....una guerra è alle porte e non permetterò che degli innocenti vengano massacrati per causa di un "Fiore"...... |
Un lievissimo sospiro mi sfuggi dalle labbra a quelle parole dei nostri nuovi amici e la mia mente corse lontana per un momento... quella corsa nel bosco, quei pochi passi di ballo sotto la luna, l’eco di quella musica appena accennata, quell’abito frusciante di pregiata stoffa candida, Guisgard, io, il cuore che batteva forte ed il respiro che quasi veniva a mancare... e poi, all’improvviso, l’arrivo del Maestro, i suoi occhi gelidi e severi su di noi, la sua voce bassa e severa...
Chiusi gli occhi un momento e mi costrinsi a non pensare a ciò che era avvenuto dopo... “Si...” mormorai quindi “Si, abbiamo già ballato insieme in passato... almeno una volta!” Strinsi appena di più la mano di Guisgard e sorrisi... “Non finimmo mai quel ballo, però...” in un sussurro “L’arrivo del Maestro lo interruppe. Rammenti?” |
come fai a sapere la mia storia tu chi sei? sarai mica un demone che ho scacciato insieme a un frate dissi subito chi sei e cosa vuoi da noi e aspettai la sua risposta
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Reas si avvicinò ad Elisabeth.
“Non siate dura ed ingiusta con la regina...” disse “... ella ha molto sofferto... e il cancello del giardino di Tylesia è ormai chiuso come il suo cuore... ma questo non impedisce alla nostra sovrana di provare affetto per i suoi sudditi... lei è capace di gesti straordinari... ma ha però deciso solo di dare affetto, senza più pretenderlo... io non credo che voi abbiate visto quel giardino... forse in sogno, o attraverso una visione... ormai ho compreso che siete una donna speciale ed avete dei poteri che non posso capire... ma quel giardino va oltre le forze della Natura ed oltre i suoi segreti... in quel giardino è custodito il più grande tesoro di Tylesia... la sua razionalità... la sua Ragione...” sorrise alla donna “... non ho mai creduto di avere una strega come compagna di viaggio... per me restate una donna... magari capace di incredibili giochi di prestigio ed illusioni, ma sempre una donna... il letto è vostro, riposatevi... io non ho sonno e preferisco restare a guardare la notte da questa finestra...” e si sedette proprio accanto alla finestra per scrutare il firmamento infinito. |
A quelle parole di Cavaliere25, l'essere nel pozzo rise.
“No, non sono stato scacciato da alcun frate!” Disse. “Ma sono stato intrappolato in questo pozzo da un potente stregone! Infatti fu lui ad imporre questa prigionia alla mia esistenza! Ora ti chiedo... liberami ed io mi sdebiterò, esaudendo tre tuoi desideri!” |
A quelle parole di Parsifal, la belva si lasciò sfuggire un lento e sinistro sorriso.
“Non temete...” disse “... voi non vedrete mai quegli innocenti massacrati... sapete perchè? Perchè voi stessi sarete trucidati qui, da me... e le vostre anime dannate resteranno imprigionate in questo luogo per sempre...” ruggì “... il tempo sta per scadere... se non risolverete l'arcano, io prenderò le vostre vite...” ed i suoi occhi si accesero di un odio primordiale e assoluto. |
“Si, rammento...” disse Guisgard fissando Talia “... io rammento ogni cosa...”
“Allora stasera è l'occasione per concludere quel ballo, amici miei!” Esclamò entusiasta la moglie di Fernand. E seguendo tutti gli altri, i tre cavalieri e le loro dame raggiunsero il palco. Giorni e giorni erano occorsi per i preparativi della grande festa che celebrava l'apparizione dell'Arcangelo Michele. Il ballo rappresentava la chiusura della solenne festività ed il tema cavalleresco, tanto caro al Primo Angelo delle Schiere Celesti, sanciva appunto l'unione tra la tradizione terrena e quella misticheggiante della celebrazione. Verso il crepuscolo erano già giunti tutti gli invitati. A mano a mano che entravano, venivano condotti a prendere posto sul grande palco costruito per il ballo. Da un lato le dame con i loro magnifici costumi, ispiranti ai fasti cortesi della mitica corte arturiana ma non solo e dell'altra i cavalieri, con le loro nobili tuniche dagli sfavillanti colori di Bretagna e dai luminosi pendagli che imitavano, con l'ottone ed il rame, lo splendore dei sigilli dell'aristocrazia taddeide e normanna. Poco dopo fu apparecchiato il rinfresco di frutta e focacce dolci, accompagnate da vino di Borgogna e idromele di Turingia. Anche le ultime luci furono così accese ed il borgo si ravvivò di una magia d'altra epoca, capace quasi di arrestare il tempo e di destare i sogni. I musici cominciarono a suonare e le danze, dopo la lettura ad opera di un bardo di alcuni versi di un vecchio lai francese, furono aperte. Iniziò così ad essere ballata la famosa Quadriglia di San Rocco, la preferita dalla nobiltà capomazdese. Poco più tardi, messer De Slavan, alfiere della Guardia Ducale, seguito da un drappello dei suoi uomini, arrivò alla festa. Dispose alcune guardie presso il palco come sentinelle e altre a girovagare tutt'intorno, pronte a segnalare al loro comandante ogni minimo sospetto. Attento a non dare nell'occhio, Delucien si avvicinò a Guisgard che, accortosi dei militari, cominciava a tradire una vistosa inquietudine. “Non Temete...” disse il novello Rolando “... questi sono qui per me... è non voglio certo concedervi l'onore di strapparmi alle loro attenzioni...” sorridendo. Guisgard rispose con un lieve sorriso ed annuì. “Sta per cominciare il ballo” continuò Delucien “e sarà meglio mischiarsi agli altri... chiedete alla vostra dama di concedervi questo ballo, amico mio... io farò lo stesso con la mia...” Guisgard annuì nuovamente e Delucien si allontanò. “Non credi” sussurrò a Talia il cavaliere “che stasera le stelle scintillino in maniera più intensa del solito? A tratti mi pare quasi di scrutare il firmamento e di riconoscere qualcosa di familiare... come se già avessi visto questo cielo... in una lontana sera al Casale... una sera che mutò in notte e poi quasi in sogno... e forse l'incanto di quella notte non è andato perduto, ma solo interrotto... mi concedi questo ballo, milady?” Prendendo la mano di Talia e accennando un lieve inchino. |
Reas era un uomo particolare, sapeva essere galante....oppure irrompente come solo un uomo preso dalla responsabilita' del suo dovere sapeva fare....
Quello che sembrava un viaggio bene definito....ai miei occhi sembrava improvvisamente un viaggio senza speranza.....Era passato qualche tempo, da quando mi ero imbarcata sul Carrozzone, e gli avvenimenti cella mia vita si erano susseguiti in modo incompresibile, notti passate a non chiudere occhio, personaggi sconosciuti che lanciavano saggi messaggi...e questa strana storia... Tylesia........." Non voglio condannare nessuno....tantomeno colei che mi ha dato ospitalita', pero' quello che io ho visto lo conosco.....e che voi ci crediate oppure no poco importa, avete ragione......ognuno di noi vive delle proprie illusioni......e io forse sono una grande illusionista.....comunque, non riesco a dormire .....voi guardate le vostre stelle ed io staro' qui, immersa nei miei pensieri...l'alba allora ci trovera' pronti ad un'altra giornata........."....mi sedetti sul letto....era soffice e pulito......e la mia mente' vago' in cerca di luoghi sicuri....l'alba mi avrebbe riportato alla realta'....... |
"Ecco la motivazione......perchè debbo distruggerla....., la vostra insulsa figura non si impossesserà della mia anima e di quella della mia compagna....;quegli innoccenti vanno salvati...."
Avevo intenzione di provare la mossa del crine di cavallo che avevo custodito. Volevo leggere il libro che avevo trovato per avere qualche risposta e se la scelta dell'arte pagana poteva tornarmi utile. Mi volsi verso Lilith e le chiesi: "Lilith, secondo te possiamo utilizzare il crine che posseggo per ottenere maggior tempo con l'ausilio di qualche stratagemma della tua gente?" |
Sorrisi a quelle parole di Guisgard e posi la mia mano nella sua...
“Non posso vedere il cielo, purtroppo... e non so se queste stelle assomiglino a quelle incredibili che vedemmo quella sera... ma rammento quella notte come fosse stata solo un momento fa!” sussurrai “E forse... sai... forse ciò che davvero ‘vedevo’, anche allora, non era ciò che vedevo con gli occhi! ...Ricordi quel gioco che facevamo da bambini? Quando mi facevi chiudere gli occhi e poi mi descrivevi mille e più scenari da favola... ed allora a me pareva quasi di essere lì... mi sembrava in un momento di poter raggiungere l’Oriente, o di sentire il beccheggiare di quel vascello pirata... Amavo quel gioco, amavo il modo in cui mi faceva sentire...” Sospirai e lentamente chiusi gli occhi... “Fallo ancora! Fallo ancora, ti prego... mostrami ciò che vuoi... ed io lo vedrò!” |
XXIII Quadro: Destefya e Vigilyo
“E se intendi lasciarmi, non aspettare alla fine quando altri dolori mi avranno fiaccato; vieni subito all'assalto: sì ch'io assapori sin dal principio il colpo gobbo della fortuna. E gli altri guai che mi affliggono, paragonati alla tua perdita, mi parranno inezie.” (William Shakespeare, Sonetto n° 90) Reas fissava il cielo da quella piccola finestra. Le stelle scintillavano sulla sterminata selva e solo a stento si riconoscevano bagliori lontani, forse castelli o casolari accesi sui monti distanti, unici baluardi di una civiltà che sembrava solo un miraggio in quella lussureggiante e selvaggia massa primordiale che li avvolgeva. “Ella era ancora una giovane principessa...” disse Reas senza voltarsi verso Elisabeth “... unica figlia di re Oliui e di sua moglie Agelyna, sovrani di Tylesia, quando giunse a corte un soldato di ventura... la principessa passava intere giornate a passeggiare nel giardino del palazzo... e lì, si narra, i due si incontrarono per la prima volta...” esitò “... si amarono con passione ed in segreto... poi, decisero di rivelare a tutti il loro grande amore... ma il re non volle acconsentire... c'era una guerra in atto contro alcuni ribelli e il soldato di ventura decise comunque di lottare per Tylesia... finita vittoriosamente la guerra, di nuovo la principessa ed il suo amato comparirono davanti al re, ma ancora una volta egli osteggiò quel rapporto... un soldato di ventura non può sposare una principessa, si disse... ella, allora, decise di obbedire a suo padre e rispettare il suo ruolo... il soldato, così, deluso, decise di lasciare Tylesia e sparire per sempre... ma la principessa Destefya amaramente fece pagare il suo dolore... giurò di non sposarsi mai e di non amare nessun altro... anzi, conscia che l'amore è solo dolore, impose il banno assoluto di quel sentimento da Tylesia... e da quel giorno il giardino del palazzo venne chiuso per sempre...” E nel buio della selva, inquiete ombre atteraversarono il suo silenzio, per poi perdersi nell'eco della notte. http://www.ic-manzoni-uboldo.it/alun...te-copia-1.jpg |
La festa era magnifica.
Il palco appariva illuminato da decine di lucerne colorate, appese agli alberi della piazza nella quale era stata eretta l'impalcatura e dalle torce che ardevano sugli ingressi dei vicoletti che dal centro davano poi all'interno del borgo. Gli invitati si riversarono dalle stradine nella piazza e dalla piazza poi sul palco. I musici inebriavano l'atmosfera con la loro musica e i giocolieri animavano quel clima gioioso con i loro funambolici preziosismi di abilità e destrezza. Le cavalleresche e cortesi coppie passeggiavano tra la piazza e il palco, per poi abbandonarsi alle note musicali e danzare come più piaceva loro. Guisgard sorrise e condusse Talia per mano al centro del palco, per poi mischiarsi agli altri cavalieri e alle altre dame per danzare. “Allora chiudi gli occhi...” disse lui “... come facevi da piccola e ascolta la mia voce... abbandonati ad essa... ecco... io ti riporterò al Casale, a casa nostra... a quella notte...” La musica si diffondeva come condotta dai sospiri che impreziosivano quella sera. “Dimmi, Talia...” sussurrò lui, mentre la faceva ballare come Lancillotto solo sapeva fare con la sua Ginevra nei sogni di lettori di ogni tempo “... è andata via la tristezza? Sei felice ora?” Talia aveva sentito chiamare il suo nome. Scese giù e vi trovò Guisgard avvolto nella penombra che l'incontro della notte e della Luna aveva lasciato calare sul Casale degli Aceri. Lei era stata pensierosa per tutto il giorno, per via di ciò che era accaduto la sera prima dopo la loro visita alla villa del visconte. Non aveva dimenticato lo sguardo freddo di Guisgard e la sua manifesta inquietudine. Ma ora la ragazza, vedendolo sereno e gaio, simulò anche lei una spensierata tranquillità. Subito dopo, però, si accorse che il ragazzo aveva il volto e i vestiti sporchi ed un livido sulla guancia. “Il tuo volto...” mormorò lei. Guisgard, però, senza preoccuparsi di ciò, la prese per mano fino a condurla nel giardino del Casale, sotto ad alcuni alberi che avevano intrecciato i loro rami ben prima dell'arrivo in quel luogo dei due giovani. Solo il vago e pallido alone lunare riusciva, a stento, a filtrare tra le strette maglie di foglie verdi. La ragazza, indovinando che doveva esserci qualcosa di speciale, restò a fissarlo. Più volte egli le aveva fatto trovare sorprese o raccontato qualcosa di straordinario durante i loro pomeriggi insieme o nelle sere in cui si attardavano a fissare il chiarore stellato che sovrastava il bosco. E forse lui le aveva preparato ancora una volta una sorpresa. “Talia...” sussurrò lui “... rammenti? Ieri mi hai confidato che avresti dato qualsiasi cosa per danzare con quel costume indosso...” “Si...” annuendo lei “... ma è stato solo uno sciocco desiderio... e forse io ancora più sciocca per averlo concepito e poi rivelato...” “E sai bene” fissandola lui “che non esiste alcun tuo desiderio che io non possa realizzare...” “Guisgard, dimentichiamo questa storia, ti prego...” Lui però non le rispose e svanendo, per un momento, nel buio che li circondava, emerse un attimo dopo con in mano qualcosa. Era il costume che Talia aveva tanto desiderato. Nel vederlo, la ragazza si lasciò sfuggire un gemito di gioia, che solo a stento tratte per non vederlo poi mutato in un grido di felicità. “Sei pazzo...” bisbigliò lei, portandosi le mani sul volto “... pazzo... io... io non ho parole...” Lui sorrise e le fece un cenno col capo, invitandola ad indossare quel costume. Si appartò poi qualche passo più avanti ed aspettò che la sua dama fosse pronta. Poco dopo, Talia emerse dalla penombra per farsi bagnare dal chiarore della Luna che giungeva nel giardino. Era bellissima. Aveva le stesse fattezze del sogno più bello mai fatto da Guisgard. Lui prese così la ragazza per mano e cominciò a suonare la sua ocarina. I due allora cominciarono a danzare sotto la Luna di Suessyon. Ad un certo punto Guisgard smise di suonare, ma la musica non cessò. I loro sguardi erano l'uno in quello dell'altra e tutt'intorno a loro sembrava sbocciare e fiorire per la prima volta. Insieme, danzando, avevano trovato l'accesso ad un mondo segreto, sconosciuto a tutto il resto dell'umanità. Un mondo che sembrava fatto apposta per loro due, un mondo che li stava attendendo da sempre. “Dimmi...” sussurrò lui “... vuoi seguirmi ovunque andrò? Vuoi dividere con me il destino? Qualsiasi esso sia?” E senza aggiungere altro, Guisgard si fermò all'improvviso. Restò a fissarla per qualche altro istante, per poi chiudere gli occhi e avvicinandosi ancor di più al viso di lei. Talia già sentiva il respiro di lui sulle sue labbra e petto contro petto poteva avvertire il battito impazzito del cuore di Guisgard. Ma d'un tratto, due ombre emersero dal giardino, mettendo fine a quell'incanto. Erano il maestro e Fyellon. “Dimmi...” sorridendo lui “... sei felice, Talia?” |
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