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" Si sono io"
Avete detto una baronessa? ditemi quel nome per favore..." |
<<Non ricordo perfettamente.. Però so che era amica di Lord Tudor..>>
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Chantal vide lo zio ritirarsi in gran fretta nel suo studio,pensò che dovesse essere molto preoccupato per quanto stava accadendo nel paese ad opera dei Repubblicani,e lasciò che si congedasse senza trattenerlo con i suoi pensieri.
Raggiunse la facoltà. Gli ingressi erano assediati e sbarrati da folle studentesche che formentavano ulteriormente il clima di rivoluzione. L ragazza si presentò:"Sono Chantal de la Merci,nipote di Padre Adam,mi sto portando presso la sua cattedra." E potè entrare,ma l'ordine non vigeva più da alcuna parte,la biblioteca come le sale erano gremite di studenti che tenevano comizi ed assemblee per rendere noti gli ultimi avvenimenti nel paese. Le lezioni non si sarebbero svolte in quella mattinata,vigeva sconcerto ed incredulità tra discenti e docenti,ma anche esaltazione per quanto stava mutando,qualcuno esprimeva persino ilarità per la vittoria dei Ginestrini sui Pomentini.Ovunque si mormorava di De Jeon,e si facevano i nomi di Oxio e di Missan ad affiancarlo,quest'ultimo Chantal lo conosceva,era un uomo dedito alla filosofia che figurava tra i maestri delle Arti,sapeva della sua abilità in materia folosofica,ma anche della sua affabilità di poeta.Stentava a credere che ora spalleggiasse De Jeon nella rivolta. Si vociferava dell'arresto di Jean De July,rappresentante dei Pomentini,ma anche del disperato tentativo di fuga di quegli aristocratici in cerca di asilo oltre la Manica e ai quali erano stati confiscati tutti i beni in nome della libertà e dell' uguaglianza del popolo. Tra gli arrestati spiccavano i nomi di figure legate al duca de Beauchamps, e del vescovo di de Touls,con le accuse,mosse dai Rapubblicani,che il Clero e l'aristocrazia avessero permesso tacitamente che il popolo versasse nella miseria e nella fame pur avendo servito fedelmente le caste privilegiate. Tutto questo sconcertava la ragazza,la quale temeva per quanto potesse accadere anche a suo zio,Padre e precettore. Un brivido le percorse la schiena,la figura a lei più cara,che aveva servito il prossimo con la carità e diffondendo le sue conoscenze,ora poteva essere in pericolo qualora i Ginestrini avessero fatto tabula rasa. Verso mezzogiorno lasciò l'accademia,ripensò,lungo tutto il viaggio,a quanto stesse accadendo ad Ostyen,designata ora come capitale della neonata Repubblica di Magnus. "Animos."Pronunciò a bassa voce,"cosa accadrà alle sue genti.." Rimase a lungo pensierosa per tutto il tragitto. Poi fece le sue riflesioni su quanto fosse insolito che in un luogo di rivoluzione stesse sopraggiungendo,in quelle ore, un carrozzone di attori itineranti.Per un momento pensò che il loro fosse un mondo a parte,un mondo che non conosceva le miserie umane,la corruzione,la gerarchia,la necessità di accumulare beni,ma che quegli uomini e donne,i cui volti erano spesso celati dietro una maschera,vivessero unicamente per realizzare se stessi,e portare il luccichio dei lustrini nei sogni della gente di ogni dove.Ed ora la Divina Provvidenza li aveva fatti sostare nella sua terra.E le piacque il pensiero che le strade,finalmente,potessero essere attraversate dalla musica,dai canti,dalle risate e dalle farse in costume. "Attori",pensò."Gran bel mestiere..un po' come i sognatori.Forse loro davvero conoscono il modo per portarsi su una nuvola e fare di essa la propria casa." Proseguì il viaggio in silenzio,nella mente scorrevano le immagini del teatro che le aveva tenuto compagnia per lunghe stagioni nella sua fanciullezza."Chantal de La Merci",il nome le affiorò alla mente. Da qualche parte doveva aver conervato i copioni delle prime rappresentazioni,da Aristofane,a Menandro col suo Heros,a Euripide e la sua Medea..quante volte quei copioni stropicciati li aveva raccolti e tenuti da parte. Ma ora,ora le luci si erano spente e non si recava più a curiosare dietro il sipario da quando aveva intrapreso la facoltà di teologia. "Certe cose si interrompono..perchè?"Ma non seppe darsi la risposta".Forse perchè i cambiamenti sono necessari,talvolta,chi lo sa."Si poneva molte domande senza riuscire a darvi una risposta.Sorrise,sebbene quel riso tradisse amarezza,e tra sè aggiunse:"Del resto,come diceva Platone nell'Apologia di Socrate..una vita che non si pone domande non merita di essere vissuta". Il vento le sfiorava il viso,i capelli raccolti si scompigliavano nonostante ella cercasse si accomodarli di continuo dietro le orecchie,la luce del giorno cominciava ad indorarsi di quei caldi colori di fine estate che adornano di splendore le ore pomeridiane. Pensò a suo zio, ai suoi occhi azzurri e vispi che sembravano aver fatto chiassà quali scoperte ogni giorno che passava.Ma egli era così,infaticabile studioso,percorso dal desiderio di meraviglie.Un tempo,da giovane,doveva essere stato anche lui un gran sognatore.E,forse,Dio lo aveva sempre privilegiato,infondedogli il desiderio di crescita e conoscenza. |
La carrozza con i prigionieri giunse allora presso un vecchio ponte sospeso su un corso d’acqua che scendeva dai monti vicini.
Qui però fu in breve bloccato da un gregge di pecore che, venendo dall’altro lato del ponte, aveva ostruito il passaggio. “Ehi, tu!” Urlò uno dei conducenti al pastore. “Levati di mezzo e lasciaci passare!” “Togliti tu!” Rispose seccato il pastore. “Tu guidi due cavalli, io un gregge di pecore!” In breve i tre arrivarono allo scontro verbale. I due soldati che scortavano la carrozza allora tentarono di sedare la cosa, ma una voce improvvisa, proveniente da sotto il ponte attirò il loro interesse: “Viva il principe di Animos!” Questa voce fu udita anche all’interno della carrozza e Giselle fissò turbata Melisendra. Un attimo dopo si udirono degli strani rumori provenienti da fuori. Probabilmente una colluttazione. Poi, dopo un momento di silenzio, la porta della carrozza si aprì. “Presto, signori.” Disse un uomo abbigliato da pastore e col capo quasi del tutto coperto da un cappello tipicamente corso. “Non abbiamo molto tempo!” Così, Melisendra, Giselle, il vescovo e il nobiluccio furono fatti salire su un carro coperto da uno spesso telone. “Cosa accade, madame?” Chiese Giselle alla sua padrona, appena tutti loro furono rinchiusi in quel maleodorante carro. “Che questo carro sia Caronte che ci conduce negli Inferi?” Mormorò con una smorfia d’orrore il nobiluccio. “O forse ci conduce in Purgatorio….” disse il vescovo. |
Mentre Chantal camminava nei lunghi corridoi dell’accademia, tra aule gremite di giovani esaltati ed eccitati dai nuovi venti di libertà e cambiamento, strane sensazioni percorsero il suo animo.
E quelle sensazioni non abbandonarono il suo cuore nemmeno quando uscì da quel luogo. Si incamminò allora verso casa e sulla stradina che conduceva verso la sua dimora notò qualcosa di strano. Un ragazzino, dagli abiti sgualciti e consumati, la precedeva di qualche passo, per arrestarsi, una volta raggiunta la casa della ragazza, a poca distanza dal cancello d’entrata. Fissava le alte vetrate che davano all’interno, come a voler scorgere qualcosa o forse qualcuno. Poi, ad un tratto, si accorse dell’arrivo di Chantal. E dopo un attimo di esitazione le si avvicinò. “Perdonatemi, mademoiselle…” togliendosi il cappello “… cercavo un uomo… io… io sono un amico, non dovete temere… e sto cercando…” in quel momento si guardò intorno, come preoccupato di essere udito da qualcuno “… padre Adam de La Merci… sapreste indicarmi dove trovarlo?” |
Mi ero faticosamente arrampicata sul carro. Mi girava la testa e non riuscivo a comprendere ciò che stava accadendo.
"Non lo so, Giselle..." mormorai "Potrebbero essere la nostra salvezza o un'altra avversità che il destino ci manda..." Cercai di guardare i loro volti sbirciando attraverso il telo. Improvvisamente tutto divenne lontano e i suoni ovattati e indistinti. Mi sentii mancare. |
"Buonasera a te,gentiluomo,da dove provieni?Davvero sei amico di Padre Adam?"Sorrise chinandosi su di lui.
"Vieni quì,conosci questa casa?"Gli chiese,non certo priva di stupore per quella inusuale presenza,ma,del resto,lo zio aveva sempre frequentato le case del paese per portarvi la sua benedizione. "Mi riveli il tuo nome,così posso annunciarti a Padre Adam?" E gli cercò la mano per condurlo in casa con sè. Quell'incontro inaspettato e piacevolissimo la distolse dalle sue elucubrazioni di qualche momento prima. |
Intanto, poco più avanti, dove sorgeva la porta d’accesso di Ostyen, un gruppo di soldati presidiava il passaggio.
Un robusto contadino, con passo deciso si avvicinò ad un dei soldati mostrando un lasciapassare. “E così” mormorò il soldato leggendo il documento “siete un contadino del Sud…” “Si, signore.” Annuì il contadino. Una fugace occhiata partì dal soldato verso i suoi commilitoni e con gesto improvviso strappò cappello e parrucca al contadino. “E così volevi farmela, eh?” Ridendo il soldato, mentre le altre guardie bloccarono il falso contadino. “Un contadino del Sud non può avere un pancione così grosso, mio caro chierico! Vi siete ingrassati alle nostre spalle ed ora vi sarà presentato il conto! Quanto a questa…” mostrando la parrucca “… la terrò io, perché a te domani non servirà più!” E tutti i soldati risero. “E sta bene, tenente…” con un amaro sorriso il chierico “… sarà un piacere per me domani fare la conoscenza di monsieur il boia… l’ultimo uomo vero rimasto in questo folle paese… ed io ora vi dico… Gloria all'Altissimo e sempre viva il principe!” “Portatelo via!” Ordinò il tenente dopo averlo colpito al capo. “Eh, voleva farmela, quel dannato!” Disse il militare ad uno dei suoi. “Questo è il terzo chierico che scopro in un mese! Ormai li riconosco a naso!” E rise forte. Poco dopo arrivò un carro. “Guardate…” cominciò a ridacchiare il conducente, un uomo con un mantello ed il capo celato per metà da un cappuccio e per l’altra metà da una folta e riccia barba nera “… guardate la mia frusta… tutta fatta con le ciocche di vescovi, monache e persino cardinali… questa è del vescovo Marais… questa è della badessa del monastero di Saint Just… questa invece è appartenuta al cardinale De Graven Boluis…” “Il lasciapassare, sacco di letame!” Lo interruppe seccato il tenente. “Eh… mi crede un prelato!” E scoppiò a ridere. “Ma fate bene, tenente… fate bene… la prudenza non è mai troppa… mai troppa… ecco il mio lasciapassare…” “Dobbiamo controllare anche il carro…” fece il militare “… qui c’è scritto Renault e nipote… dove si trova tuo nipote?” “E’ nel carro, il mio povero nipote…” “Perché dici povero?” “Perché è malato…” scuotendo il capo Renault “… ha contratto la terribile peste nera… sta disseminando bubboni e brandelli di carne per tutto il paese… povero nipote mio…” “Cosa? La peste?” Esclamò il tenente, tirando malamente il lasciapassare al conducente del carro. “Dannato maiale, lercio e sudicio! Chi ti ha detto di passare da qui? Vattene via! E se ritorni in città, ti sgozzerò come il porco che sei!” “Va bene, tenente, va bene… andrò via… ma tornerò…” mormorò Renault, per poi frustare il suo cavallo e ripartire. Nel carro, intanto, i prigionieri avevano udito ogni cosa. “Forse siamo salvi…” sussurrò a Melisendra e agli altri il nobiluccio. “Madame, sia lodato il Cielo!” Esclamò Giselle fissando la sua padrona. |
Mi sventolai con un fazzoletto. Feci qualche profondo respiro e mi strinsi a Giselle.
Stavo crollando. Mi senti improvvisamente di nuovo una bambina, la bambina spaventata che andava a infilarsi nel letto della sua balia, quando gli incubi mi impedivano di riposare. Quell'incubo sarebbe mai finito? Guardai Giselle. Era spaventata quanto me. "Ma chi sono questi uomini?" domandai. |
“Forse sono degli Angeli, madame…” sussurrò Giselle accennando un sorriso a Malisendra.
“Forse sono uomini mandati dal re di Francia, o forse di Spagna per liberarci! Potrebbero essere anche sudditi del re di Napoli, che da sempre amministra quelle terre per conto del Papato!” Disse il nobiluccio. “O magari sono inglesi! Ormai tutta l’Europa odia questi sporchi rivoluzionari!” Poco dopo, alla porta d’ingresso di Ostyen, un gruppo di saldati giunse al posto di guardia. “Chi comanda qui?” Chiese il capo di quel manipolo appena giunto. “Io, capitano.” Rispose il tenente che aveva fatto passare il carro di poco fa. “Tra breve passerà di qui un carro guidato da un maleodorante villano…” fece il capitano “… fermatelo ed arrestatelo.” “Ma… è già passato… il lasciapassare era in regola…” “E avete controllato il carro?” “No… dentro c’era suo nipote con la peste… volevate forse che mi prendessi…” “Miserabile idiota!” Lo interruppe furioso il capitano. “Pazzo, imbecille! Volevo solo che usassi il cervello! Quello che tu credevi essere suo nipote, erano in realtà due aristocratici ed un chierico!” “Che io sia dannato!” Esclamò il soldato. “E quel villano incappucciato?” “Era una spia!” Con rabbia il capitano. “Presto lasciateci passare! Avanti, possiamo ancora riprenderli!” Disse ai suoi. E galopparono via, sulle tracce del carro con i suoi preziosi passeggeri. Poco dopo, dall’interno di quel carro, i suoi passeggeri udirono la corsa dei cavalli. “E’ la guardia repubblicana!” Esclamò il nobiluccio, sbirciando dal telone. “Ci stanno inseguendo! Siamo perduti!” Alcuni istanti dopo i soldati raggiunsero e circondarono il carro, che arrestò così la sua corsa. Un momento dopo il telone del carro si aprì ed apparve un soldato repubblicano che cominciò a fissare Melisendra, Giselle, il vescovo ed il nobiluccio. |
Gonzaga aveva mandato via le guardie ed era rimasta sola con il misterioso Daniel.
Nel frattempo le ricerche del ladruncolo erano proseguite per tutto il palazzo, senza però, ovviamente, giungere a nulla. La notizia, così, fu portata a lord Tudor. “Avete cercato dappertutto?” Chiese il nobile signore ai suoi. “Si, milord. Tranne che nella stanza di lady Gonzaga.” Rispose Jalem. “Probabilmente aveva lei le chiavi e dunque nessuno sarebbe potuto entrare. Ora forse quel ladruncolo sarà fuggito chissà dove.” “Va bene, va bene…” con tono spiccio il nobiluomo “… ora dov’è lady Gonzaga?” “Nella sua stanza, milord.” Rispose Jalem. “Credo stia riposando.” “Appena sarà sveglia ditele di raggiungermi.” Fece lord Tudor. “E’ appena giunta a Camberbury e bisogna presentarla in società. Ma questa sarà una sorpresa, mi raccomando.” “Si, milord.” Annuì il fedele Jalem. “Ah, si hanno notizie di mio nipote?” Domandò il duca. “Credo che, almeno stando a ciò che scrisse nell’ultima lettera, sua signoria abbia ormai lasciato l’Italia. Probabilmente in questo momento starà già facendo ritorno in Inghilterra.” “Bene, non c’è altro.” E Jalem si congedò dal suo signore con un inchino. |
Il ragazzino esitò un momento, poi rispose alle parole di Chantal:
“Mi chiamo Esetien… vengo per chiedere aiuto a padre Adam… ormai non ci sono più preti in città… e… e mio nonno sta male… e ha chiesto un prete… conducetemi da lui, vi supplico, mademoiselle…” |
Essien lanciò un’occhiata rapida e categorica al giovane abbigliato come un ufficiale.
Un attimo dopo Renart apparve sulla scena. Simulò una corsa e con passo guardingo si avvicinò a Colombina. “Ferma, ferma tutto!” Gridò all’improvviso Essien. “Cosa diamine stai facendo?” Chiese con rabbia al giovane ufficiale. “Mi sto avvicinando alla mia amata!” Rispose Renart. “Cos’altro dovrei fare?” “E perché imiti una goffa scimmia nel farlo?” “Come sarebbe?” “Si, quel passo felpato, prudente, che può andar bene per una spia, un cospiratore, un sicario, un prete, un lacché, un cortigiano e persino per un demagogo, ma non certo per un innamorato che si vede apparire davanti la sua bella!” Renart lo fissò sbuffando. “Posso domandarti il perché di quel tuo modo di avanzare?” “Beh, mi guardavo le spalle…” “E facevi bene, allora, ragazzo mio!” Esclamò con un ghigno Essien. “Devi pensarci tu alla tua buona sorte, visto che madonna Fortuna, purtroppo per te, aiuta solo gli audaci!” “Non comprendo, padrone…” “Nel vedere la tua amata” spiegò il vecchio capocomico “tutto il resto perde valore per te! Il Sole si spegne, il mare si prosciuga, il Cielo si scurisce! La tua stessa vita non vale niente senza di lei! E’ lei la tua unica preoccupazione, per Giove!” Renart annuì, come a dire di aver compreso. “Se lei è lì, davanti a te, cos’altro può dunque intimorirti?” Continuò Essien. “E’lì, l’hai inseguita da sempre ed ora finalmente sei con lei! Suvvia, ragazzo, sei giovane e messer Amore ama dilettarsi con i vostri cuori!” “Stavolta non vi deluderò, padrone.” “Voglio sperarlo.” Sbottò il capocomico. “Avanti, proseguiamo…” Renart allora fece un secondo ingresso in scena, meno prudente e più attinente al suo ruolo. “Colombina…” sussurrò raggiungendo Talia e prendendola per mano “… oh, Colombina… ho sfidato mille insidie per te… ti ho cercata dove solo i miei pensieri possono raggiungerti… ma ora basta parole…” la prese fra le braccia e la baciò. “Passabile…” disse Essien, fermando la scena “… passabile… mio buon Renart, fossi in te baratterei con la sorte un po’ del tuo bell’aspetto per avere, non dico tanto, ma almeno un po’ di quell’enfasi che Pacuvio destinava ai servi che animavano le sue tragedie…” grattandosi la barba “… l’incontro va allungato… il bacio arriva troppo presto e questo smorza l’attesa amorosa che invece dobbiamo suscitare negli spettatori… il pubblico ama vedere gli amanti che si struggono per amore.” “Padrone, vi assicuro che i miei baci sulla scena tutto fanno tranne che smorzare l’enfasi amorosa!” Con fare sicuro Renart. “Chiedetelo alla nostra Colombina!” Come i lettori avranno ormai ben compreso, il buon Renart non difettava certo di sicurezza in se stesso. E questo gli veniva perlopiù dalla sua presenza fisica. Era biondo, ma con gli occhi scuri e vispi, il viso regolare e aitante. “Ho detto, attesa amorosa, non enfasi amorosa…” scuotendo il capo Essien. “Meglio proseguire con la seconda scena… avanti!” Ma prima che il tutto proseguisse, Renart si avvicinò a Talia. “Allora, come ti è sembrato il mio bacio?” Chiese con un sorriso. “Un bacio vale sempre più di mille chiacchiere, no? Un bacio è il simbolo dell’amore e a cosa servono anche i più belli e poetici versi se non a farci raggiungere il frutto del nostro amore?” In quel momento Arlecchino e Fantine, nei panni della servetta, entrarono in scena. “Eh, brutto affare l’amore non ricambiato…” mormorò Gobert nei colorati panni di Arlecchino “… già, proprio un brutto affare…” “Di chi parli?” Chiese Fantine. “Eh, di quel povero ed infelice innamorato, rapido di spada, lesto con la lingua, ma altrettanto facile a perdere le staffe per un nonnulla…” “Oh, ma a chi ti riferisci?” Stupita la servetta. “Forse ad un qualche cavaliere di passaggio, uno spadaccino senza ventura e padrone, oppure ad un romantico brigante?” “Eh, ma lui è tutti loro messi insieme! Zitta, eccolo che arriva!” Fece Arlecchino portandosi un dito sulla bocca. “Facciamo finta di niente, o saranno guai! L’infelice amore lo ha reso furioso!” In quel momento sulla scena comparve l’uomo con la maschera. |
Chantal aprì il cancello senza indugiare e condusse il ragazzo a varcarne la soglia con lei.
"Cosa è accaduto,puoi spiegarmelo?"Domandò mentre percorrevano insieme il viale."Esetien,in quale parte del paese vivete tu e tuo nonno?"Aggiunse. Nel frattempo furono già in casa. Chantal gli indicò il salone ove erano soliti offrire ospitalità a chi li onorasse della loro visita a quella casa,e gli chiese di pazientare qualche minuto,di lì a poco sarebbe sicuramente sopraggiunto lo zio.Lo rassicurò. Non potè fare a meno di guardarlo,era un ragazzo robusto,ma slanciato,il suo volto esprimeva fierezza e soggezione insieme.Pensò che dovessero vivere di stenti lui e la sua famiglia,ma pur nel suo malconcio abbigliamento,egli si mostrava educato,affabile,e soprattutto rispettoso. E lo appezzava. Prese ad osservarlo mentre percorreva la grande sala per andare a bussare alla porta dello studio di suo zio.Il ragazzo se ne stava in piedi,nel bel mezzo della stanza,sembrava aver diretto lo sguardo sull'arpa posizionata di fronte alla grande vetrata che volgeva ad ovest.O forse,scrutava in quella direzione la campagna che proprio quella grande finestra conteneva nelle sue linee rigide e definite dal colore avorio,come avorio erano le pareti della casa.E proprio il sole di quel tardo pomeriggio che avviava la sua marcia a congiungersi con l'orizzonte per farsi sposo della Terra e patire il suo essere disgunto dalla Luna,sembrava infondere nel cuore di Chantal una sorta di preghiera,tanto che la ragazza si voltò verso uno dei grandi quadri che vestivano le mura di quel salone,e sospirò,come a voler esprimere una richiesta. Aveva esortato con lo sguardo la Beata Vergine Maria raffigurata in una tela grande ed antica. Bussò. "Zio,siete lì,posso disturbarVi?C'è una persona che chiede di voi e vi sta attendendo?" Chantal non attese la risposta,certa che egli li averebbe raggiunti,e si accostò al ragazzo per domandargli se gradisse del the o del latte fresco."Dimmi,Esetien,di cosa patisce tuo nonno?". S'apprestava l'ora dei vespri.In lontananza si poterono udire i rintocchi della campana del paese a destare gli uomini perchè non indugiassero nel lavoro.E quel suono percorse tutta la sala andando a smorzarsi sugli arazzi e sugli arredi. |
" Ricordo , dissi a Daniel, che quando ero piccola,prima che lord Tuodor si preoccupò di mandarmi alla corte della baronessa di Sant Pierre, qui nel palazzo viveva una dama . Io non seppi mai il suo vero nome ne il suo nome di casato, ricordo solo che era molto legata a Lord Tudor. Lo capivo dal fatto che lui era sempre molto gentile con lei.
Poi ricordo che una mattina qui , successe un putiferio. Ero piccola nessuno mai mi disse cosa stava succedendo. Ricordo che vidi questa giovane donna piangere e i servi di Lord Tudor indaffarati che correvano da una stanza all'altra del palazzo. L'ultima volta che vidi quella giovane fu quando salì su una carrozza e andò via lungo il viale .. Ero piccola ma ricordo bene ancora il tutto. Chiesi spesso a Lord dove fosse andata , ma lui mi diceva sempre che ero troppo piccola per capire e che dovevo solo pensare ai giochi. La cosa che mi colpì più di tutte fu che dal giorno lui non era più se stesso, era sempre triste e burbero, tanto da farmi venire dei pensieri. Ricordo che una mattina corsi da lui piangendo , suplicandolo di non mandare via pure me. Sento ancora il suo caldo abbraccio sulle mie spalle, mi prese sulle sue ginocchia, mi guardò e passandomi una mano fra i capelli mi disse... Tu sarai il mio orgoglio...un giorno capirai ". Finì di raccontare questo a Daniel, quando ad un certo punto sentì bussare alla porta... " Presto andate via, ve ne prego..è meglio per voi"... |
Citazione:
Il quel momento Essien fece segno che si proseguisse con la prova. Gobert e Fantine, quindi, entrarono in scena ed io afferrai per il braccio un corrucciato Renart, sorridendogli divertita e trascinandolo da parte, dietro la quinta. La prova proseguì celermente: Gobert era un Arlecchino strepitoso e Fantine lo seguiva senza fatica... poi il nostro compagno mascherato fece la sua comparsa in scena. D’istinto mi nascosi nella striscia d’ombra che il sipario disegnava e lo osservai avanzare fino al centro del palco. “Hey, Renart...” mormorai piano all’uomo che era rimasto vicino a me “E di lui che ne pensi? Come mai si sarà unito a noi? Non trovi che sia... beh, che sia un tipo quantomeno insolito?” |
L’uomo con la maschera entrò in scena.
La maschera era variopinta, con un grosso naso e copriva buona parte del volto, lasciando liberi solo bocca e mento. Indossava un lungo mantello, un basco piumato ed una spada che pendeva dal suo cinturone. “Dite…” fece con tono grave verso Arlecchino. “Chi io, mansieur?” “Si, voi. Dite, avete visto una graziosa fanciulla?” “Ecco, io…” “Si, voi?” “Si, l’ho veduta…” “E dite, era sola?” “Ehm…” “Era sola?” Chiese di nuovo l’uomo mascherato. “Forse… del resto chi può dire se siamo soli o accompagnati? La vita è come attraversare una piazza gremita e fra tanti volti solo qualcuno ci resta davvero impresso e…” “Tagliate corto o vi taglio la gola, gaglioffo!” Ringhiò lo spadaccino mascherato. “Pietà, io non so che dire!” Piagnucolò Arlecchino. “Erano insieme…” “Chi?” “La ragazza, Combina mi pare si chiami, insieme ad un giovane ufficiale dai modi romantici…” “Ah, canaglia di un soldato!” Urlò l’uomo mascherato. E corse via. In quel momento entrò Essien nei panni di Pantalone. “Cosa accade qui?” Chiese ad Arlecchino ancora tutto tremante. “Quell’uomo…” “E’ forse folle?” “Peggio!” Esclamò Arlecchino. “E’ malato!” “E’ grave?” “Si, malato di una ferita che non si rimargina!” “E’ ferito dunque?” Domandò Pantalone. “Si, mortalmente, al cuore!” Sbottò Arlecchino. “Ama la bella e dolce Colombina, ma ella ha occhi solo per il bel capitano di Florence!” “Accipicchia!” Esclamò Pantalone. “Fra tutti i mali di certo l’amore, quando è vero, è quello da cui non si guarisce mai!” Nel frattempo, dietro il sipario, Talia e Renart discutevano proprio del misterioso uomo dalla maschera variopinta. “Mah… non saprei…” fece Renart osservandolo “… non mi intendo molto di uomini, preferisco le donne!” E rise di gusto. “Da quel che so si è unito alla compagnia poco prima di me, ma, da quel che vedo, il padrone lo tratta come se fossero amici da sempre. Mah, strani questi attori…” “Proprio stasera il padrone ci parlerà di lui.” Disse Tissier ai due ragazzi, appena sbucato dalle quinte di quell’improvvisato teatro. “Almeno così credo. Altrimenti perché organizzare una cena, come ha detto lui stesso, speciale?” “Colombina, tocca a te!” Chiamo Essien. “Entra in scena col tuo monologo alla Luna, mentre qualcuno ti osserva nel buio della notte!” |
Era una soleggiata mattinata d’Aprile e l’aria della Santa Pasqua era ancora diffusa nell’aria, grazie anche al profumo di dolci e pietanze tradizionalmente preparate per la Settimana Santa.
Padre Adam raggiunse l’anticamera di casa sua, per controllare se i suoi fiori avessero bisogno d’acqua. “E tu cosa ci fai lì dietro?” Domandò al ragazzino seminascosto sulla terrazza. “Così… pensavo…” mormorò il piccolo. Era un bambino dallo sguardo vivace e gli occhi di un luminoso azzurro, i capelli scuri e la pelle chiara. “Questa è bella!” Esclamò il chierico. “A quest’età e già ti lasci angosciare dalle preoccupazioni?” Il bambino scosse le spalle e sbuffò. “E cosa ti da tanto da pensare?” “Ecco… una ragazzina…” Il chierico scoppiò a ridere. “Ma voi siete un prete e non potete capire…” “Davvero? Guarda che sono un uomo anche io e poi l’amore è per tutti.” Replicò padre Adam. “Ci sono tanti tipi d’amore e sono tutti doni e frutti di quello immenso ed eterno di Dio.” Il bambino lo fissò. “Ti posso comprendere, ragazzo mio. Ti posso comprendere.” “Voi? Un prete?” “Non sono mica nato con questa tonaca, sai! Anche io sono stato innamorato.” “Davvero?” “Già… avevo circa la tua età… lei era una ragazzina bellissima…aveva folti capelli biondi dello stesso colore del grano maturo… una pelle come i petali di un fiore, due occhi simili a quelli di una colomba ed un sorriso capace di incantare e far confondere i sogni con la realtà…” “E cosa successe?” “Beh, ovviamente la corteggiai… ma non fu facile conquistarla, perché il vero amore non è soltanto un privilegio, ma anche un merito.” “ E poi?” “Poi la sposai.” “Ma siete un prete!” “Si, ma a quel tempo non lo ero.” “Ed ora dov’è lei?” Domandò il bambino. “Nei due posti più belli e sicuri per lei… fra le braccia di Dio e qui, nel mio cuore…” Il bambino sorrise. “Su, ora torna a fare i compiti!” Fece padre Adam. “Tuo zio ti ha mandato qui per studiare, non per fissare le nuvole! Forza!” Il bambino saltò su e si lanciò fra le braccia del chierico. “Vi voglio bene, padre Adam!” Disse con gioia. “Anche io, ragazzo mio. Anche io…” In quel momento, Chantal bussò alla porta del suo studio e quel ricordo svanì dagli occhi di padre Adam. “Mio nonno è molto malato e forse non arriverà a domani…” mormorò il ragazzo a Chantal. “Vieni pure avanti, Chantal…” disse il chierico dall’altra parte della porta. |
Jalem bussò alla porta della stanza di Gonzaga.
“Milady, siete sveglia?” Chiese con voce bassa. “Sua signoria il duca chiede di voi. Appena vi sarà possibile vi prega di raggiungerlo nella sala grande. Quanto a quel ladruncolo non temete…” aggiunse “… abbiamo cercato in tutto il palazzo e di lui non vi è più traccia. Abbiamo però avvertito i soldati e a quest’ora gli staranno di certo dando la caccia. Col vostro permesso torno alle mie mansioni.” E si congedò. |
Usci dalla mia stanza e mi diressi verso il salone dove mi attendeva il barone, conoscendolo e non scordandomi delle sue fissazioni, sapevo bene che non era amante di chi lo faceva attendere .
Lui era sempre stato un uomo preciso sotto tutti i punti di vista e anche in questo momento, ne ero più che certa. Eccomi.. eccolo là..seduto come al suo solito, davanti alla grande vetrata che dava sul roseto, non era cambiato nulla...sguardo assorto, bicchiere in mano, ero più che certa che stesse assaporando il suo buon vino... " Lord Tudor ...eccomi.. a queste mie parole seguì un inchino, degno di una dama dell'alta società. Il mio capo chino in segno di riverenza , non poteva sostenere il suo sguardo ..e forse era meglio..il mio rossore in viso non sarebbe stato da lui gradito... http://demotec.files.wordpress.com/2...pg?w=400&h=255 |
Gonzaga entrò nella stanza e salutò con rispetto e soggezione il nobile uomo che l’amava come una figlia.
Ma la ragazza non si era accorta che il duca non era solo in quella stanza. Un attimo il suo ingresso, Gonzaga si rese conto della presenza di una terza persona. “Ragazza mia…” fece lord Tudor avvicinandosi a lei “… ti ho fatta chiamare per presentarti un amico caro a questa casa e all’intera Inghilterra… lord Carrinto.” “Incantato, milady…” sussurrò l'affascinante aristocratico, alzandosi dalla sedia e sfiorando con le labbra la mano di Gonzaga “… milord, dovrei adirarmi con voi…” parlando al duca, senza però allontanare lo sguardo dal volto di Gonzaga “… mi avevate parlato di una graziosa dama, invece qui vedo una dea…” “Sempre il solito, amico mio!” Esclamò ridendo lord Tudor. “Ragazza mia…” rivolgendosi a Gonzaga “… guardati da costui che è tra i più grandi ed apprezzati adulatori del regno!” “La nostra dama renderebbe, con la sua bellezza, anche un villano capace di comporre versi.” Accennando un sorriso lord Carrinton. “Mia cara, ho invitato qui il nostro lord Carrinton” disse lord Tudor “perché voglio presentarti all’intera società del regno e lui si è proposto di realizzare questo mio desiderio… organizzerà nella sua residenza un magnifico ricevimento per celebrare il tuo ingresso nell’aristocrazia del regno. Cosa ne dici?” “Un vostro rifiuto sarebbe per me un’offesa, milady…” con un lieve inchino lord Carrinton. |
Rimasi colpito.. Quella era mia madre? Una rinnegata di quel castello? Appena bussò Jalem trasalì... E mi nascosi sotto il letto.. Appena se ne andò via mi disse di andarmene.. Ma io non volevo mi sentivo legato a quel uogo.. Decisi di seguirla.. Entròin un ampio salone dove c'era un'altro uomo oltre a Lord Tudor.. Chi era? Già lo odiavo.. Mi misi dietro alla porta ad ascoltare i loro discorsi... Dovevo anzi volevo parlare di nuovo a Lady Gonzaga..
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" Vi ringrazio Lord Tudor per tutto quello che avete fatto sin d'ora per me, ma una festa in mio onore ...non so..sarebbe troppo"... A queste mie parole notai lo sguardo insistente di Lord Carrinton, come se mi avesse appena impartito un ordine , e non un invito. La mia mano scivolò lentamente dalla sua ..sollevai il viso e cercai di congedarmi in tutta fretta da loro. Non ero abituata a cose simili e le attenzioni di un uomo di quel rango mi mettevano in difficoltà. Di solito consideravano una donna come oggetto dei propri desideri , usavano prenderla e lasciarla a loro piacimento , senza considerare i loro sentimenti. Quando ero alla corte di lady Saint Pierre , sentivo spesso le dame che si lamentavano di come i loro uomini le trattassero come merce di scambio per favori politici o altro... Sull'amore mi ero fatta la mia idea...l'uomo che mi avrebbe avuto , sarebbe stato quello che mi avrebbe rubato il cuore... e ancora non era successo ... e di certo non sarebbero stati gli occhi di questo lord Carrinton a fare ciò. Presa dai miei pensieri mi inchinai a Lord Carrinton e con tono paccato e gentile risposi... " Lord per il rispetto che porto al mio caro Barone sarò lieta di partecipare alla vostra festa ma vorrei essere io e solo io a decidere se andare o meno". Vidi il volto del barone cambiare espressione e colore......lui non sapeva che oltre ad essere una perfetta dama mi avevano anche insegnato a farmi rispettare come donna... |
Avevo sonno ed ero stanca e non mi interessava guardare chi arrivava in paese, salii nella mia stanza , tolsi il vestito e mi inumidii il volto e le braccia........presi la sacca che portavo con me e ne tolsi il contenuto, era un libro rilegato in fogli di corteccia, sulla copertina spiccava un'ambra che racchiudeva un'ape........all'interno il suo contenuto era quasi fragile tra le mani dei profani.........ma la sua fragilita' si sarebbe trasformata in fuoco se fosse stato posto nelle mani sbagliate........mi avevano chiesto di portare il libro al Signore di Beauchamps…......lo donavano alla sua biblioteca in quanto uomo saggio e libero........."Gli antichi misteri" questo era il titolo della magnifica opera.......mi dissero inoltre che li' avrei avuto notizie di mio padre.
poggia il libro sul tavolo e accesi tre candele....Una alla saggezza, una alla forza ed una alla bellezza......avrei atteso la mezzanotte per spegnerle, cosi' doveva essere per mantenere l'energia che si racchiudeva in quel libro...... Domani sarebbe stato un altro giorno e mi sarei messa in cammino per cercare il Palazzo dei Signori di Beauchamps.... |
Senti il discorso e vidi la faccia di Lord Tudor.. Dentro di me anche se non sapevo perchè ero felice che avesse reclinato l'invito.. Mi appostai dietro una colonna e la aspettai fuori dal salone..
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Citazione:
“Già...” mormorai, ma in tono abbastanza scettico “Essien ama organizzare serate tra noi, ama avere la sua piccola, sgangherata ‘famiglia’ intorno... ma perché definire la cena di questa sera ‘speciale’?” Tornai a guardare l’uomo con la maschera che, finito il suo pezzo, era uscito dalla scena dalla parte opposta alla nostra e ora se ne stava là, nell’ombra. “Non mi fido di lui...” sussurrai, quasi più a me stessa che non agli altri “Tutto il mistero che lo circonda, l’identità che tiene celata e quella sua inconsueta indole... tutto ciò è strano persino per il nostro pazzo mondo!” Ero certa che né il supponente Renart né il buon Tissier condividessero quel mio scetticismo, forse non ci avevano mai neanche voluto pensare... ma io ero diversa, io non ero come loro... non completamente, almeno. Ognuno ha la sua storia ed è quella storia che ne forgia l’indole e la mente: a me la vita aveva insegnato che nessuno è semplicemente ciò che appare, tanto meno ciò che vorrebbe apparire. Citazione:
“Luna...” sospirai, volgendo gli occhi verso l’alto “Luna dolcissima e buona, dove sei stasera? Persino tu mi hai abbandonata? E a me, qui da sola, non resta che sciogliere i pensieri... ed ho paura. Oh, Luna... svegliati subito e vola, non puoi lasciarmi da qui sola! Ti prego, Luna, scendi le nuvole e raggiungi il mio amato...” |
Lord Carrinton fissò prima lord Tudor, poi di nuovo Gonzaga.
“Naturale, milady.” Sorridendo alla dama. “Nessuno qui può e vuole obbligarvi. Ma forse un ricevimento qualsiasi non è di vostro gradimento… in questo l’errore è senza dubbio mio e vi chiedo perdono…” mostrando un lieve e delicato inchino “… dovevo immaginare che la mondanità, come invece accade con la maggior parte delle nobili donne del regno, non sortisce effetti di voi … allora, a voi piacendo, vi propongo qualcosa di diverso… scegliete voi come preparare il tutto… io sarò, con il permesso di lord Tudor e, naturalmente, il vostro, un umile servitore… disponete di me come desiderate… tutta Camelot è ai vostri piedi, milady… scegliete dove e come festeggiare il vostro ingresso nel reame… amate il gotico? Allora vi condurrò nella bella, romantica ed abbandonata fortezza normanna di Santa Maria della Guardia, dove potremmo organizzare un originale e stravagante ricevimento, magari animato ed impreziosito dai lamenti di qualche antico fantasma…” Lord Tudor rise di gusto. “Oppure…” continuò il bel Carrinton “… c’è la vecchia dimora degli Stanford, sul lago di Flannery… si tratta di una dimenticata villa di gusto vagamente classicheggiante, che assume delle tonalità straordinarie all’alba ed al tramonto… e, se il tutto rapirà la vostra deliziosa attenzione, potremo organizzare la festa proprio tra la nascita e la morte del Sole sul lago… altrimenti, scegliete pure una capanna, una grotta e la vostra bellezza, la vostra nobiltà ed il vostro candore la renderanno non meno preziosa e degna del palazzo di sua maestà.” “Eh, ragazza mia, il nostro lord Carrinton non si da facilmente per vinto, come puoi vedere tu stessa!” Esclamò lord Tudor. |
Il Castello di Elemy era una sontuosa dimora aristocratica e dalle origini molte antiche.
Il primo nucleo era di epoca sassone. La fortezza fu poi conquista dai normanni, al tempo dell’arrivo di Guglielmo il Conquistatore e finita poi nelle mani di una nobile famiglia. E durante questo dominio il castello acquisì l’aspetto odierno. Qui lady Brianna, unica erede delle ricchezze della sua famiglia, viveva con la vecchia e fidata balia. La giovane era stata destinata, sin da piccola, alle nozze con un cavaliere al servizio di lord Tudor, il nobile Hagus. Il cavaliere aveva per un po’ curato gli interessi di lord Tudor in Francia, occupandosi dei suoi possedimenti dall’altra parte della Manica. Ora finalmente era stato richiamato in patria e poteva quindi recarsi al Castello di Elemy. “Milady!” Chiamò la vecchia balia. “Milady, per l’amor del Cielo! Non siete ancora pronta? Ormai è imminente il ritorno in Inghilterra di messer Hagus! Lady Brianna! Lady Brianna, dove siete?” |
Quelle sue parole e quella sua ostentata sicurezza mi irritavano parecchio.
Da una parte non volevo contradire il mio caro duca, dall'altra volevo rifiutare l'invito di quel lord a me sconosciuto. Cercai nella mia mente il modo più opportuno per esporre il mio rifiuto e cosi ... " Non vorrei offendervi lord Carrinton , ma io non amo le grandi feste sfarzose ancor meno se vengono date in mio onore." Notai lo sguardo che si scambiarono tra loro e notai anche il grande imbarazzo del barone, ma non potevo dire di si...se forse lo avessi un po conosciuto prima, ma chi era costui che si prendeva la briga di organizzare per me una festa cosi sontuosa ? Dentro di me avevo la sensazione che qualcosa stesse per accadere e che io di certo ne ero la vittima. Se il barone pensava di darmi in sposa a quel signore solo per i suoi affari di stato, si era sbagliato ... Ma come dirlo al conte? Ecco adesso avevo capito...mi ero cacciata in un bel guaio. http://www.dvdhamlet.com/images/upload/Image/8(199).jpg |
Lord Carrinton sorrise.
“Allora, a quanto pare, condividiamo più di una cosa, milady…” fissando negli occhi Gonzaga “… vi dirò che anche io ho ormai preso a noia quest’insopportabile e insostenibile aria di corte, fatta di auliche e spesso vuote parole, effimera bellezza e ostentata pretesa di apparire… forse, dunque, ho davvero trovato un mio simile in un mondo vuoto come quello che ci circonda…” si avvicino alla dama e sorrise di nuovo “… ogni mattina amo cavalcare oltre le mie terre, in un luogo che a molti appare incantato, sognante, fuori dal mondo… laggiù circola un’antica leggenda… ma è una leggenda diversa da tutte le altre… è la triste storia di due teneri amanti… e si narra che i cuori puri possano, nel vento, udire i sospiri di lei e le promesse di lui… vi mostrerò quel luogo, se mi farete l’onore di accompagnarmi domattina… naturalmente se lord Tudor acconsente…” “Siete giovani ed il futuro è vostro…” fece il duca “… però, mio bel Teseo, badate che la mia gemma sarà sotto la vostra responsabilità, se accetterà il vostro invito.” “Pendo dalle vostre labbra, mia dolce musa…” sospirò Carrinton “… e con me, tutti i miei sogni…” |
Elisabeth si svegliò di colpo.
Aveva paura, si sentiva braccata. Se fosse stata scoperta con quel libro, il suo destino sarebbe stato segnato. Le nuove idee illuminate, diffuse ormai in tutto il paese, riconoscevano pericolosa ogni forma di religiosità, non solo il Cattolicesimo. Al boia i Ginestrini non avevano consegnato solo preti e monaci, ma anche imam, rabbini e persino adepti di società segrete e confraternite che presentavano nelle loro regole qualcosa di religioso. Lei stava cercando un uomo di cui ignorava tutto, persino il destino. Il signore di Beauchamps poteva essere ovunque in questo momento: in prigione, in esilio o all’Altro Mondo. Ma lei doveva cercarlo. Il giorno giunse presto e fu un sollievo per lei. Come ogni mattina le strade erano attraversate da giovani che cantavano e ballavano. Candide e giovani contadinelle mostravano la loro gioia di vivere, insieme alle loro sensuali e prelibate grazie, danzando alla vita ed alla libertà che la nuova repubblica aveva portato, senza alcun limite, in tutto il paese. Ammaliati da tutto questo, ragazzi liberi ormai da ogni timore per l’avvenire sognavano per quella bellezza donata e quell’indipendenza da ogni regola guadagnata. Elisabeth così si ritrovò fuori la staccionata della locanda a fissare quello spettacolo. “Fino a quando avranno voglia e forza di danzare?” Chiese un uomo anch’egli a fissare quei balli e quei canti. “Fino a quando avranno il dono della giovinezza e della libertà!” Rispose uno che gli stava accanto. “E’ questa la vera libertà?” Chiese di nuovo il primo. “Certo!” Rispose il secondo. “La libertà di vivere ciascuno la propria vita come più gli aggrada, ora soprattutto che i tiranni sono stati spodestati dai loro castelli e dalle loro chiese!” “Un tiranno per un altro…” “Cosa ti prende? Sei diventato pazzo?” Lo riprese il secondo. “Vuoi che ti portino via? Sta zitto e brinda piuttosto alla libertà e all’uguaglianza finalmente raggiunte!” Ed entrambi brindarono. |
La voce di Colombina, come il vibrare di una nota, echeggiò tra il sipario e la scena.
La voce, modulata e forgiata ad ottenere invocazioni e sospiri, sembrava librarsi nell’aria, fino a giungere al grande disco argentato, fatto di cartapesta tinta con olio di pesce per ottenere un effetto di luminosa lucidità, che assumeva, in quel pazzo e fiabesco mondo, i riflessi incantati della pallida Luna di Settembre. “Incantevole, mia bella Talia…” sussurrò da dietro le quinte un estasiato Essien, che vedeva in quella ninfa vivace e sognante, il fiore all’occhiello della sua compagnia. Ed appena Colombina calò il suo sguardo, quasi intimorito dalla bellezza e dal silenzio della Luna, unica ed enigmatica compagna dei cuori innamorati, una figura, solenne ma dal passo austero, fece il suo ingresso in scena. Era celata nella penombra ed osservava Colombina. “Canti alla Luna, ma non ti accorgi di me…” sospirò fissando la ragazza “… eppure sono qui ogni notte, proprio avendo come uniche compagne la Luna e la mia solitudine…” restava nella penombra, dalla quale spuntavano e luccicavano come stelle nel Cielo d’Oriente i suoi meravigliosi occhi azzurri “… la notte trascorre così, ad interrogare una e ad ammansire l’altra… fino a quando ognuna di loro si ritira soddisfatta… solo il mio cuore, però, non trova pace… restando qui, come ogni notte, ad attendere il tuo ritorno, amor mio…” Colombina fissava quella penombra, guidata ed incuriosita da quella voce fatta di drammatica passione ed inquieta insoddisfazione. “Chi sono, vorresti domandarmi…” continuò la figura seminascosta tra il sipario e gli incanti della scena “… sono chi tu vorrai che sia… sono la notte che culla i tuoi sogni, colui che ti attende dove terminano le tenebre, sono la Luna destata dalla tua voce e scesa sulla Terra… sono un re se tu sei una regina, un buffone su tu sei folle, sono un criminale se tu sei la mia pena, sono il mio stesso cuore se tu sei la spada che lo trafigge!” Avanzò di un passo, restando però ancora alla mercè di quell’incerta luce. “Sono Amore se tu sei Psiche… sono l’inizio se tu sei la fine… sono me stesso se mi amerai… o sarò…” esitò “… sarò il tuo amato, se ora fuggirai…” Essien allora fece un cenno e dal sipario uscì il bel Renart. “Colombina, amor mio!” Chiamò. “Sono qui e la notte è ancora nostra!” Essien simulò un gesto, come a voler guidare il suo attore, e subito Renart prese per mano Colombina, portandola via oltre il sipario. E rimasta sola sulla scena, la figura emerse finalmente dalla penombra, nascondendo il suo volto dietro quella variopinta maschera che lasciava liberi solo quei suoi meravigliosi occhi azzurri. Occhi azzurri dietro i quali sembrava celarsi un mondo tanto misterioso, quanto tormentato e sofferente. “Ottimo!” Gridò Essien in quel momento, rompendo l’incanto della scena. “Tutti bravi! Anche tu, mio buon Renart! Avanti, cambiatevi e riposatevi pure! Con queste premesse lo spettacolo sarà un trionfo!” E rise forte. “E stasera tutti a cena a mie spese!” E, come sempre faceva dopo le prove, il misterioso uomo dalla maschera variopinta si allontanò dai suoi compagni, che ancora soddisfatti si complimentavano fra loro. http://imgs.sfgate.com/c/pictures/19...2/shakes12.jpg |
"Ma chi razza si crede di essere questo?" Pensai.. Dovevo pensare a un modo per liberare la dama da quella brutta situazione.. Ormai erano ben venti min uti che parlavano.. La stavano praticamente costringendo a fare ciò che volevano.. Mi venne in mente un idea.. "è un suicido.." pensai ma dovevo farlo0.. Non so perchè ma lo dovevo fare.. Aprii la portya della sala e gli occhi dei tre presenti si fissarono su di me e io dissi:
<<Hei Tudor alza il sederone da quel trono e vedi se riesci a prendermi!>> Gli occhi dei due uomini si fecero di fuoco.. Senza neanche farli muovere iniziai a correre a perdifiato.. Sentivo i loro passi dietro e le guardie che arrivavano.. Mi nascosi dietro a un arazzo e aspettai.. Arrivò una sentinella.. Con un colpo ben assestato lo tramortii.. dovevo fare presto.. Spogliai la sentinella che nascosi in una stanza e mi misi i suoi abiti.. Poi iniziai a camminare piano come se niente fosse verso l'uscita.. Dovevo andarmene da quel posto.... |
L'aria era fresca nonostante il sole bruciasse la pelle, avevo le mani stretta lla staccionata che divideva me alresto del villaggio, la notte era stata tremenda.....mi sentivo chiusa tra le pieghe del tempo, immagini si sovrapponevano alla mia ansia, volti sconosciuti, grida e fuoco.......ma li' fuori nessuno faceva caso al mio stato d'animo, i ragazzi ballavano e ridevano sguaiatamente, l'uomo non conosceva il significato della parola liberta'......Due uomini parlarono alle mie spalle, li ascoltai.....tutto era importante per me in quel momento!......." Come opsate parlare di liberta' ed uguaglianza,come vi permettete di nominare una cosa cosi' Sacra...che dovrebbe bruciarvi le carni........questo e' il caos....state perdendo il senso della vita.......se nonvi fermerete, avrete odio e distruzione !!! Stupidi ignoranti !!! " Dissi tutto d'un fiato...senza accorgermi che stavo urllando....Il Silenzio intorno a me, sembrava non si muovesse neanche l'aria.......Mi sentivo come avvolta da una bolla....nella consapevolezza che stavo mettendo a rischio non solo la mia missione, ma anche loa mia vita . Facevo parte.....di una Comunita' Sacra " Laforza del compasso".....tanto in alto quanto in basso.........e se solo qualcuno avesse sospettato, non sarei uscita piu' dalle patrie galere...Il signore di Beauchamps dovevo avere informazioni, cosi' chiesi ad un gentiluomo o cosi' mi porve in mezzo a quella accozzaglia di gente........" Perdonate il mio urlo di sfogo Signore, ma dal mio luogo di provenienza....non sono abituata a questi strarni modi di contorcere il proprio corpo e a far vibrare le corde vocali per esprimere il proprio assenso al nuovo Padrone..........Potreste essere invece cosi' gentile da indicarmi la strada per raggiungere il Il signore di Beauchamps ? "........Non so se il mio sorriso esprimesse qiualcosa di carino sul mio volto ...lonsperai con tutto il cuore.........dovevo correggere il mio comportamento errato.....
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Risi e applaudii con gli altri... la prova era andata bene e ciò ci lasciava ben sperare per lo spettacolo dell’indomani.
Strinsi la mano ad un soddisfatto Essien e mi complimentai con Gobert e Tissier, che mi erano sembrati più in forma che mai, poi scesi in fretta dal palco e mi diressi verso il carrozzone per andare a togliermi quel costume. Notai che il nostro misterioso compagno era sparito di nuovo subito dopo la prova, ma non me ne curai: lo faceva sempre, dopotutto. ‘Evidentemente la nostra compagnia non è di gradimento a Sua Signoria!’ pensai sarcasticamente, dirigendomi verso il carrozzone. |
La sciocca bravata di Daniel avrebbe avuto presto dei pessimi effetti, per lui.
Poco prima, infatti, che il ragazzo raggiungesse l’uscita travestito da sentinella, si ritrovò davanti alcune guardie che controllavano il portone del palazzo. Se in un primo momento le sue mosse erano state in grado, grazie all’effetto sorpresa, di non farlo cadere prigioniero, ora le cose stavano cambiando rapidamente. Insieme alle guardie che controllavano l’uscita c’erano ora anche i molossi del duca, che fiutarono il suo travestimento ed in breve Daniel fu catturato. Fu portato nelle segrete del palazzo, per essere prima bastonato a dovere e poi rinchiuso in un’umida cella in attesa della decisione del duca circa la sua sorte. |
L’uomo fissò Elisabeth quasi turbato.
“Perdonate, madame…” disse rompendo finalmente il suo silenzio “… ma qui c’è gente… prego, rientriamo nella locanda, così potremo parlare senza tutto questo chiasso.” I due allora raggiunsero il bancone della sala interna e l’uomo chiese al locandiere del vino. “In verità non saprei come aiutarvi, madame…” fece l’uomo “… ormai di nobili e di chierici non ne parla più nessuno… tu hai notizie su un certo signore di Beauchamps?” Domandò al locandiere. “Mai sentito quel nome…” rispose questi “… non mi interesso di queste cose…” “Beh, dovresti…” sorridendo l’uomo “… spesso essere attenti a ciò che accade può essere conveniente… perché non provi a chiedere in giro? Così aiutiamo questa gentile signora…” I due si scambiarono una rapida occhiata e un attimo dopo il locandiere si allontanò. “Magari il nostro locandiere potrà esserci utile, madame.” Disse l’uomo ad Elisabeth. Poco dopo il locandiere tornò con due soldati. “Avete chiesto voi del signore di Beauchamps, madame?” Chiese uno dei due militari ad Elisabeth. “Allora ci penseremo noi a condurvi da lui… seguiteci, prego!” Ordinò poi alla donna. |
Ero terribilmente confusa.
Quando quell'uomo fece la sua apparizione scostando il telone, noi tutti ci stringemmo verso il fondo del carro, come topi in trappola. Scostai le mani di Giselle e avanzai verso l'estraneo. Ero spaventata e la paura mi spinse alla cautela. Nonostante tremassi e mi sentissi allo stremo delle forse, riuscii a dire: "Che cosa sta succedendo, qui?" |
Tutti gli attori si cambiarono per la sera.
Essien mandò Tissier e Gobert in paese a prendere il cibo per la loro cena. Nello spiazzo davanti al carrozzone fu così imbandita una tavola che avrebbe presto accolto il meritato premio per quei menestrelli di sogni e colori. “Ti ci vuole ancora molto?” Chiese Renart bussando sulla porta del carrozzone, dove Talia era ancora intenta a prepararsi. “Su, dai, devo ancora attendere molto? Tra un po’ sarò brillo per il vino e la tua bellezza mi farà decisamente un effetto minore!” E rise di gusto. Poco dopo il misterioso attore mascherato tornò dalla campagna, sempre in compagnia della sua compagna preferita, madonna bottiglia, e si sedette sotto un albero a bere. “Tu potresti essere un grandissimo attore…” fece Essien avvicinandosi a lui “… degno dei più bei palcoscenici del paese… Parigi, Avignone, Chartes… se solo riuscissi a staccarti da quel veleno…” “Non seccarmi di nuovo, Essien…” mormorò infastidito l’uomo con la maschera “… hai avuto le tue prove, no? Ora lasciami in pace.” “Bah, la vita è tua, amico mio…” scuotendo il capo Essien “… la vita è tua…” “Ecco e non rendermela più schifosa di quanto non lo sia già…” sbottò l’attore “… abbiamo un patto, no? Non bevo durante le prove… ora non seccarmi più…” “Non puoi bere per dimenticare…” “Dimenticare?” Voltandosi di scatto l’attore. “Si può dimenticare un incidente, un dolore, forse qualcuno riesce anche a dimenticare una donna… ma non si può dimenticare un’anima lacerata…” “La vita è…” “E’ Cosa?” Lo interruppe l’attore mascherato. “E’ cosa? Bella e degna di essere vissuta? Per chi? Forse per il tuo bel capitano! Non per me! E questo me lo ricorda ogni volta la mia ombra riflessa sui muri della sera, o in uno specchio nella notte… lasciami in pace, Essien…” “Tra un po’ si va a tavola…” disse Essien “… così ti presenterò finalmente agli altri…” E tornò dal resto della compagnia. Poco più tardi Tssier e Gobert ritornarono finalmente dal paese. “Tutti a tavola!” Urlò Fantine al resto della brigata. |
Il soldato sorrise a quelle parole di Melisendra.
“Non temete, milady, siete fra amici…” disse “… ora vi prego di scendere da questo carro.” I prigionieri furono così fatti scendere. Accanto al maleodorante carro che li aveva tratti in salvo dalla capitale, c’era ora uno una carrozza più degna del loro rango. “A chi dobbiamo questa nostra insperata salvezza?” Chiese Giselle al capitano. “Al buon Dio, milady.” Rispose il capitano. “Egli veglia su tutti noi, sempre.” I soldati, chiaramente inglesi, erano abbigliati con le uniformi della Guardia Repubblicana di Magnus ed avevano tutti il volto coperto da un elmo con visiera. “Chi siete, signori?” Domandò ancora Giselle. “Forse degli Angeli?” “Gli Angeli, purtroppo, non sono di questo mondo.” Sorridendo il capitano. “Ora perdonatemi, ma dobbiamo affrettarci.” Tutta la scena avveniva sotto gli occhi del conducente del carro che aveva condotto tutti loro in quella radura. Questi era ben accorto a nascondere il suo visto sotto il cappuccio e dietro la folta barba nera, ogni volta che uno dei prigionieri appena liberati si voltava verso di lui. “Questa nuova carrozza vi condurrà a Calais, miei signori.” Continuò il capitano. “Lì vi attende un battello che vi porterà in Inghilterra. E lì comincerà per voi una nuova vita.” Melisdendra, Giselle, il vescovo e l’atro nobile furono così fatti salire sulla seconda carrozza che partì alla volta di Calais. “Tutto è andato bene, capo.” Disse il capitano voltandosi verso l’uomo col cappuccio. “Se non hai altri ordini, allora farò preparare il tutto per il nostro ritorno in patria. La nostra nave salperà tra tre ore per Dover.” L’uomo col cappuccio annuì e restò a fissare il carro che svaniva nella boscaglia lontana, sul quale, ormai quasi in salvo, si trovavano Melisendra e gli altri appena liberati. http://www.claquete.com/fotos/galeria_fotos/23169.jpg |
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