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Lancelot fu così condotto in una cella della caserma, dove si trovava il prigioniero.
“E’ stato catturato mentre tentava di nascondersi tra alcuni mendicanti.” Spiegò uno dei soldati al capitano prima che questi entrasse dal prigioniero. “Era quasi giunto ad una delle porte della città, quando è stato catturato dalla guarnigione al posto di controllo. Abbiamo smascherato il suo travestimento grazie al Giglio Verde che aveva tatuato sulla schiena.” Lancelot fu così fatto entrare. Davanti a lui vi era un uomo legato su una sedia. E appena questi vide i soldati repubblicani, sul suo volto si formò un sorriso di sfida. |
Continuavo a fissare quegli strani oggetti ma cosi affascinanti "Orlando, è vero anche io sento una presenza in questo posto, ma ne sono cosi affascinata che non riesco a staccarmene." Trovai dei libri, guardavo con attenzione i titoli, la scrittura era estranea, ritornai vicino quelle tazze e ad un tratto notai un biglietto. "Orlando guarda questo biglietto, ma che significa tutto questo? tocca queste tazze, sono calde. Significa che poco tempo fa qualcuno stava bevendo un the in questa camera." Mostrai ad Orlando il misterioso biglietto
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Risposi di essere molto tranquillo, solo che non riuscivo a capire il perchè di tutto quel mistero, pensaì tra me non potrebbe raccontarlo? Chiesi ai miei nuovi compagni come avremo dovuto comportarci, intanto il Maestro rimaneva vicino a quel tavolo.
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I due fedeli di Fountaine fecero capire a Parsifal di tornare al tavolo con loro.
Il cacciatore di taglie, intanto, notato il misterioso uomo accanto ai suoi tre compagni, lasciò il tavolo e lo raggiunse. “Ancora mi segui, Mounth?” Domandò al misterioso uomo. “Ormai non c’è più contesa tra noi. Quindi non seguitare a starmi alle costole, o finirai male.” Detto questo raggiunse Parsifal ed i suoi due fedeli. “Andiamo via.” Disse lasciando delle monete sul tavolo. “Meglio riprendere la nostra caccia.” |
Prima di andar via, lanciaì un ultimo sguardo a quell' uomo che scambiò qualche parola fugace con il mio mentore. Chissà cosa si son detti,....non volevo entare troppo nell'intimo e nel passato del mio Maestro, non potevo permettermi ciò. Al momento giusto, però lo chiederò, ma non era maturato il tempo.
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Orlando si avvicinò ad Altea e prese dalle sue mani quel biglietto.
Lo aprì e ne lesse il testo: “Ormai è sicuro, amici… a Camelot vi è una spia. Solo così si spiega la capacità di Missan di conoscere molti dei nostri movimenti. Probabilmente si tratta di un uomo molto scaltro e in grado di poter muovere una temibile rete di informatori. Siate dunque tutti prudenti e vigili. Ci ritroveremo appena noi saremo ritornati dalla Francia. E rammentate i miei ordini... che nessuno di voi si faccia catturare.” E alla fine quel biglietto recava come firma l’immagine di un fiore stilizzato. http://profile.ak.fbcdn.net/hprofile..._7866171_n.jpg |
Fountaine allora fece cenno ai suoi di andare.
Ma appena lui, Parsifal e i due collaboratori si ritrovarono nelle stalle della locanda, il misterioso uomo che Fontane aveva chiamato Mounth, accompagnato da quattro compagni armati, si mostrò loro. “Non abbiamo risolto un bel nulla, Fountaine!” Gridò con tono di sfida. “Anzi, la questione tra noi è ancora aperta! E visto che non hai voluto affrontarmi da solo, ora lotteremo tutti contro tutti… compresi quei tre stolti che ti porti dietro!” “Non voglio battermi con te.” Replicò Fountaine. “Ho di meglio da fare.” E voltò le spalle al bellicoso Mounth. “Non osare darmi le spalle, cane!” Gridò questi, per lanciarsi poi contro il cacciatore di taglie. “In guardia, ragazzi!” Urlò Fountaine ai suoi. Un attimo dopo esplose il duro scontro. |
Soltanto un codardo poteva attaccare alle spalle, non si lotta così bisogna rispettare la prassi e l'onore sono alla base del codice. Un riflesso repentino mi fece avvicinare all'arco equipaggiato lungo la sella di Belfagor che era lì vicino e lo puntaì a pochi centimetri dalla testa del citato Mounth....
"Combatti con onore e rispetta i precetti, villano.... per il tuo bene non osare provocarmi non hai a che fare con un bambino. Due persone vivono in me...non conosci la mia storia" |
La faccenda prendeva una piega più misteriosa, guardai quel biglietto con stampato un Giglio Verde. "Orlando, che simbolo è questo? mai ne ho visto uno uguale. E poi avete letto il messaggio? si parla di spie e di un certo messere di nome Missan. Ritengo sia meglio riporlo dove lo abbiamo trovato e di andarcene da qua, questo posto è troppo pericoloso."
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ora che si fa dissi guardando gli zingari c'è ancora una guardia in giro continuai a dire e aspettai una loro risposta mentre mi guardavo bene in giro
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"Bene bene..." dico avvicinandomi alla sedia dove è seduto l'uomo.
"Quindi sarebbe questo il volto del famigerato Giglio Verde? Lasciati dire che non è nulla di impressionante... Vedo solo stupidità affiorare dalla tua espressione, la stupidità di chi si pensa talmente forte o furbo da non rivelare nulla ai suoi aguzzini..." Estraggo il coltello dal piccolo fodero sul mio fianco sinistro, e comincio a giocherellare con la lama. "Vedi, a noi le tue informazioni non servono. I tuoi compagni non hanno scampo. Le nostre maglie sono talmente strette che non riusciranno mai ad abbandonare la città, e il popolo vi odia al punto che vi ucciderebbero essi stessi se doveste chiedere aiuto a qualcuno, rinunciando persino alla ricompensa che avrebbero dalle mie guardie. Siete soli." Mi avvicino all'uomo e con rapidi colpi di pugnale straccio la sua camicia, strappandogliela poi via con violenza. "La domanda da farsi è dunque: cosa farne di te? Oh, non parlerai, so bene che non parlerai. Sei un uomo d'onore, un uomo tutto d'un pezzo. Questa tua fedeltà va premiata, non credi? Quindi non ti ucciderò... Tu vivrai ancora a lungo, molto a lungo. Desidererai la morte, la chiederai, la bramerai, ma essa non arriverà. Guardie!" Gli uomini di guardia alla cella si mettono sugli attenti, in attesa del mio comando. "Strappate al nostro prigioniero i denti, non vorrei che gli venisse in mente di uccidersi mordendosi la lingua. Divertitevi con lui come meglio credete, fategli assaggiare un po' d'Inferno, visto che lui sembra credere che esista. Deve soffrire, e sapere che questo sarà solo l'inizio. Dopodiché, lavatelo, curatelo e nutritelo. Con il meglio che abbiamo. Voglio che resti in forze, così domani ricominceremo." Mi avvio a rapidi passi fuori dalla cella, lontano dalle orecchie del prigioniero e delle guardie, intercetto il Comandante della caserma e solo a lui confido le mie disposizioni. "Torturatelo per tre giorni. Siate efferati, crudeli, se vi dirà che vuole parlare, non ascoltatelo. Ogni notte lo pulirete, lo nutrirete e lo riporterete nella sua cella. E ogni notte lascerete volutamente un possibile indizio di fuga. Ogni notte metterete del sonnifero nel vino delle guardie, così che egli possa pensare che i suoi carcerieri hanno l'abitudine di abbandonarsi al sonno durante il loro turno. Appenderete le chiavi della cella alla parete, in alto a sufficienza da non dar l'impressione che siano state messe lì apposta per esser rubate, ma d'altro canto non troppo difficili da prendere se, libero mani e piedi dalla sedia, il prigioniero dovesse usare le sbarre della cella come appoggio per un'arrampicata. La terza notte, userete una tortura diversa: conficcherete nel muro della cella dei chiodi arruginiti e vi spingerete contro la schiena del prigioniero procurandogli sofferenze atroci. Poi, come sempre, lo pulirete, lo nutrirete, e di nuovo lo legherete alla sedia mani e piedi, al centro della cella e lontano dai muri. Durante la notte, vedendo le guardie assopite, con piccoli balzi della seggiola si avvicinerà al muro con i chiodi, e userà quelli più bassi per liberarsi dei legacci. Una volta libero, certamente tenterà di prendere le chiavi appese al muro... E se dovesse farcela, come io credo e spero, sarà libero. Prenderà una delle spade al fianco delle guardie, e cercherà di uscire dalla caserma. Quella notte voi vi premurerete di drogare le poche guardie delle prigioni, così che i loro riflessi siano lenti e le reazioni inadeguate a contrastare la forza della disperazione del prigioniero. Qualcuna delle nostre guardie potrebbe morire, ma è un sacrificio che siamo disposti ad accettare, nel nome della Repubblica. E' essenziale dare al prigioniero l'impressione che la sua fuga sia reale. Quanto alle guardie nel perimetro esterno, confido che il nostro amico saprà evitarle, sono cospiratori, abituati a muoversi nell'ombra. E in ogni caso darete istruzioni alle sentinelle di far finta di non aver visto nulla, quand'anche dovessero scorgere un'ombra uscire dalla caserma. Solo io, voi, e un manipolo ristretto di soldati attenderemo nell'ombra, vigili, pronti a seguirlo a piedi dovunque la notte lo conduca. Non porteremo armature o altro che possa fare rumore. Solo pugnali e spade corte, dovremo muoverci con la massima discrezione e silenzio. Ed ora, se è tutto chiaro, procedete. E vedete di non deludermi." |
Ricordo che da piccola, quando avevo appena pochi anni, mi capitava spesso di avere degli incubi.
“Ah!” Quella volta mi svegliai nel cuore della notte, di soprassalto, gridando... Passò qualche minuto... terribili attimi nei quali fluttuai in quel buio pesto, con il cuore che batteva forte per la paura, senza sapere dove fossi, senza sapere cosa c’era di vero in quel che avevo appena visto... Poi, finalmente, una luce apparve vicino a me... una luce aranciata, calda e rassicurante... e alla luce tremolante di quella candela vidi un volto... “Talia... Talia, che cosa succede?” Guardai quel viso e calde lacrime iniziarono a rigarmi le guancie... faticavo a spiegare ciò che avevo visto e la paura che avevo provato... “C’era un uomo cattivo...” iniziai a dire, singhiozzando “Lui arrivava qui e distruggeva tutto. Distruggeva Colaubain, bruciava il monastero e l’Istituto... e noi...” “Sssshhh...” mormorò suor Amélie a quel punto. Si sedette sul bordo del mio letto, appoggiò la candela e mi abbracciò teneramente. “Calmati, Talia... calmati. E’ stato solo un brutto sogno!” Io continuavo a singhiozzare forte, tanto forte che quasi mi mancava l’aria... avrei voluto spiegarle che non era stato un sogno come un altro, avrei voluto spiegarle quanto vero mi era sembrato quel sogno e il terrore che quell’incubo aveva insinuato nel mio cuore... e tuttavia non ci riuscii. Al contrario, più suor Amélie mi stringeva tra le braccia e più quell’indistinto senso di panico si allontanava... “Va tutto bene...” mi disse dopo un momento, tornando a guardarmi “E’ stato solo un incubo... ma sei al sicuro, qui! Non accadrà niente, sta’ tranquilla...” I suoi occhi si fecero più dolci del solito in quel momento, mi accarezzò piano i capelli, poi soggiunse: “E qualsiasi cosa accadrà, io ci sarò sempre! Ricordatelo, Talia... io ci sarò sempre!” Quel ricordo scivolò via dalla mia mente in un attimo, ma le parole di Soeur Amélie continuarono ad echeggiare tra i miei pensieri... Io ci sarò sempre... Sempre... E un cocente senso di disagio mi pervase di nuovo, perché la verità era che io invece non c’ero stata... io ero venuta meno a quella sorta di tacito patto, e proprio nel momento del bisogno... io, nel momento più buio e terribile, mi ero trovata lontana. Io non c’ero stata. Io ero tornata troppo tardi! Fissai con disprezzo Tafferuille balzare sul carrozzone... Ero arrabbiata. Ero arrabbiata con lui, ma più ancora ero arrabbiata con me stessa... io che avevo lasciato penetrare in me le sue parole... io che avevo lasciato che la collera prendesse il sopravvento e lacerasse, seppur per un momento, quella inossidabile maschera che con tanta cura e con determinazione mi ero costruita... Per un attimo quelle sue parole provocatorie e cocenti fecero vibrare ogni singola corda in me... per un istante una velenosa risposta mi bruciò sulle labbra... ma fu solo per un attimo, poi di nuovo il volto dolce di suor Amélie fluttuò verso di me... Sempre... E tacqui! No, non glielo avrei permesso. Non avrei permesso né a Tafferuille né a nessun altro di rovinare tutto. Il mio piano, il mio meraviglioso piano di... da qualche parte nella mia mente risuonò la parola ‘vendetta’, ma la zittii immediatamente... il mio meraviglioso piano ‘di giustizia’ -mi ingiunsi di pensare- stava procedendo a gonfie vele... Tafferuille non me lo avrebbe rovinato, nessuno lo avrebbe fatto! Inspirai e, sfoderando il più gentile dei sorrisi, mi voltai verso gli altri... Citazione:
Risi appena, come se trovassi ciò deliziosamente divertente... quindi lasciai che Tissier mi aiutasse a salire sul carro e soggiunsi, più piano come se mi rivolgessi agli altri ma in tono perfettamente udibile anche da dove si trovava l’uomo mascherato: “E comunque... può dire quello che vuole di me, ma lui è e resterà un attore da quattro soldi che non ha neanche il coraggio di mostrare la faccia!” Il viaggio verso il teatro fu breve... o forse parve breve a me, che avevo la mente totalmente da un’altra parte... Poi finalmente lo spettacolo! Citazione:
Gli spettatori... per un attimo mi mancò il fiato a vedere la platea piena e il luccicare di tutti quegli occhi puntati su di me... una platea vera, un teatro vero... per un attimo il mio sguardo corse tra quei visi, poi salì più in alto verso i palchi... per un attimo. Sospirai, come se ogni mia gioia fosse negli occhi di qualcuno che non era lì... “Oh, Renart...” mormorai allora, in un languido sussurro perfettamente udibile anche dalle ultime file “Oh, Renat, che ingrata vita è questa... tu, mio adorato, costretto a partire con la tua compagnia di ventura... ed io? Che cosa ne sarà di me, costretta a starti lontana? Cosa ne sarà di me, quando non potrò vedere il tuo caro volto, quando non potrò udire la tua voce...” ancora un sospiro “Oh, Renart... Renart... non lo sapevo, io, prima di incontrare te, che si può vivere anche a due dita da terra... non lo sapevo. Ed ora, ora che lo so, ora che mi sono sufficienti i tuoi occhi per sognare e la tua sola presenza per esser felice, ora tu parti, vita mia... Che cosa ne sarà di me? Da che cosa, domani, potrà trarre vita il mio povero cuore?” |
Il palazzo era buio e freddo.. Stringevo forte il mio pugnale.. Mi avvicinai al ragazzo dai capelli rossi che era con noi e gli chiesi sussurrando:
<<Dove dobbiamo andare? e che dobbiamo fare?>> Ero tesissimo.. |
Chiusi gli occhi e riuscii ad avvertire il live fremito delle ali dell' ape....era viva e stava bene.......potevo pensare rimettermi in piedi...e cosi' ad occhi chiusi.......pensai allora alla mia terra.......all'odore della pioggia quando bagna le foiglie cadute dagli alberi....il rumore dell'acqua che scorre nei fiumi.....un alito di vento investi' il mio corpo e come ad ogni rinascita ogni parte del mio corpo corperto dalle bruciature divenne vivo e integro come sempre........il dolore scomparve.....riaprii gli occhi per vedere tre volti sbigottiti......sentii le mie labbra stirarsi come in un debole sorriso......e mi alzai, mi misi in piedi con un po' di fatica....ogni volta, l'energia sembrava abbandonarmi....ma questa volta non mi feci abbattere da questa mia debolezza.....mossi alcuni incerti passi nella stanza.....avevo bisogno di riprendere coscienza e di riunirmi al mondo animale......mi voltai verso di loro....." Mi state guardando, come si guarda un morto che riprende vita....volete sapere la verita', ve ne ho dimostrato il potere......posso trasformare le ossa in acqua, perche' cosi' ogni passaggio divanta possibile al corpo umano....posso chiedere al vento di gelare l'animo umano.......posso chiedere alla mia parte animale...di unirsi a me.......ma devo essere consapevole di cio' che faccio.......non potr' mai..agire nelle tenebre dell'ignoranza.......ora, ve lo chiedo per un ultima volta...chi siete e come avete saputo di me......."..........ero stanca, Emile era sparito nel nulla,infondo era meglio cosi'..non sapevo neanche io fossi vissuta solo un'altra giornata......speravo almeno che con lui la vita fosse piu' clemente....
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Orlando restò turbato da quel biglietto e per qualche istante sembrò quasi incapace di destarsi da quella sensazione.
“Dunque…” mormorò fissando quel misterioso biglietto “… questo è il covo del Giglio verde…” Cominciò allora a guardarsi intorno, come a voler trovare segni e indizi del misterioso padrone di quel luogo. Ad un tratto qualcosa gelò il sangue dei due novelli sposi. Un grosso lupo bianco apparve sulla soglia della porta. Li fissava con il suo sguardo di ghiaccio. “Non…” disse Orlando ad Altea “… non fare gesti bruschi… e non fissarlo negli occhi… per loro è come sfidarli…” http://data.whicdn.com/images/417677...00-1_large.jpg |
Mounth restò sorpreso dal repentino gesto di Parsifal.
L’arco del ragazzo era a pochi centimetri dal suo volto e da quella distanza non avrebbe avuto scampo. Intanto, Fountaine ed i suoi due assistenti erano riusciti ad avere la meglio sui compagni di Mounth e a metterli in fuga. “Ottimo lavoro, ragazzo.” Disse il cacciatore di taglie avvicinandosi a Parsifal. “Allora, cosa mi dici, Mounth?” Rivolgendosi poi al suo rivale. “E sia…” mormorò questi “… avete vinto…” “E vorresti cavartela così?” Ridendo Fountaine. “Hai dimenticato le regole del codice cavalleresco? Ora sei alla mercè di messer Parsifal… e sta a lui decidere sulla tua vita…” rise “… è tutto tuo, ragazzo.” Fissando Parsifal. “Decidi tu quale sia la sua sorte.” |
Cavaliere25 era riuscito a tramortire una delle due guardie e a fare entrare poi gli zingari nel palazzo.
“Ora devi solamente attirare qui l’altra guardia…” gli disse uno zingaro “… raggiungila e con uno stratagemma falla avvicinare al portone. Noi ci nasconderemo dietro il porticato ed attenderemo il suo arrivo.” Detto questo, gli zingari si nascosero dietro il porticato. Con loro vi era, travestito, anche Daniel. “Ora bisogna mettere fuorigioco l’altra guardia.” Spiegò il ragazzo dai capelli rossi allo scudiero di Guisgard. “Fatto ciò, entreremo in azione per liberare la donna che tengono segregata.” |
Il prigioniero, a quelle parole di Lancelot, rise.
Era una risata beffarda, di chi conosce la morte e non la teme. “Ti senti forte, vero, capitano?” Disse fissando Lancelot negli occhi. “Non credo che tu sia tanto stolto da sperare di farmi parlare… ma sappi che se anche mi uccidessi, mille altri Gigli Verdi fiorirebbero da questa terra resa lercia dai vostri vuoti valori di libertà ed uguaglianza.” Rise di nuovo. “Sai, capitano… c’eri quasi riuscito… si, davvero… eri quasi riuscito a farmi rinnegare la mia Fede… ama il prossimo tuo, dicono i Vangeli… ma fissando te e tuoi uomini mi viene soltanto il voltastomaco…” il suo sguardo fu attraversato da un lampo “… i miei compagni verranno a cercarmi… ed allora, capitano, rotolerai all’Inferno con un tonfo tanto rumoroso da svegliare anche il più addormentato dei diavoli… ed allora capirai che l’Oltretomba esiste… e laggiù è già stata scritta la tua condanna…” “Taci, cane!” Colpendolo con forza uno dei soldati. Uscito dalla stanza, Lancelot spiegò il suo piano al Comandante della Caserma. “Geniale, capitano!” Esclamò l’ufficiale. “Il vostro piano è semplicemente perfetto! Così sarà quel bastardo a condurci dai suoi compagni!” E sul suo volto si formò un’espressione compiaciuta. “Solo una domanda, capitano… credete che quell’uomo sia proprio il Giglio Verde? Il capo della banda?” |
I tre uomini fissarono turbati Elisabeth.
Ma proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta. I tre si scambiarono rapide occhiate che tradivano incertezza e timore. “Chi è?” Avvicinandosi uno dei tre alla porta. “Soldati.” Rispose la voce da fuori. “Stiamo controllando tutta la zona. Nei paraggi potrebbero esserci dei criminali in fuga. Aprite, in nome della Repubblica.” “Mi raccomando, madame…” disse l’uomo ad Elisabeth “… non fate scherzi… ai soldati diremo che siamo dei cantastorie e che vaghiamo di città in città. Niente scherzi o vi pianto il pugnale nella schiena.” L’uomo stava infatti dietro ad Elisabeth, pronto a colpirla a morte al minimo errore da parte della donna. Fissò poi il suo compagno ed annuì. Quello allora aprì la porta per fare entrare i soldati. |
Per le vie di Ostyen.
La volpe correva in quella foresta di pietre lastricate e ciottoli levigati, mentre i segugi, fiutando le sue tracce, la inseguivano senza sosta. Ad un tratto un piccolo ponticello, sotto il quale scorreva un corso d’acqua. Con un agile balzo il fuggitivo lo scavalcò, per poi aggrapparsi alle travi in ferro che sostenevano la muratura inferiore, posta al disotto del piano della strada. I soldati passarono oltre, dando così al fuggitivo un breve ma decisivo vantaggio. Tornò sulla strada e proseguì in un piccolo vicolo laterale. E giunto ad una porta vi entrò, ritrovandosi in una sorta di magazzino sotterraneo. “Benvenuto a te, amico mio!” Esclamò all’improvviso una voce. “Mille volte benvenuto!” “Abbassa la voce!” Voltandosi il fuggitivo, mentre era impegnato a serrare bene la porta di quel magazzino. “Come ti chiami?” Domandò l’uomo del magazzino, avvicinandosi barcollando al fuggitivo. “Non urlare!” Intimò questi. “Ah, capisco…” mormorò l’altro “… sei un Ulisse senza nome… beh, io ne ho uno invece… di nome intendo…” mentre beveva dalla sua bottiglia. Era visibilmente ubriaco. “E sai qual è il mio nome? Avanti, chiedimelo! Dai, coraggio, chiedimelo!” Il fuggitivo gli fece cenno di star zitto. “Allora mi presenterò lo stesso… ah, ma vedo che sei uno spadaccino, amico mio…” fissando la spada del fuggitivo “… allora faremo un patto… io ti insegnerò a recitare… e tu invece insegnerai me a tirare di spada… ma prima voglio presentarmi… sono Tafferuille… si, il grande Tafferuille… mi ha detto che sono un attore da quattro soldi, sai... senza neanche avere il coraggio di mostrare la faccia, mi ha detto… e sai perché porto questa maschera?” Il fuggitivo fece di non con la testa. “Allora ti faccio vedere io perché porto questa maschera…” disse Tafferuille, per poi togliersi la maschera e mostrare il suo volto. Fissava il fuggitivo con quei suoi occhi azzurri, imprigionati in un volto sfigurato e deforme. Il fuggitivo chinò lo sguardo e scosse il capo. “Sono Tafferuille…” barcollando per il magazzino “… Tafferuille… lo senti il pubblico? Tafferuille…” un attimo dopo, ubriaco fradicio, crollò al suolo. “Ehi, tirati su, amico!” Avvicinandosi a lui il fuggitivo. Ma in quel preciso momento si udirono dei passi provenire dalla strada. “I soldati…” mormorò il fuggitivo. Intanto, sulla scena, Talia era apparsa al pubblico. La sua bellezza e freschezza animarono subito l’attenzione di quel pubblico troppo incline ad annoiarsi e a protestare subito. E a quei tempi, amici lettori, bastava un nonnulla per far fallire una commedia e trasformarla in un concerto di frizzi e lazzi, con conseguente rovina per la compagnia di attori in questione. L’ingresso di Colombina, come detto, era bastato ad attirare l’attenzione di tutto il pubblico in sala. La meravigliosa musa comica aveva sospirato per il suo amato ed attirato lo scaltro Arlecchino. Questi era fermo presso la leva di una botola destinata a Renart, permettendo così poi al suo padrone di corteggiare indisturbato la bella Colombina. “Ma dov’è Tafferuille?” Agitato Essien dietro le quinte. “Tocca a lui! Che il diavolo se lo porti!” Disperato allora si voltò in cerca del suo attore. E lo vide proprio mentre si aggirava dietro l’impalcatura. “Vuoi rovinarmi?” Avvicinandosi a lui Essien. “Dov’eri? Ad ubriacarti, vero? Avanti, vai in scena!” E afferrandolo lo lanciò poi dall’altra parte del sipario. Così, senza essersene quasi reso conto, Tafferuille si ritrovò davanti al pubblico. Rimase così, quasi sconcertato a fissare la platea. Nel vederlo così, scombussolato ed incerto, il pubblico lo accolse con chiassose risate. Tafferuille allora restò ancora più sorpreso di fronte a quell’ovazione per la sua giullaresca assurdità. “La battuta!” Disperato Essien da dietro il sipario. “Perché non pronuncia la sua battuta d’ingresso?” Tafferuille allora si voltò verso Talia. La ragazza appariva dotata di una bellezza ed una raffinatezza non comuni. I lunghi capelli chiari e castani, a cui le luci del teatro donavano riflessi dorati, scendendo come grappoli biondi e maturi, incorniciavano a dovere una testa ed un collo assai vicini alla perfezione. Il viso ovale racchiudeva a sua volta uno sguardo vispo, illuminato da vivaci occhi che Tafferuille, stando qualche passo distante, immaginò azzurri o verdi. “La battuta, dannato ubriacone!” Mordendosi la lingua Essien e quasi tirando giù il sipario per la disperazione. “Se non comincia saremo tutti rovinati!” http://cfs2.tistory.com/upload_contr...MTczMy5qcGc%3D |
Sembrava Orlando conoscesse l'origine di quel simbolo e di cosa ci stesse dietro, quando udii la sua voca farsi roca dalla emozione, davanti a noi apparve un magnifico esemplare di lupo bianco.
"Orlando, temi un lupo? perchè mai dovrebbe prenderla per una sfida, ricordati che loro attaccano solo se affamati, non sono malvagi di natura. Comunque tu gli fai sentire che hai paura di lui, e per lui questa è una sfida. Sediamoci a terra, su queste pellicce e aspettiamo l'animale esca, e non tentare di ucciderlo". |
"Se io credo che quel poveretto sia il capo?"
Ripeto ad alta voce la domanda formulatami dal comandante, come per concedermi il tempo di decidere la risposta... In realtà i miei pensieri erano occupati dalle parole del prigioniero, e dalle sue promesse... Per vane che fossero, valeva la pena dar loro credito. "Non importa se sia il capo o no, certamente tenterà di raggiungere il suo gruppo, o quantomeno di uscire dalla città. La sua fuga dovrà avere uno sbocco naturale, quale che sia. E noi lo seguiremo, fosse anche in capo al mondo. Vedete, Comandante, quando si ha a che fare con un'organizzazione come il Giglio Verde, non vale il principio del tagliare la testa per abbattere il corpo. Sono fanatici, il Credo è il loro capo e la Fede la loro testa. Per gente come questa un capo non è altro che un coordinatore sul campo, morto il quale ci sarà subito qualcun'altro pronto ad assumerne le funzioni. Immaginate di avere a che fare con un'immonda Idra, più tagliate le teste, più ricresceranno." Il Comandante mi osservò, frustrato dal mio ragionamento... Senza esitare né attendere la domanda che sembra affiorargli sulle labbra, do al Comandante della guarnigione una risposta secca. "Potremo fermarli solo dimostrando loro quanto si sbagliano. Ma ci sarà tempo per questo. Un'ultima cosa prima di lasciarvi ai vostri compiti: il prigioniero ha minacciato un'incursione dei suoi amici presso la nostra caserma. Non credo sia una minaccia realistica, ad ogni modo tenete gli occhi aperti. Il mio piano prevede di mettere fuori gioco alcuni dei soldati della nostra guarnigione, ma non temete, già da stasera e per i prossimi giorni raddoppierò la presenza di soldati in incognito, infiltrati nelle taverne, negli esercizi e nelle case limitrofe alla caserma. Saranno pronti a precipitarsi in nostro aiuto al primo colpo di schioppo." Con un rapido scatto, mi volto e faccio come per allontanarmi... Poi mi fermo, destinando al mio interlocutore un ultimo pensiero. "Comandante... Non lasciate mai che il dubbio vi colga. Ricordatevi sempre per cosa lottate. Faremo cose terribili, cose brutali, cose che probabilmente ci condannerebbero all'inferno, se davvero esistesse. Ma non dimenticate mai quante vite state proteggendo con queste vostre azioni, quali Ideali Magnus rappresenti, quanta sofferenza è stata estirpata grazie alla Rivoluzione. Coloro di cui oggi noi sembriamo i carnefici, sono la causa di un dolore lungo secoli. Quel dolore riecheggia nell'eternità, e minaccia di ritornare, se noi falliremo. Io non credo in nessun dio, ma credo nella Santità di questa nostra missione. La nostra fede non è in qualcosa di impalpabile o di etereo, è nell'Uomo, e nel suo diritto alla felicità, alla libertà, e all'uguaglianza. Non dimenticatevelo mai, Comandante." |
Gli occhi della preda e del suo cacciatore erano l'uno di fronte all'altro, la lotta era stata vinta dai miei compagni ma tra me e loro e come se fosse stato creato un mondo parallelo, che come unici segni di vita aveva soltanto il battito concitato dei due cuori che erano in lotta. Riuscivo ad avvertire la tensione del mio arco e quella della sua vittima, ero pronto a scagliare il colpo di grazia a codesta miserimma vita...... lasciaì la presa è la freccia andò a conficcarsi a piedi di Mounth scavando un buco profondo tanto della potenza con cui era stata caricata e risposi:
"Ti lascio vivere, non voglio sporcarmi le mani con te....ma sappi una cosa la prossima volta potrebbe andare diversamente...., sono certo che incroceremo nuovamente le nostre strade, messere". Non sapreì spiegare il motivo per cui l'ho lasciato vivere, forse pensaì...."quel gesto potrebbe farlo cambiare o qualcos'altro." |
andai nella dispensa e cercai la seconda guardia la vidi e dissi venite vi prego il vostro compagno non si sente bene e aspettai una sua risposta mentre sapevo la sua fine che faceva e grignai i denti
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<<Non bisogna usare la forza per tramortire un paio di guardie se vi fidate di me faremo un lavoro pulito senza destare tropp attenzione..>> Guardai tutti gli zingari che mi fissavano
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Tafferuille, gettatovi da Essien, piombò in scena come un uragano. Si fermò al centro del palco, restando a fissare il pubblico per lunghi attimi... sembrava quasi sorpreso di trovarsi di fronte tutta quella gente, che ricambiava il suo sguardo dapprima con vivo interesse poi con sempre crescente ilarità.
Anche io rimasi sorpresa per un istante... molte cose si potevano dire di Tafferuille, infatti, ma non certo che avesse mai mostrato una qualche incertezza sul palcoscenico. Per un attimo vi fu immobilità sulla scena... io guardavo Tafferuille, Tafferuille guardava il pubblico, il pubblico rideva... poi l’uomo mascherato si voltò e fissò me per qualche momento... con la coda dell’occhio vedevo Essien dietro la quinta che si sbracciava e faceva segno di procedere, ma Tafferuille non sembrava intenzionato a proseguire... al contrario, avrei quasi detto che non avesse la pur minima idea di che cosa doveva fare o dire... Dapprima, dunque, ricambiai il suo sguardo, allargai appena gli occhi e gli feci nascostamente segno di avvicinarsi. Poi, vedendolo decisamente in difficoltà, decisi che un piccolo cambio di copione sarebbe forse stato opportuno... Feci qualche leggero passo verso la platea, dunque, mostrando sorpresa nel vedere per il nuovo arrivato. “Oh, fatalità!” sospirai, rivolta al pubblico, quasi parlassi alla luna “Invocare il mio Renart, attenderlo... e mai vederlo arrivare... Oh...” Mi voltai, quindi, osservai Tafferuille per un istante, poi tornai a parlare al pubblico... “Ma costui... l’uomo appena giunto... io non lo conosco... che sia stato mandato qui dal mio amato? Magari con un messaggio, con una parola...” Tornai a guardare Tafferuille e, quasi cercando il coraggio da qualche parte, feci qualche passo verso di lui... “Ditemi, mio buon signore, è per conto del mio amato Renart che giungete qui? Ditemi, vi prego... vi ha egli inviato da me con qualche parola? Non esitate, mio buon signore, vi imploro...” Era il suo momento, non potevo fornirgli un ‘la’ migliore per la sua battuta... Lo fissai, in attesa. |
Sembrava assurdo alle mie orecchie sentire bussare alla porta, avevo idea che ci fossimo solo io e loro in tutto il circondario........avevo avuto l'impeto di staccarmi dai miei carcerieri....ma una mano forte e sicura mi afferro' il braccio e non ebbi piu' modo di pensare di andare oltre......me lo ritrovai alle spalle.....avevo una sua mano sulla spalla in segno di confidenza e con l'altra mi fece sentire la durezza di una lama....solo un respiro e mi avrebbe uccisa, avevo un rivolo di sudore che mi scendeva lungo la schiena.......avevo paura.....avevo la necessita' di sentirmi al sicuro......." Vorrei tanto potervi aiutare e sapervi tra le braccia della verita'....mi state minacciando, perche' avete paura che vi tradisco, se vi sentite nella ragione".....ma la porta si spalanco' e mi sentii........in balia di due correnti....dovevo dar fede al mio intuito.....qualcuno stava mentendo...
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La porta si aprì e l’uomo strinse a sé Elisabeth.
Un attimo dopo una figura si lanciò nella stanza, colpendo con forza l’uomo che aveva aperto la porta. Dopo toccò all’altro crollare a terra con la testa rotta. “Chi sei?” Gridò l’uomo che teneva bloccata Elisabeth. “La morte che corre…” rispose Emile, armato di un lungo bastone. “Se ti avvicini, giuro che spezzo il collo di questa donna!” Minacciò l’uomo. “Avanti, butta a terra quel bastone e poi avvicinati al focolare!” Emile obbedì. “Così siete insieme voi due, eh!” Disse l’uomo. Lanciò allora via Elisabeth e si chinò a raccogliere il bastone. Ma, in quello stesso momento, Emile, con rapido gesto, raccolse un ceppo ardente nel camino e lo tirò sul volto di quell’uomo. Questi allora lanciò un grido disumano e cominciò ad agitarsi. Emile lo colpì, facendolo cadere a terra, per poi immobilizzarlo. “Parla… chi siete tu e i tuoi compari?” “Brucio, aiuto!” “Parla, o ti darò davvero fuoco!” Minacciò Emile. “Apparteniamo…” farfugliò l’uomo “… alla setta degli Ottonari Paolisti… al servizio della Curia Romana…” “E perché volevate quel libro?” “Per comprenderne i segreti…” “Perché?” Chiese con rabbia Emile. “In questo paese la Chiesa è in pericolo… e noi dobbiamo riferire tutto a Roma…” Poi, vinto dal dolore, si liberò della morsa di Emile e corse in strada. Ma avendo gli occhi bruciati, cadde poco dopo in un corso d’acqua e morì annegato. “Come state?” Avvicinandosi Emile ad Elisabeth. “Cosa vi hanno fatto quegli uomini’” |
Quando si dice che la mente di un uomo ci mette qualche secondo per mettere a fuoco un attacco di sorpresa........tutte le guardie del mondo...non valevano la furia di Emile......mi setii prima strigere con violenza e poi scansare con un impeto tale che persi l'equilibrio.......sentii quell'uomo dire finalmente la verita'....la Chiesa......avevo rischiato le fiamme e non quelle del camino......lo vidi correre fuori dal capanno in preda a dolori lancinanti........mi alzai da terra....e mi gettai tra le braccia di Emile ".....Ero convinta che mi aveste abbandonata....mio Dio Emile....sono arrivata a toccare la morte, e la cosa peggiore era la solitudine immensa che ho provato.....mi hanno minacciata, ma la mia magia mi avrebbe distrutta sapete che dopo ogni atto la mia energia mi lascia inerme....."...Mi staccai da lui e in lacrime gli dissi "....Non vi azzardate piu' ad andare in giro senza di me.....la prossima volta vi trasformero' in qualcosa di ripugnante"....ma detto questo....mi appesi al suo collo, avevo bisogno di sentirlo vicino
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“Non pensavo certo di ricevere quest’accoglienza da parte vostra…” sorridendo Emile “… soprattutto dopo la nostra ultima discussione alla locanda.” La fissò. “Ehi, cosa sono questi lacrimoni, madame?” Asciugando le sue lacrime. “Una vecchia zingara, al mio paese, diceva sempre che le lacrime sono il preludio alla gioia. Su, è tutto passato.” La strinse nel suo abbraccio caldo e rassicurante.
I due restarono così per diversi istanti che ad Elisabeth apparvero indefiniti. “Forza, lasciamo questo posto…” disse poi accarezzandole i capelli “…useremo i cavalli di questi balordi…” Prese allora il libro e lo rimise nella borsa. “Questa è vostra, madame.” Passandole la borsa. Raggiunsero poi il retro della casa, dove trovarono tre cavalli legati. “Li prenderemo tutti e tre.” Fece Emile. “Così da poter dar loro il cambio.” E saliti in sella a quei cavalli, Emile ed Elisabeth si allontanarono da quel posto. “Siamo attesi ad un appuntamento, madame.” Disse poi Emile ad Elisabeth. http://www.thefilmyap.com/wp-content...Robin-Hood.jpg |
La guardia, a quelle parole di Cavaliere25 mollò tutto e fece segno al ragazzo di andare insieme verso il portone d'ingresso.
"Forza, facciamo presto!" Spronando Cavaliere25 a seguirlo. Giunsero così al portone, ma dell'altra guardia non c'era traccia. "Ehi, ma dove è finito il mio amico?" Rivolgendosi la guardia a Cavaliere25. "Hai detto che non si sentiva bene... ma dove diavolo è andato allora?" Intanto, nascosti nel portico, Daniel e gli altri zingari attendevano il momento giusto per entrare in azione. Citazione:
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Appena la freccia dell’arco di Parsifal si fermò nel terreno davanti a Mounth, l’uomo cadde in ginocchio per lo spavento.
E a quella scena Fountaine ed i suoi due compagni scoppiarono a ridere. “E’ ufficiale, ragazzo…” disse il cacciatore di taglie prendendo sotto braccio Parsifal “… sei dei nostri!” I quattro allora si buttarono nella prima cantina che trovarono ed ordinarono da bere quasi per un plotone. “Al mio amico Parsifal!” Alzando al cielo il suo boccale Fountaine. “Forte come un Ercole, ma generoso come un frate mendicante! Alla sua salute!” E dopo quella colossale bevuta, i quattro lasciarono la cantina. Il loro obiettivo era ora il misterioso Giglio Verde. |
Orlando allora fece esattamente come detto da Altea.
I due, così, si sedettero a terra ed attesero. Il lupo restò a fissarli, senza mai lasciare i loro sguardi. “Forse il vostro amico, milady, fa bene a temere Blender…” disse una figura apparsa quasi magicamente “… visto che vi trovate a curiosare nella dimora del suo padrone…” aggiunse, mentre con una mano accarezzava il magnifico lupo bianco. Il lupo sembrava solo aspettare l’ordine per aggredirli. |
Quell'abbraccio mi diede la sensazione del ritorno a casa.....mi lasciai asciugare le lacrime ed accarezzare i capelli.....era un semplice gesto d'affetto.......alle volte basta veramente poco, per poter tornare ad avere fiducia.....negli eventi " Si ...e' vero l'ultimo nostro incontro e' stato un po'...infuocato.....ma avervi rivisto.....mi ha dato la forza di pensare che anche quando tutto sembra andare per il peggio....puo' esserci qualcuno che ti tira fuori dai guai.....possiamo andare Emile.....e in fretta, questo posto mi angoscia e ho bisogno di aria"...presi la borsa, e me l'appoggiai sul petto.....la mia vita era salva.....gli dovevo la vita, e la vita da' sempre il modo di sdebitarsi.........uscii da casa e salii sul cavallo...l'aria fresca riempii i miei polmoni, si apprezza la vita quando sai che la stai perdendo.....e anche se amavo tutto cio' che per gli altri esseri umani era impossibile amare....." Grazie Emile.....ti devo la vita.....e adesso sono pronta a seguirti in capo al mondo....."...mi affiancai a lui...e in silenzio percorsi l'ignoto cammino
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Fissavo quel meraviglioso esemplare di lupo bianco, ma sempre attenta a ogni suo movimento, notavo che Orlando stava in silenzio, quali pensieri passavano per la sua mente?
Improvvisamente apparve un uomo, si sedette vicino al lupo e lo accarezza, quasi la penombra celava il suo viso. "Blender?" risposi "vi sbagliate messere, noi non siamo giunti a curiosare quaggiù vi siamo capitati per caso cercando una gentil donna che ha appena rubato il mio anello nuziale. Infatti ciò che abbiamo trovato lo abbiamo lasciato...dove e come era. Voi invece avete il timore di mostrare il vostro volto?" |
Il misterioso uomo restò nella penombra, continuando però ad accarezzare Blender, il bellissimo lupo bianco.
“Una donna vi ha rubato l’anello nuziale?” Ripeté fissando Altea. “Dovevate essere più accorta, milady… esso è il simbolo del vostro amore… e l’amore è, insieme alla Fede, il tesoro più prezioso.” “Questo è il covo del Giglio Verde?” Chiese all’improvviso Orlando. Al nome del Giglio Verde, Blender fece quasi un impercettibile scatto. “Questo è il covo del diavolo…” rispose l’uomo, ammansendo con una carezza il lupo bianco “… o forse di un Angelo. Dipende da voi.” |
"Chi siete voi per potermi darmi degli insegnamenti di vita? Io sono stata attenta a quell'anello, ma in giro ci sono persone malfidate. Comunque non sarà certo un anello nuziale a dimostrare l'amore che mio marito prova per me".
Udii Orlando nominare un gruppo che portava il nome del biglietto trovato tra quelle tazze da the. "Ognuno di noi può apparire Diavolo o Angelo, dipende da come ci vedono gli altri, non trovate? Potrei sapere, se non sono innopportuna cos'è il Giglio Verde?". Notavo Orlando era molto teso e nervoso...mi avvicinai a lui e lo fissavo negli occhi tenebrosi ed egli mi guardava preoccupato. |
Spero che codesta lezione gli abbia aperto gli occhi al povero Mounth, rimasi a riflettere su quel giorno che andava passando e l'evento che si è presentato dinanzi a me. Serenamente alzaì il boccale e mi uniì al brindisi della mia nuova squadra; a quelle parole mi vergognaì....in fondo non avevo fatto nulla di che.....avevo ascoltato i miei valori ed il cuore.....adesso era giunto il tempo di concentrarsi sulla nuova missione: svelare il mistero del Giglio Verde.
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Finita quella bevuta, che in qualche modo aveva rappresentato il battesimo di Parsifal nella squadra dei cacciatori di taglie, i quattro lasciarono la cantina e poi il piccolo paesino.
Attraversarono le ridente campagna inglese, giungendo poi nel verdeggiante bosco che avvolgeva i confini di Camelot. La fatica del viaggio e l’arrivo della notte spinsero i quattro a chiedere ospitalità presso un monastero che videro lungo la strada. “Chi è che in questa notte bussa al nostro monastero?” “Siamo dei viaggiatori” rispose Fountaine “e chiediamo ospitalità per la notte.” “Entrate, fratelli…” fece il monaco aprendo la porta “… ma sappiate che il nostro monastero non offre ospitalità degna forse delle vostre aspettative.” “Non datevi pena…” rispose Fountaine “… non abbiamo grandi pretese. Un umile giaciglio basterà per il nostro riposo.” Il monaco offrì così due celle: in una dormirono i due assistenti di Fountaine, mentre nell’altra lo stesso cacciatore di taglie e Persifal. |
“Sembra la promessa di un’innamorata, madame.” Sorridendo Emile. “Non mi dovete nulla invece. Siamo compagni di viaggio e darci una mano nelle difficoltà è la cosa più naturale.” Fissò di nuovo Elisabeth e le fece un cenno col capo, come a volerle chiedere di dimenticare la brutta avventura appena conclusa.
I due cavalcarono così fino ad un piccolo mulino abbandonato. “Questo posto era molto amato dai bambini di una volta.” Disse Emile scendendo da cavallo. “Quando era piccolo, infatti, venivo spesso con altri ragazzini… ci attirava l’odore del pane caldo, delle focacce e dei biscotti appena sfornati.” Aggiunse per poi aiutare Elisabeth a scendere da cavallo. Nascose i tre cavalli in un piccolo magazzino laterale al vecchio mulino. “Non sarà forse la reggia del re…” sorridendo ad Elisabeth “… ma ci permetterà di attendere i nostri amici nella massima tranquillità. “Prego, mia adorata mogliettina…” con un vistoso inchino verso Elisabeth “… possiamo prendere possesso dei nostri alloggi.” |
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