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Guardai Finiwell e dissi che avete chiesi preoccupato pensate che il nostro amico Pasual non ce la faccia continuai a dire a la pellaccia duera e vedrai mettendogli una mano sulla spalla che ritornerà piu forte di prima e avrà imparato una nuova lezione che sarebbe "non si scherza sulla vita" e continuai a seguirlo
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Gouf restò a fissare quel cuoricino.
Mille pensieri, sensazioni ed emozioni attraversarono allora il suo cuore. Allora speranze, desideri, sogni, mai neanche concepiti fino ad ora, emersero dentro di sé. Un attimo dopo il Cavaliere del Gufo raggiunse il cavallo di Melisendra, afferrando le sue redini e fermandone corsa. Le pose fra le mani quel cuoricino e richiuse il suo pugno. “Cosa posso offrirgli ora? Niente…” disse fissandola negli occhi “… non prima, almeno, che questa guerra sia finita… e forse dopo, chissà…” Le accarezzò i capelli. “Però vorrei vederlo…” aggiunse “… vorrei vederlo almeno una volta, prima dell’ultima e decisiva battaglia… voglio vederlo perché quando combatterò, dentro di me, saprò che lo sto facendo per qualcosa d’importante… per la prima volta combatterò per una speranza…” accennò un sorriso “… voglio vederlo senza però che lui sappia nulla… non ancora almeno… accompagnami al Poggio del Sole, Melisendra… sarò un cavaliere senza nome che ti affiancherà nel viaggio… voglio vederlo insieme a te…” |
Quel maligno incanto, che sembrava aver rapito ogni cosa nel borgo vecchio, li avvolgeva come a tenerli imprigionati.
Poi quella figura, quella voce. Poi la Pieve. Icarius però fu destato da tutto ciò quando udì le parole di Talia e sentì il suo volto nelle mani di lei. Fissò allora la chiesa dall’altra parte della piazza. Prese sua moglie per mano ed insieme corsero verso il sacro edificio. Ma giunti trovarono la porta chiusa. Icarius bussò e gridò, ma nessuno rispose al suo drammatico appello. Allora cominciò a picchiare con forza su quella poderosa porta di quercia afragognese. Picchiò e scalciò con forza. Ma quell’accesso sembrava incrollabile. Continuò fino a quando le sue mani non cominciarono a sanguinare. “E’ inutile, non cederà mai…” disse ansimando con la schiena appoggiata alla porta “… un momento… dietro, forse…” Allora raggiunsero l’altra parte della chiesa, dove trovarono una porticina laterale. Era chiusa anch’essa, ma senza lucchetto. Ad un tratto Icarius sentì un tintinnio. Proveniva da Talia, dal cestino che la vecchia moglie dell’uomo delle marionette le aveva dato per il suo costume. Dentro vi erano dei rametti di erica ed intrecciata in essi Icarius trovò una piccola chiave di ottone. Ebbe un sussulto. Provò ad inserirla nella serratura della porta e questa si aprì. Un attimo dopo i due sposi erano nella chiesa. |
Rimasi accanto al letto a fissare quel corpo senza forza. Mi era stato chiesto di pregare. Ma le mie preghiere...avrebbero sortito effetto? Ah, nessuna consolazione. No di certo. Specie se proferite da una donna che non cercava più risorse nella fede...tante erano le tribolazioni viste con quegli occhi...
Afferrai la mano del malato e mi inginocchiai accando al letto. "è difficile riuscire ad essere forti, ma chi è forte per sé stesso è forte anche per gli altri. Dimostrate di esserlo: per voi e per noi. Dateci una lezione di coraggio e cercate di rimettervi quanto prima..abbiamo bisogno di voi" Appoggiai il mio viso sulla mano di Pasuan. Non mi aspettavo risposta...anche se arrivò comunque. Sentii la mia mano cingersi in una breve morsa. Il messaggio era stato inteso. Ora la guarigione era avviata. |
"Vi ringrazio Sir Finiwell, grazie di cuore!" poggiai delicatamente la mia mano sul braccio di quel cavaliere. Forse mi sbagliavo, forse non mi odiava poi così tanto.
Mi voltai e vidi la monaca chinata su Pasuan, ne fui rasserenata. Avevo un po' di paura a stare sola con lui, temevo di non reggere il dolore ma con un'altra persona, e soprattutto con una monaca, mi sentivo più forte e serena. Addormentai Hubert e lo adagiai piano su di una lettiga, dormiva sereno stringendo ancora tra le sue mani l'anello del padre adottivo. Lo baciai sulla fronte. Mi avvicinai poi a Pasuan e sollevai il lenzuolo che copriva il suo corpo, la fasciatura sul dorso era vistosa ma il sangue stava scurendosi, mi rivolsi alla suora: "Sorella, la vostra presenza qui mi conforta; guardate poi la fasciatura, sembra che la ferita abbia smesso di sanguinare. E' un buon segnale" appoggiai poi le mie labbra sulla fronte di Pasuan, le levai lasciandogli un casto bacio sulla pelle "è bollente, ha la febbre molto alta, se mi aiutate proviamo a bagnargli il corpo, la febbre così dovrebbe scendere". Dicendo questo iniziai a tamponargli la fronte, il viso, le spalle e le braccia con una spugna imbevuta di acqua fresca. |
Osservai incuriosita la donna che entrò nelle mie stanze. Era molto bella e sopratutto gentile. Si mise a pettinarmi i capelli e mi raccontò una storia, mi raccontò la leggenda della Gioia dei Taddei. Non potevo credere alle mie orecchie, nel castello quell'argomento, sembrava proibito.
"Quindi esiste! La leggenda è vera! La Gioia dei Taddei è una vera maledizione... la bestia esiste. Ma se L'arciduca e la Granduchessa s'innamorassero morirebbero, uccisi dalla besti?" Fissai la giovane donna preoccupata. Ma quella preoccupazione non era una farsa, era reale. Non so perchè, ma inizia ad affezionarmi a Lady Talia e ad Icarius... Improvvisamente mi ricordai che erano scomparsi. La ragazza smise di pettinarmi, mi raccomandò di riposarmi e poi se ne andò. Mi addormentai di un sonno senza sogni. Venni risvegliata poco dopo dall'arrivo di Lho, che mi chiese come stavo. "Bene, vi ringrazio per la vostra attenzione nei mie confronti, signore... ora sto davvero molto meglio." Mi guardai intorno e poi lo vidi: un quadro, bellissimo. Il ritratto di una donna splendida, dai luminosi occhi verdi e i morbidi capelli biondi, la donna che mi aveva parlato poco prima. Non può essere, è impossibile... Sospirai, e chiusi gli occhi per pensare. Stavano succedendo così tante cose strane, in così poco tempo... "Chi è quella donna? Quella del ritratto..." guardai Lho, in attesa di una risposta, e ripensai alla giovane donna. Forse è stato solo un sogno... solo un sogno... |
Entrai in chiesa, feci qualche passo, poi mi voltai a guardare Icarius che stava richiudendo la porta dietro di sé con quella piccola chiave di ottone... e per un attimo mi chiesi che cosa ci facesse quella chiave in quel cesto, come mai ci fosse stata data... tuttavia non dissi niente: erano successe tante, troppe cose strane ultimamente e quella chiave lì proprio quando ci occorreva non era che una di esse.
Sorrisi appena a mio marito, quindi, poi mi voltai e mi addentrai per la navata deserta, camminando lentamente e ascoltando i miei passi rimbombare sonoramente. Mi accostai all’altare principale e qui mi inginocchiai un momento, poi mi rialzai, raggiunsi la panca più vicina e mi sedetti... “Vieni...” mormorai ad Icarius, facendogli piano segno di raggiungermi e di sedersi vicino a me. |
La navata era deserta e semibuia e le statua dell’Arcangelo, sotto la suggestione del momento, sembrava sul punto di prendere vita.
Icarius si segnò e baciò il piede della statua di San Michele. “Quello è il Primo Angelo di Dio…” “Si, il protettore e custode della nostra stirpe, Icarius.” “E’ bellissimo…” “Segui sempre il tuo cuore, figlio mio...” disse Ardross abbassandosi accanto al bambino “... fallo e lui ti guiderà e proteggerà sempre.” “Si, papà…” sospirò Icarius, rapito da quell’immagine. Restò un attimo confuso. “Cos’era quella vaga e sbiadita immagine?” Si chiese. Poi la voce di Talia che lo chiamava accanto a sé. Icarius la raggiunse e si sedette vicino a lei. “Come ti senti? Hai avuto paura, vero? Vedrai che qui saremo al sicuro…” prendendo le mani di lei nelle sue “… ora raccontami tutto… di cosa parlavi prima?” |
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“Si...” mormorai “Un po’ paura... ma adesso sto bene!” Delicatamente strinsi le sue mani a mia volta e gliele girai, in modo da poter osservarne il dorso... sanguinavano appena, là dove le escoriazioni che si era procurato contro il portone poco prima erano più profonde. Frugai dentro la mia manica un istante, quindi, e ne estrassi il mio fazzoletto candido, con il quale tamponai il sangue, prima di usare quello stesso fazzoletto come benda. Gli sorrisi. Infine sospirai e, osservandolo intensamente, iniziai a parlare... “Ricordi quando mi hai chiesto come mi fossi ferita alla mano?” domandai lentamente “Ebbene, è di questo che desidero parlarti...” Iniziai così a raccontare il sogno che avevo fatto, parlai di ciò che Gyaia mi aveva detto in esso a proposito della maledizione e di come mi fossi ferita, non tralasciai niente, neanche il pur minimo dettaglio... raccontai poi l’altro sogno che avevo fatto, tanto realistico che mi aveva spinta ad uscire da Capomazda per cercare davvero quella vecchia pieve... raccontai di quella visita e del cavaliere con la tunica rossa, enumerando le volte che lo avevo visto e anche quella, recente, in cui avevamo sentito il suo inconfondibile grido nella brughiera... Parlai a lungo, con il tono basso e gli occhi fissi in quelli di mio marito, giocherellando insistentemente con il bordo della mia veste. Parlai senza incertezze, raccontando tutto ciò che rammentavo, qualsiasi cosa, anche il dettaglio più minimo e irrilevante. Quando ebbi finito, Icarius sapeva tutto. Abbassai gli occhi, quindi, poi li rialzai... “Potresti pensare che tutto questo è pazzia...” mormorai dopo un istante di silenzio “E io stessa l’ho pensato all’inizio... sogni, visioni... credevo che fossero niente! Ma poi...” esitai e sollevai la mano sulla quale, ancora, spiccava rosso e lucido il sottile taglio irregolare che mi ero procurata in sogno. “Ora capisci perché non volevo che tu seguissi l’eco di quella voce poco fa... temevo fosse un inganno... temevo fosse un modo per attirarti chissà dove... perché lui è qui, lo so, lo sento... è qui è ci sta cercando. Sta cercando te...” sollevai una mano, allora, e gli carezzai delicatamente il viso “Ma io non gli permetterò mai di prenderti!” soggiunsi. |
Icarius ascoltò ogni parola di Talia e ne percepì ogni sensazione ed emozione, mentre lei raccontava di quei sogni misti a visioni.
Ma ciò che davvero lo inquietò fu il vedere la sua mano ferita. “Un taglio procuratosi nel sonno…” disse con un fil di voce. Il racconto di Talia, insieme a ciò che era accaduto poco prima al ballo e poi il borgo deserto, fecero sorgere in lui un’inquietudine ancora più profonda ed insopportabile. Accanto a loro c’erano delle candele votive. Ne prese alcune e le accese, illuminando finalmente la navata, mentre la moneta d’argento che posò come offerta echeggiò fino alle volte che li sovrastavano. “Avresti dovuto parlarmene molto prima, Talia…” mormorò “… ricordi il locandiere e sua moglie? Il loro assurdo e sciocco negare su quanto udito nella brughiera? E poi alcuni libri che Izar tiene nascosti in biblioteca… ed ora questi tuoi sinistri sogni… c’è qualcosa attorno a noi, Talia… qualcosa che molti conoscono ma fanno finta di ignorare… qualcosa che sembra però spaventarli profondamente…” le strinse di nuovo le mani nelle sue “… e questo qualcosa, come dici tu, ci sta cercando… e sembra ci abbia trovati…” In quel momento si udì il solenne rintocco di una campana. Ma non proveniva da quella della chiesa in cui si trovavano. “Questi rintocchi…” disse Icarius “… da dove provengono?” Poi, come una folgorazione, ripensò alla voce di quel bambino udita nella notte ed ai sogni di Talia. “Provengono da lontano, forse dalla brughiera…” fissando sua moglie “... forse dalla misteriosa Pieve… Talia, credo che quel luogo sia la chiave di tutto… io vorrei andarci… sento che devo… ma non voglio esporti a nessun rischio… in questa chiesa sarai al sicuro…” |
Rimasi in silenzio mentre parlava, tenevo con gli occhi bassi... aveva ragione dopotutto, e io lo sapevo!
All’improvviso quel rintocco lontano... trasalii. Citazione:
“No!” dissi “Assolutamente no. E’ escluso!” Improvvisamente quel misto di paura e incertezza ebbe il sopravvento su di me. Trattenni il respiro, tentai di controllarlo, ma non ci riuscii... mi protesi in avanti e lo abbracciai forte. “Non voglio che tu vada da solo...” mormorai al suo orecchio “Non voglio che tu resti solo neanche per un attimo, hai capito? Non gli permetterò di prenderti!” Lo strinsi ancora per un momento, poi mi scostai e tornai a guardarlo... “Andremo insieme ovunque tu voglia andare... o non ci andrai affatto!” dissi con voce decisa. Di nuovo mi avvicinai, poi, e lo baciai come se non dovesse esserci un domani. |
Lho fissò il quadretto indicatogli da Sayla.
“Quella è lady Gyaia, Granduchessa e moglie dell’Arciduca Ardeliano, il conquistatore di Sygma.” Disse Lho. “Ed avevo pensato” fece Gyaia con gli occhi illuminati da quella grande gioia “che potremmo scendere nel borgo vecchio stasera, magari di nascosto da tutti e confonderci tra la folla...” sospirò “… sai, amore santo, quel posto per me è magico… somiglia tanto a Sygma…” “Ti manca molto?” Chiese Ardeliano. “Ne senti la mancanza, vero?” “Ogni tanto si…” rispose lei. “Vorresti essere là in questo momento?” “No…” sussurrò lei sorridendogli con i suoi grandi occhi verdi “... perché tu sei qui… ed è solo qui, con te, che voglio stare…” Ardreliano sorrise. “Vedi? Tu hai un grande potere…” “Davvero? Quale?” “Sei capace di scacciare ogni mia tristezza ed ogni mia paura, amore mio...” lo strinse forte a sé “… dimmi, Ardeliano... la senti la gioia nel cuore? Io si, tanta che ho il cuore sul punto di scoppiare...” Quell’immagine, sfocata e veloce, attraversò la mente di Sayla, mentre il vecchio guerriero le parlava della ragazza del quadretto. “Lei, come lady Talia, proviene da Sygma” continuò Lho “e abitò questo palazzo ben tre secoli fa.” Le sorrise ed aggiunse: “Ora ti farò portare una tazza di latte caldo e dei biscotti… e se dopo ti sentirai meglio, ti farò fare un bel giretto nel giardino del palazzo.” E le fece l’occhiolino. |
Dafne era immersa in quello sconfinato prato, dai mille colori e dagli intensi profumi.
La leggera brezza che accarezzava i fiori e l’erba, portava con sé un fiume di petali che sembravano vibrare e luccicare come una pioggia di coriandoli. Scendevano su Dafne, investendola con la magia di quella vivace tonalità di colori. Ad un tratto quella brezza portò con sé un profumo diverso. Lei subito riconobbe il profumo di Pasuan. Il cavaliere si avvicinava sorridendole. “Stavi nascondendoti da me? Si, è così…” disse porgendole la mano ed aiutandola ad alzarsi “... c’eri quasi riuscita tra questi fiori… ma sfortunatamente per te nessuno tra essi è bello e colorato abbastanza per arrivare ad oscurarti…” In quel momento suonò una campana. “E’ tutto pronto…” le sussurrò “... non ci occorre altro... un prete, una chiesetta e…” le mostrò il pugno chiuso “… soffiaci sopra, Dafne…” Lei soffio divertita. “Magia!” Sorridendo lui e mostrandole cosa aveva nel pugno. “Un… un anello…” sussurrò lei. “Si, un anello…Dafne, dimmi di si…” http://www.umnet.com/pic/diy/screens...-Yuna-1453.jpg In quel momento il piccolo Hubert cominciò a piangere, svegliando Dafne da quel sogno. Si era infatti addormentata accanto al letto di Pasuan. Poco distante, intenta a portare altra acqua fresca con cui asciugare il sudore dal volto di Pasuan, c’era Llamrei. |
Guisgard la fissò con un’espressione sorpresa, per poi spostare lo sguardo verso la panca sulla quale Morrigan l’aveva esiliato.
“In pratica” disse testando l’improbabile comodità di quel vecchio mobile “prendendoti come socia, ci ho rimesso due volte… mi ritrovo con una moglie, io che ho sempre evitato anche solo di essere invitato ad un matrimonio… ed in più ci ho rimesso un comodo giaciglio, in cambio di questo pezzo di legno freddo e durissimo!” Si portò poi davanti all’austero specchio che pendeva dalla parete. “Però ammetterai che” controllando la camicia e la giubba accomodategli da Morrigan un momento prima “con una bella sistematina il mio fascino è sempre notevole…” e le fece l’occhiolino attraverso lo specchio “… ora, una volta scesi giù, dobbiamo capire dove si trova la biblioteca… ed anche il modo, ovviamente, di poterci entrare senza suscitare sospetti…” disse poi con l’aria di conosce bene quel genere di situazioni. Un attimo dopo uscirono e raggiunsero i frati nella mensa, dove si stava servendo la cena. Il priore, dopo aver recitato la Preghiera di Ringraziamento ed aver invocato su quella tavola la Benedizione Divina, salutò i due nuovi arrivati e li presentò agli altri frati. |
Quel bacio li unì con il suo incanto, capace, per un momento, di scacciare ogni paura e disperazione.
Tutto pareva volerli dividere e disperdere in quella notte. Quel bacio invece sembrava resistere a tutto ciò. Come la stella che guida i marinai nei mari sconosciuti, o come il vento che rischiara l’aria e disperde le nubi. “Ehi…” disse lui con la voce racchiusa in un sospiro “… per un bacio così, sfiderei chiunque… anche Ade in persona…” La fissò negli occhi senza dire altro per alcuni istanti che sembrarono infiniti. “Hai degli occhi bellissimi, sai…” le sussurrò “… e dentro ci vedo tutto il mondo, con tutti i luoghi e le meraviglie che racchiude… e ci vedo il nostro futuro… dove saremo insieme…” Le sorrise stringendola a sé. “Andiamo, Talia…” disse. Uscirono così dalla chiesa, ritrovandosi di nuovo nel bel mezzo del borgo vecchio deserto e desolato. Seguirono allora la stradina che conduceva fuori dal centro abitato e che poco dopo si mutò in una stretto sentiero. Attraversarono così il bosco avvolto da un silenzio quasi innaturale. Poi la brughiera. Un’informe distesa di erbose lande frastagliate da picchi rocciosi che sembravano sbucare dalle viscere della terra per racchiudere e rapire quel mondo in un incanto primordiale, tetro e spettrale. Icarius esitò per un istante, quasi fermandosi, per poi sporgersi in avanti e tentare di dare una forma ed un senso a ciò che gli era apparso in lontananza. Ad un centinaio di passi da loro, infatti, videro innalzarsi due piccoli dossi scoscesi, tra i quali prendeva forma da cipressi e rovi una sorta di altare naturale di silice nerissimo e levigato. Inquieta, funerea, lugubre, si innalzava con la sua indefinita forma una costruzione simile ad una prigione. Una prigione in cui una feroce e delirante belva era stata rinchiusa chissà da quanto tempo. Ma quel luogo, che appariva ora come monito a tutto ciò che di sacro e bello esisteva al mondo e attorno al quale regnava un mistico terrore, non era né una prigione, né alcun altro luogo sconsacrato. Era una chiesa, una pieve, che da trecento anni riempiva Capomazda di lugubri e sanguinari racconti di un peccato antico ed implacabile. E quella pieve apparve ad Icarius e Talia come una visione nata da un incubo. Ed il solo vederla fece sorgere nei due sposi una delirante e profonda paura. http://www.lucianogiustini.org/blog/...zaversione.JPG |
Stavamo in piedi, immobili... di fronte a noi si ergeva la tetra e spettrale sagoma della pieve, mentre tutto intorno non era che buio e silenzio, un silenzio assoluto, totale, innaturale...
Sospirai profondamente, tentando invano di reprimere un brivido che mi corse lentamente lungo tutta la schiena, scuotendomi dalla testa ai piedi. “Beh...” mormorai, nel disperato tentativo di alleggerire quella tensione “Hai scelto davvero un posto romantico per questa gita, cuore mio...” Gli lanciai un’occhiata obliqua, tentando di accennare un debole sorriso, e notai allora la sua espressione tesa e preoccupata, forse ancora più preoccupata proprio perché anche io ero lì... “Icarius...” dissi allora tornando seria, stringendo forte la sua mano con entrambe le mie “Non preoccuparti... andrà tutto bene, vedrai! Non ci succederà niente finché saremo insieme: il tuo amore mi protegge e il mio protegge te, non potranno farci niente! Stringi la mia mano, non lasciarla mai... e tutto andrà bene!” Lo dissi in tono caldo, sereno, confortante... non sapevo perché l’avessi detto, ma io stessa ci credetti. Gli sorrisi e gli feci cenno di avanzare. |
Lo guardai negli occhi, silenziosamente annuii.
Per un attimo ne fui felice. Sembrava quasi la cosa giusta da fare, oltre ogni dubbio. La strada del ritorno era tinta dei colori del tramonto. Mi strinsi nel mantello e respirai l'aria umida della sera. Non c'era rumore, solo quiete. "D'accordo, verrò con te al Poggio del Sole." Smontai da cavallo e affidai il mio destriero alle cure di uno scudiero. "Quando vorrai partire, io sarò pronta..." gli sorrisi. Mi incamminai verso il corridoio che conduceva alle mie stanze. |
Ancora lei, ancora Gyaia! Ma cosa vuole da me? Forse vuole che protegga Lady Talia ed Icarius... Io so bene che sono innamorati e se lo sono, la loro vita è in pericolo!
"Siamo nel bel mezzo di una guerra e il nostro Signore e sua moglie sono scomparsi ormai da un giorno... come faremo? Siamo spacciati." Sospirai, poi presi coraggio. Dopotutto dovevo per forza dirlo a qualcuno, era troppo importante. "Senta, signore, devo dirle una cosa molto importante... Finora non ho potuta dirlo a nessuno per dei spiacevoli inconvenienti. Due giorni fa ho visto cavalcare nel buio della notte, dei cavalieri che si portavano appresso una tomba. Mi hanno molto spaventata. Il giorno dopo, durante l'incoronazione, ho visto uno dei cavalieri fissare l'arciduca e sua moglie la Granduchessa. Credete siano pericolosi?" |
Melisendra riposò nella sua stanza.
Il sonno fu tutto sommato tranquillo. Sognò qualcosa, ma al suo risveglio non ne conservava ricordo. Solo uno sfocato susseguirsi di figure e sensazioni. Fu svegliata dall’arrivo della vecchia servitrice. “Hanno portato al castello quel terribile macchinario…” disse mentre lasciava accanto al letto un vassoio con una tazza di latte caldo ed una brocchetta di miele “… quell’ariete è mostruoso… ormai attendono solo il ritorno di quella donna per conoscere il momento giusto per sferrare l’attacco decisivo a Capomazda…” Parlava di Aytli. Sarà giunto il suo segno a Monteguard? Sapranno ora a Capomazda del piano di Aytli? Queste cose si chiedeva Melisendra. “Lui ti attende…” continuò la vecchia “… appena sarai pronta raggiungilo…” Fece per uscire, quando all’improvviso si voltò verso di lei. “Avevo un figlio anche io…” mormorò “… riuscì a tenerlo nascosto per un pò... lo sfamavo rubando il cibo dalla tavola del mio padrone, ma un giorno fui scoperta… invocai la morte, ma questa fu un privilegio concesso solo al mio bambino… non pensavo si potesse fare tanto male ad un’anima innocente… per questo mi strappai l’utero… conoscere le oscure arti è spesso una possibilità che il destino ti da, per allontanarti dal mondo e dalle sue miserie… Cimarow è un uomo malvagio… richiederà molto sangue in cambio di quello di suo fratello…” Restò in silenzio per qualche istante, per poi andare via. |
Mi svegliai di soprassalto sentendo il piccolo piangere. Che bel sono avevo fatto... Quando mi resi conto di essere tornata ad una triste realtà mi rattristai un po' ma feci un profondo respiro e cercai di sorridere. Mi piegai su Pasuan e gli baciai la fronte:
"Buongiorno amore mio, oggi stai un po' meglio? Stai qui tranquillo e aspettami, lo senti il nostro bambino piangere? Non posso essere tutta per te, c'è anche lui..." ovviamente Pasuan non si mosse, gli strinsi la mano e sorrisi. Mi avvicinai a Hubert e lo presi in braccio: "Hai fame piccolo eh? Ora ti do da mangiare ma cerca di portare pazienza in questi giorni, il papà non sta bene e la mamma deve pensare un po' anche a lui..." Hubert mi guardava con gli occhioni spalancati, smise di piangere. Ripresi posto vicino a Pasuan, volevo che sentisse che eravamo lì con lui. Sperai di non intralciare la buona monaca che mi aiutava a vegliare sul ferito. Mi scopersi un seno e iniziai ad allattare Hubert; mentre lo tenevo in braccio cercai di fare in modo che uno dei suoi piedini fosse a contatto con la mano di Pasuan ed iniziai a parlargli sottovoce: "Sai Pasuan, ieri avrebbe dovuto esserci il battesimo di Hubert, ti aspettavo... ho pensato però, caro, che forse potrei rivedere la mia decisione riguardo al nome del padre. In effetti Hubert è figlio di Friederich ma lui, purtroppo, morì senza sapere che sarebbe nato; tu invece ci sei sempre stato, anche nel momento del parto e ci hai accolto nella tua vita assumendoti tante responsabilità che in realtà non ti spettavano. Se vuoi, se sei d'accordo, se ti va potremmo dire che è tuo figlio.... Sarebbe bello fare un matrimonio e un battesimo contemporaneamente...." lasciai che le parole mi morissero sulle labbra e mi scivolò una lacrima malandrina sulla guancia. L'asciugai subito e tornai a sorridere. Non dovevo perdere la forza, dovevo continuare a credere in lui. Pasuan ce l'avrebbe fatta, io lo sapevo! |
Lho fissò la giovane Sayla senza dire nulla.
Era strana quella ragazzina. Lui aveva avuto questa sensazione sin dal suo arrivo al palazzo. Capomazda era una terra inquieta, posta tra il Cielo e la terra, tra il mondo conosciuto e l’infinito. Diverse civiltà e innumerevoli genti, sin dalla notte dei tempi, avevano combattuto per quella terra. Antichi dei e primordiali demoni si erano susseguiti nelle preghiere e nelle speranze di quegli uomini. Poi l’avvento del Cristianesimo e della luce. In un attimo infinitesimale dell’eterno scorrere del tempo tutto era mutato. Gli antichi dei svanirono nell’oblio e nel silenzio che avvolge il nulla, senza lasciare né traccia, né eco del loro effimero potere. L’unico Dio portò nuovi valori ed ideali, eterni ed immutabili, che divennero lo spirito e la forza dei nuovi signori di Capomazda. Ma quei demoni, remoti e terribili, non abbandonarono queste terre. Ancora oggi si celano negli animi e nei propositi di molti, tormentando e flagellando il nuovo ordine che l’aristocrazia si era imposta di difendere. Demoni antichi, potentissimi e mossi da un odio primordiale verso gli uomini assediavano inesorabili questo mondo e ciò che esso rappresentava. Ma il più terribile e feroce tra questi demoni, quello che vive solo per tormentare e gettare nella disperazione gli uomini, celato nel mistico silenzio che precede il peccato, aveva già fiutato la sua preda e nulla l’avrebbe allontanato dal suo sacrilego pasto di morte e dannazione. “Chi sei veramente tu? Dimmi la verità…” disse Lho rompendo finalmente quel lungo silenzio che aveva avvolto i suoi pensieri “… se vuoi che io mi fidi di te, anche tu dovresti fare altrettanto… chi sei, Sayla?” |
Ad un tratto si udirono dei passi provenire dal corridoio che conduceva all’infermeria.
Un attimo dopo entrarono Finiwell e Cavaliere25 insieme alla madre ed alla sorella di Pasuan. Le due donne, nel vedere il cavaliere ridotto in quello stato, si gettarono in lacrime sul letto. “Ancora nessun miglioramento, immagino…” disse Finiwell fissando Dafne e Llamrei. Poi si avvicinò alle due donne. “Avanti, non disperate…” mormorò, cercando di calmarle “… lui non vorrebbe vedervi in questo stato…” La madre di Pasuan allora cercò di farsi forza, si asciugò le lacrime e poi abbracciò forte Dafne. “Ce la farà, vedrai…” le sussurrò. Mian invece non riusciva a staccarsi da suo fratello. “Avanti, vedrai che andrà tutto bene…” le disse Finiwell. “E voi come lo sapete?” Chiese con rabbia la ragazza. “Siete forse un medico? Avete visto la sua ferita? Forse ora l’infezione avrà già raggiunto il polmone! E voi invece state a qui a parlare di guarigione!” “Calmati, Mian!” La richiamò sua madre. “Ditemi, cavaliere…” rivolgendosi a Finiwell “… c’è un luogo per pregare?” “C’è la Cappella della Vergine, signora…” rispose il cavaliere “… si trova vicino al palazzo ducale…” “No, non voglio allontanarmi da mio figlio… non c’è un luogo per pregare in questa caserma?” “Abbiamo una cappellina dedicata alla Divina Misericordia… venite, vi accompagno… resta tu qui con loro…” disse poi a Cavaliere25 mentre usciva con la donna. |
Le parole della donna mi fecero l'effetto di una secchiata d'acqua gelida e mi svegliai all'improvviso.
"Cimarow è solo un uomo. Per quanto possa essere malvagio, sono certa che abbia anche lui un punto debole." Il mio pensiero corse ad Aytli, che si affannava con tutta se stessa per compiacere Gouf. Sperai che Monteguard avesse tenuto a mente i miei moniti. "Mi dispiace molto per tuo figlio..." Sussurrai, mentre Freia mi guardava con quei suoi occhi attentissimi a cui non sfuggiva mai nulla e poi andava via, veloce e silenziosa. "Maledetta guerra..." biasciai tra me e me , sorseggiando la colazione. Non avevo voglia di ornamenti o ricche vesti. Presi la veste più semplice che riuscii a trovare, verde bosco, e mi spazzolai i capelli. Mentre cercavo un indumento adatto, tra le mani mi capitò la veste rosso sangue che Gouf mi aveva fatto indossare qualche tempo prima. Quel colore mi mise a disagio. La posai subito sotto tutti gli altri vestiti e chiusi la cassapanca. Mi avvolsi in un morbido manto di lana e scesi a cercare Gouf nel cortile. Quando lo trovai gli andai incontro e gli domandai: "Mi stavi cercando?" |
Ascoltando le parole di Lho, mi arrabbiai non poco e mi alzai di scatto dal letto.
"Io mi fido già di lei, signore! Se no, non le avrei mai parlato di quei cavalieri; ma voi forse pensiate che sia semplicemente pazza, solo perchè credo alla storia della maledizione! Se chiedete in giro, tutti vi racconteranno di quella storia, quasi tutti ci credono!" Feci un respiro profondo e mi calmai. Perchè non mi crede? Io ho visto veramente quei cavalieri e lui invece... mi crede pazza, forse! Ora vuole anche sapere chi sono in realtà! Ci mancava solo questa... "Ora volete sapere chi sono io? Già mi conoscete, sono Sayla, non c'è nient'altro da sapere. Potrei parlarvi del mio villaggio e della mia famiglia, se volete." Lo guardai negli occhi e mi avvcinai un poco. "Voi chi credete che io sia? Mi piacerebbe avere dei pareri!" Sorrisi e mi risedetti sul letto. Pensai di nuovo agli ultimi avvenimenti, poi, senza rendermene conto, rifeci quel gesto. Presi tra le mani il medaglione che porto sempre al collo e feci scattare l'intricato meccanismo; pochi secondi dopo lessi il mio nome: Sayla. Ma per la prima volta vidi un'altra scritta, su quel biglietto, molto più piccola. Cara Sayla, il medaglione che porti al collo è un dono di noi sacerdotesse del tempio. Noi ti abbiamo accolta nella nostra umile dimora quando eri appena nata. Se un giorno vorrai tornare da noi, ti aspettiamo. Tutta Alkatroz ti aspetta. Quello era un messaggio delle sacerdotesse! Rimisi il biglietto nel medaglione e lo strinsi forte. Poi mi ricordai di non essere sola nella stanza e nascosi il prezioso medaglione sotto il vestito con una certa foga; poi tornai a guardare Lho, in attesa di una risposta... Alkatroz! Ecco da dove vengo... |
Si sentì solo lo stridere della serratura che si apriva ed il sinistro cigolio dei cardini ormai consumati dalla ruggine e dal tempo.
Si ritrovarono in un ampio ambiente, dove i muri, muti ed umidi, sembravano intrisi ed impregnati da mille lacrime. Quella pieve appariva molto diversa da tutti gli altri edifici sacri di Capomazda. Era essenziale, di un’architettura attenta e semplice, senza quegli sfarzi e quegli eccessi del classicheggiante splendore che adornava le altre chiese del ducato. L’impianto, molto diffuso a Sygma, era a navata unica e arcate traverse su pilastri scandivano il percorso fino all’altare. Tutto era in pietra, che conferiva austerità alla struttura e la rendeva lontana ed estranea alle maestose costruzioni in marmi bianchi e policromi delle basiliche capomazdesi. Sopra l’ingresso vi erano i resti di un mosaico raffigurante i tre Regni dell’Aldilà: Paradiso, Purgatorio ed Inferno. E le deformate espressioni di dolore dei dannati, avvolti nelle fiamme di quest’ultimo, sembravano quasi echeggiare nelle angosce che quella pieve trasmetteva ai due sposi. Ai lati dell’ingresso vi erano invece alcune antiche armature, portate qui come dono, o forse come guardiane di quel luogo. “E’ meraviglioso!” Disse raggiante Gyaia. “Come sei riuscito a far questo? Non vi è nulla di simile a Capomazda!” “Beh, i miei architetti sono dovuti ricorrere all’aiuto di alcuni muratori di Sygma.” Rispose Ardeliano. Lei si voltò a fissarlo con quei suoi grandi occhi verdi come la speranza che anima i sogni della giovinezza. “Nessuno è come te, amore mio…” commuovendosi lei. “In verità qualcuno ebbe un’idea simile…” sorridendo “… il re babilonese Nabucodonosor fece qualcosa del genere per sua moglie, costruendo i leggendari Giardini Pensili!” Lei, tra le lacrime, sorrise e lo abbracciò forte. “Ti amo infinitamente…” sospirando “… sei tutta la mia vita, tutto il mondo…” Ma a quelle parole di lei, lui sentì una leggera inquietudine attraversargli l’anima. Icarius restò per un attimo a fissare quel luogo, come quasi a volerne percepire la storia ed i segreti. Poi le parole di Talia lo destarono da tutto ciò. “Si, non accadrà nulla…” sorridendo lui e prendendo la mano di lei nella sua “… siamo insieme…” E cominciarono ad avanzare nella pieve. Due cose investirono i due sposi appena messo piede nella pieve: una penombra incerta ed inquieta, che rendeva ogni cosa sfocata, indefinita ed il silenzio. Un silenzio tetro ed angosciante, come quello di una disperata solitudine. Era il silenzio della morte, diffuso in ogni angolo di quel posto. E per un istante quell’innaturale silenzio sembrò raggiungere anche le loro anime. |
Con l'aiuto di impacchi di acqua fredda e miscugli di erbe varie, eravamo riuscite a far scenere la febbre a Pasuan.
Era ormai l'alba. Tutto taceva e io mi sentivo stremata. Guardai la donna che riposava sfinita anche lei e guardai Pasuan. "Come state?" sorrisi nel vedere gli occhi vigili. "sono una monaca. Sono qui per aiutarvi in quel che posso. Ora state meglio. Guarirete molto presto. Siete circondato dall'amore di una donna forte e favolosa. Ora la sveglio in modo che possa gioire del vostro buongiorno". Gli afferrai la mano e sentii una breve presa di consenso da parte sua. Mi avvicinai a Dafne e le toccai la spalla per svegliarla. "Signora, forse è il caso che vi accostate al letto. Quando si dice che il buongiorno si vede dal mattino" sorridendo uscii dalla stanza lasciando i due nell'intimità dovuta. Mentre persorrevo il breve tratto del corridoio mi pervarse una stanchezza indicibile...la testa mi girava e la vista mi si stava appannando "è la stanchezza" mi dissi. Feci in tempo solo a realizzare che davanti a me si materializzò una sagoma di una persona per poi cadere accasciata a terra, priva di sensi, come un sacco vuoto. |
Morrigan agì in maniera perfetta, durante la cena, al punto da stupire lo stesso Guisgard.
Non avrebbe potuto recitare meglio la sua parte. Fu silenziosa e modesta, e per tutto il tempo si comportò con Guisgard con fare docile e ubbidiente, lasciando che fosse lui a rispondere alle brevi e discrete domande dei frati. Solo ad un tratto, quando verso la fine della cena il priore rammentò ai confratelli i compiti assegnati ad ognuno di loro per il giorno successivo, Morrigan sollevò lo sguardo in modo pudico e parlò, palesando grande titubanza. "Chiedo venia, fratelli... ma il vostro parlare dell'orto e delle erbe mi ha rammentato qualcosa di molto importante che desidero chiedervi. Nel nostro villaggio abita una donna che tempo addietro, a causa del fuoco, ha subito gravi ferite al volto ed al corpo, e di queste piaghe soffre enormemente. Io e mia madre ci siamo a lungo prese cura di lei, ma pare che per queste ustioni servano degli unguenti particolari. Il parroco del mio villaggio mi narrò che questo vostro convento possiede una ricca e antica biblioteca, e mi ha consigliato di chiedere a voi, padre priore, il permesso di consultare i vostri dotti manoscritti che trattano di erboristeria" Tacque un istante, per lanciare uno sguardo carico di commozione al vecchio priore, poi concluse con voce piana, dolce: "Potrei, dunque, vedere quei libri, padre? O se pensate che la mia presenza nella biblioteca possa essere in qualche modo sconveniente, potrebbe vederli mio marito? Anch'egli, come me ha sempre frequentato la parrocchia, e il nostro buon parroco ha insegnato ad entrambi a leggere e a scrivere" Disse così e sorrise, mentre nella sua mente scorrevano veloci molteplici idee, che Morrigan cercava di scacciare per non scoppiare a ridere in un simile momento... sempre frequentato la parrocchia... lui, come no! La Chiesa di San Luppolo e l'Abbazia della Grazia Femminile! |
Era stata una giornata veramente pesante, Pasuan aveva ancora la febbre alta e a volte delirava. Grazie all'aiuto di Mian, della cara monaca e alle preghiere della mamma eravamo in qualche modo riuscite ad arrivare a sera. Avevo le mani rovinate per averle tenute per troppo tempo dentro il catino dell'acqua che usavamo per frizionare il corpo di Pasuan.
Parecchio dopo che il sole fu tramontato mi convinsi a sdraiarmi in una lettiga posta vicino al letto di Pasuan. Non avevo molta voglia di dormire, volevo vegliarlo, mi dissi però che, essendo così vicina, avrei potuto sentire qualsiasi cosa. Mi addormentai subito, feci un sogno allo stesso tempo bellissimo e malinconico che forse non si sarebbe realizzato mai: "Mamma, mamma! Sono stato il più forte, l'ho preso subito quel cerchio sull'albero proprio come mi aveva detto papà... diventerò un cavaliere, Luan no..." disse Hubert mentre entrava dalla porta di casa tutto accaldato e sporco cercando avidamente di afferrare un panino che avevo appena posato sulla tavola. "Eh no signorino! Prima di mangiare dovete andate alla fontana a lavarvi le mani... e anche il viso! E poi non ti devi burlare di tuo fratello, lui è più piccolo di te! Ehm... nemmeno i papà sono esentati dal passaggio sotto la fontana, capito Pasuan?!" dissi mentre strizzavo l'occhio a Siara la più piccola di casa che mi somigliava tutta, anche nel carattere perfettino. "Sono proprio dei monelli quei tre, vero mamma?" mi rispose "Eh si, e il papà è il più monello di tutti mi sa! Che ne dici?" dissi scherzando "Si mamma, però lui è scusato perchè è il mio fidanzato...". L'abbracciai forte pensando che anch'io alla sua età ero innamorata di mio padre! Sentii qualcuno scuotermi Citazione:
"Pasuan! Dio ti ringrazio!! Sei sveglio! Amore, come stai? Mi hai fatto stare in pensiero, credevo di... Oddio!" Non riuscii a proseguire, avevo un nodo alla gola e le lacrime sgorgavano copiosamente dai miei occhi. Mi lanciai su di lui, gli presi il viso tra le mani e lo baciai più volte sulle labbra. Lo guardai e lo riguardai fino a consumarlo, quegli occhi, quei begli occhi che tanto amavo finalmente erano nuovamente aperti! |
Gouf lanciò solo un’occhiata, fugace e indecifrabile, a Melisendra.
Terminò di parlare ai suoi e assegnò loro gli ultimi ordini per la giornata. Quando poi li congedò, fece cenno a Melisendra di avvicinarsi. “Partiremo ora per il Poggio del Sole…” disse “… arriveremo lì in tre ore circa… nessuno verrà con noi ovviamente…” La fissò nuovamente. “Sei già pronta?” Chiese. “Verrai vestita cosi?” Da una delle finestre delle castello, in quello stesso istante, qualcuno osservava con attenzione i due. “Forse avete ragione voi, sir Ivan…” disse Cimarow “… ora che mi fate notare questa cosa…” “Già, milord… non vi sembra strano?” Domandò il barone Ivan De Saint- Roche. “In effetti si…” mormorò Cimarow “… da quando quella donna è giunta al castello, il nostro sir Gouf sembra molto… come dire… preso…” Ivan sorrise, annuendo al suo signore. |
Pasuan era sveglio.
E sotto quella pioggia di baci e carezze accennò un lieve sorrise. Era stanco e provato, ma aveva finalmente ripreso conoscenza. In quel momento Mian, che si era addormentata accanto al letto di suo fratello, si svegliò e saltò su per la gioia. “Pasuan!” Disse fra le lacrime. Il cavaliere sorrise di nuovo. Poi cominciò a muovere gli occhi in maniera convulsa. Tentò di strofinarseli. “Dafne…” mormorò “… Dafne… dove sei…?” Allungò nel vuoto la sua mano, nel tentativo di toccarla. “Dafne… dove sei? Dove? Parlami, ti prego! Io… io non vedo nulla... i miei occhi… non ci vedo più!” |
Non mi sorpresi, lo sospettavo.
Controllai i lacci del mantello e li strinsi. Mi rivolsi a uno stalliere perchè conducesse il mio cavallo. "Sì, sono pronta... abiti da viaggio saranno certamente più indicati." Al collo, appeso a un cordino di canapa, brillava una goccia di quarzo. Non avevo bisogno di altri gioielli. Mi ero ricoperta di belle vesti e gioie preziose solo per essere un'esca più luccicante, ma non avevo bisogno di fronzoli per mostrarmi alle uniche persone che potevano vedere la mia anima. E quelle persone erano Gouf e Uriel. Montai a cavallo. Per un attimo mi sentii osservata e alzi lo sguardo verso il castello. Da una finestra, distintamente, vidi due figure che ci osservavano. Uno era Lord Cimarow. L'altro un cavaliere di cui avevo solo carpito il nome durante un banchetto, ma che non avevo mai conosciuto di persona. Una figura particolarmente schiva. Chinai la testa in segno di saluto e sollevai il cappuccio sul capo. "Mi mettono i brividi... ci stavano osservando." Sussurrai, mentre spronavo il cavallo. Improvvisamente mi diedi della sciocca per non aver prestato più attenzione ai pettegolezzi e ai mormorii che, quasi certamente, erano sorti dalle singolari attenzioni che mi prestava il cavaliere del Gufo. Ormai non era mistero e passavamo diverso tempo insieme. "Le voci corrono in fretta..." mormorai pensierosa. |
Gouf fissò Melisendra, senza alzare lo sguardo verso quella finestra.
“Ci stanno osservando…” disse sottovoce “… lo so…” Annuì agli stallieri che avevano condotto i loro cavalli e montò poi in sella, lasciando così con Melisendra il castello. Davanti a loro si apriva quella desolata e misteriosa landa. La notte era asciutta e chiara di stelle, disegnando lungo l’orizzonte inquiete sagome rocciose che sembravano correre fino ai remoti confini del mondo. I due spronarono i loro cavalli ed attraversarono di corsa lo stretto sentiero che dal castello finiva per perdersi nell’oscuro ventre della brughiera. Gouf appariva pensiero e taciturno, mentre alle loro spalle sembrava chiudersi inquieta la brughiera. Come se avessero oltrepassato un confine. Un immaginario varco oltre il quale non era più possibile ritornare. Gli occhi scuri e profondi di Gouf parevano quasi confondersi con le tenebre che avvolgevano ogni cosa ed in quell’inesorabile buio il pallore della sua carnagione appariva luccicante. Come un fantasma, un’inquieta visione, il Cavaliere del Gufo emergeva da quel tetro scenario simile ad un sogno, forse un incubo. Melisendra sapeva poco di lui. Ne conosceva l’inquietudine e la ferocia. Ma anche l’intensa passionalità che animava il suo spirito. Ma poi? Chi era veramente? Da dove traeva quel grande odio che celava in lui? Perché quel sinistro pallore? Come se avesse trascorso la sua giovinezza rinchiuso chissà dove, lontano dalla luce e dalla misericordia del mondo. |
Cercai di orientarmi nel paesaggio. Sapevo come arrivare a Poggio del Sole, ma in mezzo a quella desolazione mi sentii quasi preda di vertigini.
Spronai il cavallo e raggiunsi Gouf. Col volto rivolto verso il cielo, per scorgere un segno che mi aiutasse ad orientarmi, decisi di rompere il silenzio. "Non mi hai mai detto dove sei cresciuto... non mi hai mai raccontato nulla di te. Invece... tu sai quasi tutto di me e del mio passato." Osservai il suo profilo, che pareva intagliato nell'alabastro e rimasi in silenzio. Il cielo finalmente si aprì e io capii che eravamo sulla strada giusta. Presto saremmo arrivati su un crinale. Avremmo dovuto seguire il pendio nord. Ancora un po' e avremmo abbandonato quella desertica realtà di vento e rocce. Al di là c'era un paesaggio rigoglioso e benevolo. Presto avrei riabbracciato Uriel. Osservai di sottecchi Gouf, aspettando una sua risposta. |
Il Sole filtrava, a stento e malinconico, dalle nubi che velavano il cielo, rendendolo sfocato e sfuggente.
Un lieve chiarore si posava stancamente sulle cime più alte che sorgevano in lontananza, dando l’immagine di un mondo distante dai tratti favolosi. Un mondo che ai due appariva però irraggiungibile, imprigionati com’erano in quella tragica esistenza, fatta di paure, inganni, sangue e morte. “Un altro giorno…” disse Gouf con una voce che sembrava voler morire su quelle stesse labbra “… e ad ogni giorno segue una notte…” Un lampo attraversò i suoi occhi che donò a quel volto un’espressione enigmatica. “Io di te non so quasi nulla…” mormorò fissandola “… tutto mi dice che non dovrei fidarmi di te e che invece dovrei ucciderti… questo viaggio potrebbe benissimo essere una trappola… ma non ho paura di morire e dovresti saperlo… la morte, alla fine, è una liberazione… e forse vorrei davvero che la mia morte avesse il tuo volto… solo così essa potrebbe raggiungermi senza alcuna resistenza da parte mia…” Accennò quasi un sorriso. Un sorriso enigmatico, come quel loro viaggio. “La mia giovinezza, il mio passato…” aggiunse “… è costellato da fantasmi, demoni… come quello di tutti… e forse anche tu provieni da quel passato… forse sei anche tu uno di quei fantasmi…” Finalmente la brughiera sembrò ritrarsi, lasciando spazio ad un rigoglioso bosco, nel quale sorgeva una tenera collina sulla quale il Sole con i suoi raggi disegnava un borgo che si adagiava su quei pendii come un vecchio addormentato. Era il Poggio del Sole. |
Lho fissò prima il cielo da una delle finestre, poi il volto di Sayla.
“La maledizione…” disse “… tutti ne conoscono l’esistenza, dici? Può anche darsi… io ho vissuto per anni lontano da Capomazda, in un luogo abbandonato dagli uomini e dal Cielo… e forse davvero in queste terre si cela qualcosa di oscuro e malvagio… chissà...” Accennò un sorriso con quella sua aria mite e riflessiva, che nascondeva in realtà un attento osservatore. “Chi sei, mi chiedi? Io credo che tu sia una ragazzina molto intelligente e sensibile…” continuò “… e la sensibilità è un grande dono che ci permette di comprendere gli altri ed il mondo che ci circonda…” In quel momento qualcuno bussò. “Gli uomini di sir August non sono ancora tornati…” disse Gervan a Lho “… ormai sono giorni che non abbiamo notizie su lord Icarius e lady Talia...” “Uscirò io a cercarli…” mormorò Lho “… conosco bene il bosco e la brughiera…” e fissò la giovane Sayla. http://www.alicia-logic.com/capsimag...atrinaBook.jpg |
Lo guardai severamente, inclinando la testa sotto il cappuccio.
Avrebbe mai capito? "Non sono un fantasma, Gouf... sono reale. E se avessi voluto ucciderti, non mi sarei presa la briga di architettare tutto questo. I miei metodi possono essere tremendamente sbrigativi... almeno quanto i tuoi." Spronai il cavallo a scendere e quello con un po' di diffidenza iniziò a scendere lungo il pendio. Le pietre scivolavano sotto i suoi zoccoli. Gli diedi un lieve colpetto di incoraggiamento e procedemmo più veloci. Una volta in prossimità del borgo, mi voltai nuovamente. "Perchè mai non dovresti fidarti di me?" A parte il fatto che cercherò in tutti i modi di impedire questa guerra... pensai. "Io mi sono fidata di te e ti ho parlato del mio passato... e di Uriel. Ora sai come uccidermi, come ferirmi ancor più profondamente che con la tua spada..." Sospirai e proseguii. Spronai il cavallo fino alle porte del borgo. |
Gouf accennò un sorriso a quello sfogo di Melisendra, per poi spronare il cavallo e seguirla verso il borgo.
“Questo è il Poggio del Sole…” disse “… prima di raggiungere la casa dove hai lasciato il ragazzo, dovremmo forse decidere sul da farsi… come ti presenterai a lui? Non credo come sua madre. Potremmo essere due viaggiatori… magari tu una nobildonna ed io il cavaliere che ti accompagna…” La fissò negli occhi e prese le redini del suo cavallo, come a volerla avvicinare a lui. “Io mi fido di te…” aggiunse con quel suo sorriso sempre indecifrabile “… altrimenti non sarei qui con te per conoscere quel ragazzino…” |
Mi soffermai incerta.
Non era cambiato nulla dall'ultima volta che ero stata lì, qualche anno prima, quando Uriel a malapena diceva le prime parole. Le strade di acciottolato erano le stesse. Le case bianche arrivavano al massimo a due piani. Era giorno di mercato, lo indovinavo dal trambusto. Cavalcammo tra le vie, fino a quando non trovai l'ingresso ad un cortile e lì mi soffermai. "Quel ragazzino non è sciocco... e sa bene chi sono, visto che negli ultimi tempi non fa altro che infilarsi nei miei sogni." e aggiunsi, quasi teneramente "Un po' sfacciato..." Smontai e guidai il destriero per le briglie. "Non posso mentirgli, non su di me." Con un gesto mi scoprii il capo. "Ormai ha sei anni compiuti e inizia a farsi qualche domanda su dove io sia e su chi sia suo padre." Scacciando ogni altro pensiero bussai alla porta del palazzo che si ergeva in fondo al cortile, oltrepassato un arco di pietra. Tutto faceva presumere che Adele e il suo anziano sposo fossero in casa. In un angolo del cortile vidi un elmo che mi era familiare. Il piccolo elmo di Uriel. |
Gouf ascoltò Melisendra senza dire nulla.
Attese poi, dopo che lei ebbe bussato, che qualcuno si presentasse per riceverli. Ad un tratto qualcuno aprì la porta. Era una donna non più giovanissima, dagli occhi chiari ed i lineamenti che, nonostante l’età, mostravano una raffinatezza ed una grazia non comuni. La donna, riconoscendo Melisendra, si illuminò di un profondo sorriso, per poi, un attimo dopo, fissare con curiosità il cavaliere che l’accompagnava. “Voi? Non vi attendevamo…” disse la donna visibilmente emozionata “… come mai? Oh, ma che sciocca, entrate, milady…” La donna fece entrare Melisendra ed il cavaliere, per poi ospitarli in casa, in un’ampia sala preceduta da una saletta quadrangolare. Un attimo dopo li raggiunse un uomo anziano ma dal portamento fiero. L’uomo salutò i due ospiti e prese posto con loro intorno alla tavola. “Come mai siete qui, milady? Domandò Adele a Melisendra. Ad un tratto si udì una voce provenire dal cortile ed apparve un bambino che giocava con la sua spada di legno. Correva agitando la sua spada e spaventando i piccioni che scendevano nel cortile. Correva e saltava scimmiottando le movenze dei cavalieri, fino a quando arrestò la sua corsa davanti alla sala che ospitava tutti loro. E restò immobile ed in silenzio a fissare Melisendra. |
Guisgard restò meravigliato dalla naturalezza con cui Morrigan recitava la sua parte.
Ascoltò in silenzio mentre la ragazza cercava di convincere i frati a far vedere loro la biblioteca. Il priore poi fissò Guisgard, il quale restò un attimo sorpreso. “Ehm… si, proprio così…” disse di colpo “… si, sarebbe importante per noi poter consultare la vostra biblioteca… voglio dire, sarebbe per una buona causa…” “E sia, non vi negheremo questo aiuto.” Annuì il priore. “Del resto la cultura ed il sapere sono doni che l’Onnipotente elargisce a tutti. Visiterete domani, se Dio vorrà, la nostra biblioteca. Ora è tempo di ritirarsi.” In quel momento suonò la campanella e tutti frati raggiunsero le proprie celle, imitati da Guisgard e Morrigan. “Andare a letto a quest’ora…” sbuffò Guisgard tornato nella stanza insieme a Morrigan “… ma come si fa? Non riuscirò a chiudere occhio! Roba da matti!” Mentre camminava nervosamente. “Forse avremmo dovuto dire che quella donna di cui parlavi è in fin di vita, che avevamo il tempo contato… ora invece ci toccherà aspettare a domani…” Si voltò poi verso di lei. “E sia…” sbuffando “... immagino ci sia ben poco da fare...” fissò allora la panca sulla quale Morrigan l’aveva destinato e rassegnato si lasciò cadere sopra di essa. |
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