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"Sì" risposi, ancora col fiatone," e intende avere la testa di quell'uomo... a proposito? E' tornato in città?"
Ci incamminammo sulle mura. "Se è così vi consiglio di lanciarlo giù dalle mura!", aggiunsi acidamente. Mi avvicinai a scrutare l'orizzonte tra le merlature. Si coglieva un polverone in lontananza. "Hanno un ariete spaventoso... e una gran quantità di schiavi per trasportarlo e usarlo per abbattere la Porta dei Leoni." |
La mattina giunse troppo presto e si portò via una notte indimenticabile. Mi svegliai controvoglia sentendomi accarezzare i capelli, mi resi subito conto di dove fossi e con chi fossi. Ne fui profondamente felice!
Senza aprire gli occhi e senza parlare iniziai ad accarezzare il petto di Pasuan per poi scendere lungo il braccio fino ad intrecciare le sue dita nelle mie. I ricordi della notte passata erano ancora chiari nella mia mente, qunte sensazioni provate. Mi ero sentita avvolta in una nuvola di amore, un amore adulto, sincero e vero; un amore passionale, puro e forte. Un amore che non avevo mai vissuto. Un amore del quale non avrei mai più fatto a meno, per nulla al mondo. Alzai il viso, apersi gli occhi e guardai il corpo di Pasuan illuminato dal sole e solo a tratti coperto dalle lenzuola. Com'era bello! Lo baciai "Buongiorno Caro, ben svegliato!" lo baciai ancora, con più trasporto, avrei voluto essere sua ancora una volta ma non andai fino in fondo "Torniamo a casa, Caro! Andiamo a prenderci Hubert e formiamo una vera famiglia, serena e piena di amore! Basta con la guerra e gli atti di eroismo, solo io e te... e i nostri figli!" |
Monteguard lanciò un’occhiata a Melisendra.
“Si, quell’uomo è tornato…” disse “… e la prima cosa che ha fatto, pare, sia stata quella di venire da me… perché è tornato?” Chiese. “Cosa c’è qui da spingerlo a rischiare tanto? Avrebbe potuto mettersi in salvo, fuggendo magari oltre i confini del regno…” restò perplesso “… anche perché, adesso, come tutti noi, sembra rimasto in trappola…” fissando la polvere che in lontananza annunciava l’avvicinasi dei loro nemici. “Ditemi, milady…” continuò “… consegnando quel’uomo servirà a qualcosa? Il Gufo arresterà i suoi propositi?” |
"No, dubito che desisterà dalla sua intenzione di distruggere l'intera città... certo, se scoverà l'uomo che ha ucciso Aytli lo ucciderà nel più tremendo dei modi..." scrutai nuovamente l'orizzonte, "Ma ormai è troppo tardi."
Tacqui per un attimo. "Ma consideratelo un mio desiderio... quello di far provare a quel cavaliere l'ebrezza del volo." Feci un sorriso sarcastico. "Vorrei tanto sapere che cosa cerca qui..." |
Monteguard seguì l’enigmatico sguardo di Melisendra e fissò anch’egli l’orizzonte, dal quale sarebbero spuntati, a momenti, i loro nemici.
Ormai era una sorta di fatale ed inesorabile conto alla rovescia. “Quell’uomo…” disse Monteguard tornando a fissare Melisendra “… perché odiate tanto quell’uomo? Forse vi ha fatto del male quando vi è sfuggito? Beh, neanche a me sta simpatico, devo dire… ma io ho giusti motivi per detestarlo… ho ancora il bernoccolo alla nuca che mi ha lasciato come ricordo, quel furfante!” |
"E' seccante ammetterlo, ma credo di non avercela con lui, ma con me stessa..." mormorai.
"Avrei dovuto trascinarlo all'accampamento... o ancora meglio... avrei dovuto eliminare il Cavaliere del Gufo quando ne avevo l'occasione. Ora è troppo tardi." Strinsi un pugno."Sono stata negligente." Mi guardai attorno, cercando di cogliere la presenza degli spiriti, ma non vidi nulla. "Cosa intendete fare adesso?" |
“Uccidere quell’uomo” disse Monteguard “è quasi impossibile. Ovunque si sentono storie sulle sue tristi gesta, sui suoi crimini e sulla sua crudeltà. Non fatevene una colpa, non potevate fare niente. Anzi, avete fatto già troppo. Il Cavaliere del Gufo sembra protetto dall’eco della sua stessa malvagità… una malvagità oscura…”
Fissò di nuovo l’orizzonte e poi i suoi uomini che si preparavano all’attacco. “Abbiamo ben poco da fare…” mormorò “… possiamo solo combattere e vendere cara la pelle…” Ad un tratto giunse Izar. “Capitano!” Con fare preoccupato. “Alcuni dei vostri sono giunti al palazzo per dare l’allarme! Siamo davvero attaccati?” “Temo di si…” annuendo Monteguard. “Milady…” rivolgendosi a Melisendra “… non restate qui, è troppo pericoloso. Vi vorrei sapere al sicuro. Magari nel palazzo. Seguite Izar, egli vi darà un alloggio al palazzo.” |
La Cappella della Vergine era deserta.
Le statue dei santi sembravano fissare con dolore ciò che stava accadendo a Capomazda, mentre l’aureo splendore dei mosaici che animavano la volta pareva segnato dall’inesorabile scorrere del tempo, che osserva muto ed indifferente i destini degli uomini. “Dove sono” disse fra sé il cavaliere “i tuoi Santi ed i tuoi Angeli, Capomazda? Nessuno sembra giungere al tuo capezzale… dove sono gli invincibili Taddei, tuoi divini signori? Chi ascolterà il grido ed il dolore del tuo popolo?” Sorrise beffardo. “Tu appartieni a quella stirpe, figlio mio…” guardandolo negli occhi sua madre “... la storia e la grandezza dei Taddei scorre anche nei tuoi occhi… giurami che lo rammenterai sempre! Giuramelo, Guisgard!” Guisgard scosse il capo a quel ricordo. Fu allora che guardò sull’altare e vide l’ara di pietra. Si avvicinò, fino quasi a toccare quella nuda ed antica pietra. Accarezzò i bassorilievi che narravano delle gesta di Ardea e delle sue favolose Questioni. “Miti e leggende…” mormorò “… questo luogo ne è pieno… ma nessun mito e nessuna leggenda potrebbero nulla contro l’odio del Cavaliere del Gufo…” http://www.zuguide.com/image/Orlando...ck-Pearl.2.jpg |
Chinai lievemente il capo in segno di rispetto all'arrivo del filosofo.
Izar aveva il consueto aspetto austero e i suoi occhi corsero all'orizzonte. Mi incuriosì il suo autocontrollo. "Siete molto gentile, Capitano..." gli sorrisi, accettando l'offerta. Ripensai alla visione del mio signore, quando mi era apparso nella biblioteca... tanto mi avrebbe trovata comunque, ovunque mi nascondessi. Avrebbe trovato un modo per raggiungermi. Tanto valeva restare a palazzo. Seguii Izar e abbandonammo il perimetro delle mura. |
Melisendra seguì il filosofo.
“Presto, una stanza per milady!” Disse ad un servitore appena furono nel palazzo. “Ora potrete riposare, milady…” rivolgendosi alla ragazza “… vi farà bene… ora perdonatemi, ma la mia presenza è attesa altrove… per qualsiasi cosa non esitate a chiamare i servitori.” E si congedò da lei. Il servo accompagnò Melisendra nella sua stanza, lasciandola poi da sola. Un attimo dopo uno strano tepore avvolse la ragazza. “Mamma!” Sentì. “Mamma! Mamma!” Quella voce sembrava giungere dal cortile. E sembrava essere quella di Uriel. http://www.wearysloth.com/Gallery/Ac...4246-27281.gif |
La porta si era chiusa dietro di me e finalmente potevo rimanere sola con i miei pensieri. Mi lasciai andare a un sospiro, che non avrei saputo nemmeno io dire da dove mi giungesse. Mi sentivo nauseata da tutto quello che stava accadendo.
Avevo appena socchiuso gli occhi e mi ero sdraiata sul letto. Quella voce interruppe i miei pensieri. Quella voce...corsi alla finestra, con apprensione. Poteva essere Uriel? No di certo! Si trovava al sicuro, al Poggio del Sole. Non vidi nulla, così mi precipitai fuori dalla stanza, giù per le scale. Nel cortile, sotto il porticato, mi fermai e rimasi in silenzio, per cogliere nuovamente quella voce. |
La notte era scesa inesorabile.
Il cortile era avvolto in una inquietante penombra, mentre una leggera foschia rendeva sfocata ogni cosa ci fosse in quel luogo. Melisendra era sola con i suoi fantasmi ed i suoi incubi, mentre tutta Capomazda si apprestava ad affrontare i suoi. “Mamma!” Disse di nuovo quella voce. Un attimo dopo un’ombra sembrò correre fra gli alberi del giardino poco distante. “Non vieni a prendermi, mamma?” Chiese qualcuno celato chissà dove, attraverso la voce di Uriel. “Io ho tanta paura, sai… ho fatto un incubo stanotte… mamma, vieni, ho paura…” Ad un tratto un vento freddo si alzò nel cortile. Fu solo un istante, ma sufficiente a lasciare nella ragazza un senso di angoscia e disperazione. “Sei coraggiosa, non c’è che dire…” disse qualcuno emergendo dalle tenebre “… hai cercato di salvare Capomazda… lodevole…” accennò una risata compiaciuta “… ma vedi, mia diletta, il destino di questo ducato è già segnato… e tu sai che porto sempre a termine i miei intenti…” Si avvicinò, era lui. Melisendra lo riconobbe subito. “L’imperatore Domiziano…” continuò “… grande uomo, sai… chiedeva, anzi imponeva, al suo popolo di chiamarlo Dominus et Deus… Signore e Dio… e lo era davvero, sai? Era davvero potente come un Dio… sai perché? Perché aveva il potere sulle vite dei suoi sudditi… ed anche io ho questo potere… posso sterminare l’intera popolazione di questo luogo… posso uccidere il tuo caro Gouf… ed uccidere anche te… e non solo te…” sorrise. “Mamma! Aiuto, vuole uccidermi!” Gridò di nuovo la voce di Uriel. “Ma anche tu, in questo caso, puoi avere lo stesso potere dell’imperatore Domiziano…” mormorò l’oscuro signore “… puoi decidere della vita di tuo figlio… puoi decidere se farlo vivere o morire… dipenderà da te, mia cara… da come esaudirai i miei ordini…” e si abbandonò ad una sinistra risata. |
"Quale sgradita sorpresa..." sibilai. "Come al solito vorresti che ti aiutassi a mettere in atto i tuoi ambiziosi progetti..."
La sua cupa risata mi aveva fatto accapponare la pelle, ma rimasi impassibile. Non potevo cedere. "E da vigliacco quale sei... tu, che celi il tuo volto... pensi che otterrai il mio aiuto minacciando ciò che ho di più caro. Non pensi che, invece, potrebbe solo aumentare il mio desiderio di ucciderti?" Lo guardai con disprezzo. "Quali ordini ancora vuoi che esegua? Non ti basta la distruzione di questa città? Perchè non torni all'Inferno che ti ha creato?" |
L’oscura figura accennò un sorriso a quelle parole di Melisendra.
“Ho sempre ammirato il tuo coraggio, mia cara…” disse “… e ne hai davvero da vendere… nessuno dei grandi cavalieri di queste terre oserebbe rispondere così a chi può uccidere in qualsiasi momento la persona a loro più cara…” fece qualche passo verso di lei “… Capomazda è ormai condannata… nessuno potrà salvarla… nessuno.” I suoi occhi divennero bianchi e luminosi. “Vi è solo una remota possibilità per questo luogo… Parusia!” Disse quasi sussurrando. “Quella spada è forse l’arma più potente mai creata… solo l’Arciduca può impugnarla… ma quello stolto non potrà farlo… egli infatti è in cerca della sua sciocca moglie e non tornerà mai più a Capomazda… a quest’ora forse la Maledizione che flagella i Taddei lo starà già chiudendo nella sua infernale morsa… ma non posso correre rischi… se egli infatti riacquistasse la memoria prima di perdere la vita in quell’impresa, sono certo che lascerebbe perdere il suo fiore di Sygma per ritornare qui… e potrebbe avere la pessima idea di difendere Capomazda… no, Parusia deve cadere in mio possesso!” Esclamò con rabbia. “Ora! Essa è custodita nella Cappella della Vergine, in un’ara di pietra sull’altare. Io non posso prenderla, poiché quel luogo mi impedisce di adoperare i miei poteri… ma tu invece puoi… va nella cappella e portami quella spada… fallo ed io ti lascerò libera di vivere in pace con tuo figlio…” |
Spalancai gli occhi, sorpresa.
"Una spada? Vuoi quella spada? E poi... mi lascerai in pace?" Lo guardai di traverso. Sospettosa. "Dov'è l'inganno? E cosa ne sarà degli abitanti di questa città?" Non potevo fidarmi. Non mi fidavo di nessuno, tanto meno della sua parola. "Per quale ragione tanto odio verso Capomazda?" Improvvisamente un vento misterioso soffiò nel chiostro, creando piccoli mulinelli e sollevando polvere. Sorrisi, erano tornati da me. |
“Si, voglio quella spada.” Disse. “E poi il mio piano sarà perfetto.” Sorrise. “Non voglio ingannarti… non ne avrei motivo… sono ad un passo dal realizzare la mia più grande impresa… un’impresa di distruzione, dolore, morte e lutto… dopo non avrò più bisogno di te… mi sei stata sempre fedele in passato e non reclamerò la tua vita…” esitò “… perché voglio distrutta Capomazda? Per vendetta!” Esclamò. “Perché mi è stato tolto qualcosa che nessuno potrà più ridarmi! Tutto mi hanno tolto i Teddei… tutto…” la fissò “… ti racconterò tutto… affinché tu possa fidarti di me e portarmi ciò che ti ho chiesto…”
Ad un tratto tutto sembrò mutare e poi fermarsi attorno a loro. “Ero un giovane chierico e filosofo presso un nobile signore….” prese a raccontare “… le sue terre erano forse tra le più belle di questo mondo… immerse com’erano lungo scogliere modellate dalle secolari onde del mare, sotto un Sole che scaldava ed animava ogni cosa… fui precettore della sua giovane figlia… era bella, bellissima! Passavamo intere giornate insieme e più cresceva, più diventava bella! Fino a quando accese in me un innaturale desiderio… la volevo! Bramavo il suo corpo più di qualsiasi altra cosa al mondo! Organizzai io il suo matrimonio… un matrimonio di convenienza per suo padre… sapevo che ella non amava suo marito e ciò faceva si che restasse in qualche modo ancora mia… poi, un nefasto giorno, in confessione mi disse di essersi innamorata di un uomo… era uno dei Taddei… impazzii di rabbia e dolore! Giurai che se non fosse stata mia, non sarebbe stata di nessuno! Il loro amore finì tragicamente, ma io ero riuscito ad entrare nelle grazie dell’Arciduca di Capomazda e padre di colui che lei amava! E da allora ho cominciato a tessere i fili per la mia vendetta!” Rise di nuovo. “Ora sai che puoi fidarti di me…” mormorò “… portami la spada… ora… e sarai libera.” |
Mentre raccontava quella storia, le immagini di quella vicenda mi passarono innanzi, rincorrendosi e mostrandomi gli eventi.
Rimasi attonita. "Sei ancora più pazzo di quanto pensassi..." lo scrutai, senza riuscire a vederne il volto. "TI porterò quella maledetta spada... e poi sparirai per sempre." Avanzai di qualche passo, mentre i mulinelli di vento mi danzavano attorno. "E non torcerai un capello a mio figlio... mai!" "E ora dimmi dove si trova quella cappella e che questa sia l'ultima volta che prendo ordini da te!" |
L’oscura figura sorrise compiaciuta.
“Pazzo? Forse…” disse “… del resto l’odio e l’amore hanno da sempre fatto girare questo mondo… ma tu non puoi saperlo… tu ignori cosa sia l’amore… e questa è la nostra forza… l’averlo bandito per sempre dalle nostre vite!” Si voltò verso il palazzo. “Eccola, laggiù…” indicò “… oltre il palazzo… quella è la cappella… va e portami la spada… e poi potrai andartene da questo luogo… va, a quest’ora è deserta la cappella…” |
Non correvo per non dare nell'occhio. Non volevo dare l'impressione di andare in un luogo preciso.
Ormai era scuro e solo la luce delle torce mi illuminava la strada. Mi ero sistemata un velo sul capo e camminavo lungo il selciato. La cappella era silenziosa. Non sembrava esserci nessuno nei dintorni. Scostai lievemente il velo e, timidamente, spinsi la porta ed entrai. Il profumo di incenso mi avvolse appena entrata. Le candele votive ardevano, spandendo nell'aria un piacevole profumo di cera. Osservai l'altare. Per un attimo la quiete di quel luogo mi avvolse, con la stessa forza suadente del profumo dell'incenso che bruciava. "… del resto l’odio e l’amore hanno da sempre fatto girare questo mondo… ma tu non puoi saperlo… tu ignori cosa sia l’amore… e questa è la nostra forza… l’averlo bandito per sempre dalle nostre vite!" Quelle parole riecheggiarono nella mente. Aveva ragione. Avevo asservito ogni sentimento alla ragione, alla necessità, a qualunque scopo mi prefiggessi. Ero così spaventata. Ogni volta che facevo un passo verso la vita, tornavo a nascondermi dietro le mie certezze. E l'unica certezza che conoscevo era me stessa. In realtà non ero mai uscita da quella prigione illusoria in cui avevo passato la vita. L'avevo portata con me. Provai quasi l'impulso di pregare, di gettarmi di fronte all'altare e rimanere lì, a galleggiare in quella quiete a pregare. Ma non potevo. Mi avvicinai all'altare e iniziai a frugare, cercando il luogo dove fosse nascosta quella spada. |
L’ara di pietra apparve a Melisendra proprio sopra l’altare.
In essa vi era conservata Parusia, la spada appartenuta un tempo a San Michele ed ora custodita dai Taddei. Si narra che quella spada abbia permesso a San Michele di trafiggere Lucifero, ad Ardea di superare le terribili Questioni che martoriavano quelle terre e ad Ardeliano di conquistare Sygma. Poteva ora salvare Capomazda? E chi l’avrebbe impugnata? Melisendra però non poteva rincorrere miti e leggende. Fece morire dentro di sé quel desiderio di preghiera per obbedire, un’ultima volta al suo malvagio signore ed essere finalmente libera. “Da incantatrice ora siete divenuta guerriera?” Disse all’improvviso qualcuno alle sue spalle. “O forse avete deciso di offrire questa spada al Cavaliere del Gufo affinché lasci in vita la gente di questo ducato?” Chiese Guisgard fissandola senza tradire emozioni. |
"Se volete intralciarmi, vi sbagliate..." sussurai come se niente fosse e gli voltai le spalle, cercando di radunare gli spiriti. Non ci riuscii. In quel luogo ero tagliata fuori... non potevo chiamarli.
Armeggiai intorno all'altare, posai lo scialle lì sopra e mi accinsi a prendere la spada. L'avrei avvolta lì dentro e l'avrei nascosta, in modo da poterla trasportare senza che nessuno se ne accorgesse. Scostai il velo dal volto e osservai il cavaliere. "Non vi impicciate e andate per la vostra strada... e state tranquillo: l'unica cosa che spero che cada nelle mani del Gufo siete voi! Ma non temete, non muoverò un dito in tal senso." Girai intorno all'altare e lo guardai. "Lasciatemi al mio fato, così come io vi ho lasciato scegliere il vostro." |
Guisgard la fissò per un momento senza dire nulla, per poi, in un impeto d’ira, girare attorno all’altare e raggiungerla.
“Che la mia sorte non vi stia a cuore” disse afferrandola per le braccia “è cosa ormai chiara! Quindi i vostri pensieri ben auguranti teneteli per voi, visto che la sfortuna sembra già avermi raggiunto e tenermi ben stretto! Sebbene tutte le mie sciagure sono cominciate quando vi ho incontrata quella maledetta sera nel giardino!” Avrebbe quasi voluto strangolarla. “Cosa fate qui?” Chiese. “Perché volete prendere questa spada? E badate di non mentirmi di nuovo, o giuro davanti a questo Santo luogo che vi ammazzerò con le mie stesse mani!” |
La lama del pugnale scintillò alla luce della luna.
Morrigan distolse lo sguardo dalla sua frenetica ricerca, per poggiarlo su quell'arma. Ma proprio in quel momento una freccia trafisse quella mano armata. Morrigan allora cercò con lo sguardo colui che aveva lanciato quel dardo, e in lontananza, nell'ombra, vide due sagome che si avvicinavano. Che fossero amici o nemici in quel momento le importava poco. L'unica cosa chiara era che stavano attaccando i suoi aggressori, e questo era un motivo sufficiente per sperare che riuscissero ad eliminarli. Quando a lei, aveva ancora addosso il pugnale con cui aveva colpito Ravus. Non era molto, ma se solo fossero riusciti a slegarla, avrebbe fatto del suo meglio per aiutarli in quella lotta. |
"Levatemi subito le mani di dosso!"
Mi divincolai, cercando di colpire sotto la cintura. "Lasciatemi! Prima mi lasciate nel bel mezzo della palude e ora sono io a dovervi spiegazioni?" La stretta era troppo forte e io, solo con le mie forze, potevo ben poco. "Cavalieri? Siete tutti uguali! Se fossi un uomo... se non fossi una donna te ne pentiresti amaramente!" Cercai di approfittare del contatto per vincere la sua volontà e ordinargli di lasciarmi andare, ma sembrava che non avessi più nemmeno un briciolo dei poteri che avevo prima. Maledetto luogo! Smisi di lottare. "Quella spada è mia! Mi serve... se non l'avrà ucciderà mio figlio... e poi me. Oppure sarò di nuovo schiava... e con me Uriel! E non posso permetterlo!" Gli tirai un calcio, disperata. Colpii il bersaglio. Allentò la presa e mi liberai un polso. |
Guisgard, per il colpo subito, allentò la presa e Melisendra riuscì a liberare un polso.
“Diavolo di una ragazza!” Disse lui, accennando come a volerla colpire. “Se tu fossi un uomo? Magari lo fossi! Ti avrei già dato una lezione!” La portò allora verso le panche, allontanandola dall’altare. “Ora calmati” continuò “o davvero finirò per perdere la pazienza! A chi devi portare la spada? Chi è che sta minacciando te e tuo figlio? Avanti, rispondimi!” Sarebbe stato tentato di non credere a quel suo sfogo, ma qualcosa in lei era cambiato. Quel velo di freddezza, quella sua spregiudicatezza sembravano essere svaniti dai suoi occhi. Aveva paura, era disperata. Così appariva ora quella ragazza a Guisgard. |
Con le gote in fiamme e il velo scivolato giù, lo osservai diffidente. Quindi scossi le spalle.Quindi mi sedetti, con estrema cautela e tenendo d'occhio l'altare.
"Lui... è potente e maneggia oscure arti, vuole a ogni costo la vendetta sui Taddei... Si è preso ogni cosa, ogni mio ricordo, tutto il mio passato. Mi ha addestrata fin da fanciulla e si è servito di me e dei miei doni per qualsiasi scopo avesse in mente. Ma durante lo svolgimento di una delle mie missioni ho creduto di essermi innamorata." Mormorai con sarcasmo, pensando alla mia cieca stupidità. "Quando ho scoperto di aspettare Uriel sono fuggita e negli ultimi anni ho continuato a viaggiare, cercando di nascondermi ai suoi occhi... e ho nascosto mio figlio in un luogo che credevo sicuro, ma non è così. Non più, ormai lo ha trovato." Era tutto uscito dalle mie labbra come di getto. E non riuscii a fermare nemmeno ciò che dissi in seguito. "E suo padre, che sia maledetto, ha minacciato la sua vita pur di sapere il vostro nome..." Abbassai lo sguardo. "Non intendo nuocervi...ma vi avverto che passerò su qualunque cadavere pur di tenere quei due uomini lontani da mio figlio. E da me." Lo osservai come si osserva un animale feroce per stabilire quando intenda attaccare. |
Guisgard restò un attimo in silenzio, dopo aver udito il racconto di Melisendra.
“Dunque sei…” disse esitando “… siete sposata?” La fissò. “Un momento…” quasi accorgendosi solo ora di quel particolare “… il padre del bambino vi ha minacciato per sapere il mio nome? Allora è…” si zittì, voltandosi verso la navata “… ora capisco perché eravate tanto determinata a vendermi al Gufo… è lui l’uomo di cui siete innamorata…” sorrise beffardo, scuotendo lievemente il capo. “Del resto” continuò “non posso certo biasimarvi… vendere uno sconosciuto per chi si ama…” la fissò “… portando quella spada a colui che vi tiene schiava non vi salverà… per chiedere quella spada vuol dire che brama possedere il suo potere… un uomo tanto malvagio ed ambizioso non può certo aver pietà degli altri… non vi lascerà mai in pace… siete stata sciocca a credergli…” Le si avvicinò. “Chi è questo misterioso individuo tanto potente che vi tiene come schiava?” |
Finiwell cominciò a far sibilare le frecce della sua balestra, mentre Cavaliere25 iniziò a menare fendenti attorno a sé, col chiaro intento di spaventare quegli uomini.
“Coprimi!” Disse Finiwell a Cavaliere25. Il cavaliere allora si lanciò tra i suoi nemici, estraendo la spada e cercando di aprirsi un varco per raggiungere Morrigan. “Avanti bellezza, partecipa anche tu alla festa!” Una volta riuscito a raggiungerla. “Ecco, sei libera… datti da fare ora!” Dopo aver tagliato le corde che la tenevano legata. La battaglia allora si fece più aspra e tutti si lanciarono sui tre. “Sembrano spuntare come funghi, questi maledetti!” Esclamò Finiwell. “Più ne ammazziamo, più ce ne ritroviamo addosso!” Ad un tratto, uno di loro, giungendo alle spalle, colpì Finiwell ad un braccio. Questi si voltò di scatto e lo trafisse mortalmente, per poi accasciarsi ai piedi dell’albero al quale era stata legata Morrigan. “Questi… maledetti…” ansimò Finiwell “… sono riusciti a colpirmi…” |
Strinsi i pugni.
"In tutti gli anni di prigionia non ho mai visto il suo volto, nemmeno pronunciato un nome che non fosse mio signore. Era sempre incappucciato e irriconoscibile." Era frustrante. "Gouf ha perso la ragione. Anni fa c'era ancora speranza che salvasse la sua umanità e forse fu quello ad accecarmi... vidi me stessa." Alzai la testa e lo guardai profondamente negli occhi, per cercare di intuire le sue intenzioni. "Ma ormai è troppo tardi... troppo sangue, troppe stragi. Mi ha colpita, quando sono giunta all'accampamento, e poi ha minacciato mio figlio." Mi voltai. "Amore... come ha detto qualcuno: io non so amare. Ma posso crearne l'illusione... sono solo caduta nella mia stessa rete." Tornai a rivolgermi a lui. "Gouf va fermato. Potrei fermarlo, ma la sua armatura me lo impedisce, poichè lo rende immune da ogni tipo di offesa... quanto al mio antico padrone... non intendevo portargli la spada, non prima di aver capito quale segreto celi. Ho accettato il suo ordine solo per guadagnare tempo." Riflettei. "Ho il sospetto che forse quell'arma possa nuocergli. Altrimenti non avrebbe senso volerla per sè." Mi risistemai il velo intorno al viso. "Ora sapete tutto... e sappiate che qualcosa dentro di me desidera ancora accendervi come una di queste candele..." |
Guisgard ascoltò con attenzione ogni parola pronunciata da Melisendra.
“Il Gufo da un lato” disse “e quest’oscuro individuo dall’altro… non c’è che dire, c’è da stare allegri qui a Capomazda.” Fece qualche passo. “Ovvio che teme quella spada…” continuò “… altrimenti perché prendersi la briga di mandare voi a prenderla per lui… soprattutto ora che, come sembra, Capomazda è prossima alla distruzione… sospirò, come a voler raccogliere le idee. “Si, prendere tempo è l’unica cosa che si può fare…” mormorò “… avanti, datemi il vostro velo…” disse estraendo la sua spada “… gli porterete questa… ovviamente, se è potente come dite, non impiegherà molto per capire che non è Parusia… ma almeno ci darà altro tempo…” fissò le vetrate della cappella “… albeggia e il ducato si è svegliato, ammesso dormisse ancora nonostante tutto… se c’è gente sarete al sicuro da lui, almeno per ora… gli consegnerete la spada, approfittando che non potrà controllare subito ciò che si cela sotto quel velo… io osserverò tutto senza farmi scoprire…” La fissò e sorrise col suo solito fare guascone. “Vi ho forse chiesto troppo? Riuscirete a fidarvi di me, nonostante quella voglia matta di accendermi come cero devozionale?” E rise di gusto. |
Pasuan guardò Dafne e sorrise teneramente.
“Scappiamo via senza pagare la stanza? Beh, davvero poco cavalleresco, non credi!” Disse sfiorandole il viso e giocando col dito sul nasino di lei. “Dafne…” diventando serio “… tu e Hubert siete le cose più preziose che ho… e tutto ciò che sono, che faccio o che sogno è rivolto a voi due… io ora sono felice come non lo sono mai stato prima… tanto felice che ho quasi paura di svegliarmi e scoprire di aver sognato te, il bambino e questa notte…” la baciò e fece scendere la sua mano lungo la schiena di lei, accarezzandola e donandole dolci brividi di piacere “… e non voglio che ad altri sia tolta la felicità che invece è stata donata a me…” continuò “… quella ragazza… dobbiamo aiutarla… lei chiede solo di essere felice col suo amato… come lo siamo noi due, amore mio… come sei bella…” sospirò mentre la sua mano le sfiorava il viso “… darei qualsiasi cosa per rivedere almeno un’altra volta il tuo volto ed il tuo corpo…” la strinse allora a sé, avvolgendo i loro corpi nudi in quelle bianche e delicate lenzuola, come a voler imprimere sul suo corpo il profumo di lei. Restarono così per un tempo che parve infinito. Il canto degli uccelli animava quel mattino e sembrava giungere ai due amanti sul dorato alone dei raggi del Sole che invadeva la stanza. Ma nessun altro suono di quell’idilliaca mattinata d’inizio Estate poteva coprire la melodia ben più forte ed armoniosa di quella che nasceva dal battito unito dei loro cuori innamorati. http://i625.photobucket.com/albums/t...g?t=1244815607 |
Io e Lho seguimmo Icarius ed entrammo anche noi nella enorme cattedrale. delusione.
"No..." risposi dubbiosa ad Icarius, " è praticamente impossibile. Perchè celebrano la messa in questo posto orribile?" La cattedrale era gremita di cavaliere e dame stupende. Erano davvero tutte bellissime, impossibile scegliere la più bella fra tutte loro. Le osservai dubbiosa, cercando di scorgere un viso diverso, più bello degli altri. Poi la vidi. Mi sorrise. Il bellissimo vestito bianco strisciava per terra e i lunghi capelli biondi erano raccolti in una retina rosa. La guardai a lungo e vidid che non era sola. Anche lei, come tutte le altre dame, era accompagnata da un cavaliere. Era bellissima, ma Icarius non l'avrebbe mai nemmeno presa in considerazione, essendo lei una sedicenne. era cambiata, no aveva più lo sguardo infantile, come quello di una bambina, era più matura, a differenza di me. Mi tolsi la tunica e mi avvicinai a lei, cercando di non dare nell'occhio, ma tutti ci fissavano. Le dame osservavano incantate il giglio che Icarius aveva tra le mani. Poi le fui finalmente di fianco. "Luna... sei con un cavaliere! Posso sapere..." l'accompagnatore m'interruppe alzando una mano e si tolse l'elmo. Gli sorrisi. "Ancora tu, Nishuru." lo salutai seccata. "Luna, sapresti dirmi chi tra queste dame è la più bella? E' in gioco la vita di Icarius." Luna mi guardò, ma non mi rispose; poi abbassò la testa, come se si vergognasse. "Non lo sai... Non importa, speriamo che Icarius abbia buon occhio, o il nostro viaggio finirà qui!" la fissai. Poi tornai a guardare Icarius, che si era portato a pochi passi da me. "Nobile Taddei, non dovete farlo. C'è un ragazzo che potrebbe dire chi è la più bella al posto vostro..." dissi guardando Nishuru. "Vi prego, voi siete troppo importante!" Guardai disperatamente Lho, sperando che mi aiutasse a convincerlo. Icarius, ragiona, ti prego! Hai la mente offuscata dal dolore, non puoi farcela! Per te Lady Talia è la più bella, qui, morirai. Devo fermarlo, ma come? Abbassai tristemente lo sguardo. |
L’atmosfera nella sala mutò in un istante... un vento leggero e gelido mosse le foglie oltre la finestra quando Layla smise di parlare, io lo sentii raggiungermi e penetrare in me, quasi fosse un nefasto presagio...
Rabbrividii impercettibilmente, ma mi sforzai di non perdere il controllo: non potevo, non in quel momento... “Il Pegno del Cuore?” domandai cautamente “Di che cosa si tratta, milady?” Osservai un breve momento di silenzio poi, con un sospiro, soggiunsi: “Vedete, mia signora... voi dite di non avere il potere di salvare la vita di mio marito, poi dite che questo calice può alleviare le mie pene... a me sembra che le due cose non possano andare d’accordo! Niente allevierà la mia pena se non la salvezza di Icarius... niente, milady!” |
Lo guardai con aria interrogativa. Quella risata tuttavia sciolse un po' del mio malumore.
"Non vedo per quale motivo dovrei fidarmi di voi... soprattutto dal momento che ancora non mi avete detto chi siete e cosa fate davvero a Capomazda." Ripresi il mio scialle, indecisa se offrirglielo per avvolgere la sua spada o no. "Cosa cercate qui?" Non potevo usare i miei poteri per scrutare dentro di lui, ma potevo ancora affidarmi all'intuito, quindi esaminai ogni sua più piccola espressione, ogni minimo movimento del volto e la profondità dei suoi occhi. Me ne rimasi silenziosa a osservarlo. Mi massaggiai un polso, senza mai togliergli gli occhi di dosso. "Se dobbiamo collaborare dovrete essere onesto... e non pensate nemmeno per un attimo che eseguirò i vostri piani senza fiatare... Non ho bisogno di un nuovo padrone." |
Mi lasciai andare tra le sue braccia, nascosi il viso nell'incavo tra la sua spalla e il suo collo. Aveva un buonissimo odore!
"Quando ero molto giovane e vivevo ancora a Camelot una mia vecchia amica mi disse che solo due persone che si amano veramente riescono a sentire il vero profumo della pelle dell'altro. Ora capisco che cosa voleva dire, sento il tuo odore... non è un profumo, non sai di nulla, ma sai di te!" Gli diedi dei piccoli morsi sulla bocca e poi gli baciai il collo "Per quanto riguarda quella ragazza ti seguirò, l'aiuteremo come vuoi tu, ma non perdiamo tempo! Ho grandi progetti per noi due! Anzi... ho notato che un po' in periferia rispetto al tuo paesino c'è una piccola casetta di legno, sembra disabitata e necessita di qualche lavoretto. Mi piacerebbe tanto andarci a vivere, formare lì la nostra famiglia... perchè tu una famiglia con me la vuoi, vero? Quella sera, quando mi respingesti, non eri serio, vero?" mi irrigidii tutta temendo alquanto la risposta che mi avrebbe dato... |
Nishuru fece qualche in avanti, mentre tutti i cavalieri lo fissavano in religioso silenzio.
Si avvicinò e fissò Icarius. “Attento, mio signore.” Disse Lho. Icarius lo tranquillizzò con un cenno e tornò a fissare Nishuru. Questi allora accennò un enigmatico sorriso e cominciò a recitare: “Il nostro nobile Taddei cerca qui la più bella. E chi mai sarà questa dama? Questa, o quella? E avrà gli occhi azzurri, celesti, o magari verdi? Se fossero poi scuri, come la sera in cui ti perdi? Cercate, mio nobile e valente signore del ducato! Cercate col cuore, poiché Lei è nata senza peccato!” Nishuru sorrise di nuovo e ritornò accanto a Luna, lasciando nel cuore di Icarius una vaga ed indefinita inquietudine. |
Pasuan sorrise a quella parole di Dafne.
“Conosco quella vecchia casa in periferia…” disse, lasciando che il respiro di lei accarezzasse il suo volto “… si racconta che sia appartenuta ad un nobile cavaliere che aveva abbandonato tutto per sposare una semplice contadinella… costruì con le sue mani quella casa e ne fece il loro nido d’amore… lei aveva una voce bellissima e restava a cantare per il suo amato nei lunghi pomeriggi d’Estate e nelle incantate sere stellate d’Inverno… ancora oggi, giura qualcuno, proprio durante i pomeriggi più soleggiati e le sere più scintillanti si può sentire il dolce canto di lei come se fosse accompagnato dal vento…” La baciò. “Io non ti ho respinto, Dafne…” sospirò “… né quella sera, né mai… volevo solo proteggerti da me, dal mio egoismo… non potevo sopportare di vederti legata a me per pietà o compassione, invece che per amore… perché, piccola mia, la tua felicità è ciò che più bramo… io voglio vederti sognare ogni notte… sognare tutte le meraviglie che questo mondo può donare… e poi, al tuo risveglio, poter esaudirli tutti quei sogni…” Le sorrise fissandola. Il suo sguardo non aveva più il dono della vista, ma nei suoi occhi vi era una luce molto più abbagliante di quella del Sole. Era la luce dell’amore. “Ora meglio prepararsi e scendere gìù, gioia…” disse a Dafne “… voglio risolvere quest’impresa e ritornare con te a casa, per riabbracciare il piccolo Hubert e cominciare una vita tutta nuova con voi due.” |
Citazione:
Riuscii a dire solo queste due parole, ciò che mi aveva detto mi aveva colpito nel più profondo del cuore. Era la più bella dichiarazione d'amore che avessi mai sentito! Mi alzai trascinandomi dietro il lenzuolo, chiusi la finestra che era rimasta aperta per tutta la notte. Poi mi voltai, guardai Pasuan e provai una gioia sincera per quell'amore grande ritrovato. D'ora in poi avrei voluto svegliarmi tutte le mattine con lui vicino, mai più gli sarei stata lontana. Quando fui sicura che nessuno dal di fuori potesse vedermi lasciai andare il lenzuolo e mi rivestii. "Sono pronta, possiamo scendere giù!" dissi. |
Layla assunse una strada espressione.
Come indispettita, infastidita dalle parole di Talia. “Detesto” disse assumendo un tono severo, quasi risentito “le persone che esitano, che appaiono titubanti. Quelle che cercano di comprendere e di dominare gli eventi. La ragione!” Esclamò. “Già vi dissi che voi, milady, siete una splendida Ragione. Perfezione, contegno, cortesia. I vostri modi, il vostro agire, tutto fa di voi una dama perfetta. Almeno in apparenza. Eppure sapete come mi apparite? Come una bellissima villa vuota. Vuote le sue sale, vuoto il suo verziere.” Il cielo di Maggio. Tutta la città ne era invasa e sotto la sua luce gli sguardi di ogni ragazza apparivano innamorati. “Layla, sei qui!” Disse Angly. “Ma come? Manca poco ormai al ballo e tu non sei ancora pronta?” Lei fissava la città dalla finestra senza voltarsi verso l’amica. “Layla! Ma insomma! Mi ascolti?” Finalmente si voltò, restando a fissarla con quei suoi meravigliosi occhi dello stesso colore del cielo di Maggio. “Layla, cos’hai?” Domandò Angly. “Andate voi alla festa...” mormorò Layla “... dì alle altre che potete prendere i miei gioielli ed i miei vestiti… anzi, voglio che tu prenda il mio vestito più bello... è stato fatto apposta per il ballo e sarebbe un peccato se nessuno lo indossasse...” “Ma è stato cucito apposta per te, Layla... solo tu puoi indossare quel vestito... indosso a chiunque altra sfigurerebbe... tu sei la più bella fra tutte noi...” “La bellezza non porta la felicità...” sospirò Layla “... sono stata sciocca... ho agito col cuore e non con la ragione…” “Layla, io…” tentò di dire Angly. “Va, ti prego...” interrompendola lei e sforzandosi di sorridere “... e poi ricordo bene come quel soldato ti ha guardata l’altra sera... secondo me è già al ballo che aspetta te… va, ti prego...” “E tu?” “Ho i miei libri...” sorridendo lei “... e poi devo ancora occuparmi dei miei fiori in giardino… va e non stare in pena per me... e ricorda che voglio un resoconto della serata, compreso l’abbiglio delle nostre vecchie dame di corte, che non perdono occasione per mostrare la loro solenne immagine di nobiltà vetusta ed ammuffita!” Esclamò fingendosi divertita. Angly abbracciò la sua amica e poi andò via. Layla restò sola ed immaginò quel ballo. Immaginò il suo meraviglioso vestito e quella musica celestiale. “Non avrei dovuto credergli…” sussurrò tra le lacrime “... le ragazze mi avevano detto che faceva così con tutte... ama le donne... le ama tutte e dunque non ne ama nessuna... lo dicono tutti che quelli della sua stirpe sono fatti così... sono adulatori, bugiardi e credono di essere i padroni del mondo, senza preoccuparsi degli altri e dei loro sentimenti... che sciocca che sono a dar retta al mio cuore... forse è anche vera la storia delle ancelle... che sciocca...” Si asciugò le lacrime e cercò di farsi forza. Scese nel verziere e raggiunse la sua vecchia nutrice. “Aspetta, Sissy!” Chiamandola. “Voglio occuparmene io di quei fiori!” “Vi credevo al ballo, milady.” “No, voglio restare qui con i miei fiori...” rispose Layla “... non pensi siano bellissimi?” La nutrice annuì. “Si dice che ai fiori va dato un nome…” sorridendo Layla “... ma questa rosa è talmente bella che non saprei come chiamarla...” “Mia Amata...” disse all’improvviso qualcuno arrivando alle spalle delle due “... io la chiamerei Mia Amata. Non posso immaginare nome più bello.” Layla, riconoscendo quella voce, si voltò di scatto. “Tu?” Lui sorrise annuendo. “Io...” mormorò lei. “Avevo un appuntamento con la ragazza più bella del mondo per andare ad una festa di ballo.” Disse lui. “Perché dunque ti meravigli?” “Credevo che non saresti più arrivato ormai...” “Oggi a palazzo era atteso il vescovo” rispose lui “e sai quanto mio padre tenga a questa cosa. Dice sempre che è il clero che legittima la nobiltà!” Come a voler imitare il tono austero di suo padre. I due ragazzi scoppiarono a ridere. “Ora però il ballo sarà cominciato…” malinconicamente Layla. “Beh, peggio per tutti loro!” Esclamò Lui. “Noi balleremo lo stesso! Corri ad indossare il tuo vestito e balleremo tutta la notte!” “Non posso...” un pò sconsolata lei “… ho detto ad Angly di prendere lei quel vestito...” “E cosa cambia? Per me nulla!” Esclamò lui. “Ho tutto ciò che mi occorre… la Luna ad illuminare il tutto, il vento come dolce melodia e questi fiori come degno scenario... e soprattutto ho la fortuna di poter ballare con la dama più bella del mondo... mi concedete questo ballo, milady?” “Il mio strascico, milord.” Fece Layla porgendogli l’orlo del suo vestito. “Oh, che onore, milady.” Inchinandosi lui. E cominciarono a ballare in quello scenario che sembrava incantato. Ed il cuore di Layla batteva come mai aveva fatto prima d’ora. In quel momento Layla scosse il capo, come a volersi destare da qualcosa. “Io, come detto, non posso salvare né la vita di vostro marito, né la vostra.” Disse a Talia. “Ma posso donarvi la serenità, affinché voi non restiate schiacciata da questo immenso dramma.” Fissò allora il calice. “Il Pegno del Cuore è ciò che richiede il nostro animo per non angosciarci e tormentarci oltre. E’ un pegno che vi permetterà di non soffrire più. E come ogni pegno richiede poi un suo prezzo per essere riscattato… ma voi, mia signora, non siete in condizione di discutere e mercanteggiare su quel prezzo adesso… ecco, questo è quanto. Decidete voi, mia novella Alcesti… avete tutto per dar seguito ai vostri romanzeschi proclami d’amore…” ed accennò un sorriso. |
Pasuan e Dafne si vestirono e poco dopo scesero al pianterreno della locanda.
La ragazza che aveva chiesto il loro aiuto li stava attendendo nello spiazzo antistante la locanda, facendosi dondolare da un’altalena legata fra due alberi. Appena vide i due, sorrise e li raggiunse. “Milady, siamo pronti per partire.” Disse Pasuan. I tre allora lasciarono la locanda e si diressero verso il luogo della tomba, dove si trovava prigioniero l’amato della ragazza. “Conosciamo il nome del vostro amato, milady…” fece Pasuan durante il tragitto “… ma non il vostro…” “Perdonatemi se ho mancato nel rivelarvelo, amici miei.” Si scusò la ragazza. “Ma gli eventi mi hanno totalmente travolta. Il mio nome è Amelya.” Dopo un pò arrivarono in un luogo sinistro e spettrale. Avevano viaggiato attraverso uno stretto sentiero, perduto in una sconfinata boscaglia, fino a quando videro una vecchia cupola emergere dal folto e selvatico fogliame che sorgeva sotto un pendio. Le pietre di quella antica costruzione, superstite di un’epoca perduta ormai nel dimenticato eco del tempo, sembravano parlare di paura, angoscia e disperazione. Come se un qualcosa emergesse da quella cupola e tentasse di respingere i tre. Come se dentro di essa si celasse un terribile segreto che nessuno doveva svelare. “Eccola, quella è la tomba.” Disse Amelya indicando la cupola. E Pasuan, al suono di quelle parole, comprese che quella tomba era maledetta. |
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