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Il sorriso di Shoyo, sembrava quasi scanzonato........" Se intendete che lo stesso interesse che ci accomuna si chiama Kojo....allora tranquilla.......i miei interessi appartengono ad un altro mondo...".....il nostro dialogo fini nel momento in cui Guxyo......ci interruppe per spiegare la gravita' del momento.......il fuoco era appiccato da fuori le mura....e allora mi torno' in mente l'immagine di qualche tempo fa...cavalieri con mantelli color dell'aria...che scagliavano dardi infuocati su Tylesia..........come in una sorta di strano torpore incominciai a parlare....".....Tylesia e' attaccata da fuori le mura......tiratori scelti lanciano dardi infuocati.....ma gli arcieri..sono cavalieri protetti dalla preghiera ed e' per questo la traiettoria delle loro frecce supera di gran lunga quello di qualsiasi altro uomo..."....tornai in me.....sul mi vestito spunto' una chiazza di fuoco il cui simbolo era la punta di una freccia.....
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Io, terrorizzata per quel sogno, non risposi alla domanda di Redentos. Essendo nata tra i druidi conoscevo ben poco del cristianesimo, ma avevo letto alcuni libri qualche anno prima. Vidi tra le mani del cavaliere un rosario... mi avvicinai. "Come funziona?" chiesi io, incuriosita da quell'oggetto così strano e misterioso...
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Guardai i ragazzini con sguardo confuso..
<<scusate ma a chi vi riferite? Di chi dovrei avere paura? >> |
Vayvet per un po' restò a fissare il cielo stellato, come se le parole di Chantal lo guidassero verso il firmamento e la delicatezza delle sue parole lo cullassero in quell’infinito scintillio di astri e sogni.
Poi, a quell’ultima domanda di Chantal, circa il suo dolore, il fuggiasco ebbe un sussulto. Una maschera enigmatica si posò sul suo volto e il fuggitivo tradì quasi insofferenza. Allora si alzò e avanzò di qualche passo verso gli ultimi ardori del fuoco morente. “Ognuno di noi porta qualche pena nell’animo e nel cuore…” mormorò “… forse solo nell’ingenuità della fanciullezza ignoriamo il dolore…” si voltò verso Chantal “… preparatevi… tra meno di un’ora ripartiremo…” Chantal lo seguì fino al fuoco. La brace creava un'atmosfera tenue di tepore e di luce soffusa. Chantal non distolse i suoi occhi un solo momento dal volto del fuggitivo.I suoi lineamenti le apparivano contratti,eppure,quei suoi occhi,luccicanti dinnanzi all'ardente fornace,tradivano sentimenti di remissione e pensieri dai tratti malinconici. "Quanto dite è solo parziale verità,monsieur."Sussurrò,allora,la ragazza cercando di scorgere un qualunque mutamento nell'espressione dell'uomo. Poi si allontanò da lui,enel voltarsi gli poggiò una mano sulla spalla. Stavano uno di fianco all'altra,a guardare in direzioni opposte,Vayvet con lo sguardo perso nella brace,Chantal che scrutava ancora il cielo stellato.E la sua mano,allungata a rassicurarlo,era tesa come un filo a legare i loro animi. "Tuttavia,milord,"proseguì la ragazza"non siate duro con voi stesso.Solo Nostro Signore Iddio può giudicare i cuori.Ed Egli perdona le colpe e placa il dolore."E si allontanò lasciando che la mano scivolasse via,lentamente,come scivola un carezzevole scialle,impalpabile,eppure caldo,portato via dalle spalle dal soffio del vento. "Io sono pronta." Disse infine ad alta voce quando fu lontana qualche passo. Andò allora dai suoi compagni, dando loro ordine di ripartire al più presto. In breve furono pronti a riprendere il viaggio. “Sai dove andare, capo?” Domandò Haro a Vayvet. “Verso Nord…” fece questi “… dobbiamo raggiungere terre in cui la giurisdizione del Gastaldo non ci sia più… solo così avremo una possibilità…” Ad un tratto si udì un nitrito e poi un tonfo. “Cosa succede, Monty?” Domandò Vayvet. “Si era azzoppato il cavallo, capo…” rispose Monty “… ho dovuto sopprimerlo col pugnale…” “Maledizione!” Esclamò Vayvet. “Come faremo ora?” Chiese Haro. “Non possiamo certo proseguire con tre soli cavalli…” “Escluso.” Pensieroso Vayvet. “Allora?” Impaziente Monty. “Uccidiamo la ragazza e prendo il suo cavallo?” “Sta zitto, sai solo causare noie.” Zittendolo Vayvet. “Haro…” rivolgendosi poi all’altro compagno “… tu resterai con la ragazza… mentre io e Monty andremo in cerca di un cavallo… occhi aperti, mi raccomando.” Quell'imprevisto fece sobbalzare il cuore di Chantal. Il solo pensiero che avrebbero ancora indugiato prima di raggiungere la meta le causava un profondo senso di inquietudine. Poichè anche la sua liberazione sarebbe stata ritrdata. Chantal guardò Vayvet,quasi cercando certezze e conforto nel suo sguardo,ma vi trovò solo sevenità e nervosismo. Udire della sorte di quell'animale che li aveva accompagnati fin lì,poi, la fece rabbrividire e intristire. La fanciulla chinò il capo,lo scosse appena,e si incamminò verso l'albero al quale era stato legato il suo cavallo. Istintivamente gli si avvicinò per instaurare un più stretto contatto con l'animale,suo unico compagno in quell' infelice circostanza.Poggiò la sua fronte sul muso del cavallo e gli sussurrò parole di tranquillità:"Buono,Icarion,va tutto bene.."Gli ripetè più volte sottovoce,ora guardandolo negli occhi,ora ritornando a sfiorare con la sua fronte il muso dell'animale.Poi prese ad accarezzarlo sulla fronte e sulla criniera.Infine,lo affiancò ed attese quelle che sarebbero state le disposizioni per lei da parte di colui lasciato a sua guardia. Vayvet e Monty allora presero due cavalli e si allontanarono. “Resta seduta accanto a quell’albero…” disse Haro a Chantal “… e bada di non tentare niente di azzardato.” E si sdraiò accanto ad una siepe, sotto il tepore del Sole pomeridiano. Chantal si mosse nell'osservanza di quell'imperativo,eseguendo l'ordine in silenzio. Era spaventata dall'allontanarsi di Vayvet. Chantal stava imparando a riporre fiducia in lui,domandandosi,talvolta,se il suo cuore fosse davvero capace di malvagità. Ignorava,invece, i modi e gli usi di Haro,poichè i contatti con lui erano stati strettamente esigui,essendo questi commisionato sempre alla guardia esterna nel tempo di sequestro nella casa. Il silenzio e la calma sopraggiunte all'arrestarsi del vento,tuttavia,le infondevano un leggero senso di quiete. Era stanca,stremata dal viaggio,dal sonno mai sopraggiunto,e dal freddo della notte trascorsa all'aperto,così si poggiò all'albero lasciandosi scivolare lentamente ai suoi piedi fino a sedersi su una grossa radice che emergeva dal sottobosco. L'aria profumava di muschio e linfa aromatica. Il fuggitivo Haro ravvivò il fuoco con dei ramoscelli,ma anche per lui il sonno era spezzato,così s'era messo in cerca di noci e nocciole allontandosi di poco con un tizzone ardente che fungeva da torcia. Non vi fu bisogno di cercare a lungo,di quei frutti il sottobosco era colmo. Haro se ne stava ora affaccendato a governare il fuoco e a rovistare tra le sue cose.Chantal poggiò la schiena all'albero dove era stata accompagnata,sicura che,qualora qualcuno le si fosse avvicinato,il suo cavallo,legato allo stesso tronco,l'avrebbe destata,e chiuse gli occhi sospirando lievemente. Di tanto in tanto controllava che Haro non le si avvicinasse,ma il sonno non sopraggiungeva nella ragazza. Questi se ne stava accando al fuoco ad abbrustolire i frutti e a consumare quel pasto di fortuna. Frutti offerti anche alla ragazza da parte dell'uomo,ma rifiutati. Chantal,infatti,non toccava cibo dalla sera prima di essere fatta prigioniera. Il tempo per entrambi s'era reso gravoso per quell'attesa di ritorno degli altri due fuggiaschi,tanto che Haro,un po' per l'essersi appesantito con quel pasto,un po' per il calore e i fumi del fuoco che lo stordivano,cadde addormentato. E senza neppure realizzare cosa stesse commettendo,Chantal si ritrovò a depredare la giubba di Haro del pugnale. Liberò Icarion e cercò la fuga. Portato l'animale lontano,montò in sella e imboccò la selva. E iniziò a cavalcare lontano dalla radura. Aveva paura,era terrorizzata dal buio e da quello che le sarebbe potuto accadere,ma non meditava di tornare indietro. La ragazza finì con lo smarrirsi nella selva,incapace di orientarsi nella notte.Il suo cavallo,dal canto suo,era stremato,non aveva ricevuto nè cibo nè acqua,solo qualche ghianda.E la prima priorità di Chantal fu quella di cercare un ruscello,o rintracciare la via per il lago. Avevano entrambi bisogno di acqua,ed anche di riposo. Ma non sapeva più in quale direzione inccaminarsi. Turbata ed in preda agli affanni,Chantal smontò da cavallo,era sconvolta da quel suo gesto,rubare per poi fuggire,qualche lacrima le imperlò gli occhi,fino ad abbandonarsi ad un pianto liberatorio ma anche disperato. Poi Icarion nitrì nervosamente impedendo a Chantal di prestare bene orecchio ai rumori della selva,questo la rese ancor più inquieta quando,voltandosi di scatto attratta da un insolito calpestio udito molto vicino,s'accorse della sagoma di una creatura dal manto bianco e lucente che sgattaiolava tra i cespugli. Che fosse nuovamente il cervo bianco? Non ne era sicura,stavolta.Non come era sicura di averlo visto quando,in compagnia di Pierre,s'era frapposta tra l'arciere e la fiera. Ma le bastò a tirare un sospiro di sollievo.Calmatosi anche Icarion per il silenzio sopraggiunto,la ragazza decise di proseguire a piedi anche per permettere all'animale di riposarsi. Se avessimo intrapreso quel nostro viaggio il pomeriggio stesso che fu recapitata la lettera..pensava tristemente.Oh,padre.Dove siete?Mi state cercando?Sono smarrita..vi prego..giungete.. Ma fu un momento,poi realizzò che quei pensieri erano vani,e che pur continuando a parlare a se stessa,di certo,non sarebbe giunta da nessuna parte. "Che sciocca che sono."Disse allora a bassa voce e rivolgendosi al cavallo"Vero,Icarion?Chi potrà mai udire i miei pensieri?" E proseguì:"Se solo i pensieri potessero volare,e giungere come messaggeri all'orecchio ed al cuore di chi invochiamo.." Ma poi abbandonò ogni altro recondito desiderio che ancora insorgeva tra speranza e paura. La luna filtrava il suo alone dalle cime degli alberi,tuttavia,le costellazioni non erano visibili dal punto in cui si trovava,Chantal avanzava,allora,nella più completa incoscienza di quale direzione avesse preso. Se solo fosse stato giorno,le sarebbe stato più facile individuare il nord seguendo l'orma dei muschi.Ma la notte,la quale rendeva ogni passaggio umido e nebbioso,non la favoriva. No si preoccupò che il fuggitivo potesse cercarla,avanzava lentamente nel bosco buio e avvolto nel silenzio infranto solo dai versi degli animali notturni,civette,forse. Procedeva lentamente affiancando a piedi il suo compagno,fino a quando di nuovo Icarion s'arrestò e iniziò ancora a nitrire e poi a scalpitare come a voloer indietraggiare. La ragazza fece per tranquillizzarlo quando improvvisamente accadde qualcosa. Un dardo,scoccato con violenza,l'aveva raggiunta alla spalla sinistra ferendola gravemente e inducendola ad piegarsi dal dolore.La ragazza perse subito le forze,non riuscì neppure a gridare,si sentì mancare,sbiancava in volto sempre più e respirava affannosamente.Pochi istanti e non fu più in grado di sorreggersi neppure sulle ginocchia.Lentamente le mani che ancora stringevano le redini andavano perdendo forza lasciando che le dita piano piano scivolassero da esse.Icarion aveva indugiato vedendo Chantal a terra,desistendo dall'istinto di indietreggiare,forse ancora capace di sottomettersi alla padrona che lo aveva trattenuto per le redini.Infine,Chantal cadde nell'umida terra,giacendo nelle foglie secche che scricchiolarono sotto l'esile corpo della ragazza che aveva ceduto ad ogni volontà priva di sensi per il lancinante dolore. Ma i pensieri prendevano forma anche nella sua mente assopita.. "Come sta la signora?"Domandò il fattore alla governante sull'uscio della stanza di Chantal. La donna scosse la testa e mestamente gli rispose:"Dall'incidente non si alza più dal letto.E si rifiuta di mangiare." "Povera ragazza..Credo che le farebbe bene lasciare quesa casa per un po'."Rispose l'uomo con rammarico. "E' troppo debole,adesso,per viaggiare.La vedete..Ha il viso così emaciato.Non smette di piangere un istante."Asserì la governante mentre lasciava socchiusa la porta della stanza. "Solo stamane ha proferito due parole tra i singhiozzi.."Aggiunse la donna."Ha domandato che la luce non entri mai più in questa casa." "Oh!E' terribile."Preoccupato il fattore. "Se ne sta tutto il tempo con il viso ricacciato nel guanciale,non si lascia avvicinare..rifiuta qualunque compagnia,qualunque cibo e qualunque conforto." "E il nostro signore cosa intende fare?"Domandò il fattore ricacciando uno sguardo in buona fede nella camera. "Egli è scosso.Temo che sia troppo preoccupato per la figliola,ora,per prendere una decisione". "E dei cavalli?"Domandò ancora il fattore. "Sono stati soppressi.Il maniscalco dice che quello della padroncina aveva una ferita grave al collo,mentre quello di sir Pierre s'era fratturato una zampa."Gli rispose la governante."Povera figlia.."Aggiunse sospirando. "Già,è una disgrazia che non ci voleva in questa casa."Scuotendo la testa il fattore."Il corteo s'è mosso stamane all'alba.Il feretro del cavaliere era adorno di rose bianche,come aveva domandato mademoiselle Chantal." Riferì l'uomo alla donna."Occorreranno due giorni di viaggio.Poi,ho sentito che è stato disposto che sir Pierre abbia sepoltura nella campagna dove è cresciuto,ai piedi del glicine che si erge vicino alla cappela della tenuta."Aggiunse con voce mesta e addolorata. "Si,appena appreso della morte,Chantal ha voluto così."Asserì la donna. "Mademoiselle Chantal ha riferito qualcosa dell'incidente?"Domandò ancora l'uomo alla donna. "Si è chiusa in un mutismo infrangibile,e non c'è niente che la faccia parlare."Scuotendo sempre la testa la donna. "Certo,è sconvolta."Asserendo il fattore. "Chi è giunto in loro soccorso ha rifeto che si è trattato di un agguato.Forse..per derubarli..Chi poteva immaginare che.."Interrompedosi e scoppiando in lacrime la governante. "Su,su..almeno voi,siate forte."Incitandola il fattore e cercando di consolarla. "Il dardo.."singhiozzando la donna"..s'è conficcato giusto nel mezzo del petto del cavaliere,uccidendolo all'istante."Tremando e singhiozzando la donna mentre evocava l'incidente. "Ora non pensateci più."Incoraggiandola il fattore."Dovete pensare a mademoiselle Chantal,adesso."Incitandola l'uomo."A proposito,ero giunto a portare latte appena munto.E' ancora caldo,cercate di farglielo bere." La governate,allora,congedato il fattore,ritorno al capezzale della ragazza,la trovò riversa,nel letto,che stringeva forte il cuscino e piangeva.Ancora piangeva.Ed ancora si rifiutava di nutrirsi e parlare. La donna ne ebbe una gran pena,ma Chantal non si lasciava neppure accarezzare,sfuggendo ad ogni contatto,e negando ai suoi occhi la luce. |
L'energumeno fissò Cavaliere.
“Il mio nome è Tieste” disse “e vivo qui nella selva. Sono stato lo scudiero di un grande cavaliere e ho combattuto al suo fianco in Terrasanta contro gli infedeli. Ma, finita la guerra, il cavaliere, per un voto fatto, si è ritirato in un monastero ed io mi sono trasferito qui. Mi guadagno da vivere nell'unico modo che conosco... adoperare la mia forza. Ma poi sei arrivato tu e mi hai superato... chi sei? In quale città sei diretto?” |
“Ma come?” Stupito il più grande di quei fanciulli dalle parole di Daniel. “Giungete da molto lontano? Loro sono ovunque in queste terre.”
“Nostro padre li conosce bene...” fece il secondo dei tre “... l'altro giorno sono comparsi presso la nostra casa... nostro padre nel vederli ci ha mandati subito a letto ed è rimasto poi a parlare con loro...” “Nostro padre dice che loro non vogliono farsi vedere da nessuno” intervenendo il più piccolo “e se ci si avvicina troppo, allora andranno in collera...” “Si, chi vede i loro volti” riprendendo la parola il maggiore fra i tre “può perdere il bene della vista o della ragione...” “Anche voi dovete aver paura di loro, messere...” disse il secondo, fissando Daniel. |
Redentos sorrise a quella domanda di Lilith.
“Non avete mai visto una coroncina per recitare il Santo Rosario?” Mostrando il sacro oggetto alla ragazza. “Siete forse pagana?” Fissò la ragazza e sorrise nuovamente. “Questa coroncina mi aiuta a pregare... vedete queste piccole palline che la compongono? Sono i grani del Rosario e mi aiutano a tenere a mente le preghiere che devo recitare... si tratta di preghiere volte a contemplare i momenti più significativi che hanno preceduto e poi seguito la Nascita e la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo...” Il cielo si schiariva sempre più e all'improvviso si udirono delle campane in lontananza. A quel suono si destarono anche gli altri, ancora addormentati fino a quel momento. “Ma da dove giungono queste campane?” Domandò il monaco Jovinus. “Sono molte...” fece il nano Avid “... sembra provengano da una città non molto lontana...” Redentos fissò la selva e annuì. |
A quelle enigmatiche parole di Elisabeth, tutti i presenti la fissarono.
“Cosa intendete dire?” Domandò Shoyo. “Protetti dalle preghiere?” Ripetè Kojo. “Perdonatemi, ma io non credo a queste cose... i Crociati in Terrasanta si favoleggiava fossero i Campioni di Dio, eppure questo non li ha protetti dalla forza delle armate Islamiche.” Un mormorio scese sulla tavola. “Come fate a dire queste cose?” Chiese Shoyo ad Elisabeth. “I nostri nemici sono misteriosi come quella notte che li protegge dai nostri occhi... nessuno può conoscere le loro caratteristiche... mentite solo per mettervi in mostra!” Molti annuirono. “Silenzio.” Zittendoli tutti Guxyo. “Cosa intendete dire con le vostre parole, milady?” Rivolgendosi ad Elisabeth. “Come conoscete i cavalieri che assediano Tylesia?” |
Il fuoco.
Ardeva lento, consumando la legna ed inebriando quell'ambiente con un odore di terra umida. I suoi bagliori rischiaravano a tratti quell'austera penombra, disegnando strane ed enigmatiche figure tutt'intorno che sembravano sul punto di animarsi. Chantal aprì pian piano gli occhi e si ritrovò in un ambiente sconosciuto. Era adagiata su un soffice mucchio di paglia. Accanto al camino acceso vide due figure. “Mamma...” disse la bambina “... Ardea liberò la principessa?” “Si...” annuì la mamma “... dopo aver sconfitto il drago e annullato la terribile maledizione...” “Era bella la principessa?” Chiese la piccola. “Si, era molto bella.” “E io?” “Anche tu sei bellissima.” “E perché nessuno viene a salvarci?” Domandò alla mamma. “Perché sono stata cattiva?” “No, piccola mia...” abbracciandola la mamma “... non sei stata cattiva...” “Papà verrà a salvarci...” mormorò la bambina “... lo so, verrà... mi parli di papà ancora una volta, mamma?” “E' tardi, piccola mia...” baciandola la mamma “... tra poco spunterà il Sole e dobbiamo prepararci...” In quel momento, mentre le fissava, Chantal avvertì una fitta dolorosissima: era la ferita causata dal dardo che l'aveva colpita. |
io sono un boscaiolo dissi e sono diretto in una città di cavalieri mi hanno detto che ce la guerra li e io sto andando li per combattere che ne dice signore se venite con me con la vostra forza ci sarà molto utile e aspettai una sua risposta
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Tieste fissò Cavaliere25.
“Con te?” Chiese. “Io sono un grande scudiero! Forte e coraggioso come Morgante! E tu sei forse un cavaliere?” |
no purtroppo non sono un cavaliere ma chissà che non lo diventi allora che decidi vieni con me? ho resti qui da solo avrei bisogno di un compagno di viaggio e sorrisi guardandolo
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Mi guardai intorno.....mi sentivo gli occhi puntati addosso....era uno strano gioco, perverso per alcuni versi, non sarei stata mai creduta....Guxyo...pero' sembrava preso dalle mie parole......" Dicerie...superstizioni....cose che Tylesia ha abbandonato, eppure si puo' non credere ma questo non vuol dire che ci si trovi nel giusto.........ho veduto tre frati e tre suore ..ognuno di loro era in preghiera e dietro di loro dei cavalieri forti ed imponenti...la loro armatura aveva il colore dei un elemento...l'aria e i loro dardi erano scagliati con precisione verso Tylesia......temeteli...temeteli...perche' la loro preghiera e' potente.....".....piccole fiamme invasero il mio vestito...quando una folata di vento gelido......invase gonfiando i miei capelli.....e poi gli elementei taqquero...
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Tieste restò un attimo pensieroso.
“E sia!” Esclamò. “Del resto tu mi hai dimostrato di essere forte e coraggioso! E sono sicuro che un giorno diventerai un grande cavaliere! Ed io sarò il tuo scudiero, d’accordo?” E strinse la mano a Cavaliere25. In quel momento ritornò il falco. “Ben detto, gigante!” Ridendo l’uccello. “Questa è la prima cosa sensata che hai detto da quando siamo arrivati!” “Ma…” stupito Tieste “… quel falco… parla!” “Se ci riesci tu” fissando il rapace “non vedo perché non possa riuscirci anche io.” |
hai visto dissi guardando l'uomo che non mentivo quando ti dicevo che il falco parlava va bene ora però mettiamoci in marcia il falco ci indicherà la strada per la città
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In quel momento entrò il ministro Berengario.
Salutò Guxyo e tutti gli altri cavalieri. Fece un cenno amichevole ad Elisabeth e prese posto a tavola dopo essere stato invitato a sedersi proprio da Guxyo. “Milady…” fissando Elisabeth “… ho udito le vostre parole mentre entravo… credetemi, quei cavalieri che ci assediano possono tutto, ma non certo pregare…” |
Chymela gli aveva gridato tutto il suo odio.
E l’aveva fatto con gli occhi carichi di vivo rancore. Andros la fissava e in quel momento rivide i momenti trascorsi insieme, in quelle sere immersi nel silenzio e nell’incanto dei colli di Sigma… “Sai perché molte persone non sono realmente felici?” Sussurrò a Chymela. “Perché non hanno mai trovato l’amore, quello vero…” prese la sua mano “… qualcuno neanche crede esista… altri invece lo ricercano per un breve tempo, poi, non trovandolo, finiscono con il convincersi che non esista… ma hanno davvero cercato ovunque? L’amore, recitano i bardi, è un privilegio e un dono reso senza merito… e come tutte le cose veramente importanti va cercato, trovato e conquistato…” le sorrise “… io allora cercherò dove nessuno è mai giunto… oserò avventurarmi alla luce del crepuscolo, quando la notte e i suoi sogni infrangono il giorno e le sue effimere certezze… quando il mondo si veste di immagini, colori e suoni differenti… quanto il tempo e la stessa vita si fermano e si annullano a vicenda… là cercherò Amore… e tutto questo mi darà il privilegio del bene più prezioso… l’eterno e dolce battito del tuo cuore…” e la baciò con passione. http://img708.imageshack.us/img708/8765/83745886.jpg Ma quelle parole di Chymela, gridate con tanto odio, lacerarono il cuore di Andros, rendendo lontani quei ricordi. In quel momento giunse il re e la sua corte. “Milord…” fissando Andros “… siete giunto in questa terra e in questo palazzo con l’inganno. Avete violato ogni degna regola di cortesia ed ospitalità. Avete peccato di slealtà e tradimento. Il tutto solo per spiarci!” “Non sono una spia, maestà!” Si difese Andros. “La legge di Sigma” fissandolo il re “impone la morte per simili reati. Ma non daremo il pretesto alle vostre armate di attaccarci. L’invasione di Sigma, se accadrà, resterà un atto di prepotenza.” I soldati circondarono Andros. “Il vostro compagno Guglielmo…” continuò il re “… sempre che questo sia il suo nome… si trova al confine del nostro regno… una carrozza scortata vi condurrà da lui… oltrepasserete le frontiere e non tornerete mai più indietro… siete esiliano da Sigma.” “No lascerò questa terra!” Esclamò il Taddeide, dopo aver guardato, per un attimo, Chymela che era ancora accanto a lui. Il re non rispose e fece un cenno ai suoi soldati. Questi si avvicinarono ad Andros per condurlo via. Lui però ebbe il tempo di sussurrare qualcosa all’orecchio di Chymela. E prima che lo portassero via, si voltò di nuovo verso di lei. “Non dimenticarlo mai, Chymela…” guardandola negli occhi “… mai…” Guisgard si sedette ai piedi del camino ed adagiò contro il suo petto la schiena di Talia. “Conosco un borgo” cominciò a sussurrale “quasi addormentato su un colle… di giorno pullula di gente, suoni e colori… verso il tardo meriggio poi comincia a vestirsi a festa… c’è sempre una festa lassù… e ogni festa dura fino a tarda notte… ma proprio quando tutto inizia a spegnersi che comincia qualcosa di magico… il borgo diventa silenzioso e le sue luci mutano in una sorta di alone incantato… allora, tutto in quel posto comincia a narrare… narrare di storie antiche, fatte di grandi amori, di viaggi meravigliosi e avventure senza fine… ma in tutto questo vi è poi il cuore di quel borgo… la Casa delle Bifore…” I bagliori del fuoco cominciarono a danzare sul volto dei due. Una scintilla raggiunse la pietra nuda e Guisgard la raccolse. “Un poeta una volta” mostrando quella piccola scintilla a Talia “paragonò l’amore ad una piccola fiamma… capace di ardere per sempre, eppure da potersi tenere in una mano senza scottarsi mai…” soffiò via la scintilla e questa tornò nel fuoco del camino. |
Tieste restò perplesso.
Fissava il falco e poi Cavaliere25. “Sei lento di comprendonio, eh?” Fece il rapace. “Non mi meraviglio affatto! Sei una figura geometrica, mio buon gigante!” “Come sarebbe a dire?” Sempre più confuso Tieste. “Che sei un angolo ottuso!” Ridendo il falco. “Su, ora mettiamoci in marcia! Tylesia ci aspetta! Tu non pensare troppo, mio buon omone!” E partirono verso la città. |
a quanto dista dissi la città da noi? domandai guardando il falco poi guardai Tieste e dissi voi non avete una famiglia qualcuno che vi vuole bene? chiesi sorridendo
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Con gli occhi chiusi e le mani nelle sue, lasciai che Guisgard mi guidasse in quella esplorazione... avvertivo il calore del fuoco sulla pelle e percepivo la debole luce della fiamma danzare intorno a noi...
Quando, infine la sua voce si spense i miei occhi erano lucidi e pieni di lacrime... mi sentivo bene, mi sentivo quieta, grata e felice... talmente felice che fui invasa da quella irrefrenabile ed incontenibile voglia di piangere di gioia... “Tu che cosa desideri?” La domanda mi era uscita dalle labbra così... di getto, apparentemente senza un motivo, senza preamboli, senza preavviso. Lui tacque per qualche istante... poi, con una nota vagamente sorpresa nella voce, chiese: “Io? Perché?” Sorrisi... “Così... ci sarà pure qualcosa che desideri, qualcosa che vorresti più di qualsiasi altra cosa al mondo!” C’era silenzio intorno a noi, che stavamo distesi sull’erba in quel ritaglio di luce... un erba che appariva di un verde ancora più intenso in quella abbacinante luce pomeridiana... il sole, penetrando dal ritaglio di cielo in alto, mi illuminava il volto e mi costringeva a tenere gli occhi chiusi, mentre il vento frusciava tra gli alberi della foresta... “Ho fatto un sogno stanotte...” proseguii dopo un istante “Ho sognato che eravamo in uno splendido palazzo, il più bello che io abbia mai visto... c’erano mille e più stanze, camini accesi, intere pareti vetrate da cui si vedeva il giardino ornato di mille e più piante... ed io avevo un abito meraviglioso, e tu eri il più valoroso dei cavalieri...” Guisgard ruotò la testa verso di me e mi osservò per un istante, in silenzio... lui era l’unico con cui potevo parlare in quel modo, parlare come se quel voto non esistesse e dire tutto ciò che mi passava per la mente, senza ricevere rimproveri né obiezioni... “Ed poi io avevo un cane! Anzi, una cagnetta... bellissima!” Le sue labbra si incresparono in un leggero sorriso... “Una cagnetta?” domandò. “Oh, si... una cagnetta bianca e marrone... e la chiamavo Lulù!” Quel ricordo mi attraversò la mente in un lampo... per un attimo rividi la radura e quella luce verde che sempre la pervadeva... sentii il calore del sole sulla pelle e quel calore si confuse con quello del camino... rividi il sorriso radioso di quel ragazzino... Chinai la testa e la poggiai sulla spalla di Guisgard... “Lulù...” mormorai “La cagnetta Lulù! Oh, Guisgard...” Ma la voce mi si spezzò... la testa riprese a girarmi forte ed una nuova visione invase la mie mente... una visione, questa volta, proveniente da un altro tempo e da un altro spazio... E di nuovo vacillai... ma non caddi... quelle visioni erano diventate, infatti, ormai tanto frequenti da quando ci trovavamo al Belvedere che il mio corpo aveva imparato a reagire, continuando a respirare e a sentire... E sentii il fremito che percorse il corpo di Chymela mentre Andros la baciava, sentii la sua indecisione, la sua paura e tutto l’amore che, nonostante tutto, provava... Un lampo... poi tutto scomparve in fretta com’era giunto... Citazione:
Esitai un istante appena, riprendendo piano fiato dopo quella visione... poi sospirai... “Rammenti quei sogni che facevo da piccola, Guisgard? Quei sogni nei quali vedevo luoghi lontani e persone mai conosciute... ebbene... è accaduto ancora. Ed ho visto lady Chymela, ed Andros...” |
Beringario fece la sua entrata.....mi aspettavo tutti tranne lui, ma non vi era tempo per capire chi fosse amico e nemico...era solo il tempo di raccoglieri i frutti che si erano seminato........" Pregare....voi vi ricordate cosa significa pregare ?.......io credo che in questo posto voi vi siate dimenticati un po' di quello che sia la vita stessa......pregare e' chiedere con fervore e fede....e vi garantisco che era quello che stavano facendo........le loro frecce spaccheranno i vostri cuori...........io vi consiglio di Pregare......"......
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Appena Talia pronunciò il nome di Lulù, la cagnetta si svegliò e come destatasi da un incantesimo corse via.
“Ci andremo…” sussurrò Guisgard “… ci andremo molto presto in quel borgo… e poi c’è la Casa delle Bifore…” In quel momento un colpo di vento lambì una delle finestre. Guisgard allora strinse a sé Talia con un braccio, mentre con l’altro sistemò un altro pezzo di legna sul fuoco. “Così non sentirai freddo…” sorridendo alla ragazza. Ma subito le parole di lei lo colpirono. “Andros e Chymela?” Ripeté. “Ah, i nomi con cui ci chiama il vecchio guardiano… forse questo palazzo ti sta suggestionando? Dimmi… ti fa forse un po’ paura?” “Sei pronta, Talia?”Domandò il maestro. La ragazza annuì. “Vado a prendere il carro…” fece lui “… ti aspetto, sbrigati.” La ragazza allora corse a prendere la sua mantellina. “Allora, hai deciso?” Chiese Guisgard. “Chi verrà con te?” “Vuoi che lo chiediamo al maestro?” Domandò Fyellon. “No, sceglierà lei.” Deciso Guisgard. “Ecco, io…” titubante lei. I due ragazzi la fissavano in attesa di un responso. “Ecco...” alzando gli occhi Talia “… stavolta verrà… Nestos…” “Come sarebbe?” Stupito Guisgard. “Ci sarà da aiutare il maestro e lui è troppo piccolo. Devi scegliere uno di noi.” “Uffa…” sbuffò lei “… allora Fyellon…” Guisgard restò colpito. Talia chinò di nuovo lo sguardo. “Ecco, io…” tentò di dire. “Va bene.” Annuendo Guisgard. E andò via con indifferenza. I tre tornarono al Casale verso sera. Il maestro corse dentro con Talia in braccio. Guisgard non era al Casale. Era fuori, verso il bosco. Corsero a chiamarlo alcuni dei suoi fratelli. Talia era stata morsa da un cane. Ora aveva la febbre alta. Guisgard corse al Casale, ma non riuscì a vedere Talia. C’era il medico e non faceva entrare nessuno. Corse allora dove erano gli altri fratelli. “Fyellon…” fissandolo “… dov’eri? Dove, quando quel cane l’ha morsa?” “Cosa diavolo vuoi?” Con sdegno l’altro. “Se starà male” con rabbia Guisgard “io ti ucciderò!” E i due vennero alle mani. Giunse il maestro a dividerli. “Se vi vedo ancora litigare” urlò “dopodomani nessuno di voi verrà con me a cercare il Cervo Bianco!” Per i due aspiranti cavalieri nulla valeva più che cacciare il leggendario Cervo Bianco. Giunse il nuovo giorno e solo verso sera la febbre scese e Talia cominciò a stare meglio. Ma Guisgard sembrava scomparso. Lo cercarono tutti, ma inutilmente. Ritornò a notte fonda, con le mani sanguinanti. Tutti gli andarono incontro. “Dove sei stato, Guis?” Non riuscì a rispondere: cadde privo di sensi, con la febbre alta. Riprese conoscenza dopo tre giorni. Trovò Talia accanto a sé. “Guisgard, finalmente…” felice la ragazzina. “Cosa…” “Non sforzarti…” tranquillizzandolo lei “…hai avuto la febbre alta… sei uno sciocco… ho avuto tanta paura… sei tornato in paese per quel cane… sei uno sciocco, Guisgard...” Lui si voltò dall’altra parte. “Sciocco…” accasciandosi lei col volto sul petto di lui “… per questo non volevo che venissi in paese… capisci ora? Ti ho visto… ti ho visto in sogno, ferito alle mani… se ti avessi raccontato di quel sogno, tu non mi avresti creduta… tu non credi mai a ciò che vedo in sogno… sciocco, sciocco…” e alcune lacrime rigarono il suo viso “... ora non potrai andare col maestro a cacciare il Cervo Bianco... era la cosa più importante per te…” “Tu…” prendendo la sua mano Guisgard “… tu sei la cosa più importante, Talia…” Quel ricordo ritornò nella mente di Guisgard, come condotto dal vento che soffiava sul colle del Belvedere. “Dimmi cosa hai visto…” sussurrò a Talia “… raccontami cosa ti hanno mostrato le tue visioni…” |
“Non accettiamo certo lezioni da una straniera, milady.” Disse Berengario ad Elisabeth. “Voi parlate di cose che non conoscete, né comprendete… i nostri nemici non possono pregare… sapete perché? Lo sapete, milady?”
“Provate a spiegarlo alla nostra lady Elisabeth…” sorridendo Shoyo. “Milady…” fece Berengario sempre con gli occhi in quelli di Elisabeth “… i nostri nemici non sono dei Santi, come li immaginate voi… e in verità… non sono neanche degli uomini…” |
Il discorso di Redentos mi aveva lasciata smarrita e perplessa... Non avevo capito molto di quello che aveva detto, eppure quel piccolo oggetto mi affascinava sempre di più e continuava ad incuriosirmi la loro strana religione. Purtroppo non feci in tempo a porgli altre domande, poichè un forte suono di campane ci sorprese.
"Quei suoni vengono da quella direzione" dissi io, indicando il nord. |
Questa volta il vento mi fece dominio...i miei capelli divennero fronde ed il mio viso prese le sembianze dell'acqua del fiume............" Siete solo degli sciocchi, non riuscite a guardare oltre...come se la preghiera fosse dovuta ai Santi......avete mai pregato per la vostra anima...lo avete mai fatto ?....avete mai pregato con fervore tutte le volte che il vostro cuore vi scoppiava in petto per la pena o per la paura ?........siete qui riuniti da non so piu' quanto tempo...a discutere e a perder tempo.....e intanto Tylesia brucia....e il vostro popolo e' in pericolo.....ma a voi che importa....il mangiare non vi manca e il tetto sulla testa ancora non vi e' crollato addosso.......se loro sono malvagi, voi non siete migliori....".......Troppe chiacchiere inutili....per una citta' che stava morendo....
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Io e Fyellon riuscimmo a salvare il popolo, dentro le terme, ormai il pericolo era passato...che strano, ma come questi incendi divampavano cosi improvvisamente?? Era un mistero..."Fyellon, se voglio andare a Palazzo? Non so più che fare...Voi che pensate di tutto questo, non trovate tutto misterioso? Settimane fa un altro incendio ci fu a Palazzo e i Cavalieri del Tulipano chiusero me e la Regina dentro una Torre...la Regina...ormai ho perso la sua fiducia, non ha creduto in me e se ne andò risentita", appoggiai il capo sul cavaliere piena di dubbi.
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A quelle parole di Elisabeth, tutti i cavalieri si alzarono sdegnati.
“Questa donna è indegna di sedersi con noi!” Gridò Shoyo. Tutti le fecero eco. “Silenzio.” Alzandosi Guxyo. “Perché dite queste cose, milady?” Domandò ad Elisabeth. “Credete davvero che noi siamo nel torto? Che quelli che ci assediano siano dalla parte della Ragione? Eppure voi ignorate chi siano davvero i nostri nemici…” |
" Sapete Guxyo. cosa confonde i grandi eserciti ?.....la disgregazione....in una sola citta'......ci siete voi e il comandante Reas....due modi di vedere la vita ?...o due modi di amare la vita ?......se solo foste compatti....e se solo il vostro cuore battesse per lo stesso principio..sareste invincibili..."...mi voltai verso Shoyo..." Io non saro' degna di sedere al vostro stesso tavolo.....ma voi forse no siete degna di essere chiamata essere umano per come avete accolto mio figlio e la donna che stava con me......pregare farebbe bene anche a voi ...."......
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Citazione:
“Ma tu non ci hai mai creduto...” mormorai “Dicevi che erano fantasie, immaginazioni, congetture... Non ci hai mai creduto... mai! Almeno finché...” Mi bloccai... e la mia mente fu sfiorata da un lontano ricordo... il ricordo di un ragazzino impulsivo con le mani sporche di sangue e la febbre che saliva rapidamente... Istintivamente strinsi più forte la mano di Guisgard e vi posai un leggero bacio... “Sei sempre stato così avventato...” mormorai. Per qualche momento rimasi così, immobile ed in silenzio... assaporando quel momento speciale... Poi sospirai ed iniziai a parlare... “Chymela... credo fosse la principessa di una terra chiamata Sygma. Ho visto il suo palazzo, l’ho vista nella Sala delle Udienze di suo padre incontrare un viaggiatore... Cristiano... Andros...” Lentamente... tra titubanze, correzioni e spiegazioni narrai a Guisgard tutto ciò che avevo visto... gli parlai della sua somiglianza con Andros e del modo in cui avevo intuito che Cristiano era in realtà l’Arciduca... gli descrissi i sentimenti di Chymela e ciò che lei aveva provato quando aveva scoperto la verità... Parlai a lungo, con la voce bassa e regolare... e quando ebbi finito e la mia voce si spense, solo in crepitare del fuoco rimase a riempire l’ambiente. |
Fyellon abbracciò Altea.
“Questa città sembra dominata dall’assurdo…” mormorò lui “… qui non domina la Ragione, ma solo il caos… si, dite il vero… fatti misteriosi stanno accadendo intorno a noi… mi chiedo chi siano questi fantomatici nemici di Tylesia… tutti ne parlano, ma nessuno sembra averli mai visti…” fissò allora la ragazza negli occhi “… sapete cosa vi dico? Che scopriremo noi la verità… resteremo qui per stanotte… il tempo che i soldati smettano di cercarci, almeno per ora… all’alba andremo via… ora riposate… io sorveglierò la situazione…” E toltosi il mantello, Fyellon lo avvolse attorno alle spalle di Altea. http://filmec4you.ru/uploads/posts/2....720p_0043.jpg |
Sentii il forte abbraccio amichevole di Fyellon, aveva ragione "Si, ve lo avevo detto che qui niente è dato per scontato, che tutto è strano...ma io sono convinta che un ruolo lo giochino i Cavalieri del Tulipano..mi fido di voi, Fyellon, e sinceramente ho proprio bisogno di riposare." Mi strinsi al mantello di Fyellon e mi appoggiai cercando di riposare...ma era impossibile, udivo nel dormiveglia vociferi, preghiere, non sapevo se era un sogno o solo visioni e poi..di nuovo fuoco....mi svegliai di soprassalto. Fyellon non era in giro, probabilmente stava di guardia controllando non venissero a cercarci le guardie del Palazzo.
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Guisgard ascoltò le parole di Talia.
La luce del camino si posava su di loro e sulle forme della stanza che li circondava. Tutto appariva intriso di una patina simile al sogno, alle descrizioni che si leggono nei romanzi o a quelle che la fantasia modella quando è ispirata dalle rime di qualche cantore. Talia raccontava di Capomazda e di Sygma, di Andros e di Chymela. Parlava di regni potentissimi e terre fatate, separate dal nostro mondo solo dalla scia dei sogni. Apparivano contrade lontane e tempi irraggiungibili, eppure, accarezzati dalla dolce voce di lei, sembravano sul punto di divenire reali. Poi il racconto di Talia terminò e un lungo silenzio seguì quei momenti successivi. “Cosa pensi, Talia?” Domandò Guisgard prendendo la mano di lei. “Il maestro diceva sempre che nulla accade per caso… che c’è sempre una ragione per tutto… forse non siamo giunti per caso in questo luogo…” Il fuoco cominciava a consumarsi pian piano. Il rumore dell’ultima legna che si consumava, sembrava una melodia sulle cui note danzavano gli ultimi bagliori morenti. Guisgard accarezzava i lunghi capelli di Talia e l’altra sua mano le cingeva i fianchi. “Vorrei essere davvero un principe, sai?” Mormorò. “Perché tu sei davvero una principessa… si, l’ho sempre saputo in fondo al mio cuore… ed io vorrei essere un principe… e non un trovatello... e galoppare e vincere la distanza che separa i sogni dalla realtà… si, un principe come Andros… ma solo se tu sarai Chymela…” Guardò allora la ragazza e si accorse che dormiva. “Sei stanca, vero?” Sorridendo lui. “Si, è stata una lunga giornata… ma mi perdonerai se non ti porto subito nel tuo letto? Voglio averti ancora sul mio cuore… almeno fino a quando non si spegnerà il fuoco nel camino…” e delicatamente, lasciò un dolce bacio sulla bocca di lei. |
Redentos seguì il gesto di Lilith ed annuì.
“Si, partiamo subito…” disse “… verso quella direzione.” Indicando proprio il Nord. Si misero così in viaggio e durante il tragitto, Redentos si affiancò a Lilith. “Vi incuriosiva il mio Rosario?” Domandò alla fanciulla. “E’ vostro… vi proteggerà e guiderà il vostro cammino.” Ad un tratto sentirono un pianto. Nella selva, sul sentiero, apparve una donna. Piangeva e si disperava. |
Presi in mano il rosario, lo accarezzai delicatamente... Anche se non avevo capito bene come funzionava, mi ero affezionata a quell'oggetto. Scostai il mio mantello e lo legai alla cintura con molta cura, per poi coprirmi nuovamente con il mantello.
Quando, durante il nostro cammino, vedemmo la donna in lacrime, mi si gelò il cuore. Avrei giurato di conoscerla, anche se non avevo mai visto prima d'ora il suo viso. Ad ogni suo singhiozzo di disperazione un brivido freddo mi attraversava la schiena. Fui la prima ad avvicinarmi a lei per poter vedere meglio il suo viso e capire perchè fosse nel bel mezzo della foresta a piangere. Era accovacciata a terra ed io mi piegai per poter essere alla sua altezza. "Perchè siete qui e vi disperate?" le chiesi, cercando di intravedere i suoi occhi, coperti dai capelli che le coprivano parte del volto. |
XIV Quadro: La Lacrima di Cristo
“Di queste potenze o entità immani si può immaginare una forma di sopravvivenza come residuo di un’età remota in cui… la coscienza si manifesta con aspetti e forme da lungo tempo ritrattesi davanti all’avanzante marea dell’uomo… Forme di cui solo la poesia e la leggenda hanno conservato memoria, battezzandole col nome di dei, mostri ed esseri mitici di ogni specie…” (Algernon Blackwood) A quelle parole di Elisabeth, Shoyo, furente, la schiaffeggiò violentemente. “Non osate mai più rivolgermi a me in questo modo!” Con rabbia la ragazza cavaliere. “Vostro figlio è un insolente, ma vedendovi non stento a comprenderne il motivo... del resto una donna che si ritrova un figlio, ma non un compagno la dice lunga sui suoi costumi!” “Ora basta.” Sentenziò Guxyo. “Non tollero simili dispute alla mia tavola. I nemici sono quelli oltre le mura di Tylesia, dunque basta guerreggiare tra noi.” Tutti, compresa Shoyo, ritornarono a sedersi. “Milady...” rivolgendosi Guxyo ad Elisabeth “... dite il vero... io e il capitano Reas vediamo la vita da due punti di vista differenti... egli è un soldato di questa città, che comunque è ancora retta dalle sue tradizioni Cristiane... io e i miei fedeli, invece, rifuggiamo da ogni credo o superstizione... siamo gli artefici del nostro destino e non ringraziamo alcun dio per le nostre vittorie... allo stesso modo riprendiamo noi stessi per un insuccesso e non cerchiamo mancanze nella nostra coscienza... dunque vi dico che non pregheremo nessuno per questa vittoria, se non noi stessi e il nostro valore.” “Lady Elisabeth...” prendendo la parola il ministro Berengario “... temo voi parliate senza conoscere ciò che accade... avete parlato di preghiere e meriti, ma sapete chi sono veramente i nostri nemici? Coloro che stanno assediando da tempo ormai questa città, con una determinazione e un odio implacabili?” http://25.media.tumblr.com/tumblr_lc...xzqqo1_400.jpg |
Citazione:
Sospirai... ero molto stanca: mi rannicchiai meglio sotto il braccio di Guisgard, dunque, e poggiai la testa contro il suo petto... sì, ero molto molto stanca. Guisgard riprese a parlare e la sua voce suonava come una melodia alle mie orecchie, la sua voce bassa ed armonica che si confondeva con il crepitare lento del fuoco nel camino... Fluttuavo in uno spazio indefinito... l’aria era chiara e limpida, e profumava di lavanda... profumava come quelle calde giornate primaverili al Casale, quando la siepe di biancospino era in fiore e gli iris si preparavano a sbocciare... “Vorrei essere davvero un principe, sai?” mormorò la voce di Guisgard, da qualche parte vicino a me “Perché tu sei davvero una principessa... si, l’ho sempre saputo in fondo al mio cuore... ed io vorrei essere un principe... e non un trovatello... e galoppare e vincere la distanza che separa i sogni dalla realtà... si, un principe come Andros... ma solo se tu sarai Chymela...” Sorrisi... I miei fratelli giocavano spesso ai cavalieri, da piccoli... ma solo lui mi permetteva di fare la principessa in quei giochi, solo lui mi permetteva di sognare un futuro diverso da quello che era stato deciso per me... E poi quel bacio... le mie labbra sfiorarono le sue e, per un istante, desiderarono non abbandonarle più. Fu un attimo infinito... un attimo meraviglioso, che rimase sospeso tra il sogno e la realtà... un attimo, un’emozione forte... poi giunse quell’alito di vento che portò con sé nuove immagini e confuse le une con le altre... La scala era stretta e buia, le poche torce consumate attaccate alle pareti la illuminavano solo parzialmente e lasciavano comunque in ombra i consunti gradini di pietra... io, stretta nel pesante mantello nero, il cappuccio calato sugli occhi, la scendevo di corsa... i miei passi leggeri sui gradini umidi risuonavano cristallini nel buio, generando un’insolita eco. Giunsi ai piedi della scala e mi fermai un momento, incerta sulla direzione da prendere... mi guardai intorno appena per un attimo, poi mi incamminai per il corridoio di sinistra... Procedevo lentamente, gettando rapide occhiate spaventate nelle celle... molte erano vuote, alcune ospitavano uomini dall’aspetto poco rassicurante... alcuni di loro restavano immobili al mio passaggio, altri sollevavano appena lo sguardo, qualcuno si sporgeva dalle sbarre per cercare di afferrare il bordo del mio mantello... mi strinsi di più in me e tirai dritto... Poi, finalmente, lo trovai... se ne stava in piedi, la schiena appoggiata contro il muro e lo sguardo perso lontano... mi fermai di fronte alla sua cella, ma lui non si voltò a guardarmi... Mi guardai intorno per un momento e la vidi... una grossa e pesante chiave un po’ rugginosa... era appesa ad un chiodo, praticamente irraggiungibile dalle celle ma bene in vista, così che i prigionieri potessero ben vederla... un’altra condanna! La afferrai e la infilai nella toppa, la serratura cigolò, poi scattò e la porta della cella si aprì... E soltanto allora l’uomo si voltò verso di me. Aveva i capelli scuri e splendidi occhi azzurri, un abito ricco che cozzava con la miseria e lo squallore di quel luogo... si voltò verso di me, sollevando la testa ed il mento, come chi non è abituato a soccombere, e mi puntò addosso uno sguardo indecifrabile... Ed io tremai. Per qualche istante restammo così, immobili ed in silenzio... poi io sollevai le mani e sfiorai il bordo del cappuccio, lasciandomelo scivolare indietro... Ed allora il suo sguardo mutò, i suoi occhi si allargarono e la linea delle sue labbra si addolcì. “Chymela...” sussurrò, superando il primo momento di sorpresa. I miei occhi si riempirono di lacrime, ma mi sforzai di sorridere... “Cristiano...” mormorai, per poi corrergli incontro e stringerlo forte, gettandogli le braccia al collo... un istante e subito tornai a guardarlo, prendendo il suo volto tra le mani “Andros!” Quel nome... pronunciare quel nome mi causò una curiosa sensazione... Sorrisi, dunque, e abbassai appena lo sguardo... “Sei stato un pazzo!” ripresi poi a dire “Un pazzo a restare qui... a lasciare che ti arrestassero! Oh, Andros... saresti potuto essere lontano, adesso... saresti potuto essere libero! Perché...” sussurrai, avvicinando le mie labbra alle sue “Perché sei rimasto?” Il calore dei primi raggi di sole mi sfiorò la guancia ed io aprii gli occhi. |
“Mi parlate spesso di questa Gioia dei Taddei...” disse il Canonico Regolare “... eppure resta così enigmatica ai miei occhi... è forse una malattia?”
“Si, una malattia...” annuì il maestro di corte Aiellus “... ma una malattia dell'anima, come la follia...” “Di cosa si tratta dunque?” “Immaginate di vedere qualcosa...” spiegò Aiellus “... di vedere qualcosa in sogno o nella realtà... qualcosa di straordinario, di unico, capace, in un solo istante, di compiere, realizzare e legittimare la vostra intera esistenza, di renderla assoluta e infinita...” “Una sorta di stato di Grazia...” mormorò il Canonico, esortato a riflettere dalle parole del maestro “... come descrivono quei santoni orientali riguardo ai loro arcaici culti?” “Non uno stato di Grazia.” Scuotendo il capo Aiellus. “Un simile stato, benché meraviglioso, è temporaneo... ciò di cui parlo, invece, è eterno, come lo sono le cose che non appartengono a questo mondo...” “Credo di comprendere...” fece il Canonico. “Lo credete davvero?” Con un sorriso il maestro. “Non credo... neanche io potevo prima...” “Allora spiegatemi, vi prego...” “Forse” fissandolo Aiellus “per l'umana natura può essere d'aiuto sostituire i sensi con le immagini... immaginiamo allora di dare una forma a quella cosa vista in sogno o nella realtà... immaginiamo sia un Fiore, per esempio...” “Perchè proprio un Fiore?” Domandò il Canonico. “Forse perchè” rispose Aiellus “in quest'epoca nessuno più si cura dei fiori... si ammirano, si... se ne apprezza il profumo, il colore, anche la bellezza... qualcuno tenta anche di dare ad un dato fiore un significato... ma nulla più..” In quel momento entrò Andros nella sala, interrompendo il loro discorsi. I due si alzarono e salutarono il duca con un inchino. “L'ho fatto di nuovo, maestro...” mormorò il giovane Taddeide “... ho di nuovo fatto quel sogno stanotte...” Guisgard prese in braccio Talia e delicatamente la posò nel suo letto. Le tolse prima una scarpa, poi l’altra. Raccolse infine le gambe di lei e lasciò che le morbide e profumate lenzuola del letto avvolgessero il suo corpo. Talia dormiva e respirava dolcemente. Aveva le labbra solo appena schiuse e Guisgard restò a fissarla per un attimo che sembrò assomigliare all’eternità. “Anima mia…” sussurrò lui, accarezzandole il volto “… starai sognando… e Dio solo Sa quanto vorrei essere il re di quei sogni…” Un attimo dopo uscì dalla stanza e scese nel grande giardino del palazzo. Fissava il paese sottostante alla cima del colle, mentre le sue luci andavano pian piano a spegnersi, come infinite lucciole che si perdono nella rugiada cromata del mattino nascente. “Attendete l’alba, mio signore?” Arrivando alle sue spalle il vecchio guardiano. “No…” sorridendo Guisgard “… mi basterebbe fissare la finestra della stanza di…” esitò “… di mia moglie…” Il vecchio sorrise e si sedette accanto a lui. “Si…” fissando anch’egli il cielo “… è molto bella… non mi meraviglio che l’abbiate scelta in moglie, milord…” rise “… ricordo ancora quel giovane Lancillotto che correva per il palazzo dei Taddei, gridando che non si sarebbe mai innamorato!” Guisgard accennò un sorriso. “Sapete…” mormorò il cavaliere “… io non credo di essermi innamorato… voglio dire… non ricordo quando mi sono innamorato di lei… so di amarla da quando ho memoria… forse l’ho amata infinite altre volte, in mille e più vite precedenti… non potrei, né saprei fare altro che amarla…” fissò il vecchio “… credete sia pazzo, vero?” “Si, milord.” Annuì il vecchio. “Totalmente e senza alcun rimedio. Come tutti gli innamorati.” E rise di nuovo. Poi, ad un tratto, si fece serio. “Perché siete tornato, mio signore?” Domandò a Guisgard. “Lo state ancora cercando, vero?” Guisgard lo fissò stupito. “Mi riferisco al vostro sogno…” continuò il vecchio “… quello che vi ha spinto fino a Sygma… avete più fatto quel sogno, milord?” Nella sua stanza, intanto, destati i suoi sensi dall’albeggiare, Talia si svegliò. |
“La città dista circa nove miglia da qui...” rispose il falco a Cavaliere25 “... proseguendo su questo sentiero, non impiegheremo molto a raggiungerla...”
“Sono solo al mondo...” fece Tieste “... sebbene...” esitò, facendosi un po' rosso in volto “... sebbene vi è una fanciulla che amo...” e chinò il capo. “E lo dici in questo modo?” Fissandolo il falco. “Dovresti essere felice, non triste.” “E' che...” mormorò l'omone “... io non ho il coraggio di dichiararmi a lei...” |
come ???? dissi sorpreso voi non avete il coraggio di dichiararvi? continuai a dire non mi sembravate timido però quando volevate fare il duro se volete vi do una mano io che ne dite? e lo guardai sorridendo dentro di me pensai che uomo strano con me faceva il duro e quando è davanti a una donna si imbarazza
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Altea si svegliò, ritrovandosi sola.
Ma solo apparentemente. Davanti a lei, infatti, comparve una figura. Era una bambina, vestita di stracci e col viso sporco di fumo. Nelle manine, quasi cercando protezione, stringeva una bambola di pezza. Tremava e fissava in silenzio la ragazza. |
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