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I miei occhi si allargarono a dismisura a quelle sue parole. Il voto... Guisgard non ne aveva mai parlato prima... mai! Abbassai un momento gli occhi, poi li riportai nei suoi... “Il voto...” mormorai, stringendomi nelle spalle “Fyellon non ha mai creduto in quel voto... il Maestro vi credeva, ma Fyellon mi ha sempre detto di non pensarci! Lui è... è sempre stato l’unico che abbia mai appoggiato i miei dubbi su quel voto!” Esitai un istante... poi soggiunsi... “Non mi avrebbe mai uccisa! Non lo farebbe mai, Guisgard! Lui... lui è mio fratello! E’ mio fratello e in qualsiasi caso io gli vorrò bene. Non posso fare altrimenti, lo capisci? E’ mio fratello ed io non posso aver paura di lui! O almeno...” i miei occhi nei suoi si fecero più intensi “Almeno... non è per me che ho paura!” Citazione:
“Cosa?” mormorai, andandogli più vicino e fissandolo con gli occhi larghi “Che cosa non può immaginare?” Ma il suo sguardo era già lontano... la sua mente era già altrove... Citazione:
Un istante... Poi gli sorrisi! “Vieni!” dissi, sfiorando la sua mano “Vieni... ti mostrerò la spada!” Mi voltai, quindi, e mi incamminai di verso il Casale. |
Il giovane cominciò a suonare la sua cetra.
Le mani scivolavano, lente e delicate, su quelle corde come se fosse il suo respiro a farle vibrare. “Ho sempre amato questo canto sai, Melisendra?” Sorridendo e parlando a voce bassa, come se temesse di coprire la musica. “Parla di un luogo lontano, forse neanche tanto diverso dal mondo da cui arrivi tu… parla di una città celata tra il Cielo e la Terra… una città che possiede, proprio come questo palazzo, anch’essa un giardino… e un giardino non è mai una prigione, Melisendra… no, le vere prigioni sono quelle che ci costruiamo noi stessi e nelle quali finiamo per rinchiuderci, perdendo il senso della vita e della libertà…” la fissò per un istante “… il mio nome è Heyto e sono il più fedele servitore del nostro padrone… non potrei narrarti di lui… ai miei occhi ha virtù che per te sarebbero sconosciute… ma lo incontrerai presto… e se io posso solo parlarti attraverso la musica, lui invece potrà mostrarti ciò che stai udendo ora…” In quel momento si udì un corno suonare. Era il segnale: il padrone era giunto. |
Il vento soffiava dolce sul mio viso.. Ero sul ponte ad ammirare la meta tanto ambita.. Dopo quelle rocce chissà... sì avvicinò la donna-bambina..
<<milady.. Sto pensando a un colore per voi già da tempo.. - dissi mentre guardavo l'orizzonte- Ecco questo è il vostro colore..>> Schioccai le dita e una Rosa Nera come la pece con un unico petalo bianco in fondo mi comparve tra le mani.. La presi e la porsi con un enigmatico sorriso alla donna-bambina.. |
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Il solo sentire nominare Fyellon gli procurava rabbia e astio, ma sentirlo pronunciare da lei accendeva in lui qualcosa di incontrollabile. Restò a fissarla per un istante che sembrò infinito, senza pronunciare nemmeno una parola. Poi Talia prese la sua mano e lo condusse verso il Casale, fino al Tempio. E davanti all’altare gli mostrò la spada del maestro. Guisgard, in un primo momento rimase immobile, quasi confuso, poi si avvicinò all’arma. La piccola cascata scendeva rapida ad alimentare il laghetto. L’apprendista era stanco ed ansimava. “Cosa c’è, Guisgard?” Fissandolo il maestro. L’uomo stava sulla sponda del laghetto ed accanto a lui c’era Talia che osservava la scena. “Sei stanco?” Ripeté il maestro. “Si, maestro…” ansimando l’apprendista “… devo riposarmi… riprenderemo dopo…” Stringeva la spada nelle mani, che il duro addestramento aveva ormai fatto sanguinare. “Perché?” “Come sarebbe?” Stupito Guisgard. “Sono ore che mi fai provare quel colpo... non sento più le mani… mi bruciano...” “Posa la mia spada e va a riposarti.” “Grazie, maestro…” avvicinandosi alla sponda lui “... riprenderò più tardi…” “No!” Sentenziò il maestro. “Non toccherai più la mia spada!” “Cosa?” Allora il maestro fece segno a Talia di allontanarsi di qualche passo. “La vita di un cavaliere è sacrificio…” disse “... e tu non hai spirito di sacrificio… sei un debole… insegnerò a qualcun altro il colpo.” “Vuoi che mi scortichi le mani?” Ringhiò Guisgard. “Non riesco neanche a tenerla in mano questa spada!” “Posala e va a riposarti!” “E sia!” Urlò l’apprendista. “Guardami, maestro! Guardami bene!” Riprese allora ad eseguire quel colpo. Faceva vibrare la spada in aria, fendendo l’acqua con tanta rabbia da non sentire quasi più il dolore. Lo fece una, due, tre volte. Poi decine di altre volte. Gridava ed ansimava, tra rabbia e sofferenza, sotto gli occhi del maestro. Talia invece guardava altrove, tanto era brutale quella scena. All’improvviso, dopo l’ennesimo fendente, la spada si illuminò sotto i raggi del Sole che squarciando l’acqua generarono una scia di cromata luminosità, per poi diffondersi in infiniti bagliori, simili a schegge incandescenti. “Ci…” ansimò senza forze Guisgard “… ci… sono riuscito… La… La Mezzaluna… Nascente…” per poi cadere stremato e con le mani ormai rotte in acqua. Il maestro annuì e si allontanò. Talia allora corse in acqua per medicare Guisgard. “Stai calmo…” mentre prendeva un unguento “… stai calmo ora, Guisgard…” “Ci… sono riuscito… maledetto... guardami... guardami…” tentava di gridare l’apprendista al suo maestro, che però era ormai andato via. Quel ricordo. Prese allora la spada e ne estrasse una parte dalla fodera. “Sono stato un cattivo figlio ed un cattivo allievo…” mormorò fissando quella luminosa lama “… vero, Talia?” |
Ascoltai tutta la discussione e poi dissi ma scusate perchè dobbiamo andare contro la morte avete cosi tanto fegato da morire per cosa continuai a dire non sarà un sacco di monete a far si che la morte o chi per altro non ci prenda se non vogliamo morire non dobbiamo passare per quelle rocce e fisai tutti
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Era triste e la sua mente era lontana da lì, lontana da me... avrei dato qualunque cosa per raggiungerlo dovunque fosse, per stringerlo e rassicurarlo... “Se questo fosse vero...” mormorai “Credi che lui ti avrebbe aspettato per tutti questi anni? Credi che avrebbe conservato questa spada? L’ha conservata per te... perché sapeva che saresti tornato un giorno!” Esitai... “Ed anche io...” soggiunsi in un sussurro “Sapessi quanto ho pregato per questo... perché tu tornassi! Ho pregato tanto! Ho pregato ogni notte, per dieci anni... Ed ogni giorno poi, quando mi accorgevo che non sarebbe accaduto, mi sentivo un po’ più triste. Ed ora... ora finalmente sei qui!” Lo osservai ancora per un attimo... gli occhi di nuovo lucidi... “Cosa ti ha convinto a tornare, Guisgard?” chiesi infine, con la voce che tremava forte. |
“Siamo giunti fin qui” fece Jovinus fissando Cavaliere25 “e credo sia giusto continuare. Non possiamo fermarci.”
Goz annuì a quelle parole del frate. Era deciso: il Carrozzone avrebbe proseguito il viaggio. Ormai sembravano ad un passo dalla meta. Imboccarono allora quel passaggio tra le rocce ed entrarono in una profonda gola, dalle alte e inarrivabili pareti a strapiombo. Si udiva solo il forte ed incessante rumore della corrente del Calars, che in quel punto si era fatta più impetuosa. Il Carrozzone, contro l’impeto delle acque burrascose, cominciò a vacillare e poi a scricchiolare. “Date forza a prua!” Urlò Goz. Ad un tratto un fortissimo vento cominciò a soffiare nella gola. “Tirate giù le vele” ordinò Goz “o gli alberi si spezzeranno!” Spruzzi d’acqua sempre più grandi giungevano sul ponte. “Presto…” disse Lainus ad Altea ed Elisabeth “… scendiamo in coperta…” Ma la natura sembrava essersi scatenata, come se il Calars si fosse stancato di loro. All’improvviso un marinaio gridò: “Laggiù! Davanti a noi! Ci sono delle pietre che affiorano dalle acque! Se non le evitiamo, ci schianteremo in mille pezzi!” Rykeira, che nel frattempo aveva ricevuto la rosa nera da Daniel, fissando il corso del fiume che mutava così velocemente, fece cenno al ragazzo di scendere sottocoperta. “Devo dirvi qualcosa di importante, messere…” disse all’apprendista mago. Ma proprio in quel momento fu suonato il corno come allarme. Il Carrozzone, infatti, si stava schiantando contro quelle pietre. L’urto fu titanico, lacerando lo scafo dell’imbarcazione. Un attimo dopo l’acqua penetrò ovunque. |
Ecco avete visto a cosa siamo arrivati moriremo tutti qua rischiamo di affondare che facciamo domandai abbiamo dellle scialuppe per scendere stiamo rischiando lo sfracellamento della nave e stiamo imbarcando acqua si salvi chi può e mi gettai in acqua per raggiungere la riva
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Il Carrozzone si avviava verso quell'arco fatto di pietre, un vento forte si levò , eppure il vento era da molto mio amico. Mi aggrappai al bordo della nave, la concitazione e la paura si era ormai diffusa, tutti erano spaventati. Sembrava come se il Calars, come una antica divinità, si fosse ribellato con impeto per il nostro voler celare i suoi misteri. Il maestro mi strattonava, incitandomi di andare in coperta, ma urtando la nave si lacerò, sarebbe stato più pericoloso. "Maestro non temete...non temete".
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La donna-bambina stava per dirmi qualcosa quando la nave si schiantò contro le rocce.. Stavamo imbarcando acqua saremmo morti... Scesi giù.. L'acqua era sempre più alta.. Mi tuffai e andai fino alla falla.. Richiamai a me tutte le energie che potevo e iniziai l'incantesimo.. Pian piano l'acqua iniziò a retrocedere e la falla si aggiustò.. Riuscii anche a placare la corrente del fiume.. Ma fini stremato per terra.. Riuscii solo a mandare un SOS mentale ad Elisabeth..
"Aiutami.. Sono giù.. Nella stiva.." |
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