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A quelle parole di Melisendra, Guisgard saltò su.
“Mi state portando dal Gufo!” Disse tra lo stupore e la rabbia. “Cioè… stiamo andando da un uomo che ha barattato la salvezza di Capomazda con la mia vita? Dovrei dunque sacrificarmi, facendomi sgozzare come un agnello sacrificale, per salvare un luogo verso cui non ho nessun affetto ed interesse? E mi fate tanto idiota da credere a ciò che dite? Che mi vogliono morto a Capomazda? E perchè mai? Non ho rapporti con nessuno laggiù e non mi sono mai intromesso in faccende che non mi riguardano!” Scosse il capo, camminando nervosamente avanti ed indietro. “Si, mi credete un idiota, senza alcun dubbio!” Esclamò. “E forse lo sono davvero! Si, lo sono… sto qui a parlare di vecchie canzoni, di donne e cuori… mentre voi mi state servendo su un vassoio d’argento a quel fanatico eretico! Che idiota che sono… avrei dovuto immaginarlo già l’altra notte…” accennò un sorriso di beffa “… io farfugliavo di Paride, di Elena e voi invece eravate Medea che si apprestava a sacrificare Apsirto!” Respirò profondamente. “Si, ho un’idea migliore…” mormorò “… tornerò a Capomazda e cercherò di dimenticare voi e tutti i vostri spregevoli incanti…” |
"Se tornerete in città sarà Monteguard a inviarvi legato e imbavagliato al campo di Gouf. Sempre che non vi trovi prima il nostro nemico comune e vi uccida. Siete invischiato in questa faccenda da quando avete ucciso Aytli."
Gli spiriti gli sbarrarono la strada, spingendolo nella mia direzione. "E' vero, non nutro affetto per Capomazda, specialmente quando penso che a tutti piace vedere un bel rogo..." Mi alzai e mi avvicinai a lui. "Ma non posso pensare di starmene ferma ad assistere a un massacro. Nessuno sarà risparmiato. Nemmeno donne e bambini." Fissai bene il mio sguardo nei suoi occhi, mentre gli spiriti se ne stavano in allerta, allineati alle sue spalle. "Non ho intenzione di farvi uccidere come un agnello sacrificale... avremmo potuto raggiungere l'accampamento poco dopo il tramonto, ma ho preferito sostare qui per parlarvi. Se fosse stato un inganno, non vi sareste accorto di nulla." Feci segno agli spiriti di acquietarsi e disperdersi pure. Non c'era bisogno di usare le maniere forti. "Potete scegliere. Tornate a Capomazda o meglio... sparite da queste terre oppure venite con me e affronterete il fato e la spada del Gufo." Mi chinai vicino al tronco d'albero e raccolsi il suo mantello, quindi glielo lanciai. "Ma sappiate che cercherò lo stesso di impedire che attacchino la città... se ve ne andrete, mi accuserò dell'omicidio di Aytli. Forse mi ucciderà, forse mi lascerà vivere, forse... forse mi ucciderà ed attaccherà lo stesso Capomazda. Non ne ho idea. Gli ho fornito ragioni per uccidermi in abbondanza." MI voltai e chiamai Pandemonio. "Fate come volete... continuate a cantare di vecchie ballate, donne e amore. Da quanto posso ricordare, nessun bardo ha mai celebrato una fuga." Accarezzai il muso di Pandemonio, mentre i fuochi svanivano. |
Il misterioso uomo fece cenno ad uno dei suoi e questi strappò il medaglione dalle mani di Morrigan.
Lo consegnò nelle mani del suo signore e questi esaminò il magico monile. Samsagra nel frattempo ardeva come non mai. E questo, incredibilmente, fu avvertito da quell’uomo. “Tu nascondi troppe cose…” disse fissando Morrigan “… troppi segreti…” “La disarmiamo, signore?” Chiese uno dei suoi. “No, non toccate quella spada…” mormorò “… lo farà lei… getta a terra quella spada…” ordinò a Morrigan “… fallo o tra un momento di te non resterà più nulla…” I suoi, infatti, attendevano solo un suo cenno per uccidere la ragazza. |
Guisgard non prese il mantello lanciato da Melisendra e lo lasciò cadere a terra.
“Monteguard mi rimanderà nel Gufo…” disse “… e sia… allora vorrà dire che è destino… ma sarò io a scegliere il mio destino…” si guardò intorno “… ditemi, sono preda di un altro vostro trucco? Sono imprigionato qui dai vostri spiriti?” Si accorse allora di essere libero. Restò a fissare Melisendra per qualche altro istante, per poi raggiungere il cavallo. “Del destino di Capomazda, del Gufo e di voi a me non interessa nulla…” mormorò dopo essere salito in sella “… e quando tornerete dal Gufo, che sembrate conoscere così bene, vi consiglio di mettere da parte i vostri incanti… adoperate invece solo la bellezza, milady… quella basterà per i vostri scopi, credetemi…” E cavalcò via. Ma mentre si allontanava, una forte angoscia scese sul suo cuore. |
Socchiusi gli occhi, quando sentii quelle parole determinate.
Non dissi nulla, montai in sella e galoppai via, verso l'accampamento. Non eravamo lontani. Feci la mia apparizione giungendo dalla palude. Mi scoprii il volto e lentamente indirizzai il cavallo verso le tende. L'alba era ormai sorta. La nebbia umida della palude si stava diradando e io apparivo come uno spirito della palude stessa. Senza che nessuno mi fermasse, smontai, lasciai Pandemonio fuori dall'accampamento e mi diressi verso la tenda di Gouf. |
Melisendra, come se davvero fosse uno spettro, giunse all’accampamento e poi alla tenda di Gouf, senza che nessuno la fermasse.
Dalla tenda uscì un cavaliere che portava via una ragazza in lacrime e col viso pieno di lividi e percosse. “Avanti bella…” disse il cavaliere alla ragazza “… il divertimento per te non è ancora finito… il padrone è stato generoso a concederti anche a noi… vedrai che ti faremo divertire…” Malisendra entrò nella tenda e trovò il Cavaliere del Gufo a bere vino. “Perché sei qui da sola?” Domandò vedendola. “Dovevi portarmi un uomo…” |
... essere sulle ginocchia degli dei... ricordava che Madelaine usava talvolta questa espressione... Morrigan non aveva mia osato chiederle cosa esprimessero realmente quelle parole. Sapeva solo che la vecchia shamana tracciava uno strano segno nell'aria, qundi dalle labbra lasciava sfuggire quella frase... essere sulle ginocchia degli dei... ma quando Madelaine lo diceva c'era una strana serenità, una bizzarra forma di quieta accettazione in quelle parole... Morrigan non provava nulla di simile!
Forse era Samsagra, che ardeva al suo fianco e quasi sembrava dover prendere fuoco da un istante all'altro, senza che lei potesse in alcun modo nasconderla... forse era la voce di quell'uomo, la sua calma inquietante, la sua freddezza e quella strana impressione che la ragazza ricavò dal suo atteggiamento, che egli potesse percepire Samsagra... è mai possibile? come ne ha il potere? “La disarmiamo, signore?” chiese uno di quegli uomini in quel momento. “No, non toccate quella spada…” mormorò “… lo farà lei… getta a terra quella spada…” ordinò a Morrigan “… fallo o tra un momento di te non resterà più nulla…” "La spada sta dove sta il suo padrone... invecchia accanto a lui, o muore sul suo corpo... la spada non ha vita lontano dalla mano che l'ha addomesticata..." La voce di Morven si dispiegava calma, mescolandosi dolcemente all'ultimo canto degli uccelli. Era sera, e il sole brillava ad Ovest, caldo e raggiante prima di scomparire all'orizzonte. "Se questo è vero per ogni spada, lo è ancor di più per Samsagra!" Si era voltato e l'aveva fissata. Morrigan, che si stava allenando nella sala tirando a dei bersagli di paglia, si fermò di colpo, quasi obbligata da quello sguardo. "Poggia la spada per terra, Morrigan..." Lei eseguì. Morven fece un cenno ad uno degli scudieri che stava aiutando la giovane negli esercizi. "Raccogli la spada della tua signora!" gli ordinò. Lo scudiero si chinò, ma per quando tentasse, non riuscì a muovere Samsagra di un solo millimetro. Morven lo lasciò tentare per qualche minuto, quindi si levò dal suo seggio e li raggiunse al centro della sala. Senza alcuno sforzo prese Samsagra e la porse nuovamente a Morrigan. "Per un giuramento che fu fatto, Samsagra appartiene ormai alla nostra famiglia, ma questo non sarebbe comunque sufficiente per impugnarla. Samsagra sceglie da sè il proprio cavaliere, e da questi mai si separa. Ed il custode è uno e uno soltanto, come un innamorato fedele al quale si faccia una promessa perenne. Un giorno, quando tu avrai visto e compreso tutte le sue visioni, quando Samsagra sarà legata a te come parte del tuo corpo, e attraverso di lei sentirai e toccherai, forse allora nemmeno io potrò più stringerla e sollevarla..." Lentamente estrasse la spada dal fodero. Lentamente, chè già sentiva il fiato e l'ansia di quegli uomini che la tenevano sotto tiro... ... mia Samsagra... mi aspetterai? In quel sospiro, Morrigan abbandonò la spada sulla pietra fredda... ... io non ti lascio, Samsagra... in vita o in morte, tornerò per portarti con me... Sollevò lo sguardo verso l'uomo che la sovrastava sempre più minaccioso. "Il ciondolo di mia madre... la spada di mio padre... pensate che questo basti a spogliarmi di ciò che sono, signore?" chiese con voce calma, quasi dolce "Ma il mio casato ha una storia antica e il mio nome risuona ancora nelle dolci terre di Francia... e questa notte voi venite qui, mi minacciate senza un motivo... io non ho fatto male a nessuno, signore... badate alla vostra dignità... se mi uccideste... davanti a Dio!..." Ma non terminò quella frase. Sospirò e distolse gli occhi da quell'uomo, dalle spade e dalle corazze che la circondavano. Li levò al cielo, cercando le stelle... forse anche lui le stava guardando in quel momento... le stesse stelle... oh, Guisgard... se potessi scrivere quel nome nel cielo e tu potessi leggerlo... almeno potrei morire sapendo di aver mantenuto la mia parte di accordo... oh, Guisgard... è come diceva Madelaine quando ero bambina... sono sulle ginocchia degli dei... |
Layla si voltò a fissare Talia.
“Milady…” disse mentre un sorriso compiaciuto sorse sul suo volto “… siete troppo intelligente per credere davvero a ciò che mi avete appena detto… siamo io e voi sole qui, lontane da tutto e da tutti, non mentiamoci… ognuno di noi è artefice delle proprie scelte e, di conseguenza, responsabile della sua felicità…” Fissò poi la lancia che Talia stava accarezzando. “Quella lancia, milady è qui sapete da quanto tempo? E’ stata piantata nel momento in cui vostro marito ha perso la memoria, ritrovando qualcos’altro…” si avvicinò anch’ella alla lancia “… se amate davvero vostro marito, allora pregate che non giunga mai qui… che vi dimentichi, che incontri un’altra donna e che se ne innamori magari… una donna che possa liberarlo da questo giogo… che, per il suo amore, riesca davvero a vincere quell’oscura maledizione… e liberare tutti noi da questo tormento… lui sarà finalmente felice, voi potreste ritornare a Sygma, dimenticando Capomazda ed io, a Dio piacendo, ritrovare la serenità perduta… perché ormai” mentre un velo di malinconia scese sul suo volto “è l’unica cosa che ancora bramo possedere…” “Milad, milady!” Gridarono all’improvviso due bambini appena giunti. “Stiamo giocando alle stagioni e a Morgan è toccato il ruolo dell’Estate!” Disse uno dei due indicando l’altro che gli stava accanto. “Si” fece il piccolo Morgan “ed io ora possiedo il potere di parlare ai fiori… ditemi, milady… guarirò?” Layla si commosse. “Lo chiederò alla margherita!” Esclamò Morgan. “No!” Facendosi seria lei. “Alla margherita no! Essa ti mentirà, come ha sempre fatto!” Gridò. I due bambini restarono in silenzio, mortificati. “Guarirò, milady” Domandò di nuovo Morgan. Layla non rispose. “Riuscirò almeno a vedere la fine dell’Estate?” Chiese. “Non lo so, piccolo mio…” sospirando Layla “… non lo so…” In quel momento arrivò, correndo, Shezan. “Perché i bambini sono venuti qui?” Chiese Layla con tono severo. “Ti avevo detto che dovevano giocare nel cortile! Non voglio che vengano vicino alle lance!” “Perdonatemi, milady.” Inchinandosi Shezan. “Non accadrà più.” “Fa preparare per la cena.” Ordinò Layla. “Io e lady Talia rientreremo. L’aria comincia ad essere fresca.” “Si, mia signora.” Rispose l’eunuco. |
Lo osservai bene, rimanendo silenziosa.
"Mi è scappato... era un forestiero, purtroppo l'ho perso nella palude. Chissà dove sarà ora... spero in qualche pantano a sprofondare insieme alle sue canzoni" dissi, senza battere ciglio. "Ti ho portato me stessa." Feci una lunga pausa. "Vedila in questo modo... puoi uccidere me. D'altronde non mi sembra che il pensiero non ti abbia mai sfiorato... è stata anche colpa mia se Aytli è caduta in questa dannata guerra." Mi avvicinai con cautela. "Sono qui per consegnarti la mia vita. A tuo piacimento." Chinai il capo. In quel momento sentii nuovamente il peso delle catene intorno ai polsi. "Ma risparmia la città. Basta sangue." |
Gouf la fissò negli occhi per un tempo indefinito.
E poi, improvvisamente, la colpì con uno schiaffo. “Ah, Melisendra…” disse “… da quando ti lasci scappare così facilmente le tue prede?” Riempì di nuovo la sua coppa di vino. “I tuoi incanti, i tuoi poteri?” Chiese con un ghigno. “Il nome…” mormorò “… voglio il suo nome… oppure massacrerò tutti i maschi di Capomazda, qualsiasi sia loro età…” sorseggiò altro vino “… e se non l’avrò trovato a Capomazda, allora passerò a trucidare i maschi, siano essi bambini, uomini e vecchi, di Poggio del Sole…” |
Le parole di Layla penetrarono nella mia mente provocando un frastuono assordante...
... E’ stata piantata nel momento in cui vostro marito ha perso la memoria, ritrovando qualcos’altro... ... se amate davvero vostro marito, allora pregate che non giunga mai qui... che vi dimentichi... Parole che materializzarono il peggiore dei miei incubi. Mi resi conto allora che lo avevo sempre saputo, avevo percepito subito l’orrore che quelle lance rappresentavano e il pericolo cui Icarius si stava esponendo, eppure avevo tentato con tutta me stessa di ignorare quella sensazione e quel pensiero... mi ero illusa, o avevo tentato di farlo. Icarius... La mia mano si strinse intorno alla lancia e la serrò con forza. Dove sei, amor mio? Cosa stai facendo? A cosa stai pensando? A questo pensavo, mentre il mio cuore si faceva peso e gli occhi iniziarono a bruciarmi forte... perché dovevamo sopportare quell’ingiustizia? Perché dovevamo pagare per una colpa che non era la nostra? Poi giunsero quei bambini... Mi voltai e li osservai parlare con Layla, ma non li vedevo davvero... la mia testa colse distrattamente le loro parole e forse ne fu colpita, ma niente altro che non fosse Icarius poteva riempire la mia mente in quel momento... solo lui c’era, solo per lui c’era posto: improvvisamente non mi importò più niente di nient’altro... Citazione:
“Vincere questa maledizione, avete detto?” chiesi, tentando di mantenere la voce ferma ma senza riuscirci troppo “Dite che esiste un modo per farlo?” Sospirai... “Mia signora, non esiste niente al mondo che io desideri di più che rivedere mio marito, che poter guardare nei suoi occhi ancora una volta, o che poterlo riabbracciare, fosse anche per un momento soltanto... ma vi rinuncerò, milady. Vi rinuncerò volentieri se questo potrà salvargli la vita! Vi prego, quindi... Vi imploro, ditemi se c’è un modo per farlo! Deve esserci qualcosa che io possa fare per riscattarlo in qualche maniera...” le presi le mani e la mia voce si spezzò appena “Io, mia signora, baratterei qualsiasi cosa con la sua salvezza... baratterei la mia vita in cambio della sua, se fosse necessario. Vi prego, milady... per l’amor del Cielo, aiutatemi!” |
"E sia! Ti seguirò Pasuan... sarò al tuo fianco, ricordi? Io gli occhi, tu la spada..." Baciai la sua mano e sorrisi. Alzai il viso, lo baciai "tu però tienila sguainata quella spada, non si sa mai, non mi sento sicura...".
Gli presi la mano e mi voltai verso la ragazza, camminai verso di lei e le poggiai una mano sulla spalla "Ti aiuteremo, ma dovrai essere svelta. Dicci dove si trova il tuo amato..." |
"No..." dissi con un filo di voce.
Non sentivo nemmeno dolore alla guancia, ma sentii sapore di ferro in bocca. Caddi in ginocchio davanti a lui e gli abbracciai le ginocchia. "No... ti prego! Non puoi farlo!" Panico, paura. Mi sentivo come se qualcuno stesse stritolandomi. Era inflessibile. "Guisgard. Si chiama Guisgard. E credo sia diretto in città." Gli strinsi una mano. "Ti prego... non fare del male a Uriel!" presi fiato. "Hai la mia parola che farò tutto ciò che vorrai! Ogni cosa! Metto la mia vita nelle tue mani... ma lascia stare Uriel!" Gli spiriti erano inquieti. Avrebbero voluto vedermi ribellare. Fu così che iniziò un vento cos' forte che in pochi istanti la luce cambiò e il cielo si rabbuiò. |
Guisgard cavalcava nella brughiera inquieta e spettrale.
La notte, poi l’albeggiare. Un manto variegato di colori, tinte ed ombre mutevoli che parevano contorcersi e grugnire attraversarono ed animarono la desolata landa abbandonata. Cavalcava sotto la Luna, appena spuntata nel primo chiarore diurno, che lo fissava muta ed enigmatica. Il suo cuore era alla mercè di sensazioni ed emozioni difficilmente definibili. Rabbia, angoscia, malinconia, solitudine ed inquietudine. La brughiera gli appariva sterminata, come se non ci fossero limiti e confini a quella distesa di rocce, erba e melma. Come se tutto il mondo ne fosse invaso. E cercò allora con lo sguardo la sagoma di Capomzada. La mitica città dei Taddei gli sembrò allora imprigionata in quel sinistro sepolcro secolare. Perduta e remota in quella brughiera, Capomazda ciaceva ai suoi occhi senza nome, né splendore. Immersa non più nelle sue imprendibili mura, ma in un destino primordiale e maledetto. Come lui. Anche lui si sentiva maledetto e condannato. Da quando esisteva Capomazda? Forse prima di Samasarca, forse prima di Babilonia, prima di Troia. Ma erano i suoi valori ed ideali ad apparire a tutti eterni ed immutabili. Valori che però, ora, sembravano essere stati vinti dalle forze del male. Valori che apparivano ora, a qual cavaliere, incapaci di proteggerlo. Guisgard e Capomazda sembravano condividere la stessa sorte. Quella di essere maledetti. Capomazda si era destata al nuovo giorno ed ora si apprestava ad accogliere il Crepuscolo, con tutti i suoi spettri e le sue paure. Nel giungervi Guisgard avvertì una fitta al cuore. |
La ragazza fissò Dafne e poi Pasuan.
“Grazie, cavaliere…” disse commuovendosi. Si voltò verso la cappella e si segnò tre volte. “Andiamo, la tomba non è lontana…” Si addentrarono così nel cuore del bosco, fino a giungere presso un borgo piccolo ed isolato. Ad un tratto alcuni bambini si avvicinarono ai tre. “Guardate!” Indicò uno di loro. “Un cavaliere cieco! Ha bisogno di una donna per camminare senza andare a sbattere contro qualche albero!” La ragazza li guardava senza dire nulla. Giunsero allora presso una locanda. “Perdonate, messere…” disse la ragazza all’uomo sulla porta della locanda “… dobbiamo andare presso la Tomba Abbandonata… potete dirci se è aperta?” “Il cancello che conduce alla tomba ora è chiuso, milady. Aprirà domattina all’alba.” La ragazza si voltò verso Pasuan e Dafne. “Allora non ci resta che prendere alloggio per la notte.” Mormorò. “Potete darci due stanze? Una per me ed una per questo cavaliere e la sua dama?” L’uomo diede loro due stanze e fece preparare una buona cena per i tre ospiti. “Mi spiace darvi altre noie…” disse la ragazza a Pasuan e Dafne “… ma purtroppo la Tomba ora è chusa.” |
Gouf fissava Melisendra senza tradire emozioni.
“La vita di Aytli vale quelle di tutti gli uomini ed i fanciulli di questo sporco mondo.” Disse. “Guisgard…” ripeté poi “… se è diretto in città allora mi renderà tutto più facile…” Chiamò allora uno dei suoi. “Ai vostri ordini, milord.” “Manda un messo a sir de Saint-Roche… si muoveranno come deciso prendendo Capomazda da ovest… noi invece ci muoveremo da nord… la distruzione dei Taddei è cominciata…” Chiamò allora i suoi servitori per la sua vestizione. |
L’uomo incappucciato diede ordine di catturare Morrigan e di portarla via.
“Giustiziatela dietro il vecchio mulino…” disse ad uno dei suoi. Rimasto poi solo cercò di prendere Samsagra, ma la spada sembrava pesare quanto un palazzo. “Quest’arma è magica…” mormorò “… ma se non potrò averla io, allora nessun altro potrà…” Diede allora ordine ai suoi di murare quella spada, rivestendola di calce e pietrame. Morrigan, intanto, fu condotta presso il vecchio mulino. La legarono ad un albero e cominciarono i preparativi per la sua esecuzione. |
Monteguard era indaffarato a sistemare alcune cose nella biblioteca della caserma, quando si accorse di non essere solo.
“provate solo a dare l’allarme” disse Guisgard alle sue spalle “e vi giuro che vi infilzo come uno spiedo. Tanto non ho molto altro da perdere ormai.” “Dov’è lady Melisendra?” Chiese Monteguard. “Cosa ne avete fatto?” “Io non uccido di proposito le donne…” mormorò il cavaliere “… anche se sono delle canaglie…” “Perché siete tornato?” Domandò Monteguard. “E’ stato sciocco da parte vostra.” “Sto cercando alcune cose…” rispose Guisgard “… e poi potrò lasciare questo posto…” “Dubito che riuscirete più a farlo…” “Dite? Vedremo…” “Cosa volete da me?” Chiese Monteguard. “Un lascia passare…” rispose Guisgard “… firmato da voi… nessuno oserà metterlo in discussione…” Guisgard estrasse la spada e la puntò contro la gola di Monteguard. “Ho già preparato la lettera…” mostrando il documento Guisgard “… firmatela e me ne andrò…” “Siete pazzo…” “Firmatela, vi dico!” “Posso anche farlo… ma appena uscirete da questa stanza vi farò arrestare e poi impiccare!” “Sono troppo prezioso per voi…” Monteguard firmò la lettera. Guisgard la controllò e poi tramortì il capitano, lasciandolo svenuto. Un attimo dopo lasciò la caserma. |
Lo guardai, senza più speranze ormai.
Uscire da quell'accampamento sembrava impossibile. Per andare dove? Aveva un'arma puntata dritta sulla mia gola... Uriel. Qualunque cosa avessi fatto, le mie colpe, la sua vendetta si sarebbe riversata su di lui. "E sia... ma sappi che non è il solo nemico che si nasconde a Capomazda." Ero ancora a terra, priva di forze. Come svuotata. "L'ho visto." Mi sfiorai la guancia dolorante. "Hai già scelto quali saranno le mie catene? Di cosa vuoi punirmi con esattezza?" Mi alzai in piedi e per un attimo i miei occhi scintillarono furibondi, dietro al velo di lacrime. "O magari non sono io... sei tu... che non ammetti che in qualche modo distorto hai per un attimo provato qualcosa nella tua vita che non sia rabbia o dolore!" Mi voltai, pensando che forse non sarei uscita viva da quella tenda. L'aria tremò, mentre il vento sferzava l'accampamento. "Come ho potuto pensare di amarti... sei arrivato a minacciare la vita di nostro figlio, tuo figlio... l'unica cosa pura che hai fatto in tutta la tua vita." bisbigliai. |
"Va bene attenderemo, ormai vi abbiamo promesso il nostro aiuto..." risposi alla ragazza. Ero ancora sospettosa ma tutto sommato quella locanda mi sembrava un posto accogliente. Ero solo un po' preoccupata, pensavo a Hubert e mi chiedevo se stesse bene. Non ero mai stata lontana da lui se non per poche ore e adesso mi apprestavo a passare la seconda notte lontana.
Cercai di consumare in fretta la cena, subito dopo salutai la donna e mi chiusi in camera. Non vedevo l'ora di rimanere sola con Pasuan per potergli parlare liberamente. "Ascolta, cosa ne pensi di tutta questa storia?" dissi appoggiandogli le mani sulle spalle "Pasuan, chiamami pazza, visionaria, insicura, ma quella donna mi sembra strana... Ti prego Pasuan, promettimi che starai in guardia!" poi mi avvicinai alla sedia sulla quale aveva appoggiato i suoi vestiti; guardai dentro lo stivale destro ed estrassi un piccolo pugnale "Senti Pasuan, che ne dici se lo tenessi io questo? potrei legarmelo alla gamba, con la gonna sopra nessuno noterà nulla. Potrebbe esserci utile, non ne ho mai usato uno prima ma, se ce ne fosse bisogno..." |
"Come ho potuto pensare di amarti... sei arrivato a minacciare la vita di nostro figlio, tuo figlio... l'unica cosa pura che hai fatto in tutta la tua vita."
Quelle parole di Melisendra sembrarono attraversare l’animo di Gouf, quasi scivolando tra le onde del suo odio, senza però lasciare tracce. “Che curiosa leggenda esiste in questo luogo...” disse Aytli fissando quei fiori “... i Capomzdesi negli ultimi mille anni pare non abbiano avuto altra attività oltre la guerra... eppure i suoi bardi cantano delle meraviglie di questo fiore...” si chinò a raccoglierne uno “... chissà se davvero tra i petali di questa margherita si cela la felicità di chi la sfoglia...” “Non essere sciocca, Aytli!” La riprese Gouf. “Guarda com’ è candida…” sussurrò lei, adagiandosi quel fiore tra i capelli. “Ora basta!” Fece Gouf, strappandole quel fiore. “Queste sciocchezze mi irritano! Piuttosto, prendi una squadriglia e comincia a controllare questo territorio! Siamo qui per combattere, non per sfogliare sognanti i fiori di questa maledetta terra!” Quel ricordo, come un lampo, illuminò lo sguardo di Gouf. Ma fu solo per un breve ed effimero istante. “Io non voglio punirti...” fissando Melisendra “… sei stata tu a chiuderti nella prigione in cui vivi… ma forse, infondo, non è neanche colpa tua… ognuno di noi può solo seguire la sua natura ed il suo destino…” Entrarono i servi per la vestizione. “Assedierò Capomzda e tutti i ducati di questo regno.” Con un inumano impeto d’odio. “Anche il mondo intero, se sarà necessario. Ridurrò alla fame tutti, uomini, donne e bambini. E non mi fermerò fino a quando non avrò trovato quell’uomo… così da poterlo immolare sulla tomba di Aytli.” Fissò di nuovo la ragazza. “Se conosci un modo per condurlo a me, allora ti consiglio di farlo…” continuò “… allevierai le pene di molti e forse salverai diverse vittime innocenti…” |
L'unico pensiero piacevole che riusciva ad avere in quel momento era l'immaginare quell'uomo che sicuramente stava tentando di sollevare Samsagra. Al pari del suo scudiero, in quel lontano pomeriggio della sua memoria, doveva apparire sicuramente goffo e inerme, di fronte all'immobilità di roccia di quella splendida spada. Quasi le venne dal ridere al pensiero, e dovette frenare quel sorriso sarcastico, prima di indispettire gli uomini che la stavano scortando presso il vecchio mulino.
Eppure, per quanto banale potesse sembrare, qual pensiero era l'unica gioia di Morrigan in quel momento. Sapere che Samsagra non avrebbe potuto essere di nessuno la riempiva di una strana esultanza. Per il resto, ogni pensiero era ben triste. Aveva pensato che un atteggiamento inoffensivo le avrebbe fatto guadagnare almeno un po' di tempo. Aveva creduto che mostrandosi collaborativa, quell'uomo avrebbe voluto interrogarla, prima di decretarne la morte... altro tempo che avrebbe potuto guadagnare, pensava. Ma al contrario, non le era stato dato altro tempo, ma questo non faceva altro che dimostrare che, in fondo, qualunque fosse stata la sua reazione, in ogni caso l'avrebbe condotta a morte certa. E di un tale destino, Morrigan non aveva che da biasimare se stessa! Già, perchè lei era stata la sola artefice della propria sventura. Aveva lasciato la propria casa e si era imbattuta in centinaia di traversie al solo scopo di trovare un uomo e di compiere la propria vendetta. E proprio nel momento in cui quell'uomo era comparso all'orizzonte, proprio quando lei gli era arrivata più vicina che mai, si era fatta distogliere dalla sua meta... stupida, stupida, stupida! Aveva esitato, aveva dato ascolto all'istinto e non al raziocinio, e si era lasciata coinvolgere in quella bizzarra ricerca. Alla fine, pensò, non ne era valsa nemmeno la pena, dal momento che Guisgard non si era nemmeno preoccupato di capire che fine lei avesse fatto. A quest'ora, pensò, sarà di certo in compagnia della sua ocarina, o in qualche locanda a giocare a dadi, o tra le braccia di qualche bella donna... quel pensiero le diede una grande tristezza al cuore. Vide la sagoma del vecchio mulino disegnarsi di fronte a lei... è questa la fine? Non sembra quasi possibile! Morire... è quasi incredibile... non così, almeno... non vorrei morire... morire, senza nemmeno aver mai amato... quel pensiero le giunse così improvviso al cuore da lasciarla sorpresa. Intanto erano giunti e gli uomini, dopo averla legata ad un albero, cominciarono i preparativi per l'esecuzione. Fu in quel momento che un nuovo pensiero travolse la sua mente... io non vorrei morire? Io non voglio affatto morire! E una nuova speranza le animò il cuore... non è finita finchè non è finita... è così che va! Allora prese a concentrarsi sulle azioni che gli uomini stavano svolgendo attorno a lei. Scrutò ogni movimento e studiò ogni singolo oggetto passasse tra le loro mani, ogni singolo orpello del loro vestiario, ogni ramo ed ogni foglia... a volte la salvezza, si disse, è racchiusa nelle forme più insignificanti! |
Pasuan si lasciò cadere sul letto.
Era una sensazione bella e riposante quella di sentire le fresche e pulite lenzuola sulla pelle. Il giorno era stato caldo, ma la sera aveva portato un’aria più gradevole. Nella stanza, non troppo grande ma comoda ed accogliente, era diffuso un piacevole odore di lavanda che si mischiava a quello di alcune erbe aromatiche che si trovavano in piccoli vasetti di terracotta sopra al davanzale della finestra aperta. La luce proveniva da due sole candele poste accanto al letto, che rischiaravano delicatamente la stanza, generando un soffuso alone che, complice il vivace color lillà delle pareti con i tanti fiori stilizzati ricamati su di esse, animava quell’ambiente con un’atmosfera quasi fiabesca. Dalla finestra soffiava una leggera brezza che rendeva vivaci le deboli fiamme di quelle candele. “E dimmi…” accennando un sorriso Pasuan “… una volta impugnato quel pugnale cosa faresti? Secondo me finiresti solo per farti male!” E rise di gusto. “Ricordami” aggiunse divertito “di darti qualche lezione uno di questi giorni! Ti ci vedo, sai, a tirare di spada!” Si sistemò meglio sul letto e le fece cenno di raggiungerlo. “Il locandiere è stato premuroso e gentile.” Disse. “Ci ha portato il cibo in camera… ci avrà creduto stanchi, o magari si è solo preoccupato di non far affaticare troppo un povero cieco…” sorrise un pò malinconico “… su, vediamo cosa ci ha portato!” Esclamò come a voler scacciare quella malinconia, mentre le candele col loro tremolio sembravano quasi far congiungere, come in un bacio, le loro due ombre. “Ehi, del pane fresco! Sai, Dafne, il pane è un pò il simbolo della mia terra… guarda qui, è come la gente che abita questi luoghi…” prese la mano di lei e, spezzando il pane, le fece sentire la fragranza e d il profumo “… assaggiane un pezzetto…” portandone un pò alla bocca di lei “… mastica piano… senti? Puoi avvertire il grano d’orato che ingentilisce le nostre campagne… la legna dei nostri alberi che alimenta i nostri forni… senti…” posando delicatamente la mano di lei su quella pagnotta ancora calda “… è croccante fuori, ma soffice dentro… caldo e soffice…” sussurrò. Portò poi la mano di lei sul suo petto, lasciandosi accarezzare. Le sfiorò allora i capelli, poi il viso ed il collo, fino a posare la mano sul suo petto, accarezzandolo delicatamente. “Sei bellissima, Dafne…” sospirò |
“Non preoccuparti, ragazzo mio, una guerra non è poi tanto diversa da quei caotici giochi che si fanno da piccoli.” Disse Finiwell mentre passeggiava con Cavaliere25 per le strade della cittadella. “Mentre da fanciulli volevamo primeggiare per gioco, oggi invece lo facciamo per sopravvivere! In fondo” aggiunse con tono spavaldo “la vita altro non è che un grande gioco, dove ognuno interpreta il proprio ruolo.”
Voltarono la piccola stradina che tagliava trasversalmente la parte più esterna della cittadella e si ritrovarono presso il vecchio mulino. Ed in quel momento videro tutto. Una ragazza legata ad un albero, circondata da diversi individui col capo coperto pronti ad ucciderla. Uno di loro allora alzò al cielo la sua mano armata di pugnale deciso a giustiziarla. Ma proprio in quel momento una freccia trafisse quella mano. “Secondo me è uno spreco ammazzare una donna tanto bella!” Esclamò Finiwell con ancora in braccio la sua balestra. “Preparati, amico mio…” disse poi a Cavaliere25 “… credo che la festa sia appena cominciata…” http://www.fantasymagazine.it/imgban...helsing.nb.jpg |
Non ero sicura di fare la cosa giusta. Tutto ciò che avevo fatto ci aveva portati, volente o no, a quell'assedio. E molto altri ce ne sarebbero stati.
Continuare a lottare contro il destino aveva ancora senso? Rimasi in silenzio a guardare mentre i suoi servi lo vestivano dell'armatura. "Una volta chiuse le porte della città sarà in trappola." Sussurrai. "Penso risponderà a una vostra sfida... sempre che lui non lo abbia già preso." Chinai il capo. "Credo che il Capitano Monteguard sarebbe più che felice di lanciarvelo giù dalle mura..." aggiunsi, sarcastica. "Una cosa mi consola... il pensiero che se mai vi affronterete... uno di voi due morirà." Gli rivolsi un'occhiata malevola. |
Gouf si voltò a fissarla, per poi sorridere beffardo e tornare a guardare la sua immagine riflessa allo specchio.
“Deve essere davvero un valoroso ed abile cavaliere” disse sarcastico “se insinua in te il dubbio sull’esito del duello…” fece cenno ai suoi servi e questi si allontanarono “… non restare così, l’aria della martire non ti si addice… come quella della moglie e della madre.” Si allacciò il mantello e lo lasciò cadere lungo la sua impenetrabile armatura nera. “Eppure mi deludi, Melisendra…” in altri tempi saresti riuscita a portarlo qui tranquillamente “… come mai ora te lo sei lasciato sfuggire? Il tuo fascino è sempre notevole! O forse ora ti fai scrupoli nel raggiungere i tuoi scopi vendendo il tuo corpo?” Sorrise di nuovo, ma stavolta amaramente. “Togliti quel dolore bugiardo dal volto, mia cara… per quanto mi riguarda puoi lasciare questo posto anche adesso… né tu, né quel tuo figlio bastardo suscitate il mio interesse… anche perché, se quel cavaliere dovesse sfuggirmi, come promesso verrò a cercare tuo figlio… e stanne certa che lo troverò.” “Milord, sir de Saint-Roche è già in cammino verso Capomazda!” Annunciò uno dei suoi entrando nella tenda. “Bene, da ordine a tutti di prepararsi…” fece Gouf “… partiremo all’alba.” |
"Non è dolore... è disprezzo."
Lo guardai velenosamente. "Puoi star certo che morirai prima di avvicinarti a Uriel... non osare minacciarlo. Non osare..." La sua armatura mi impediva di usare qualunque incanto. "La prossima volta che ci incontreremo, farò ciò che avrei dovuto già compiere da molto tempo..." Mi avvicinai all'uscita della tenda. |
Gouf si voltò di scatto a fissarla.
“Non osare mai più minacciarmi!” Disse Guardandola negli occhi con uno sguardo carico di malvagità. “Rifallo e ti strangolerò con le mie stesse mani! Ora vattene e non chiedere troppo alla tua buona stella!” Le lasciò andare il braccio, quasi spintonandola via. “Chissà che tu non sia fortunata e che quel cavaliere arrivi ad uccidermi!” E si abbandonò ad una delirante risata. |
Poco fuori dall'accampamento mi aspettava Pandemonio.
Si era nascosto nei pressi della palude. Appena lo vidi sembrò accorgersi del mio stato d'animo e accolsi con piacere le sue delicate spinte col muso contro la mia spalla. Lo accarezzai, come per rassicurarlo, mentre in realtà stavo cercando di rassicurare me stessa. "Cosa faremo, amico mio?" lo guardai come se lui celasse una risposta in fondo ai suoi occhi vellutati. Montai in sella e ci allontanammo nella palude. L'atmosfera era sempre più inquietante. Perfino la nebbia era salita dal terreno, come per sottolineare le forze oscure che insidiavano quelle terre. Lasciai che Pandemonio decidesse da solo il cammino tra i canneti. Una volta fuori di lì si lanciò al trotto lungo la strada. Mi era indifferente dove saremmo andati. Non avevo più un posto dove andare. |
Pandemonio si lanciò nella brughiera.
L’alba cominciava ad illuminare il cielo d’Oriente e le ombre della notte sembravano ritirarsi per tornare negli inferi che le avevano generate. Dove sarebbe giunto Pandemonio? Sembrava diretto oltre l’orizzonte, dove tutto diventava sfocato ed indefinito. Dove i sogni si confondono con l’illusione. Da cosa ci divide l’orizzonte? Forse dal passato? Se anche così fosse, non avrebbe potuto difenderci dai suoi demoni. Melisendra si sentiva abbandonata. Forse anche gli spiriti l’avevano lasciata. Restava solo quel cavallo. Pandemonio correva rapido nel vento che cominciava a salire dalla nuda e primordiale brughiera. Il vento. Sapeva che la sua padrona amava il vento. In esso era protetta. Protetta da quei demoni che giungono a tormentarci. E più Pandemonio correva, più il vento soffiava, avvolgendo il superbo destriero e la sua padrona. Ad un tratto però tutto cessò. Melisendra sentì dei sordi boati scuotere il suo cuore, la sua anima e poi quell’infelice e tumultuosa terra. In quel momento si accorse dell’esercito di de Saint-Roche che marciava verso Capomazda, trascinandosi dietro il terribile ariete destinato a violare la secolare Porta dei Leoni, ultimo baluardo tra il bene ed il male. |
Layla fissò Talia che la teneva per un braccio.
I suoi occhi azzurri furono attraversati da un lampo e sul suo volto comparve un sorriso. Un sorriso però enigmatico. “La maledizione” disse “è una condanna e come tale richiede un colpevole ed una pena.” Poi si voltò e s’incamminò verso il palazzo. Giunte al palazzo, le due dame furono accompagnate da alcune servitrici in una grande sala. Ampie vetrate si aprivano lungo la parete opposta all’ingresso, con all’esterno cespugli e piante rampicanti che si aprivano a ventaglio proprio davanti a quelle finestre, per filtrare e rendere più gradevole la luce del Sole, essendo quella sala rivolta ad Oriente. La tavola era già imbandita e le due dame presero posto. “Commovente l’amore che palesate per vostro marito, milady.” Con voce fredda Layla. “Tanto commovente da strapparmi quasi compassione… e voglio offrirvi qualcosa che non ha prezzo… la serenità.” Batté allora le mani e subito una servitrice giunse con un vassoio. Sul vassoio vi era un’ampolla di cristallo finissimo, con un fondo di giada. Layla fece un leggero cenno alla servitrice e questa riempì con l’elisir contenuto nell’ampolla un calice di ottone. “Conoscete il mito di Alcesti, milady?” Chiese Layla a Talia. “In verità vi dirò che fra tutti, compresi quelli fantasiosi che narrano del viaggio di Giasone e di quello di Ulisse, esso è il più incredibile.” Diede ordine alle servitrici di portare via il suo piatto, sebbene non avesse toccato quasi nulla. “Quel mito” continuò “è più fiabesco di qualsiasi novella de Le Mille e una notte e nello stesso tempo più ingegnoso ed ingannevole delle stupefacenti Metamorfosi di Ovidio.” La servitrice portò il vassoio col calice accanto alle due dame. “Ditemi, mia signora…” disse Layla a Talia “… voi se foste stata al suo posto, per amore di vostro marito, avreste bevuto il veleno come fece la devota e virtuosa Alcesti?” http://a6.sphotos.ak.fbcdn.net/hphot..._1188132_n.jpg |
La tavola riccamente imbandita, la luce tenue e dolce che entrava dalle alte finestre, l’aria mite e profumata che permeava perfino i muri di quell’ampia sala, le piante verdi e fiorite che si scorgevano oltre i leggeri tendaggi... tutto in quella sala sembrava voler trasmettere serenità e pace, eppure io mi sentivo inquieta e agitata come non mai.
Seduta a quella tavola, fissavo la donna di fronte a me... aveva riacquistato il suo contegno e la sua freddezza, ostentava un distacco che io non riuscivo più a ricambiare. Poi parlò. Rimasi in silenzio, soppesando ogni sua parola e ogni suo gesto, seguendo solo distrattamente i movimenti delle servitrici che andavano e venivano... Citazione:
Io osservai ancora un istante di quieto silenzio, valutando il suo volto, e quando parlai la mia voce risultò calma, sebbene la mia anima non lo fosse affatto. “Mito interessante quello di Alcesti...” dissi, mentre le mie dita prendevano a giocherellare distrattamente con il lembo del tovagliolo “Ma non lo definirei fantasioso, né incredibile... Grande forza dà il cuore all’uomo, persino alla più misera delle anime umane. E anche quand’anche quell’amore non fosse che un’illusione, come voi lo avete definito poco fa, quella forza non ne risulterebbe meno potente...” Spostai le mani, posandomele in grembo, e sollevai gli occhi sul suo volto, regalandole un sorriso leggero: “Potrei dirvi che farei la stessa scelta di Alcesti senza pensarci su neanche un istante, mia signora... ma mi credereste?” E fu allora che i miei occhi caddero sul calice posato tra me e lei, lo fissai un momento, poi tornai a guardarla... “O forse è proprio questo che mi state proponendo? La mia vita in cambio della salvezza di Icarius? Possedete in fondo un animo romantico se è questo che avete in mente...” Sorrisi... “Sarebbe una scelta talmente facile, mia signora... Eppure, dopo che ci avete tanto malamente separati alla Pieve, come posso credere che terreste fede ad un patto di tal genere?” |
Ascoltai rapita il racconto del vecchio, in religioso silenzio.
Quindi quel fiore è destinato ad una donna, che si trova all'interno di questa cupola. E se risolveremo questo enigma, potremo continuare il nostro viaggio per l'ultimo dei sentieri perigliosi, quindi Lady Talia non si trova qui... Mi rattristai. Pensavo finalmente di aver trovato Talia, ma eravamo comunque sulla buona strada. "Cosa ne penso, milord? Io credo che dobbiamo tentare. Ma non so se la cupola in cui dobbiamo entrare faccia passare chiunque..." dissi rivolta ad Icarius. "Signore, ditemi, sapete forse se la cupola ha una specie di incanto che respinge determinate persone?" aggiunsi rivolta al vecchio. Lo guardai sospettosa. Non mi fidavo di lui. "Dobbiamo sbrigarci. E inoltre, chi sarà di voi a sentenziare chi è la dama più bella che si trova nella basilica a volta?" chiesi sorridendo maliziosa. Chissà, magari nessuno di noi si dovrà sacrificare per ciò, magari troveranno veramente la dama più bella, ma tutto dipende da quanto è grande questa basilica. Risi al pensiero di Lho ed Icarius, circondati da dame affascinanti. Ma quella era una faccenda seria. Attesi con impazienza la risposta del vecchio, intanto cercavo di ripensare alle lezioni in cui ci chiedevano di evocare una cupola simile a quella e cercai di ricordarmi se c'era qualche incantesimo da superare per entrare, ma non ricordavo nulla. In quei giorni avevo in mente solo una cosa, anzi una persona: il Cavaliere del Gufo. |
Estrassi la mia spada e mi misi in posizione di attacco mentre guardavo Finiwell dissi andiamogli addosso amico mio e salviamo quella fanciulla e inizia a correre verso gli uomini incappucciati
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Appoggiai il pane sul tavolo dopo averne mangiato un pezzetto
"Sì, hai ragione è molto buono, è caldo, ha un buon profumo" usai quegli aggettivi per il pane quando in realtà pensavo a Pasuan. Tenevo la mia mano appoggiata al suo petto, sentivo i suoi muscoli e la leggera peluria sotto il palmo. Mi accorsi che anche lui, arditamente, aveva poggiato la sua mano sul mio petto. Non dissi nulla, non tentai di levargliela, sentivo solo il mio cuore battere forte come un tamburo; ero sicura che anche lui lo sentisse. Alzai il viso, lo guardai. Era in parte illuminato dalla luce tremolante delle candele, ebbi come la sensazione che i suoi occhi non fossero più persi nel vuoto, ma che riuscissero a vedere i miei. Mi sembrava tornato il Pasuan che avevo conosciuto. Posai poi lo sguardo sulle guance, sulla bocca e sul mento, sorrisi esclamando "Ti è cresciuto un filo di barba, mi piaci così... sembri più vecchio della tua età, sei.... sei più virile". Questa volta ero stata io ad essere audace. Avevo il corpo, l'anima e la mente percorsi da mille sensazioni diverse che mi avevano fatto perdere la cognizione del tempo, dello spazio e del mio stesso essere. Lo baciai sulla bocca, prima dolcemente e poi con maggiore trasporto. Poi mi staccai da lui e camminai verso le due candele, soffiai con delicatezza e le spensi "Ho spento le candele" dissi piano "ora nemmeno io potrò usare la vista, ma ti vedo ancora attraverso le mani, la bocca, le orecchie e soprattutto attraverso il mio cuore". Tornai vicino a Pasuan, lo feci girare con le spalle rivolte al letto e abbracciandolo lo sbilanciai all'indietro facendolo cadere e lasciandomi andare a mia volta. All'orecchio gli sussurrai "A proposito, per quanto riguarda la storia del pugnale, non insegnarmi la guerra... insegnami l'amore". |
Layla sorrise, mentre sorseggiava dalla sua coppa.
“Io non posso offrirvi la vita di vostro marito” disse “in cambio della vostra…. non ho questo potere, milady… ma posso alleviare le vostre pene… del resto, cos’ha generato questa terribile maledizione? L’amore, ecco cosa. Ed io vi offro la possibilità di annullare la morsa che vi attanaglia in tutto ciò… e non vi chiedo neanche di fidarmi di me…” guardò verso una delle finestre “… mi chiedevate di quella lancia… quella destinata a reggere tutto ciò che resterà di vostro marito, quando sarà giunto qui… ebbene, quel calice contiene forse l’unica cosa capace di salvare voi e vostro marito… quel calice contiene Il Pegno del Cuore…” A quel nome un soffio di vento animò le foglie che coprivano le vetrate, lasciando poi nella stanza un senso di sconforto, rassegnazione e malinconia. |
"Corri... torniamo a Capomazda..." sussurrai a Pandemonio.
Strinsi le redini. Non potevo lasciare perdere e andarmene, anche seera forte la tentazione di fuggire via, andare a prendere Uriel e scappare per sempre. Ma non sarebbe servito a niente. Cavalcammo velocemente, precedendo quel maledetto esercito. Una volta in città gridai alla sentinella di guardia sulle mura: "E' iniziata! Due eserciti... stanno arrivando!" Una volta dentro lasciai Pandemonio alle cure di un giovane stalliere e mi diressi da Monteguard. |
Pasuan prese Dafne fra le sue braccia e la strinse con passione, mentre le sue labbra spegnevano quel desiderio, per troppo tempo tenuto celato, sulla bocca di lei.
Le mani del cavaliere spogliarono Dafne di ogni sua veste e l’avvolsero poi fra quelle lenzuola candide e profumate d’amore. La loro passione attraversò quella notte come solo i sogni sanno fare. Dafne, spegnendo quelle candele, aveva seguito Pasuan nel suo mondo fatto di buio e silenzio. Come Euridice, si era totalmente affidata al suo Orfeo. Ed Amore, mio signore, aveva aperto loro un mondo nuovo. Un mondo al di là dei sogni e di quella notte. Un’infinità di volte Pasuan fece sua Dafne in quella meravigliosa notte. I loro corpi vibravano sotto le note che quella passione suscitava loro. L’ardore con cui Pasuan la fece sua, accese in Dafne un ardore di donna mai provato prima, rendendola bella e luminosa come non mai. E dopo le stelle, il Sole giunse ad illuminare quella stanza, trovando i due giovani amanti stretti l’uno sull’altra. Pasuan si svegliò, con Dafne addormentata sul suo petto. Le accarezzò la pelle ed i capelli per rendersi conto di non aver sognato in quella notte appena trascorse. E si sentì felice. |
A quelle disperate grida di Melisendra, la porta della cittadella si aprì.
Poco dopo giunse dal capitano Monteguard. “Milady, cosa sta succedendo? Le sentinelle mi hanno riferito del vostro allarme…” disse questi “… cosa avete visto precisamente?” Ad un tratto arrivò August visibilmente agitato. “Capitano!” Gridò. “Capitano, stanno arrivando!” Il capitano lo fissò. “Alcuni mercanti appena giunti” continuò il cavaliere “affermano che due poderosi eserciti stanno giungendo qui… uno da Est e uno da Nord… siamo in una morsa… ormai è impossibile scongiurare l’assedio…” Monteguard fissò di nuovo Melisendra. “Il Gufo dunque ha deciso di continuare questa guerra anche senza più il suo signore…” mormorò. |
“La cattedrale non ha nessun incanto, se non quello legato al giudizio di questo fiore.” Disse il vecchio fissando Sayla.
“Allora” intervenne Lho “se non vi è alcun incanto, dove si trova quella cattedrale? Perché non si vede? Eppure si odono le voci di questa misteriosa litania!” “La cattedrale è laggiù, proprio davanti a voi, miei signori.” Indicò il vecchio. E poco distante da loro apparve la misteriosa Cattedrale. “Un attimo fa non era là!” Esclamò Lho. Icarius la fissò senza dire nulla. “Sayla ha ragione…” disse l’Arciduca “… a chi toccherà il giudizio della più bella?” “Io non oso rischiare tanto…” mormorò il vecchio. “Mio signore, il Sole è quasi tramontato…” disse Lho. “Andrò io…” fece Icarius “… se è questo l’unico modo per proseguire il nostro viaggio, allora non abbiamo altra scelta…” Lho fissò il suo signore preoccupato. Il vecchio diede il giglio ad Icarius. L’ultimo dei Taddei spronò allora il suo cavallo e si diresse verso la cattedrale. “Seguiamolo, Sayla.” Disse Lho alla ragazza. Icarius raggiunse la cattedrale e vi entrò. L’edificio era esternamente pregevole, con colonne e capitelli di classicheggiante splendore e perfezione. Marmi policromi e statue di un’imponenza non comune animavano la sua facciata. Ma, una volta entrato, Icarius vide tutt’altro spettacolo. La cattedrale era infinitamente vecchia ed orribile. Gremita di navate sterminate, culminava con un soffitto tanto alto che lo sguardo doveva fermarsi e perdersi tra l’oscurità, le crepe e le ragnatele. Le murature erano intrise di umidità, come se le pietre piangessero ed ovunque nell’aria era diffuso un disgustoso odore di putrefazione. Grandi incensieri pendevano dalle navate, ma erano spenti, permettendo così a quel fetido di contaminare ogni cosa in quel luogo. La sala terminava con una grande abside nella quale si trovava la statua della Santa Vergine, mentre sopra di essa pendeva un grande Crocifisso col Cristo inchiodato su di esso. Quell’ambiente era gremito di gente. Cavalieri dal superbo aspetto ed armati di tutto punto erano accompagnati da dame bellissime, come solo nelle favole era possibile incontrare. “Può un luogo tanto terribile” pensò Icarius “veder celebrare messa al suo interno ed ospitare cavalieri e dame tanto belle?” |
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