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il mio nome è cavaliere25 dissi sorridendogli piacere di fare la vostra conoscenza poi alzai il boccale e dissi io brindo a tutti voi e soprattutto a questo cavaliere che mi insegnerà a diventare un ottimo e forte cavaliere dissi guardando Finiwell spero solo di essere al altezza dei compiti che mi darete
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Quella notte avevo dormito poco e male, mille pensieri si erano affollati nella mia mente e da essi mille sensazioni contrastanti ne erano uscite.
Quando la prima, debole luce dell’alba penetrò dalla mia finestra, dunque, mi alzai e mi andai a sedere allo scrittoio. Qui scelsi un foglio di pergamena, intinsi la penna nel calamaio e iniziai a scrivere... ‘ Padre mio, nella tua ultima mi chiedevi notizie circa il mio stato d’animo e il mio umore. Vorrei dirti che apprezzo molto l’interesse che mi dimostri e che mai dubitai del tuo affetto, un affetto pari soltanto alla devozione che io porto a te. Tuttavia in quelle righe colsi anche qualcosa di diverso e non credo di sbagliare se penso che, con quella lettera, tu volevi chiedermi un parere circa l’atteggiamento da tenere in questa guerra. Non credo di sbagliare ritenendo che, dopo la tragica scomparsa di lord Rauger, tu ti sia chiesto, come altri, quale sia la parte più giusta da appoggiare... o forse, padre, ti sei chiesto quale sia il male minore? Ammetterai che sarebbe facile per me scegliere una egoistica soluzione, tuttavia non ho intenzione di farlo. Non lo farò perché, vedi, tu mi hai insegnato a guardare oltre il velo del più immediato interesse personale e a valutare ogni situazione da molti punti di vista. Ho molto riflettuto su quanto sto per dirti e sono, adesso più che mai, fermamente convinta che lord Icarius de’ Taddei sia il solo ad avere il pieno diritto della successione di Capomazda. Per tale motivo, ti chiedo di fornirgli il tuo più totale appoggio in questa vicenda. Quando poi tutto questo sarà finito, padre, potremo tornare a parlare di me e allora, ti prometto, mediterò sulla mia condizione e sulla possibilità di chiederti la grazia di richiamarmi presso di te, così da allontanarmi se sarà necessario da questo posto e da quell’uomo. Come ultima richiesta, infine, ti prego di tenere sotto controllo i baroni e i molti signorotti le cui terre confinano con quelle di Sygma. Tu meglio di me sai quanto essi siano per tradizione riottosi, ti chiedo dunque di osservare da vicino le loro mosse e di tenermi sempre informata. Certa della tua comprensione, ti abbraccio con affetto. Devotamente, tua figlia Talia ’ Rilessi queste poche righe ancora una volta, poi piegai il foglio e lo sigillai con cura. Infine chiamai uno dei miei più fidati messaggeri personali e gli consegnai la missiva con l’ordine di partire immediatamente per le terre di Sygma e consegnare quel messaggio direttamente nelle mani di mio padre. Fatto ciò, il sole era ormai alto. Lasciai allora la mia stanza e presi a camminare speditamente per il corridoio... improvvisamente si era fatto imperioso in me il bisogno di uscire e di respirare aria fresca. |
Mi sentii improvvisamente stanca... le mie energie si erano affievolite durante la lunga cavalcata e potevo percepire tutte le energie che mi circondavano con estrema chiarezza, il desiderio di abbeverarmene iniziava a salire e presto sarebbe diventato quasi prepotente. Potevo solo immaginare il pallore delle mie gote a quel pensiero.
Il cavaliere appiedato non pareva costituire una minaccia per il nostro piccolo convoglio, ma quando scomparve all'interno della carrozza, quasi ne fui sollevata. Udii il borbottio di Morrigan al mio fianco e non potei fare a meno di sorriderne. Mi sistemai meglio i veli sul viso e strinsi ancora una volta gli alamari del mantello, quel gesto nervoso era un chiaro sintomo della mia preoccupazione. Ormai il pomeriggio volgeva verso sera. Le ombre si allungavano sempre più. Il cavallo scandiva il tempo col rumore dei suoi passi. Improvvisamente mi sentii sbalzata nel passato... L'ultimo litigio era stato terribile, la mia ribellione lo aveva mandato su tutte le furie e mi aveva lasciata appesa per tre giorni in una gabbia tra gli alberi della foresta. Non era ammissibile che non volessi più uccidere per lui. Ora stava portandomi alla pazzia, negandomi la possibilità di nutrirmi, facendomi soffrire tra le nebbie della foresta, dove l'aria si agitava come fantasmi inquieti. La mattina del quarto giorno, stremata, fui liberata. Non mi reggevo in piedi. "Vedi? Non puoi negare la tua natura..." Sollevai gli occhi e gli rivolsi un ultimo sguardo d'odio prima di cadere riversa sul pavimento, il respiro affannoso mi bruciava nel petto. "Cosa pensi di fare senza di me? Chi si prenderà cura di te?" Sospirò e mi girò intorno..."Pensi che là fuori saranno clementi con te?" Sentii dei nitriti provenire da fuori. "Ti prego, lasciami morire... uccidimi..." sussurrai stremata, aggrappandomi alle sue ginocchia e stringendo a malapena il suo pugnale, che scendeva dalla cintura. Con una spinta mi gettò indietro, per riafferrarmi subito e sollevarmi da terra, quasi fossi fatta di aria. "No, no... vivrai... tu sei mia, vivrai fino a quando mi piacerà." Mi accarezzò il viso e si soffermò sulla mia gola. Non avevo la forza neppure per piangere, tanto meglio. "Guarda cos'ho per te..." Sollevai a malapena la testa e vidi una figura immobile sul mio letto. Un cavaliere forse. E capii. Sapeva che l'istinto di sopravvivenza avrebbe avuto la meglio e mi sentii in trappola. Mi adagiò accanto alla figura immobile, doveva averlo narcotizzato. Un cavallo nitrì nuovamente. "Tornerò quando sarai di nuovo in te", sussurò malvagiamente al mio orecchio. Ed uscì. Era tutta un'illusione, quella stanza, il mio letto, le coppe da cui bevevo il mio vino e i morbidi velluti su cui dormivo. Fuori da quella porta c'era solo il bosco e la nebbia. I cristalli che descrivevano il perimetro delle mie stanze erano la mia prigione. Quel cavaliere dormiente si agitò vicino a me, sogni oscuri. Il mio istinto reclamava ciò che mi teneva in vita. La ragione invece inorridiva al pensiero di un'altra vittima. Mi chinai su di lui. Il suo respiro era lì, caldo e umido, mi prometteva nuove forze. Cedetti... ma non lo uccisi. Ne presi abbastanza da rimettermi in piedi. Avevo percepito la forza delle braccia di quell'uomo, i sogni di gloria, il pericolo dei campi di battaglia. Non ero un'assassina. Ero un pettine. La mia natura si insinuava in mezzo a quel groviglio di emozioni umane e si nutriva di quell'ancestrale retaggio istintivo. Come un pettine, strappavo qualcosa. Ma che bisogno c'era di strappare loro la vita? Frugai nelle tasche del cavaliere... ero quasi euforica dal piccolo pasto e mi sentivo come ubriaca. Improvvisamente un piccolo oggetto liscio e freddo mi incuriosì. Uno specchio! Non avevo mai posseduto uno specchio. Mi ero vista occasionalmente in qualche riflesso, ma il mio signore mi aveva vietato di possedere specchi. Mi osservai incuriosita. Grandi occhi grigi, occhi da lupo, profondi, resi voraci dall'appetito. Ero pallida e sul viso mi cadevano morbide ciocche castano rosso. Voltai lo specchio e decisi che non amavo gli specchi. Improvvisamente un'idea balenò nella mia mente. Non ci pensai due volte. Mi diressi là dove sapevo si trovava un cristallo, poichè più volte avevo tentato di forzarlo, senza ottenere altro che una scossa. Vi appoggiai lo specchio e fuggii. Un rumore assordante mi fece urlare. Il cavaliere si svegliò di colpo e ci trovammo sdraiati su delle foglie secche. Un cavallo grigio nitrì terrorizzato, poco lontano. Mi avvicinai e lo afferrai per le briglie, il cavaliere stava venendo verso di me, ma cadde sotto un'improvvisa pioggia di frecce. Stavano arrivando. Stava arrivando. Montai in sella e spronai il cavallo disperatamente. Pregai che le nebbie mi nascondessero. La mano corse nuovamente agli alamari del mantello. Mi domandai se dovessi apparire pallida, mi pizzicai una guancia. Quando saremmo giunti a Capomazda? Spronai il cavallo e proseguii un po' al trotto, lo sentii rilassarsi. Io e Pandemonio eravamo legati dal momento in cui aveva perso il suo cavaliere. I cavalli non si ingannano con la magia, sapeva che la mia prigione non era altro che un'illusione e aveva nitrito tutta notte nella speranza di svegliare il suo cavaliere. Ma da allora si era preso cura di me, scegliendo con attenzione sentieri sicuri e correndo veloce come il vento. Mi avvicinai alla carrozza, bussai sul tetto e scostai una cortina: "Monsignore, dovremmo accelerare, non sono terre sicure per viaggiare di notte, dovremmo affrettarci, mancano poche ore al tramonto." |
Così, Dafne, Waiko ed i suoi compagni, si diressero dall'altra parte delle mura, dove avrebbero trovato un'ingresso laterale.
Ma appena furono presso un vecchia capanna in muratuta abbandonata, uno dei compagni di Waiko afferrò Dafne e la spinse dentro. Subito, Waiko e l'altro suo amico li seguirono. Dafne fu spinta sulla paglia che si trovava in quel posto. "Non sai che una vedovella dovrebbe vivere in convento, o trovarsi un protettore?" Disse colui che l'aveva spinta sulla paglia. "Vedovella?" Ripetè l'altro. "Ma se ha detto che il marito è ancora vivo!" "Si, e magari ora starà correndo in suo aiuto!" E risero forte. "Avanti, fate presto!" Li riprese Waiko. "Potrebbero sentirci!" "Sta tranquillo, Waiko! Qui non viene mai nessuno! Abbiamo tutto il tempo per spassarcela! Avanti, tenetela ferma che comincio io!" "Non temere, non potrà certo sfuggirci!" Rispose l'altro che l'aveva immobilizzata a dovere. "Non preoccuparti, piccola... vedrai che ti divertirai..." |
Nel frattempo, all'interno del palazzo, Finiwell e Cavaliere25 stavano bevendo alla locanda della caserma.
"Mi raccomando, amici miei..." disse Finiwell "... che non avanzi neanche una goccia di vino, o sarà di cattivo auspicio per il nostro Cavaliere25!" Tutti brindarono in allegria. "Tranquillo, ragazzo mio!" Rivolgendosi poi all'aspirante Cavaliere. "Hai un degno maestro e non puoi fallire!" E rise di gusto. |
Il Sole era prossimo ad adagiarsi sull’orizzonte sterminato ed il carro avanzava nella lussureggiante campagna.
“Mio nonno stupito? Impossibile, milady…” disse il cavaliere a Morrigan “… non l’ho mai visto stupirsi per nulla… forse perché conosceva bene i suoi simili…” Sorrise e cominciò a suonare la sua ocarina. “Si …” rispose Ravus alle parole di Melisendra “… avanti, più veloce!” Spronando poi il guidatore. Poco dopo avvistarono le alte mura di Capomazada, che imponenti dominavano su quel paesaggio. E nel purpureo alone del tramonto, quasi accompagnata dalla malinconica musica dell’ocarina di quel cavaliere, la carrozza fece finalmente il suo ingresso a Capomazda. http://farm3.static.flickr.com/2558/...a0b8bcc1de.jpg |
vedendo il cavaliere ridere mi misi a ridere anche io mi sentivo bene e forse pensai avevo trovato un posto dove mi potevano insegnare tanto e darmi tanto affetto
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Intanto, nel palazzo ducale, Talia, scossa da mille e più sensazioni, timori e malinconici pensieri, passeggiava nei lunghi corridoi di quella dimora.
Giunse così nel solenne corridoio detto Dei Ritratti, dove figuravano i dipinti degli Arciduchi e delle loro consorti. La giovane principessa di Sygma camminava nell’austero silenzio di quel luogo, un silenzio rotto soltanto dal rumore dei suoi passi. E mentre camminava, in balia delle sue ansie, cominciò a fissare i vari ritratti, fino a fermarsi davanti ad uno in particolare. “E’ sua signoria lord Erois de Taddei…” disse una voce alle sue spalle “… e quella accanto a lui è lady Antedia, sua moglie…” aggiunse Izar il filosofo. Si avvicinò a Talia e continuò: “Si amarono di un amore grandissimo, quasi irreale… e quando lui morì, lei impazzì dal dolore, per poi gettarsi da una delle torri del palazzo… l’Arciduca morì durante una battuta di caccia… avvistò un meraviglioso falco… dall’euforia distanziò i suoi falconieri e svanì nella brughiera… fu ritrovato il giorno dopo… si disse che fu ucciso da una grande emozione che gli fece scoppiare il cuore… lord Erois era noto per il suo coraggio… ma quel giorno, sul suo volto, era impressa l’immagine di una primordiale e visionaria paura…” In quel momento un servitore richiamò Izar, che, congedandosi dalla sua signora, lo seguì. Il ritratto di lady Antedia sembrava quasi guardare Talia. Seguirla in ogni suo movimento. Quasi come se percepisse le sue sensazioni e comprendesse i suoi stati d’animo. Talia tornò poi a fissare il ritratto di lord Erois, quando, alle spalle del duca, nel paesaggio dipinto, notò qualcosa. Una strana figura dipinta nella brughiera. Avvolta da un lungo mantello rosso, in sella ad un cavallo nero come la notte. |
Le mura imponenti di Capomazda riflettevano gli ultimi raggi, facendoci giungere finalmente a destinazione. Le porte si aprirono e ci affrettammo ad attraversare la città bassa.
Niente a che vedere con Camelot. L'atmosfera generale sembrava di attesa, con un sottofondo di speranza. Gli abitanti ci scrutarono, facendoci largo. Ci dirigemmo verso la cittadella e accedemmo a un cortile interno del palazzo di Sua Signoria il Duca. Smontai da cavallo e mi assicurai che Pandemonio fosse rifocillato, affidandolo alle cure di un giovane paggio. Qualcuno sarebbe venuto ad accoglierci? Cosa ne sarebbe stato di me sotto la supervisione di Ravus? Dovevo considerarmi un'ospite o una sorvegliata? Aprii bene gli occhi e mi strinsi nel mantello. Guardai verso Morrigan e poi verso Ravus, pensierosa. Scostai un po' i veli che mi scoprivano il volto, ma tenni il cappuccio calato sulla fronte. Il cavaliere misterioso carpì la mia attenzione... quindi gli domandai: "Chi siete voi, cavaliere?" |
All'improvviso fui gettata a terra, tra la paglia che sapeva di sterco; elaborai subito, vedendo le faccie di quelli che credevo essere degli "amici" (beh insomma, almeno delle brave persone), quali erano le loro intenzioni.
Non riuscivo a muovermi. Mi strattonavano. Io urlavo e loro mi schiaffeggiavano. Chiamavo qualcuno, ma chi?? oltre a mio marito e alle poche vicine di casa non è che conoscessi molta gente in quella città. Poi mi venne in mente un episodio: Ero sposata da poco e da ancora meno ero arrivata nella mia nuova casa. Friederich, il mio buon marito, era molto premuroso nei miei confronti e un giorno mi disse: "Cara, sai che a causa del mio lavoro potresti stare dei periodi sola. Qui ci saranno molte brave persone che ti aiuteranno ma potresti anche avere a che fare con qualche elemento poco simpatico. Mi faresti stare più tranquillo se imparassi a difenderti..." Ricordo che gli sorrisi e accettai di essere "istruita" da lui. Mi impegnai e lui fu pure severo ma qualche risata ci scappò. "Forza Dafne, ripensa a quello che ti ha detto Friederich" pensai cercando di recuperare un briciolo di calma "Metti il piede sopra il ginocchio, tieniti pronta con le mani e spingi" Lo feci spingendo con tutto la forza che mi restava. Non combinai niente, il maiale mi ricadde addosso schiacciandomi e togliendomi il fiato. Svenni! |
L’arrivo di Izar in quel corridoio mi sorprese. Rimasi in silenzio mentre parlava, ascoltando con attenzione la storia di lord Erois e lady Antedia...
“Una storia triste...” sussurrai poi, più a me stessa che non a lui “Chi ha la fortuna di trovare un amore tanto profondo, non è giusto lo perda così brutalmente!” E fu in quell’istante che giunse il servo a richiamare il fedele consigliere di mio marito... mi inchinai appena e lo osservai allontanarsi, poi tornai a guardare quei dipinti... Perché vi era qualcosa in essi, ne ero certa... qualcosa che percepivo vagamente ma che non riuscivo a cogliere. Li osservai a lungo, in silenzio... poi finalmente i miei occhi notarono, sullo sfondo, quella figura: era la sagoma appena distinguibile di un cavaliere con un lungo mantello rosso, il quale montava un cavallo completamente nero. Accostai di più il viso al dipinto e scrutai quella figura più da vicino, con una strana sensazione addosso... dove avevo già visto quella figura? Un istante di esitazione... poi subito rammentai: la sera precedente, mentre Icarius stava arrivando a palazzo e io stavo guardando fuori dalla finestra la pioggia che cadeva fitta... Chiusi gli occhi, tentando di richiamare alla mente quell’immagine, che avevo creduto un’allucinazione... Ma come poteva essere che una mia semplice allucinazione fosse in quel dipinto? E poi la storia su lord Erois che Izar mi aveva raccontato... le circostanze della sua morte... e quell’espressione sul suo volto al momento del ritrovamento, la stessa che avevo visto sul caro viso di lord Rauger appena qualche giorno prima... La mia mente lavorava frenetica... Per qualche ragione mi spostai di qualche passo e osservai un altro ritratto di un altro duca... dapprima non vidi niente, ma poi di lato e seminascosto da un albero notai quella stessa figura, quell’identico cavaliere dal mantello rosso... Sull’onda di tale scoperta, dunque, proseguii questa mia bizzarra ricerca: percorsi in lungo e in largo tutto il corridoio ed esaminai con attenzione ogni singolo ritratto in esso contenuto... e in tutte le tele rappresentanti i duchi notai, più o meno nascosto nel paesaggio, quello stesso identico cavaliere. Quando ebbi terminato il mio esame avevo il fiato corto, mille dubbi nella mente e una sgradevole quanto incomprensibile sensazione che si faceva strada in me... e lì rimasi, immobile, riflettendo. |
Dafne aveva tentato di liberarsi dalle volgari bramosie di quegli uomini.
Ma era stato tutto inutile. I loro versi, le mani sporche, gli occhi colmi di immondi desideri. “Avanti, fate presto!” Disse Waiko ai suoi compagni. “Che dopo tocca a me!” “Beh, siamo fortunati… è un bocconcino davvero prelibato… avevi questa bellezza come vicina di casa e non ci hai combinato mai nulla?” “Che il diavolo vi porti!” Esclamò Waiko. “Volete darvi una mossa?” “Di cosa hai paura?” Domandò l’altro suo compagno. “Questo è un posto tranquillo, nessuno viene mai qui.” “Già, lo credevo anche io…” disse una voce all’improvviso, proveniente dal muretto che separava le uniche due stanze di quella capanna “… ed invece siete arrivati voi ad interrompere il mio riposino…” “Chi diavolo ha parlato?” Chiese stupito Waiko. “Uno che voleva riposare in pace, visto che stanotte gli tocca il turno di guardia, grossi idioti!” Rispose Pasuan saltando da dietro il muretto. “Accidenti, un cavaliere!” Urlò Waiko. “Filiamo!” “Filare?” Ripetè uno dei suoi compari. “E perché mai? Siamo tre contro uno… ed io non voglio rinunciare a questo bocconcino!” Ma senza neanche dargli la possibilità di dire altro, Pasuan estrasse rapido la spada e gli mozzò una mano, lacerando poi, con la medesima velocità, all’altro suo compare la giubba e graffiandogli il petto. A quella scena Waiko scappò via, seguito subito dai suoi degni compagni, feriti ed impauriti. Pasuan li guardò andare via e si avvicinò poi a Dafne, che era ancora svenuta sulla paglia. |
La carrozza fu fatta entrare nel palazzo ducale e subito paggi e servitori la raggiunsero.
“Finalmente siamo a Capomazda!” Disse Ravus, visibilmente stanco per il viaggio. “Benvenuto, monsignore!” Esclamò Izar andandogli incontro. “Salute a voi, Izar.” Rispose il chierico. E i due restarono per qualche istante a parlare tra loro. Il cavaliere invece, saltato giù dalla carrozza e recuperata la sua sella, si guardò intorno. “E così questa è Capomazda…” mormorò. Poi, fissando Melisendra: “Sono l’uragano che grida nella notte, milady… la fresca brezza del mattino che accarezza il volto… l’alone vermiglio del tramonto che annuncia il crepuscolo… ma voi potete chiamarmi Guisgard, milady.” E si inchinò sorridendo. “Vi prego, il viaggio è stato lungo e siamo stanchi…” disse Ravus a Izar. “Certamente, siete graditi ospiti, miei signori!” Rispose il consigliere del duca. “Vi faccio subito alloggiare nel palazzo.” “Si, sistemiamo ovviamente prima lady Morrigan, poi il cavaliere….” cominciò a dire Ravus. “Avete dimenticato che qui c’è un’altra dama, monsignore…” lo interruppe Guisgard “… e una dama ha sempre precedenza su di un cavaliere.” “Ah, si…” balbettò il chierico “… abbiamo anche un'altra dama…” indicando Melisendra. “Benissimo, farò preparare subito i vostri alloggi.” Disse Izar. Poco dopo gli alloggi erano pronti e ciascuno ne prese possesso. “Cavaliere…” fece Izar a Guisgard “… vi interesserebbe arruolarvi? Qui occorrono forze nuove e voi mi sembrate un valente spadaccino.” “Davvero? E ditemi… c’è qualche buon cavallo degno della mia sella?” “La paga è buona e i nostri cavalli sono i migliori al mondo.” Rispose Izar. “Presentatevi al capitano Monteguard, cavaliere.” |
Poco dopo, qualcuno entrò nella grande Sala dei Migliori.
“Siete qui, milord!” Disse Izar entrando. Icarius non rispose. Era seduto sul seggio che fu di suo zio e di tutti gli altri Arciduchi prima di lui. “Milord, l’abate Ravus è giunto a Capomazda…” aggiunse Izar “… chiede di vedervi…” “E’ buffo…” mormorò l’inquieto duca “… è buffo come da piccoli il mondo ci appaia in un modo e poi, una volta cresciuti, assuma tutt’altro significato… venivo sempre da piccolo in questa sala… e restavo a fissare le grandi statue dei miei antenati… Taddeo il grande… Ardea… Erois… li guardavo e sognavo di diventare come loro… queste statue rappresentavano valori ed ideali grandissimi… oggi, nel vederle, non provo più niente… niente…” “Anche loro hanno dovuto superare grandi difficoltà e compiere ardue imprese, mio signore... e…” “Si, conosco i poemi e le leggende!” Lo interruppe Icarius. “Conosco a memoria ciò che mi narravano giullari e bardi… ma quelle favole non mi incantano più…” Si alzò e raggiunse la grande Statua dell’Arcangelo Michele nell’atto di trafiggere l’angelo ribelle. “E’ Ravus che custodisce il tesoro della stirpe, vero?” “Si, milord.” Rispose Izar. “Bene…” “Cosa… cosa intendete fare, milord?” Domandò il consigliere. “Andare via…” rispose Icarius “… e stavolta per sempre… Capomazda presto cadrà, lo sappiamo entrambi… ma quel traditore di Cimarow non metterà le mani su quel tesoro!” |
Le grandi volte a padiglione sostenute dalle slanciate colonne, tra le quali si aprivano le ampie vetrate, scandivano con la loro perfezione la superba copertura del corridoio.
Il malinconico e rossastro bagliore del Sole morente si rifletteva proprio da quelle vetrate, tingendo ogni cosa col suo manto. I ritratti, sfiorati da quell’etereo alone, sembravano assumere indecifrabili espressioni. Tristezza, inquietudine, paura, ansia, disperazione. Come se quei ritratti volessero parlare. Talia li fissava con attenzione, quasi a volerli interrogare. Antedia continuava a sorriderle, mentre alle sue spalle, in uno scenario di pastorale idillio, la campagna si animava di Primavera. Il vento soffiava forte e traeva con sé di nuovo quelle voci. “Stai soffrendo…lo so...” Si sentiva nel suo sibilo tra le antiche pietre del palazzo ducale. Con lo sguardo, da quella torre, si poteva abbracciare l’intera campagna… Bastava un solo sguardo per racchiuderla tutta… Ma bastava ancora meno per mettere fine a tutta quella sofferenza… Un salto… nel vuoto… ma non sarebbe stato più vuoto di ciò che era diventata la vita… Antedia era là, su quella torre… in balia del vento, della solitudine e della disperazione… Indossava il suo abito da sposa... e cercava il suo amato ormai perduto… forse portato via proprio da quello stesso vento… Era bellissima con quell’abito… Gettò un altro sguardo sulla campagna... e fu là che vide quella figura… La fissava... la chiamava… E quando il vento cessò di soffiare, ad avvolgerla non era più il cielo, ma la campagna… Mentre il suo bianco vestito, bagnato di sangue e lacrime, giaceva strappato su quel corpo senza più vita… In quell’istante un servo chiamò, destando e quasi spaventando, Talia da quella strana sensazione. O forse visione… “Milady, è giunto l’abate Ravus.” Annunciò il servitore alla principessa di Sygma. http://content8.flixster.com/photo/1...413942_gal.jpg |
"Il mio nome è Melisendra, cavaliere" Gli rivolsi un inchino e poi seguii la servitù giunta ad accompagnarci nei nostri rispettivi alloggi.
Una volta sola nella stanza a me adibita, mi rinfrescai e approfittai della presenza delle solerti cameriere per fare un bagno rigenerante. Dopo di che tirai fuori un vestito dalle bisacce e lo indossai. A Ravus sarebbe venuto un colpo. Ma non avevo altre vesti adatte ad un soggiorno nel palazzo, poi pettinai i capelli in morbide onde. Una cameriera portò uno specchio. Non ne vedevo uno da quella notte. La donna che mi osservava dal riflesso indossava un abito color cremisi, i cui veli leggeri si sollevavano e gonfiavano leggermente ad ogni movimento. le maniche ampie scendevano da un corpetto avvitato. La cameriera strinse a tal punto i lacci che mi strappò un gridolino di disappunto. Tentai di coprire la scollatura con la lunga chioma, ma vi rinunciai e decisi di uscire per prendere un po' d'aria. Avevo atteso, ma nessuno era giunto a chiamarmi. Mi recai nel giardino interno e da lì rimirai la luna, passeggiando e godendo del profumo dei gelsomini. |
La sera.
Resa chiara dal vento che soffiava da nord, limpida di stelle ed intrisa di un argenteo pallore lunare. L’Occidente, ormai spoglio anche dell’ultimo chiarore del Sole morente, era coronato da Venere, che luminosa brillava nel cielo. Le foglie di quel verziere, animate dal fresco alito del vento, sembravano vibrare ai suoni che giungevano dalla taverna, dove erano i cavalieri. Ma uno di quei suoni sembrava diverso dagli altri, più lento e malinconico. Molto più vicino, tanto da destare Melisendra dai suoi pensieri. Un suono che sembrava librarsi nell’aria, quasi cavalcando la sua stessa malinconia, per poi posarsi, come una carezza, sui pensieri della ragazza. http://thisdistractedglobe.com/wp-co...%20pic%202.jpg |
Nello stesso momento, alla locanda, tutti cantavano e si divertivano.
"Avanti, ragazzi!" Diceva Finiwell. "Sotto che chi si ferma è perduto! E ricordate... mio nonno diceva sempre che un uomo si vede in tre cose fondamentali... come regge le donne, come regge il cibo e come regge il vino! Alla salute di mio nonno, che Iddio l'abbia in Gloria!" E tutti risposero a quel brindisi. "Dov'è finito Pasual?" Chiese poi ad uno dei cavalieri. "Non so, aveva il turno di guardia stasera, ma non l'ho visto in giro." "Molto strano..." mormorò Finiwell. "Andiamo a cercarlo, ragazzo!" Disse poi a Cavaliere25. |
Capomadza... le grandi, antiche torri si levavano possenti contro l'aria della sera come se avessero dovuto proteggere la stessa volta celeste da ogni attacco.
Morrigan cavalcava con gli occhi fissi su quel profilo... com'era diversa, Capomadza, dal suo palazzo! Quell'architettura parlava di forza più che di grazia... stava sulla collina, distesa, dominando il borgo sottostante, come un leone dalla fiera criniera pronto al balzo. Un lieve musica si intrecciava allo schiocco degli zoccoli dei cavalli, e a tratti sembrava quasi dar loro il ritmo per avanzare verso la meta. Morrigan l'ascoltava distratta. Quella musica si intrecciava sottilmente ai suoi pensieri, e senza avvedersene ne era diventata parte. La carrozza fece infine il suo ingresso nel palazzo, e servi e valletti furono subito intorno ai viaggiatori, per accogliergli. Il nuovo arrivato saltò giù dalla carrozza con un balzo atletico, che Morrigan non potè fare a meno di notare. Lo seguì con lo sguardo, e vide che andava incontro a Melisendra e che le parlava sorridente, porgendole infine un inchino. “Sono l’uragano che grida nella notte, milady… la fresca brezza del mattino che accarezza il volto… l’alone vermiglio del tramonto che annuncia il crepuscolo…" Morrigan sorrise, suo malgrado, mentre il vento le portava quelle parole all'orecchio. Era una simpatica canaglia, quel cavaliere, e aveva la lingua pronta e forbita, e questo faceva sì che quell'uomo le ispirasse istintivamente un'impressione positiva. "... ma voi potete chiamarmi Guisgard, milady.” Ma a quelle parole, il suo sorriso si spense, e Morrigan ridiventò seria, come profondamente, intimamente turbata. Abbassò le lunghe ciglia scure, e i suoi occhi si persero ad inseguire vagamente qualcosa, lontano. Sembrò smarrirsi per qualche secondo, poi di colpo sollevò gli occhi su di lui, e glieli piantò addosso in modo diretto e quasi violento. Lo seguì mentre parlava con un uomo, e dai mozziconi di parole intese che l'altro gli stava offrendo di prendere servizio a Capomazda. Attese. Senza nemmeno saperne il perchè. Senza essere sicura di ciò che avrebbe davvero detto, e soprattutto domandandosi che motivo aveva di raccontare determinati eventi ad uno sconosciuto, che probabilmente non aveva alcun interesse ad ascoltarla. E tuttavia attese. E appena l'uomo che diceva di chiamarsi Guisgard si allontanò alla volta degli alloggi, si accostò a lui e lo fermò. "Non abbiamo avuto modo di presentarci, messere... " esordì, fissandolo con un sorriso franco sul volto "Io sono Morrigan, e vengo da Cassis, in Francia... e voi... voi mi avete fatto di colpo pensare quanto il Fato degli uomini sia sovente bizzarro, signore!" |
Si dissi guardando Finiwell andiamo a cercarlo vi seguirò visto che non conosco bene il posto e aspettai che mi disse dove andare chissà perchè tutta quella agitazione pensai dentro di me
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Quella visione... tanto viva nella mia mente, tanto potente che quasi mi sentii come se fossi io stessa a precipitare da quella torre in quell’istante... e avvertivo su di me lo sguardo di quel misterioso cavaliere con il mantello rosso, uno sguardo implacabile, inesorabile, fatale...
Poi la voce di quel servo mi destò, con un sussulto, da quell’incubo in cui stavo scivolando... Lentamente mi passai due dita sulla fronte, come a voler cacciare le immagini appena viste, o almeno allontanarle per un istante... Lo congedai con un gesto lieve, inspirai appena e poi, quasi controvoglia, lasciai quel corridoio per raggiungere la sala in cui, credevo, avrei trovato l’abate Ravus. Giunta davanti all’alta porta di legno liscio e prezioso, picchiettai appena sullo stipite ma, non ricevendo alcuna risposta, posai una mano sulla maniglia e la spinsi piano... Due sole persone vi erano in quella sala. Entrando, colsi uno stralcio di conversazione... Citazione:
Feci dunque qualche passo nella stanza e, prima di potermi trattenere, dissi: “Ma forse quel tesoro non è l’unica cosa che interessa lord Cimarow! Egli ha bisogno di una legittimazione prima di tutto, ha bisogno che venga riconosciuto il suo potere personale e che esso risulti maggiore rispetto a quello degli altri baroni. E se egli entra a Capomazda, se si insedia in questo palazzo dopo averti sconfitto, ucciso o anche solo cacciato via... beh, avrà ottenuto ciò che gli occorre! Una volta qui, se è intelligente... e credo che lo sia... si porrà in linea con i tuoi antenati. Potrà dire che tu non eri che un inetto, un incompetente e che egli, invece, è l’erede ideologico di quella nobile stirpe... e così avrà vinto! Quanto al tesoro... sì, forse sarà contrariato di non potervi mettere le mani. Tuttavia non gli sarà difficile accumulare ricchezze continuando a predare e a saccheggiare come sta facendo adesso... imponendo ai suoi sudditi, ai tuoi, balzelli sempre più pesanti, proprio come sta facendo nei suoi possedimenti ormai da decenni!” Tacqui infine e, solo allora, mi resi conto di aver parlato forse un po’ troppo categoricamente... “Questo, almeno, a mio parere!” soggiunsi in fretta. Poi sorrisi conciliante e spiegai: “Perdonami, mio signore, se sono giunta così... mi era stato detto che l’abate Ravus era arrivato a Capomazda e credevo che lo avrei trovato qui!” |
“Io, milady? E come mai? Forse mi trovate davvero bizzarro come il Fato, devo credere?”
E detto questo, Guisgard sorrise a Morrigan. Si accomodò la sella sulle spalle ed aggiunse: “Certo che la campagna da queste parti è alquanto mesta… eppure c’è un bellissimo tramonto che dovrebbe destarla da ogni angoscia, non trovate?” “La campagna Capomazdese è viva, milord…” intervenne Ravus “… ed è capace di percepire gli stati d’animo di chi attraversa il suo manto.” “Allora deve essere passata qualche schiera di disperati ultimamente!” Scherzò Guisgard. “E’ quella maledizione che la rende così…” mormorò in quel momento uno dei servitori intento a scaricare i bagagli dalla carrozza. Guisgard lo fissò incuriosito. “Vuoi stare zitto!” Lo richiamò il più anziano dei servitori. “Pensa a scaricare i bagagli se non vuoi essere frustato!” “Gli alloggi sono pronti.” Annunciò Izar ai nuovi arrivati. Guisgard però si separò dal gruppo per raggiungere, dietro proposta proprio di Izar, la caserma dei soldati ducali. http://farm1.static.flickr.com/34/88...fc9126.jpg?v=0 |
Nello stesso momento, Finiwell e Cavaliere25 uscirono dalla locanda in cerca di Pasual.
Chiesero ad alcune sentinelle prima e ad un gruppo di cadetti poi, ma nessuno sembrava averlo visto. "Molto strano..." mormorò Finiwell "... Pasual non si è presentato al posto di guardia... eppure sa bene che il capitano Monteguard non tollera simili leggerezze..." Restò un attimo a riflettere poi esclamò: "Allora non abbiamo altra scelta! Vieni, ragazzo, ti mostrerò come si monta un turno di guardia! Copriremo noi due quello scellerato!" E i due raggiunsero il barbacane posto a Settentrione, dove cominciarono il loro inatteso turno di guardia. |
che bello dissi spero di essere al altezza di questo compito dissi rivolgendomi a Finiwell ma poi se riusciremo a trovare pasual ci facciamo spiegare per filo e per segno dove era finito e aspettai che Finiwell mi insegnasse a montare la guardia
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“Bene bene…” disse Icarius divertito dopo che Talia finì di parlare. “Avete visto, Izar? Abbiamo qui una vera esperta di politica e strategia! Ma d’altra parte come non immaginarlo! Che sciocco, vero? La principessa delle terre di Sygna ha di certo dimestichezza sul modo in cui si governano terre e genti!”
“Se posso permettermi, mio signore…” “Ma prego, Izar!” Esclamò Icarius. “Oggi è giorno di parola per i miei fidati consiglieri! Avanti, dite anche voi la vostra. Vi ascolterò con attenzione.” “Credo che lady Talia abbia descritto perfettamente ciò che potrebbe accadere.” Cominciò a dire Izar. “Il tesoro della vostra stirpe è favoloso, vero, ma il seggio ducale vale ben oltre la semplice ricchezza. E questo, temo, lord Cimarow lo sa bene.” “Quindi dite che sarebbe inutile mettere in salvo il tesoro?” Domandò sarcastico il duca. “Mi consigliate di lasciarlo alla mercè del traditore, magari porgendoglielo su un vassoio d’argento? E perché no!” Rise e continuò: “Magari potrei nascondere invece il seggio, oppure la Corona di Giada simbolo del potere ducale! E, perché no, anche tutte le statue di eroi, duchi ed antenati più o meno mitici! Ma poi…” fissando ironico Talia “… poi però rischierei di perdere l’amore della mia adorata consorte… tuo padre cosa penserebbe se il tesoro andasse perduto? Come potrei mantenere la sua bellissima figlia? Il Giglio di Sygma! Ma che sciocchi siamo… sicuramente scenderanno schiere angeliche a salvarci… magari si scomoderà lo stesso San Michele per aiutarci! Perché preoccuparsi!” Scoppiò allora a ridere. “Sfortunatamente il mondo non va così…” diventando finalmente serio “… il sangue dei Taddei non è diverso da quello degli altri uomini… e se in passato non hanno mai conosciuto sconfitta non vuol dire che non possa accadere ora… sin da piccolo mi hanno riempito di storie e miti sulla grandezza della nostra stirpe… ora non ci credo più… non voglio morire per un sogno… un sogno che non sento neanche mio… non più!” Restò un attimo in silenzio e poi concluse: “E non lascerò il tesoro nelle mani di quei cani… che si prendano le statue e le pietre di questo palazzo… ma non avranno quell’oro!” Ed un lampo, un bagliore, infiammò i suoi occhi. Occhi nei quali, l'azzurro sembrava aver smarrito ogni sogno. http://30.media.tumblr.com/tumblr_l3...d6aso1_500.jpg |
Passeggiando nel giardino, mi ero assorta tra le ombre del passato e qualche timore per il mio sempre incerto futuro. Ero tanto pensierosa che quasi non udivo i rumore i provenire dalla taverna, dove la gente vociava e cantava, cercando distrazione dall'atmosfera grave che si respirava in quel palazzo.
Improvvisamente un suono, una sensazione, una lenta malinconia mi travolse. Quasi irresistibilmente. La seguii, curiosa. Si snodava lasciando chiare tracce nell'aria profumata. |
Dalla cella che mi ospitava ormai da qualche anno riuscivo a scorgere l'orizzonte. A parte i falchetti che volteggiavano ansiosi sui prati circostanti e ai caprioli che guizzavano da una parte all'altra dei margini dei prati, i miei occhi non incontravano anima viva. "Anima viva". Già...non potevo di certo considerare delle "anime vive" le mie compagne di sventura.
Fui rinchiusa in quel monastero qualche anno addietro dal "mio nobile padre". Una vita di preghiera, di devozione, sacrificio e umiltà e pentimento, secondo lui, mi avrebbe purificata da quel "peccato". Amare una persona non della mia stessa classe sociale era un "peccato". Il mio "peccatore" fu costretto ad arruolarsi e ad andare a combattere per una guerra non sua ma che gli avrebbe reso l'"Onore" e invece gli ha reso solo un giaciglio eterno dentro la nuda terra. E io scelsi la via indicatami dal mio nobile padre. Le persone che condividono brevi momenti delle mie giornate hanno lasciato fuori da queste mura il loro essere. Qui vivono e basta. Io ho scelto non solo di vivere, ma di crescere nonostante le regole ferree e le privazioni. Appollaiata sul bordo della finestra della mia cella, svogliatamente fissai l'orizzonte. Non mi sarei aspettata di certo di scorgere uno scenario diverso. Vidi avvicinarsi un uomo a cavallo. Dopo una mezz'ora venni convocata dalla badessa. Il mio nome è Llamrei. http://imalbum.aufeminin.com/album/D..._H230901_L.jpg |
“Io, milady? E come mai? Forse mi trovate davvero bizzarro come il Fato, devo credere?”
Le sorrise, e per un attimo Morrigan sentì di aver smarrito la sua abituale sicurezza. Quell'uomo scherzava. Quell'uomo non la conosceva affatto. Che sciocchezza credere che avrebbe potuto avere una qualche forma di interesse nella sua storia! Esitò nel rispondere, e lui subito continuò, accomodandosi la sella sulle spalle: “Certo che la campagna da queste parti è alquanto mesta… eppure c’è un bellissimo tramonto che dovrebbe destarla da ogni angoscia, non trovate?” Morrigan, meccanicamente, rivolse lo sguardo verso il sole che ormai si era rifugiato dietro la linea lontana e scura dei monti. Il cielo brillava di sottii linee rosse, il cui colore era talmente intenso da far tremare l'anima. Dalle sue labbra sfuggì un impercettibile sospiro. “La campagna Capomazdese è viva, milord…” intervenne Ravus, irrompendo in quel momento e strappandola alla vista di quel tramonto. Parlarono tra loro. E di nuovo Morrigan non potè fare a meno di notare la strana atmosfera che si veniva a creare ogni volta che si accennava alla situazione in cui versava il Granducato di Capomazda. Una sottile, soffocata reticenza aleggiava intorno alle parole... qualcosa di celato, di interrotto... si domandò se non fosse il caso di chiedere di più. In fondo era arrivata fin là, aveva deviato dal suo percorso per raggiungere quel ducato, quindi le sembrava quasi che una spiegazione le fosse in qualche modo dovuta. Si accorse che Guisgard si era separato dal gruppo e si stava allontanando, forse per raggiungere quel capitano della guardia che gli era stato indicato prima. Lo guardò mentre attraversava la corte. Non gli aveva detto nulla, infine. E forse era stato meglio così... forse non era niente più che una sciocchezza senza valore... già... eppure anche quello era un segno, non riusciva a negarselo! Aveva viaggiato a lungo, per terra e per mare. Era giunta fino alle bianche scogliere di Albion, senza mai avere alcuna notizia dell'uomo che cercava. Quando era giunta a Camelot era ormai profondamente scoraggiata. Non aveva alcuna traccia e non aveva alcuna speranza. Poi, tutto d'un tratto, quei segni... Morrigan credeva nei segni. Credeva che nulla accadesse per caso, e che, a ben guardare, il mondo era pieno di indicazioni... buone o cattive, chissà... ma c'erano, non aveva dubbi! E di colpo, dal nulla, in mezzo all'assenza e in mezzo al silenzio, i segni si erano mostrati e quasi affastellati, e tutti dicevano la stessa cosa... che era quella la via! Troppe coincidenze valevano più di una prova... quella donna, Melisendra, e le arti arcane che di certo celava... la rivolta di Lord Cimarow e le sorti di Capomazda, che tanto somigliavano agli eventi che avevano rivoltato le terre di Cassis un tempo... e poi quel cavaliere... quel cavaliere che... ma non è possibile... il mare è pieno di pesci! Con quella frase, Morrigan si rassegnò a seguire i paggi che la condussero nel suo alloggio. Toccare quei broccati le ricordava sua madre. Aveva un ricordo vago e dolciastro di sua madre. E come avrebbe potuto essere diversamente? Aveva solo quattro anni quando lei era morta. Ma ne conservava un'immagine che era fatta di colori, del fruscio dei vestiti, dei lunghi nastri, dei fiori che sempre intrecciava tra i lunghi capelli scuri. Senza nemmeno rendersene conto, avvicinò l'abito al viso, e, chiudendo gli occhi, affondò la guancia in quella stoffa, carezzandola. Disperatamente cercava di nuovo quel profumo, quel profumo che non c'era, che non avrebbe potuto mai esserci... Scosse il capo, si staccò da quella veste, lasciando ricadere la mano. Doveva dunque scegliere uno di quegli abiti? Era questo che ci si attendeva da lei? Si ricordò che, in fondo, era in un palazzo, nella capitale di quelle terre, e con ogni probabilità era quello che ci si attendeva da ogni ospite. Che poi fossero giunti in quel luogo per altri motivi, che la guerra fosse alle porte, che probabilmente gi uomini di Cimarow in quel momento fossero intenti a saccheggiare e distruggere qualcuno dei villaggi vicini, tutto questo sembrava non avere alcuna importanza. A tutti era richiesto di mantenere le forme e il decoro, e per questo, nonostante ciò che accadeva fuori dal palazzo, dentro il palazzo tutto doveva restare immutato e ligio alle tradizioni. Almeno in apparenza. Scelse un abito di un profondo rosso scuro, simile al sangue versato. Le era sempre piaciuto quel colore. Le donne le avevano lavato e profumato i lunghi capelli, ma non aveva permesso loro di acconciarli in alcun modo. Li aveva lasciati sciolti sulle spalle. Era la piccola infrazione alle regole che suo zio Morven le aveva sempre concesso, nonostante non fosse più una ragazzina. Così, abbigliata a quel modo, con un lieve velo che le copriva il capo senza nascondere la sua bellezza, la duchessa Morrigan, erede delle terre di Cassis, raggiunse la corte scendendo le scale con calma glaciale, mentre nella sua testa la curiosità l'assaliva, pungendola con le sue tante domande. |
Morrigan scendeva le scale per giungere nella sala grande, dove di li a poco il duca e sua moglie avrebbero incontrato Ravus ed i nuovi arrivati.
Dipinti e arazzi animavano quell’ambiente, che al luminoso chiarore delle candele davano alla sala un’atmosfera quasi fiabesca. Il grande ritratto dell’Arciduca Ardeliano dominava tutta la sala dalla parete di fronte le scale. L’Arciduca era in tenuta da caccia, col suo bellissimo falco ed i suoi fedeli molossi. Orgoglio, nobiltà e bellezza erano impresse sul suo volto, mentre uno scenario di lussureggiante bellezza lo avvolgeva. Quasi ignaro del terribile destino che l’attendeva, Ardeliano, signore di Capomazda e Sygna, sorrideva e nei suoi profondi occhi chiari, simbolo della sua nobile stirpe, era visibile una luce non comune. Una luce capace di illuminare tutti coloro che in essa si fossero specchiati. Una luce, però, che di li a poco si sarebbe spenta per sempre, facendo piombare il ducato in un incubo senza fine. Morrigan raggiunse il centro della sala e subito fu salutata dall’abate Ravus. Un attimo dopo arrivarono il capitano Monteguard ed il suo luogotenente sir Augustus, amico d’infanzia di sua signoria lord Icarius. Ravus presentò Morrigan ai due militari, i quali lodarono ed omaggiarono la superba bellezza di quella ragazza. http://www.thewallpapers.org/wallpap...elsing-001.jpg |
Si dice che un suono, un eco, come un sospiro o un pensiero, siano capaci di trasportare frammenti dell’anima.
Nell’incanto di quella sera, silenziosa ed enigmatica, il suono di quell’ocarina attraversava il verziere, mentre le scintillanti stelle restavano mute a guardare. Ad un tratto quel suono cessò ed il cavaliere aprì gli occhi, fissando il vuoto davanti a sé. Ed in quel momento, qualcosa attraversò i suoi occhi. Forse un nome, un’immagine. O forse un sogno. Melisendra era alle sue spalle, nascosta tra i vigorosi arbusti del giardino e l’oscurità della sera, attirata lì dal suono dell’ocarina. |
Morrigan ascoltava, ma senza sentire. Quei gentiluomini, un po' per galanteria, un po' per la sorpresa che avevano dovuto provare di fronte alla sua repentina trasformazione da guerriera in dama, si stavano prodigando in complimenti. Il suo cuore era altrove. I suoi occhi erano rapiti. Ritta al centro della sala, continuava a fissare un quadro, senza nemmeno saperne il perchè. Fece addirittura qualche passo, distrattamente, in direzione della grande tela, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Quell'uomo del quadro, così nobile e bello, la fissava sorridendo, ed i suoi tratti erano così vividi che a Morrigan parve quasi che le sue labbra volessero dirle qualcosa... era solo un quadro, eppure... shhh... se solo facessero silenzio... se solo ascoltassero... lo sentirebbero...
D'un tratto si voltà verso Ravus, come se solo in quel momento si fosse ricordata di lui... forse è giunto il momento per il buon abate di rendersi utile! "Ebbene, monsignore, adesso che siamo qui, penso sarebbe i caso che voi o qualcuno di questi nobili signori avesse la grazia di illustrarmi quali gravi avvenimenti ci hanno qui riuniti..." e, dispensando amabili sorrisi ai due cavalieri "Ho sentito parlare di tumulti, di gravi problemi di successione e... di una maledizione" Li guardò tutti con attenzione, dritto negli occhi, e l'iniziale sorriso ammaliatore si mutò in un'espressione che voleva chiaramente attestare quanto la sua intenzione di scoprire il vero fosse seria. "Chi di voi vuole iniziare a spiegare?" |
La musica si era interrotta, sgocciolando le ultime note nel mio orecchio e mi ero fermata, sorpresa. Mi trovavo alle spalle del cavaliere che suonava quella musica così densa di emozioni.
Mossi un passo nella sua direzione, schiacciando e muovendo qualche fronda, per far notare la mia presenza ed emersi dalla vegetazione. "Spero di non disturbarvi, vi prego continuate... questa melodia è così nostalgica e dolce che nessuno potrebbe resisterle... qualcosa di molto delicato è emerso dal vostro animo e io mi ritengo una privilegiata ad averlo udito" Lo osservai e mi colpì il contrasto tra il suo aspetto virile e forgiato dall'addestramento militare con la delicatezza delle dita che stringevano l'ocarina e quell'aria di chi sta riemergendo da un sogno. Passandogli accanto gli sfiorai un braccio... e sentii quell'energia che mi dava la forza fluire e sconvolgermi. Solo un assaggio. Stavo districando quell'energia come una dama intenta a sciogliere i nodi di una magnifica chioma. Sicuramente se ne era accorto, dunque me ne ramarricai, che gesto impulsivo! Mi mossi lievemente, e feci per andarmene. |
Rimasi in silenzio per molti minuti dopo che ebbe finito di parlare...
Lo osservai a lungo, tentando di penetrare i pensieri di quell’anima che mai mi era apparsa tanto triste e rassegnata. Infine sospirai... “Io capisco quello che dici!” dissi lentamente “In fondo molte e molte volte mi hai detto di detestare questo posto, di detestare lord Rauger, di detestare... me!” Quest’ultima cosa fu quasi un sussurro, inspirai appena, repressi quel vago senso di dolore che ciò mi aveva causato, poi proseguii... “E tutto questo... beh, questo posso anche tentare di comprenderlo. Ma, vedi, qui non si tratta di te e di me soltanto! Capomazda non è soltanto questo! Pensa alle persone che vivono qui... donne, bambini... tutte quelle persone che soltanto ieri, al tuo arrivo, ti hanno festeggiato e acclamato come se tu fossi stato la risposta alle loro preghiere. E pensa ai soldati e ai cavalieri... uomini coraggiosi, che hanno giurato di combattere per te e che accetterebbero di morire in tuo nome... neanche di tutti loro ti importa niente? Perché, lo sai, per nessuno di loro... per nessuno di noi sarà una festa quando Cimarow entrerà in città! Non puoi pensare che sarà clemente perché è evidente che non lo sarà... non lo sarà con nessuno che potrebbe anche soltanto lontanamente essere stato a tuo favore!” Esitai un attimo, mentre i miei occhi scivolavano delicati sul suo volto... “Mi dispiace...” soggiunsi poi, ma più piano “Mi dispiace perché, che tu mi creda o no, nessuno più di me desidererebbe vederti felice!” Lentamente gli voltai le spalle e feci qualche passo verso la finestra... “E tuttavia...” dissi “C’è un’altra cosa che dovresti valutare! Perché, vedi... in fondo, nessuno si aspetta che tu combatta e vinca questa guerra soltanto perché sei l’ultimo dei Taddei! Il fatto che tu sia l’ultimo della tua Casa non significa, in effetti, che tu sia obbligato a fare qualcosa per Capomazda. Al contrario... tu sei libero di scegliere cosa fare, libero di voltare le spalle e tutto questo, libero di prendere quel tesoro e fuggire via... Il punto è che non sarai mai davvero libero: la tua coscienza non dimenticherà tanto in fretta tutte queste persone che abbandoni... e allora, probabilmente, un giorno desidererai tornare! Allo stesso modo, Cimarow non dimenticherà te... e presto o tardi ti verrà a cercare! Già, verrà... perché, se pure tu fuggissi oggi, un giorno lui capirà che il solo fatto che tu sia in vita costituirà un impedimento alla completa legittimazione del suo potere. Tu potrai non aver nessun interesse per Capomazda e per la stirpe cui appartieni, ma lui continuerà ad attribuirle importanza... continuerà a cercarti, a braccarti, a darti la caccia... il che, in effetti, rende di fatto certo che presto o tardi uno dei due dovrà... piegare l’altro o essere piegato!” |
Ravus ed August si scambiarono una rapida occhiata dopo che Morrigan finì di parlare.
“Milady…” cominciò a dire il chierico “… sapete bene quali nefasti avvenimenti ci hanno condotto qui… a Camelot avete udito quel bando, vero? E poi le parole di lord Astalate? I tumulti ed i disordini sono stati causati dalla ribellione di sir Cimarow… questo è il vero e solo dramma di queste terre… ed in quanto a maledizioni, mia signora, la guerra è la peggiore di tutte. Soprattutto per il popolo!” “Milady…” intervenne poi August “… stiamo combattendo una guerra e pensare a superstizioni ed antiche tradizioni non aiuta di certo ad uscire da questa brutta situazione.” “E poi” riprese a dire Ravus “ogni terra ha le sue leggende… magari, chissà, fra due o trecento anni i fatti che stiamo vivendo oggi saranno narrati sotto forma romanzata… così il nostro lord Icarius diventerà un cavaliere su un destriero bianco, magari alato, e sir Cimarow un orco o qualcosa di simile!” Ed accennò una risata forzata, seguito, nello stesso malo modo, da August. |
Guisgard si voltò di scatto, come chi è sempre all’erta.
“Una privilegiata dite? Mi fate troppo onore, milady!” Disse Guisgard, riuscendo subito a celare l’inquietudine di poco fa e sorridendo con fare guascone. “Nessuno mi darebbe una moneta per sentirmi suonare, credetemi.” La fissò per un istante, quasi come se avesse colto una leggera inquietudine nei suoi occhi. “Certe sere…” mormorò fissando il cielo “… la Luna gioca a nascondersi… o a fissarti senza rispondere nulla… e la Luna di Capomazda è meravigliosamente enigmatica… come i vostri occhi, milady… chi siete veramente?” Chiese all’improvviso a Melisendra. In quel momento un servitore giunse presso il verziere. "Milady... rivolgendosi a Melisendra "... presto inizierà la cena... sua signoria è prossimo a raggiungere voi ospiti. Vi prego di seguirmi." |
Intanto, nel convento di Santa Teresa, Llamrei era stata convocata dalla badessa.
La severa donna fissò con attenzione la giovane monaca. L'austerità di quell'abito mal si legava con la bellezza di Llamrei. Gli occhi, di un azzurro profondo, sembravano nascondere grandi passioni mai sopite, mentre la delicatezza dei lineamenti addolciva quell'espressione di tristezza che la donna perennemente portava con se. Una ciocca dei suoi rossi capelli, come un onda agitata, fuoriusciva dalla cuffia, tradendo forse una natura indomita e mai paga. "Vi ho fatto chiamare" disse la badessa "perchè sua grazia il vescovo ha preso in considerazione quanto a lui chiedeste... da oggi sarete destinata al convento delle Sorelle Agostiniane di Capomazda. Partirete nel pomeriggio con una carrozza diretta proprio laggiù." Nel frattempo, proprio a Capomazda, Finiwell e Cavaliere25 avevano cominciato il loro turno di guardia. "Mi chiedo dove diavolo sia finito Pasuan..." disse il cavaliere fissando la buia e sterminata campagna "... comincio ad essere preoccupato..." Poi, all'improvviso, saltò su. "Ehi, ragazzo..." chiamando Cavaliere25 "... guardà laggiù! Vedi... di tanto in tanto appaiono delle luci... e la brughiera non è certo il luogo ideale da attraversare durante la notte... non per mercanti e pellefrini, intendo... ma quelli forse non sono nè l'uno, nè l'altro!" |
Icarius fissò per un lungo istante Talia.
“La mia felicità? E perché mai dovrebbe starti tanto a cuore? In realtà non c’è nulla tra noi.” Disse il duca. “Siamo poco più che due estranei. E tu mi parli della mia felicità! Ma cosa ne sai tu di me! Cosa ne sapete voi tutti di me!” Si avvicinò ai piedi della statua di San Michele e vi si appoggiò con le mani. “Vorrei non essere mai tornato! Mai!” Urlò con rabbia. “Vorrei essere lontano da tutto e tutti!” Fissò a lungo il volto marmoreo e bellissimo dell’arcangelo. Poi, voltatosi, si incamminò verso la porta. “Hai detto che ti detesto…” mormorò a Talia passandole accanto “… ma non è vero… anche tu, come me, sei una vittima di questa grande tragedia… vuoi un consiglio? Tu che puoi… ritorna a Sygma e dimentica questo luogo…” Raggiunse la porta ed aprendola disse: “Andiamo… i nostri ospiti ci attendono… lo spettacolo non è ancora terminato…” Un attimo dopo, i tre, raggiunsero gli ospiti nella Sala Grande. Una Sala Grande dominata dal superbo ritratto di lord Ardeliano, che col suo sguardo sembrava osservare tutti loro, che simili ad eteree marionette parevano muoversi su un desolato e disperato palcoscenico, protagonisti, loro malgrado, di un grande dramma. |
allora chi sono ho cosa sono domandai guardando Finiwell mica vorrete andare laggiù per scoprirlo continuai a dire meglio se aspettiamo il mattino per muoverci forse è meglio di notte non si sa mai chi si possa incontrare e continuai a guardare quella brughiera e quelle luci
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Capomazda? Allora il vescovo ha accolto le mie preghiere!
Lanciai un'occhiata alla badessa e rimasi poi a fissare il vuoto fintanto che non riuscii a riprendere l'uso della parola. "Quando posso partire sorella? Non ho nessuno da salutare: concedetemi il tempo di prendere solo il mio crocifisso e mi avvierò lungo il sentiero. La strada la conosco. Se non incontrerò intoppi sulla via di Capomazda, dovrei giungere a destinazione in tre giornate". Notai con la coda dell'occhio il capo accondiscendente della vecchia e acida badessa. Dentro di me la felicità stava prendendo il sopravvento: uscita da quell'austero luogo avrei almeno ritentato di vivere e di contemplare il mondo; rinchiusa lì dentro avrei avuto solo un destino pari a quello della vecchia donna che avevo di fronte. E non era di certo una bella prospettiva. A camminata veloce mi recai presso la mia cella. Raccolsi in uno straccio un tozzo di pane e una borraccia di pelle. Prima di uscire mi voltai un'ultima volta a guardare quelle quattro mura spoglie. Chiusi la porta. Lasciai lì dentro il crocifisso. Non salutai anima alcuna. Il cuore andava veloce come credo i miei passi. Mi incamminai lungo il sentiero all'interno del bosco che ogni giorno contemplavo dall'alto di quelle mura. Giunsi al primo villaggio quasi al tramonto. Cercai ospitalità e mi fu concessa presso la casa di una giovane vedova. Riuscii a riposare nonostante il chiasso che i suoi sei figli piccoli facevano. Ma era una gioia che non provavo da tempo. "i bimbi non fanno chiasso" dicevo " i bambini portano serenità". Il mattino dopo uscii di casa dopo aver consumato una piccola colazione con latte fresco e pane raffermo. Baciai uno ad uno i piccoli ancora addormentati ed abbracciai la donna, augurandole di conservare tutta la forza che ora aveva per far crescere quelle creature. Mi incamminai verso destinazione, ancora molto lontata purtroppo. Quando incrociai i miei passi con quelli di un giovane. http://i38.photobucket.com/albums/e1...jared_leto.jpg |
Lo osservavo in silenzio, lo osservavo aggirarsi per la stanza come una fiera in gabbia... era immobile e subito dopo in movimento, un momento parlava e una profonda amarezza traspariva dal suo tono basso, un momento dopo il tono si faceva carico d’ira e lui urlava quasi con dolore...
Chinai la testa... era combattuto e arrabbiato, era probabilmente l’anima più inquieta che avessi mai incontrato. E tuttavia quello che disse dopo mi colpì profondamente... Citazione:
Eravamo vittime? Riflettei che forse non aveva completamente torto... e tuttavia, se noi eravamo le vittime, non potei non chiedermi chi fosse il carnefice... Forse noi stessi, forse la nostra condizione di riluttanti eredi unici, ma forse... l’immagine di quel cavaliere con quel mantello rosso mi attraversò, improvvisamente, i pensieri. Poi Icarius aprì la porta con veemenza e ci invitò a seguirlo, cosa che mi riscosse da quell’idea. In fretta mi mossi, lo raggiunsi e con lui uscii nel corridoio... “Forse hai ragione...” gli sussurrai pianissimo mentre camminavamo speditamente verso la Sala Grande “Se fossi stata un po’ più accorta, più lungimirante, sarei di certo già tornata al sicuro a Sygma, con buona pace della ragion di Stato! Sfortunatamente, sai...” soggiunsi, lanciandogli un’occhiata obliqua “Sfortunatamente, non sono mai stata capace di rinunciare ad una sfida!” Un attimo dopo entrammo nella Sala Grande. |
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