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“I colpi dei cannoni spagnoli” disse Lin ad Altea “hanno danneggiato anche le prigioni. Alcuni detenuti sono morti sotto le macerie, ma io ed altri siamo riusciti a fuggire.” Fissò il mare e poi i resti del palazzo del governatore poco distanti. “Gidaux è un vigliacco ed un falso. Ovvio che sia fuggito. Ha sempre ritenuto il governatore un fantoccio. E forse lo era davvero. Balunga?” Voltandosi verso Altea. “Non so... ma quel massacro mi ha sempre fatto pensare... assurdo che indigeni o briganti possano essere penetrati nel palazzo del governatore con tutte le sentinelle presenti. Un palazzo come quello è più facile attaccarlo dall'interno, che dall'esterno...”
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"Avete ragione..e alla fine siamo noi e la gente a rimetterci" osservai dall'alto del promontorio le navi spagnole..."Forse si ritireranno, magari avranno capito che noi non c'entriamo nulla..e se andranno, meglio non essere i primi a prendere iniziativa?..certo era meglio andare a cercare il Tesoro di Capitan Lanzaras, ricordo ci stavamo andando prima che finiste in prigione ricordate? Un giorno ci andremo vero maestro" ma il mio sguardo verso il mare era perplesso, chissà se avrei raggiunto la libertà di solcare quel mare...e forse tornare in Inghilterra, rimanere a Las Baias non aveva avuto mai un senso come partire.
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Chiusi gli occhi per non piangere. Così vicini, eppure comunque lontani.
"..tu non puoi venir meno ai tuoi principi.." Dissi poi piano "...io non scendo a compromessi quando si tratta dei miei... Non mi aspetto che tu capisca, non l'ho mai preteso..." Sorrisi ".. Del resto, io fatico a capire te..." Gli accarezzai il volto con una mano "...Ricordati però chi sono..." Abbassai lo sguardo "... Una volta dicevi di amarmi proprio perché ero diversa..". Scossi la testa ".. Non importa.. Devo andare ora...". Il cuore mi tremava nel petto. Avrei voluto rifugiarmi tra le sue braccia, cercare confronto. Ma, dopo averlo guardato un'ultima volta, mi allontanai di un passo. Quando, d'un tratto, mi fermai. "... C'é solo una cosa che ti chiedo.." Gli dissi girandoli verso di lui ".. Sono giunta qui con una bambina, si chiama Noel.. Non le è rimasto nessuno al mondo... Occupati di lei mentre sarò via, o affidala a qualcuno di fiducia, ti prego.. Io.. Io tornerò presto..". Mi girai di nuovo e feci un altro passo, verso la spiaggia dove avevano avvistato la nave pirata. |
Il racconto del colonnello mi turbò. Che cosa voleva farmi capire con questa storia. Ero perplessa e guardai il colonnello con aria interrogativa ma egli non aggiunse altro.
Avevo bisogno di pensare, di schiarirmi le idee, di confidarmi con qualcuno...Fhael, lui era l'unico con cui parlavo..ma ora non era accanto a me... Capii che avevo bisogno di conoscere gente nuiva,mia coetanea...mi sarei distratta un po'; non volevo certo diventare pazza come la donna del racconto. E poi, poi il tempo mi aiuterà di certo a capire che cosa fare... Decisi dunque di comunicare al colonnello che avevo intenzione di inserirmi a tutti gli effetti nell'alta società della città e dei dintorni...in qualità di sua nipote era più che giusto, aggiunsi. |
Fissavo il mare dalla finestra... l’Isola del Fungo appariva sempre più lontana, avvolta com’era dalle onde e dai flutti, e la Santa Rita procedeva spedita verso l’orizzonte.
Fissai il mare per un lungo momento, infine gli voltai le spalle e sorrisi a Guisgard, proprio dietro di me... “Sai... credo che mi mancherà!” mormorai, con un piccolo sospiro “Era davvero in gamba, in fondo... era coraggiosa...” Lentamente abbassai lo sguardo ed osservai la bambola che Guisgard aveva appoggiato sul davanzale... “Sì, in gamba... e... sai, credo che anche tu le mancherai proprio allo stesso modo...” proseguii sfiorando delicatamente l’abitino di quel gioco “Avevamo cucito questo abito per te, lo sai? ...Maraiel voleva rendere questa bambola più bella per te... per farti una sorpresa...” sorrisi “Io credo che lei ti abbia capito come pochi altri, sai capitano? Credo che ti voglia bene... e... beh... i bambini hanno il dono di capire le persone, hanno il dono di leggere nei cuori... lei ha letto nel tuo ed ha visto che era sincero...” Le mie mani sfiorarono delicatamente la sua camicia sulle spalle, per poi andarsi ad intrecciare dietro il suo collo, in un morbido abbraccio. Sorrisi di nuovo... era difficile spiegare tutte le sensazioni che si agitavano in me in quel momento... le emozioni per tutto ciò che era successo e per ciò che questo significava, l’emozione perché dopo tanta paura e preoccupazione tutto era andato bene, l’emozione di essere lì, di essere insieme... “Sai, capitano, che dovrei essere arrabbiata con te?” mormorai lentamente, mentre mi avvicinavo piano e le mie labbra andavano a cercare le sue “Farmi prendere un simile spavento... e per cosa, poi? Per una sciocco duello... Sì, dovrei essere arrabbiata... molto arrabbiata...” Il sussurro si spense e le nostre labbra, finalmente, si unirono. |
Lin fissò anch'egli il mare.
Quel mare che stava guardando anche Altea. Quello stesso mare ora dominio delle navi spagnole che assediavano Las Baias. “Il tesoro di Lanzaras...” disse con un filo di voce Lin “... forse servirebbe solo quello per pagare gli spagnoli e raggiungere la nostra salvezza... ma quel tesoro non esiste... è solo uno dei tanti miti che il mare sussurra agli animi romantici ed insoddisfatti che solcano le sue acque... la verità è ben altra... la verità sono quelle navi spagnole... venite, dobbiamo controllare i bastioni e scoprire se i cannoni sono ancora funzionanti...” Raggiunsero così le fortificazioni che racchiudevano le pendici del promontorio. Ma proprio in quel momento le fregate spagnole cominciarono a muoversi verso la città e poco dopo riaprirono il fuoco contro il porto. E una cannonata colpì in pieno uno dei bastioni. Era quello in cui si trovavano Altea e Lin. Un boato e poi un crollo. Un attimo dopo Altea si ritrovò davanti ad un muro di polvere spesso ed impenetrabile anche per la luce del Sole. Le navi spagnole riuscirono alla fine a superare le ultime difese che impedivano l'accesso al porto e cominciarono a sparare sul centro abitato di Las Baias. http://i42.tinypic.com/5dkwf5.jpg |
Il colonnello apprese così del desiderio di Cheyenne di inserirsi nell'alta società di Minisclosa.
“Mi sembra giusto.” Disse il colonnello. “Del resto tu ora sei a tutti gli effetti membro di questa famiglia e hai dunque il diritto di conoscere l'ambiente che da oggi ti circonderà. Avrai un precettore, con cui studierai e con l'aiuto del quale apprenderai tutte le conoscenze per inserirti in questo nuovo mondo. Frequenterai anche ragazzi e ragazze della tua età e un giorno, a Dio piacendo, forse conoscerai qualcuno degno di essere tuo marito.” La fissò e sorrise. “Diventerai la dama più invidiata ed ammirata della nuova Spagna. E chissà che un giorno tu non possa visitare Madrid, Barcellona o Castiglia. Cosa ne pensi di tutto questo?” |
A quelle parole di Clio, John annuì.
Si sarebbe preso lui cura di Noel fino al suo ritorno. Clio poi si diresse verso la spiaggia. Giuntavi, vide una nave ferma all'ingresso della piccola baia che dava accesso all'isola. Era ben riparata da bassi promontori e le navi spagnole, così come la Santa Rita, non potevano accorgersi della sua posizione. Clio allora subito riconobbe quella nave: era l'Antigua Maria. Ma c'era qualcosa di strano. Come se una cupa atmosfera la dominasse. Appariva infatti immobile e deserta. Come se nessuno si trovasse a bordo. Ad un tratto la ragazza sentì dei passi alle sue spalle. Era un indigeno. Lo stesso che comprendeva la sua lingua e che l'aveva condotta al villaggio da John. |
La Santa Rita procedeva rapida, con il vento in poppa e le vele spiegate.
Il mare appariva calmo e rassicurante e gli unici rumori che si avvertivano erano quelli causati dalle onde che si infrangevano sullo scafo. La piccola lampada di ottone penzolava dal soffitto, causando curiosi giochi di chiaroscuro nella cabina. A quella incerta ed instabile luce tutto appariva come mutevole e sfuggente. I preziosi tappeti e le scintillanti suppellettili sparse qua e là, sotto quella luce incostante sembravano quasi animarsi e assumere forme nuove e indefinite. Guisgard prese le mani di Talia e se le portò sulle spalle, per poi, con le sue, scendere lungo la schiena di lei fino a cingerle i fianchi e a racchiuderla così in un passionale abbraccio. Le loro labbra erano unite, sfiorandosi ripetutamente con baci fatti di sussurri e di sospiri. Lui cercava allora, oltre le morbide labbra di lei, il suo mento, poi le gote arrossate, fino a raggiungere ciocche di capelli che si intrecciavano dietro le piccole e perfette orecchie. Poi le sfiorava il collo, le spalle, sempre e solo con le labbra, fino a scendere sul suo bianco petto. Con le mani la teneva stretta a sé, stringendo fra le dita l'abito leggero, come a volerlo strappare via per la troppa passione. “Ah, è così...” disse in un sussurro Guisgard, senza smettere mai di baciarla ovunque “... sei arrabbiata con me? Ma sai, sono un pirata... e i pirati sono pessimi soggetti... cattivi ragazzi... e una dama dabbene come te non dovrebbe frequentare un corsaro come me...” finirono così per lasciarsi cadere sul morbido e profumato letto “... e dimmi, mia bella dama...” cominciandole a portare via, delicatamente, tra carezze fatte di contatti solo appena accennati, quel suo abito “... tu cosa hai visto nel mio cuore? Cosa ci leggi?” Ed ogni parola era accompagnata da baci. “Cosa vedi infondo al mio cuore di pirata?” Ma non le lasciò il tempo di rispondere. In un attimo lei si ritrovò nuda fra le sue braccia, sfiorata dalle sue carezze ed avvolta dalle soffici e preziose lenzuola di seta. Fecero così l'amore per tutta la notte. Al mattino, un dorato raggio di Sole, penetrando dalla finestrina accanto al letto, giunse a destare Guisgard. Talia era addormentata sul suo petto e le loro mani erano ancora intrecciate l'una nell'altra. E seguendo con lo sguardo quel raggio di Sole, Guisgard si accorse che terminava sulla schiena di Talia semicoperta dalle lenzuola. E sulla sua pelle era tornato a fissarsi quel disegno raffigurante la mappa del tesoro. Il corsaro allora spostò lentamente le lenzuola e liberò la schiena di lei. La luce allora mostrò l'intero disegno sulla sua pelle. |
Ad un tratto un boato assordante e sentii cedere la terra, capii subito che eravamo stati colpiti.
Attorno a me solo fumo, non riuscivo a vedere nulla, subito misi un lembo del vestito sul volto per non respirare la polvere...piano piano come per grazia ricevuta il fumo iniziò a dissolversi. Mi alzai barcollando ma vidi il maestro Lin a terra privo di sensi, non rispondeva. La flotta spagnola aveva iniziato l'attacco e sentivo le urla concitate della gente, mi alzai di scatto e iniziai a correre verso il molo..lungo la strada vidi molte persone a terra..ferite o morte? Arrivata al molo la gente era in preda al panico.."Arrendiamoci" gridai "mostrate una bandiera bianca, è inutile continuare a combattere una guerriglia che già sappiamo persa". Vedevo le navi ferme e troppo vicine alla costa...ero adirata, nessuno aveva seguito il mio consiglio, sarebbe bastato pagare e salire su quella nave e ora Las Baias sarebbe stata libera. |
“Devi proprio andare?” mormorò lui.
Io gli sorrisi... “Non vuoi?” domandai. “Beh... dipendesse da me...” “Cosa faresti?” lo interruppi, in tono falsamente severo “Mi terresti ancora qui? Sulla spiaggia? Sai... avevo la mia lezione di musica questo pomeriggio, e sono terribilmente già in ritardo... vuoi forse che la manchi?” Lui sorrise appena... “Si!” disse poi. “Oh...” fingendomi sorpresa “Eh, ma così... così, mio temerario guardiamarina, finiresti per minare la rispettabilità del tuo senso etico... e del mio, magari... vuoi questo?” Lui sorrise di nuovo... “Davvero?” mormorò, mostrandosi pensoso “E se non mi importasse della mia rispettabilità?” “In questo caso, dovrebbe almeno importarti della mia...” risposi. Lui sospirò... “E va bene, milady...” disse alla fine “Va bene! Hai vinto! Vai alla tua lezione, allora!” Io sorrisi, divertita, e mi allontanai di qualche passo... poi, colta da un pensiero, mi fermai e tornai a guardarlo... “Guisgard...” chiamai “Quando ci rivedremo?” “Quando vorrai!” rispose. Salii di corsa la stretta scala che, dalla spiaggia, portava fino ala casa del nonno, in cima alla scogliera... arrivai in cima accaldata e trafelata, e qui mi soffermai per un momento, per riprendere fiato. Ero tremendamente in ritardo, ma non mi importava: ero felice. Lentamente poi, mi avvicinai al basso cancello che dava su quell’ingresso secondario, lo spinsi ed entrai nel giardino di soppiatto... in fretta raggiunsi la casa, salii la scalinata ed entrai. La Sala della Musica era in fondo al corridoio del piano terreno... mi guardai intorno per un istante poi, non vedendo nessuno, mi avviai furtivamente in quella direzione, rimuginando qualche scusa credibile per il maestro che, sapevo, si sarebbe certamente adirato per quel mio grave ritardo... “Talia!” disse una voce alle mie spalle. Sussultai violentemente. “Nonno...” mormorai, voltandomi e tentando di celare quell’aria colpevole che sapevo mi si era dipinta sul viso. “Dove stai andando?” domandò. “Oh... beh... io...” iniziai a dire “Ecco, io...” Lui mi fissò per un lungo momento... “Si?” domandò. “La... la lezione di musica...” mormorai. “Era più di mezz’ora fa!” disse lui “Il maestro era molto adirato per il tuo ritardo ed è venuto a dirmi che se ne andava...” “Oh...” mormorai, sentendomi arrossire. “L’ho pregato di scusarmi...” riprese lui dopo qualche momento “Di scusarmi perché non avevo fatto in tempo ad informarlo che oggi non ci saresti stata perché eri indisposta! Ti manda i suoi saluti e gli auguri di pronta guarigione, quindi... tornerà la prossima settimana!” Sollevai gli occhi su di lui, a quelle parole, stupita... Il nonno mi osservò a lungo... “Dov’eri?” chiese poi. “Io...” esitai, e di nuovo arrossii violentemente “Beh, io...” Gli occhi del nonno erano su di me, sentivo che mi stava studiando, che mi stava valutando... osservava le mie guance innaturalmente rosse ed i miei occhi, le mie mani che si torcevano ed il fremito nella mia voce... “Capisco!” disse infine “Ma dì al tuo giovane guardiamarina inglese che non mentirò di nuovo, se ti farà tardare. Digli che, se accadrà ancora, mi vedrò costretto a prendere dei provvedimenti... mi sono spiegato?” “Ma...” balbettai, mentre i miei occhi si spalancavano a dismisura “Ma, nonno, tu come fai a sapere...” “Oh, per l’amor del Cielo, Talia!” mi interruppe con un mezzo sorriso “Sono molto più vecchio sia di te che di lui, sai?” Io lo fissavo, stupita... “Piuttosto...” riprese, tornando serio “Dici che mi posso fidare di lui?” “Si...” “Ne sei assolutamente sicura?” insisté. “Si!” dissi. Il nonno sorrise appena... “Molto bene...” concluse, voltandosi e facendomi segno di seguirlo “Ora... visto che la tua lezione di musica è saltata... vediamo di rendere utile il tempo che ci è rimasto, stasera...” Stupita, lo seguii per il corridoio fino al suo studio. Qui, mi fece entrare e richiuse la porta dietro di noi. “Siediti!” disse, per poi avvicinarsi all’alta libreria e mettersi a rovistare in uno degni scaffali più in alto... “Nonno... non capisco... cosa cerchi?” domandai dopo qualche momento. Lui non rispose subito, continuando a scorrere con il dito i voluminosi codici... uno per uno, lentamente... “Ah, ecco!” disse infine, estraendone per metà uno ed infilando la mano dietro... lo vidi allungarsi, in cerca di qualche cosa... rovistò per qualche momento... poi sorrise ed estrasse un vecchio foglio di pergamena ripiegato su se stesso varie volte e tutto stropicciato... maneggiandolo con cura, lo adagiò sul tavolo tra noi ed iniziò a spiegarlo. Era una mappa... una mappa curiosa, piena di segni e senza neanche un nome... io la osservai per qualche istante, perplessa, poi sollevai gli occhi su di lui. “Che cos’è?” domandai. “Questa...” mormorò lui “E’ la mappa di un tesoro! Anzi... è la mappa del più prezioso ed inestimabile dei tesori... il più cercato, il più desiderato, il più misterioso...” “Un tesoro?” domandai stupita “Intendi... intendi un ‘vero’ tesoro, nonno?” Lui sorride... “Oh, si... sì, Talia: un vero tesoro!” “Ma...” mormorai, tornando ad abbassare gli occhi sulla pergamena “Ma su questa mappa non c’è nessun nome, neanche il più piccolo riferimento... quel tesoro non potrà, dunque, mai essere trovato!” Anche il nonno si chinò ad osservare la mappa... “E’ vero, non ci sono nomi!” disse “Ma ogni singolo tratto, su questa mappa, è lì per un motivo... ricordatelo, Talia: niente in questa mappa sta lì per caso e l’attento osservatore troverà tra quei tratti tutte le risposte che cerca!” Lo fissavo, incerta su che cosa pensare... Il nonno ricambiò quello sguardo per qualche momento, poi sorrise. Si alzò, dunque, ripiegò di nuovo con cura la mappa e si allontanò dal tavolo, giunse di fronte al camino e, senza pensarci neanche per un istante, la gettò tra le fiamme. Sobbalzai. “No!” dissi, balzando in piedi. Il nonno accennò un sorriso... “No?” disse “Credevo che a te non interessassero i tesori...” “Io...” mormorai “Beh, io...” esitai “Ma perché l’hai distrutta? Così... beh, così nessuno potrà più trovarlo...” “Ne ho fatta una copia esatta...” disse lui dopo qualche momento, fissando le fiamme che avevano ormai del tutto eroso la pergamena “Molto tempo fa, ne ho fatta una copia esatta... nascosta in un luogo sicuro... nel luogo più sicuro che io conosca, là dove solo un meritevole giungerà... e quella è rimasta, ora, la sola copia in circolazione...” Lo fissai stupita... “Come lo sai?” chiesi “Come sai che questa copia non finirà nelle mani sbagliate?” Il nonno si voltò a guardarmi e sorrise... “Lo so!” disse, fissandomi con uno sguardo enigmatico. La luce del sole mi sfiorava delicatamente le palpebre... sentii quel sogno, quell’antico ricordo, scivolare via mentre lentamente riprendevo coscienza del presente. E, con un piccolo sospiro, aprii gli occhi... |
Talia aprì gli occhi lentamente e quel sorriso destò Guisgard da ogni altro pensiero.
Lui allora, delicatamente, coprì la schiena di lei con le lenzuola, per poi stringere a sé la ragazza. “Si dice” disse fissando i meravigliosi dipinti e arazzi che ornavano il soffitto della cabina “che il duca di Buckingham abbia una stanza con un soffitto variegato da dipinti e da specchi... l'ha fatto preparare per la regina Anna, la sua amata... e in quella stanza, fatta apposta per loro, si sono amati più e più volte...” si voltò e fissò Talia “... quello mi ha fatto sempre pensare a te...” indicando uno dei dipinti in alto “... quella ragazza che guarda il mare... l'orizzonte non è raffigurato nel dipinto, allora io ci ho sempre fantasticato su... e immagino te ad aspettarmi... immagino di avere per me i tuoi pensieri e di essere la meta della tua attesa... e poi un po' trovo che ti somigli.” Sorridendole. Poi i suoi occhi si fissarono in quelli di lei e la sua espressione divenne seria. “Dio, quanto sei bella...” sfiorandole il viso “... hai i colori di un fiore di campo... i tuoi capelli chiari e spettinati, il viso vagamente arrossato, le labbra appena vermiglie e gli occhi di un ambrato indefinito...” prese la sua mano e la baciò “... potrei morire mille volte in questo stesso momento...” Poi le indicò lo specchio di avorio e madreperla a poca distanza dal letto. Scostò lievemente le lenzuola e di nuovo la luce si posò sulla pelle nuda di lei. Allora anche Talia vide, riflesso sullo specchio, il tatuaggio sulla sua schiena. “E se il tesoro non esistesse?” Sussurrò lui. “Se fosse solo un mito, una leggenda? O se magari fosse stato già raggiunto da altri?” Le baciò la fronte. “A me non importerebbe nulla se fosse davvero così... perchè io ho già trovato il tesoro raffigurato su quella mappa...” “Capo di Vento e Speranza!” Gridò ad un tratto la vedetta. “Capo di Vento e Speranza!” La Santa Rita aveva doppiato il Capo di Vento e Speranza, ossia l'estremo limite settentrionale del Mar delle Flegee. Il punto in cui, secondo la leggenda, si trova l'Isola Perduta. |
Giunsi alla spiaggia in poco tempo, immersa nei miei pensieri. Più cupi e tormentati di quanto non volessi.
Trattenni il fiato per un momento: l'Antigua Maria era davanti a me. Poi, mi fermai un attimo a guardarla meglio, aguzzando la vista. Vi era qualcosa di strano in lei, anche se non avrei saputo come spiegarlo. D'un tratto, un rumore mi fece sussultare. Lo stesso indigeno che mi aveva portato da John era lì, e mi fissava. "...come mai sei qui?" Dissi, sorpresa ma gentile "... Non dovresti, é pericoloso.." Aggiunsi. Lo guardai, chiedendomi se avesse capito le mie parole. ".. Devo raggiungere quella nave.." Indicando l'Antigua Maria "..senza essere vista... Puoi aiutarmi?" Chiesi sorridendo. |
“Quella nave” disse l'indigeno a Clio “portare cattivo consiglio. Essere maledetta dagli dei.” Fissò l'Antigua Maria. “Quella nave essere giunta da Ventewan... quella che uomo bianco chiamare Isola Perduta. Ma io aiutare te... si, aiutare te se volere.”
Le fece segno di seguirla. Raggiunsero così alcune canoe. Salirono su una di quelle e l'indigeno remò verso la nave. La raggiunsero e insieme salirono sulla scaletta dello scafo. Si ritrovarono così sul ponte. La nave appariva deserta ed intrisa di una cupa atmosfera. |
Altea gridava, forse per rabbia, forse per paura, mentre Las Baias sembrava crollare sotto i colpi dei mortai spagnoli.
Polvere, macerie, lacrime e sangue dominavano ovunque. Tutto sembrava perduto. E le navi spagnole erano sempre più vicine. “Si, arrendiamoci...” disse il padre di Altea “... tutto è perduto ormai... tutto...” Ma ad un tratto, qualcuno indicò l'orizzonte. “Guardate!” Gridò qualcuno. “Altre navi!” “Battono bandiera spagnola!” Dopo un po' qualcun altro. “Siamo perduti! Siamo perduti!” La gente allora corse a chiudersi nella piccola chiesa del porto, invocando l'aiuto dal Cielo. Tutto sembrava prossimo alla rovina. Le navi appena apparse raggiunsero le altre che stavano sparando su Las Baias e di colpo l'attacco si interruppe. |
Trasalii. L'Isola Perduta. L'aveva trovata , dunque, quel mascalzone di Giuff.
Seguii in silenzio l'indigeno, dopo averlo ringraziato. Raggiungemmo la nave e salimmo sul ponte. Mi guardai attorno, la nave sembrava deserta. Eppure, pensai, se era arrivata fin lì diceva pur essere stata manovrata da qualcuno. "..non c'è nessuno.. Ma.. È impossibile..." Dissi piano. D'un tratto, udii un rumore. "..vado a vedere..." Dissi all'indigeno sorridendo "...puoi aspettarmi qui, se vuoi.. Mi hai già aiutato tanto..". Non sapevo cos'avrei trovato, non avevo idea di cosa avrei potuto fare. Ma l'atmosfera presente a bordo mi fece dimenticare ogni pensiero. Sapevo che era una pazzia, sapevo di ho dover essere lì ma, ormai, non avevo scelta. O forse, non ne avevo mai avuta. Così, mi feci coraggio, e scesi sottocoperta. |
Fui felice di trovare il colonnello entusiasta della mia proposta. Era proprio ciò che mi ci voleva incontrare nuove persone e vedere posti nuovi.
Decidemmo che il giorno seguente avremmo iniziato ad andare a trovare vecchi amici del colonnello e le loro famiglie. Per questa occasione era necessario un nuovo armadio. Così con una domestica andai in città alla ricerca di abiti e accessori nelle migliori botteghe. Ero a circa metà del mio giro nel centro quando, in un famoso atelier, mi imbattei nel giovane che avevo conosciuto alla festa. Lo salutai" Il signor Carlos se non erro, è un piacere rivedervi". Lasciai la servitrice a ultimare le ultime compere secondo le mie istruzionie e insieme al giovane andai in un caffe che si affacciava alla piazza principale. |
Al cenno di Guisgard i miei occhi si spostarono verso quello specchio ed io vidi, nitido, il disegno affiorato sulla mia schiena...
Lo osservai per qualche momento, sovrappensiero... e, per un istante, la mia mente tornò a moltissimi anni prima, a quel giorno in cui il nonno aveva gettato quella misteriosa mappa nel fuoco... ora sapevo cosa intendeva, dicendo che ne aveva fatta una copia e l’aveva nascosta in un luogo inaccessibile... Sospirai... “Quel tesoro esiste...” mormorai allora “Non è un mito, né una leggenda... è reale! Tanto reale da portare decine, forse centinaia, di uomini alla follia... tanto reale da distruggere navi ed interi equipaggi... tanto reale che le persone sono state disposte ad uccidere per esso... E questa... questa che vedi sulla mia schiena, questa specie di disegno di cui io neanche conoscevo l’esistenza, è una delle poche mappe che ne segnano la rotta... e forse l’unica, ormai!” I miei occhi erano fissi in quello specchio e, cupi, fissavano quel disegno... lentamente mi voltai appena, sottraendo la mia schiena alla luce diretta del sole ed osservai quelle immagini scomparire... il mio sguardo allora, attraverso lo specchio, si spostò su Guisgard... “Ti rendi conto di quanto questo mi renda pericolosa? Ti rendi conto di quanto questo ponga tutti noi, e tu per primo, in una situazione precaria? Ti rendi conto di cosa potrebbe accadere se, per caso, qualcuno dovesse venire a sapere di questo?” La mia voce era cupa, seria... i miei occhi preoccupati e lucidi. “Io sono probabilmente la cosa più pericolosa e più nociva che la tua nave abbia mai trasportato... ti rendi conto di questo, Guisgard?” Citazione:
poi tornò a fissarsi negli occhi di Guisgard. “E’ ora che tu prenda una decisione, capitano...” mormorai. |
Intanto, Cavaliere25 era giunto nelle cucine per dar da mangiare al suo pappagallo.
Qui Munzh, il cuoco di bordo, era alle prese con una zuppa di pesce da preparare per l'equipaggio. E poco distante vi era una scodella colma di patate appena pelate. |
entrai nella cucina e dissi hai visto laggiù c'è una scodella piena di patate ora chiediamo se possiamo averne un po dissi guardando il pappagallo e tranquillamente mi avvicinai verso il cuoco e dissi salve volevo chiedervi una gentilezza non è che mi darebbe quella scodella di patate??sa è per il mio pappagallo avrebbe fame o se non può ne avrebbe qualcuna da parte chiesi sorridendo e aspettai una sua risposta mentre mi guardavo attorno
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Guisgard ascoltò Talia e solo la voce della vedetta lo destò da ciò che aveva udito.
“Tu sei la cosa più preziosa che questa nave abbia mai trasportato.” Disse e dandole un bacio. “E si sa che quando si possiede qualcosa di così prezioso, si corrono anche rischi seri.” Le sorrise, per poi scendere dal letto e rivestirsi. “E comunque...” mentre si sistemava “... ho già preso una decisione... ma devo trovare un altro capitano per attuarla.” Le fece l'occhiolino. “Andiamo a vedere questa tua isola così inafferrabile!” |
Carlos fu cortese e galante con Cheyenne.
E dopo aver bevuto qualcosa, il giovane le mostrò la piazza del posto, tutta caratteristica, con i suoi negozi, le botteghe artigianali, i pescherecci, il lungo mare e la stradina che portava al piccolo faro sul promontorio. Poco distante, dall'altra parte della piazza, vi era un piccolo laghetto, dove era possibile fare un giretto in barca. Carlos chiese allora di avere una di quelle barche e con Cheyenne uscirono sulle acque del lago. “Vi confesso” disse mentre remava “che dalla sera della festa non faccio altro che pensare a voi. Ricordo ogni momento passato in vostra compagnia... il nostro ballo, le vostre parole e tutti quei momenti trascorsi nella vostra villa. E allora, tutto questo mi ha spinto a decidermi... voglio parlare col colonnello e chiedere il permesso di corteggiarvi. Ma solo se voi ne sarete felice.” |
Lo fissavo mentre parlava...
lo fissavo sorridere, minimizzare... "Tu sei il capitano!" dissi, alzandomi a mia volta ed andandogli di fronte "Sei il capitano ed hai delle responsabilità! Questa nave ed il suo equipaggio dipendono da te, in questo momento... e tu hai il dovere di pensare a loro, come prima cosa!" Lo fissavo, cercando di trasmettergli tutto il mio sgomento... lo fissavo... e presto iniziai a tremare... "Tu hai il dovere..." mormorai, afferrando la camicia sulle sue spalle e stringendola "Hai l'obbligo preciso di tenere la Santa Rita fuori dai guai... ed io sono un guaio, Guisgard! Sono una disgrazia! Una calamità! Lo capisci?" |
Guisgard fissò Talia.
Fissò i suoi occhi colmi d'ansia, di preoccupazione, di paura. Ad un tratto afferrò le mani di lei e le strinse. Poi la baciò. “Ti amo...” disse in un sussurro “... ti amo e ti prometto che non accadrà nulla...” sorrise lievemente “... e tu sei la mia Fortuna...” Salirono allora in coperta e subito Austus si avvicinò loro. “Qui terminano le Flegee...” mormorò “... e vi è solo mare aperto...” “Prendi le carte nautiche.” Fece Guisgard. “Voglio darci un'occhiata.” Controllarono così le carte. “Non vi è nessuna isola qui nel raggio di miglia...” fissandole Guisgard “... ma solo mare... mare e nient'altro...” “Dobbiamo tornare indietro.” Preoccupato Austus. “Sono acque sconosciute queste...” Guisgard allora fissò il mare, come a cercare una risposta o forse un segno. “Quell'isola è reale...” all'improvviso Fulsin “... esiste e ci sta osservando...” Ad un tratto grosse e scure nuvole apparvero lungo l'orizzonte. |
Il cuoco si voltò a fissare Cavaliere25 e poi il suo pappagallo.
“Beh...” disse “... in verità sono per la zuppa di pesce... ma visto che sei così educato da chiederlo... ma dimmi, cosa dai da mangiare al tuo pappagallo? Le patate?” |
Salimmo in coperta... era tesa, preoccupata... le storie del nonno avevano preso a vorticare nella mia testa in mille e più ricordi... le storie su quel pirata, sulla sua inumana ferocia, sul suo tesoro e sull’isola, le storie sulla maledizione e su coloro che avevano tentato di ingannarla...
ci voleva una chiave, diceva il nonno... una chiave, mi ripetevo. Citazione:
“...Eolo con le sue folgori fedeli allora ti guideranno, quando grigiore, furia e boati il mare gonfieranno. Ma prima di ciò tu guarderai l'alto Sole da Levante, quando la tua ombra per veder le stelle diverrà sestante...” citai in un sussurro al suo orecchio. Poi, con un sorriso, tornai a guardarlo... “E va bene, capitano... andiamoci, se è quello che vuoi!” dissi “Guarda... il cielo si sta incupendo e tra poco il mare si gonfierà... forse dovresti far spiegare le vele...” |
Guisgard fissò Talia e sorrise.
“Beh...” disse lui “... la seconda parte dell'indovinello mi sembra chiara ora... tu sei il sestante che ci guida... quanto ai primi versi...” fissò il mare e poi il cielo “... forse sta accadendo qualcosa... chissà... forse presto scopriremo il loro significato...” Diede allora ordine ai suoi di mantenere la rotta. Gettò poi ancora uno sguardo sulle carte nautiche. “E' grazie a te che siamo giunti qui...” sorridendo a Talia “... come un vero capitano ci hai condotti qui. Anzi, forse dovrei farti davvero capitano.” Le fece l'occhiolino. Prese allora il tricorno dal posto di comando e lo adagiò sulla testa di Talia. “Ecco.” Fissandola divertito. “Ora vediamo come te la cavi... capitano!” E rise. Ma ad un tratto il cielo si coprì completamente. Il mare divenne scuro, impenetrabile ed inquieto. Onde alte cominciarono ad alzarsi e a far sussultare la Santa Rita. Da lontano sordi boati iniziarono a scuotere il cielo, mentre le alte e spesse nuvole si contorcevano in cielo. “Questo mare è maledetto!” Gridò Fulsin. “Maledetto! E finiremo tutti male!” “Sta zitto!” Gli urlò Rynos. “Zitto o ti lego nella stiva! Dannato uccellaccio del malaugurio!” Ma proprio in quel momento, come sorta dalle acque, apparve un'immagine all'orizzonte. Prima incerta, poi sempre più nitida. Come un'isola. Anzi, come lo spettro di un'isola. Fulsin corse verso il parapetto. E lo seguirono tutti. “E'...” balbettò “... è l'isola... l'Isola Perduta! E' sorta da uno dei fiumi infernali che scorrono sotto i mari del mondo!” http://www.maxartis.it/data/2268/L_i...a-tempesta.jpg |
Durante la nostra gita nel lago, mentre era intento a remare, Carlos si dichiarò.
Espresse il suo intento di farmi la corte e chiese il mio parere. " Beh Carlos, non posso che essere lusingata delle vostre parole e del vostro interesse verso di me. Sono certa che il colonnello vi ascolterà con interesse e non rifiuterà di certo di accordarvi il permesso di farmi la corte." Carlos sorrise compiaciuto alle mie parole. Continuammo il nostro giro in barca conversando amabilmente. Il giovane aveva uno spiccato senso dell'umorismo e non esitava pur di farmi ridere. Terminata questa gita fuori programma, tornammo per le vie del paese. Il campanile segno le cinque di pomeriggio. "Perdonatemi ma credo sia ora per me di tornare alla villa. Il colonnello apprezza molto la puntualità, sappiatelo..." Insistette per accompagnarmi, anche perché la mia carrozza era stata utilizzata dalla domestica per le varie spese. Giunta alla villa lo salutai, certa che nel giro di pochi giorni si sarebbe presentato alla porta. Nella mia stanza trovai le compere del pomeriggio. Scesi per la cena, durante la quale accennai di Carlos al colonnello. Notai che avevo uno strano sorriso mentre gliene parlavo. Finito di accordarci per le visite da effettuare l'indomani andai finalmente a letto. |
Guisgard posò sulla mia testa quel cappello ed io sorrisi...
“Se sono il capitano...” gli dissi “Allora tu dovrai fare tutto ciò che voglio... o ti farò mettere ai ferri, marinaio!” Risi appena. Ma quel piccolo gioco finì presto, perché il cielo si incupì ulteriormente ed il mare divenne impetuoso... sussultai, guardando verso l’alto... gli uomini corsero alle cime, allora, per tenere la rotta come Guisgard aveva ordinato loro... Durò per molti minuti quel tempo inquieto, poi la voce di Fulsin si fece sentire... Citazione:
“E’ un’isola, sì...” mormorai “Ma non sembra un miraggio, no! E’ reale, quell’isola...” Esitai... poi mi voltai verso Guisgard... “Raggiungiamola!” |
Clio decise così di scendere sottocoperta.
Attraversò la porta che da dava sulle scale, sotto il castello di poppa e si ritrovò nel lungo corridoio che si apriva sugli alloggi dell'equipaggio. C'era un silenzio surreale a bordo. Innaturale. Il mare era calmo e i sussulti delle onde si avvertivano appena. Il corridoio era illuminato da poche candele e quel gioco di chiaroscuro rendeva l'ambiente ancora più inquietante. Come se ombre e figure, frutto della suggestione di Clio dovuta a quell'atmosfera, si spostassero furtive intorno a lei. Di tanto in tanto si sentiva qualche scricchiolio e la porta di uno sgabuzzino, in fondo al corridoio, rimasta socchiusa, cigolava in maniera sinistra. Poi, ad un tratto, un rumore sordo, proveniente dall'ultima stanza, fece trasalire Clio. Era un rumore metallico, simile ad un clangore lontano. Ma durò poco più di un attimo. “Clio...” disse all'improvviso una voce. Sembrava provenire proprio da quell'ultima stanza e sembrava la voce di Giuff. Poi più nulla. Solo un cupo silenzio. |
Cheyenne riposò tranquilla.
Al mattino una delle servitrici giunse a svegliarla e a comunicarle che il colonnello la stava attendendo in giardino per la colazione. Scesa giù, la ragazza vide che l'anziano uomo era in giardino, circondato da fiori di vario tipo e preparati per bene. “Stamani” disse “sono stato svegliato dal profumo di questi fiori. Sembra che tu abbia un misterioso spasimante. O forse” sorrise “non tanto misterioso.” Erano fiori meravigliosi e tutti diversi fra loro. E recavano un biglietto. Il colonnello lo prese e lo passò a Cheyenne. E quel biglietto recitava così: “Il mondo è simile ad un giardino, colmo di fiori ed intriso del loro profumo. Ma siete voi il fiore più bello... Carlos.” |
Tutti fissarono in direzione di quell'isola.
“Non può essere lì...” disse turbato Austus “... le carte non indicano nulla... non può essere... non è segnata da nessuna carta...” e tornò a fissare le carte nautiche. “Smetti di cercare.” Fece Guisgard. “Non c'è. Ho controllato già io.” “Come può essere?” “Non lo so.” Scuotendo il capo Guisgard. “Torniamo indietro!” Esclamò Fulsin. “Torniamo indietro o lo rimpiangeremo amaramente!” “Capitano...” mormorò Rynos “... Fulsin è un dannato uccellaccio del malaugurio, lo sappiamo... ma stavolta forse ha ragione...” “Avete dunque perso il gusto per l'avventura?” Saltando sul ponte Guisgard. “O la fame di ricchezze? Sapete cosa si nasconde su quell'isola?” “La morte...” fissandolo Fulsin. “Un tesoro inestimabile.” Senza curarsi di lui Guisgard. “Volete abbandonarlo lì?” “Ma quell'isola è spuntata dal nulla!” Intimorito Emas. “E' apparsa come un fantasma!” “Lo credete davvero?” Fissandoli Guisgard. “Se è così, allora siete solo dei superstiziosi e sciocchi uomini di mare.” Saltò sul parapetto. “Guardatevi intorno!” Esclamò. “Il vento ha reso l'aria limpida! Pulita! Rendendo migliore la visibilità! Abbastanza da poter scorgere la sagoma di quell'isola anche da diverse miglia di distanza! Prima non la vedevamo perchè c'era la foschia!” Tutti lo ascoltavano in silenzio. “Sulle mappe non è segnata perchè queste sono acque sconosciute! Non per altro! E noi invece l'abbiamo trovata lo stesso! Andiamo dunque!” Guardò Talia e sorrise. “Avete udito il vostro bel capitano, no? Vuole raggiungerla! Possiamo forse disubbidire a questo suo ordine? Andiamo allora!” E la prua della Santa Rita venne puntata verso quella misteriosa isola, mentre il mare intorno a loro era sempre più agitato. |
Al mattino ebbi una piacevole sorpresa.
Carlos aveva inviato una miriade di fiori alla villa. Risi, quel giovane era davvero deciso. Terminai la mia colazione in compagnia del colonnello e poi finii di prepararmi. Il colonnello mi attendeva sul viale all' interno della carrozza. Io però decisi di andare a cavallo, così andai a prendere Gulltoppr. Seguii il colonnello fino ad un edificio molto grande circondato da un ampio parco nel quale passeggiavano pavoni e cigni. Ad accoglierci arrivò un servitore in livrea che presi in carico cavalli e carrozza. Un secondo domestico ci accompagnò lungo la strada lastricata che portava dal cancello al portone. Allora ci si presentò davanti un terzo servitore, un maggiordomo, che ci invitò ad attendere nella sala d'ingresso il padrone di casa. |
Si riprese ill viaggio al contrario sperando che per Ingrid tutto si risolvesse in una semplice botta in testa e che riprendesse la memoria....ma La Baias mi sembrava cosa peggiore, Ingrid si sarebbe potuta tranquillizzare, ma quello che avevo visto su l' isola di S. Martino, mi sembrava incredibile, la gente si accalcava per fuggire via, non avevo mai assistito ad un assediamento, ed ero piu' confusa che sicura di quello che stava per avvenire..." Storm, io non so cosa stia accadendo forse voi ne siete piu' sicuro, siete un contrabbandiere e siete ancora un ricercato.....se anche a La Baias c'e' lo stesso putiferio che ci stiamo lasciando alle spalle, non credo che qualcuno stia cercando voi..ma non e' mai detto e poi.....sapete bene come dovremo comportarci ?...gli Spagnoli sono cosi' davvero cosi' violenti come diceva la gente che scappava ?..."...ero nervosa molto nervosa..vedevo Storm remare, e io pensavo a mio padre.....che fine aveva fatto ?.......noi in quella situazione........non avevo avuto un momento di tregua da quando ero arrivata in quel posto......un attimo di riposo....un solo attimo per pensare....correvamo da un lato all'altro di quei piccoli luoghi come formiche impazzite....ma ad una cosa eravamo riusciti...stavamo riportando indietro Ingrid....una grande vittoria....sorrisi mio malgrado....sorrisi al mare ..sorrisi ad un futuro che sconoscevo...
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In verità signore non saprei cosa mangia questo pappagallo ma lui a detto patate patate e allora provo a dargliele voi sapete cosa mangiano questi animali? domandai tutto curioso e aspettai una sua risposta
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Ascoltavo Guisgard, le sue parole, e sorridevo...
il modo in cui riuscì a motivare gli uomini e a cacciare dai loro cuori paure e preoccupazione, contribuì a rinfrancare anche il mio animo... dopotutto, mi dissi, io non avevo mai creduto alle maledizioni ed alle sciocche superstizioni, e non avrei certo iniziato in quel momento! Certo, c’era la storia della nave alla deriva... ma Guisgard aveva ragione: potevano esserci milioni di spiegazioni ragionevoli per ciò che avevamo visto là sopra... ed io avevo solo finito per esserne suggestionata. Ora però quell’isola era là, davanti a noi... potevamo vederla, potevano distinguerne i contorni e le coste... non era un miraggio, quello. Non c’era niente di misterioso in quel tratto di mare! La Santa Rita puntava in quella direzione, ora... e tutti gli uomini, con l’eccezione forse solo di Fulsin, sembravano determinati a raggiungere quelle coste... Lentamente i miei occhi si spostarono su Guisgard, allora... era in piedi vicino al parapetto, incurante del vento sferzante e delle prime gocce di pioggia che iniziarono a cedere, ed i suoi occhi scrutavano il mare, come fossero riusciti ad annullare la distanza tra noi e quell’isola misteriosa. Mi avvicinai a lui, dunque, ed infilai la mia mano nella sua... “Stavo pensando alle tue parole...” mormorai allora, al suo orecchio “Alle tue parole di poco fa... che cosa significa che ‘devi trovare un altro capitano per attuare la decisione che hai preso’?” I miei occhi incrociarono i suoi e li osservarono per qualche istante... c’era qualcosa in essi, qualcosa che non riuscivo a decifrare... |
"Devo essere impazzita.." Pensai "..quale follia mi ha condotto in questa storia?".
Ma più mi guardavo intorno e più capivo che non sarei potuta essere in nessun altro posto. Sempre più mi rendevo conto di quanto Guerenaiz avesse bisogno di me. La voce di Giuff mi aveva turbato. Non era arrabbiato, furibondo, era sorpreso. Come dargli torto, infondo, mi aveva seppellita. Avanzai di un passo, poi di un altro. Finché non giunsi davanti alla porta della stanza da cui proveniva la voce. Era aperta. Sembrava che non ci fosse nessuno. Entrai titubante. "...capitano.." Dissi, titubante. I miei piedi urtarono qualcosa. Mi fermai di scatto. Era un vecchio ferro arrugginito, mi chiesi cosa ci facesse lì, ma lo raccolsi, tenendolo stretto nella mano destra. "..capitano.." Dissi ancora, con più convinzione. |
Cheyenne e il colonnello trascorsero così buona parte del giorno in quel palazzo, conoscendo il suo proprietario e tutto ciò che riguardava le sue attività.
Verso il tardo pomeriggio ritornarono a casa e qui un servitore annunciò loro la presenza di un ospite. Era il giovane Carlos. Il colonnello ricevette il ragazzo nella sua biblioteca e lì trascorsero circa una mezz'ora. Poi uscirono e tornarono da Cheyenne che li aveva attesi in giardino. “Beh...” disse il colonnello “... io credo che mi ritirerò. E voi avete molto da dirvi, immagino.” Sorrise e si ritirò. “Sono felice di rivedervi, Cheyenne.” Fece il giovane. “Ho parlato col colonnello e mi ha concesso il permesso di frequentarvi e corteggiarvi.” |
La barca avanzava verso Las Baias.
“Non ho le risposte alle vostre domande, milady...” disse Storm ad Elisabeth “... sinceramente ignoro ciò che è stato di Las Baias, ma solo arrivandoci lo scopriremo...” Finalmente avvistarono il porto. Si vedevano pennacchi di fumo alzarsi dalla costa e sul promontorio. Il palazzo del governatore era visibilmente danneggiato e alcune navi spagnole bloccavano l'ingresso del porto. “Gli spagnoli sembra che abbiano davvero assediando Las Baias” mormorò il contrabbandiere “e a giudicare dal fumo l'attacco che hanno portato non è stato affatto leggero.” Ma proprio in quel momento Ingrid cominciò a mormorare qualcosa e dopo alcuni istanti riaprì gli occhi. Si stava svegliando. |
Clio chiamò Giuff, ma nessuno rispose alla sua voce.
La stanza era semibuia, illuminata a stento solo dalla luce che proveniva dal corridoio. E non vi era nessuno al suo interno. La ragazza entrando aveva urtato qualcosa, per poi prenderlo in mano. Era un vecchio uncino arrugginito ed apparentemente senza valore. Ma osservandolo meglio la ragazza si accorse che era sporco. Sporco di sangue. Ed era sangue ancora fresco. “Clio...” disse una voce proveniente dal corridoio. Ma stavolta non era stata la voce di Giuff a chiamarla. Era la voce di John. “Clio...” udì ancora “... Clio...” Ma era una voce ancora diversa. Stavolta sconosciuta alla ragazza. Una voce bassa e rauca. Una voce con un accento che lei non conosceva. Più simile ad un mormorio quasi soffocato. Ad un tratto qualcosa fece sussultare Clio. Dei rumori. Rumori provenienti dal ponte della nave. http://imacwallpapers.com/wallpapers...ea_408x230.jpg |
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