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Realizzai che ero libero solo quando fui fuori dalla prigione.. Ero dolorante.. Le ferite sanguinavano e stavo male.. Mi avviai a piedi verso il belvedere ma la strada era troppo lunga per me in quelle condizioni.. Dopo circa dieci minuti ero stremato e caddi a terra svenendo.. Sperai che almeno qualcuno mi avrebbe trovato.. Ma non fini di formulare il pensiero che i buio mi avvolse e caddi in un sonno profondo e tormentato..
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Entrata in citta', mi sentivo una bimba presa dall'euforia della meraviglia, chiese stupende dove i maestri muratori avevano sapientemente scolpito ogni pietra rendendo leggibile l'essenza della vita....guglie gotiche e archi romani.....la cultura sembrava farne da padrona tra le strade brullicanti di personaggi strampalati....giovani studenti...filosofi convinti....con barbe bianche e rilucenti....ognuno aveva l'assoluta conoscenza......."...Monsieur...voi pensate che dal Caos l'uomo possa ottenere la liberta' ?.....credo che queste bellezze murarie dovrebbero far comprendere all'uomo quanto la perfezione della regola possa far edificare queste meraviglie che saranno viste avanti nel tempo da uomini di ogni conoscenza........Mi lascerete sotto un ponte ?......siete magnificamente gentile Sir.....Continuero' ad essere vostra moglie.....mi sentiro' piu' protetta....la gente si fara' meno grilli per la testa, una dama accompagnata dal suo sposo....tutta un'altra storia.........e poi..il gusto di rovinarvi la piazza.......sara' divertente, vi avverto...sono gelosa......".......Risi di gusto...per la prima volta dopo l'incontro con il mio patrigno mi sentii finalmente libera...forse la malasorte mi si sarebbe parata difronte ancora una volta.....ma in quel momento....la parte peggiore del mio passato era morta..ed io ero viva......finalmente viva.....come l'ape che mi ronzava nella borsa...amica ape........amica fedele........" Suvvia Monsieur non vi faro' fare una cattiva figura......e poi prima arrivero' a consegnare questo libro e prima vi libererete di me........e chissa' che non mi mancherete........."......
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Monsieur si abbandonò ad una sonora risata.
“Rovinarmi la piazza?” Ripeté ad Elisabeth. “Magari sarò io a rovinarvela! Vi confiderò una cosa… sono geloso da morire!” E rise di nuovo. “E sia… mia dolce consorte, prego… la città è tutta per noi… ah, dimenticavo…” estraendo alcuni fogli dalla sua borsa “… ho bisogno di un nome… qualsiasi nome andrà bene… non posso certo rivolgermi a mia moglie chiamandola Madame!” |
.." Chiamatemi Elisabeth e' il mio nome e non sono conosciuta.....e ditemi amore mio ..come dovrei chiamarvi ?.....".....Mi sembrava cosi' strano, eppure cosi' stranamente famigliare.....
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Figure sbiadite e poi il colore del sangue e l’odore dell’odio.
Queste immagini tormentavano il sogno di Daniel. Ad un tratto il giovane scudiero avvertì una strana sensazione. Tutto attorno a sé sussultava e si muoveva. Cominciò a sentire delle voci e a vedere delle ombre. Ombre che divennero pian piano sempre più nitide. Riprese conoscenza. Dopo qualche istante si rese conto di tutto: era su un carro, insieme a degli uomini che non conosceva. |
Mi trovavo in un carro.. Dove sono?.. A fianco a me c'erano due ragazzi mentre dall'altro lato due omoni.. Un ragazzo dai capelli rossi mi sorrise e io timadamente gli chiesi:
<<Scusate chi siete? E io dove sono?>> |
Quella sensazione avvertita da Altea.
Eppure non c’era nessuno attorno a lei. Ed anche il cortile del palazzo sembrava vuoto. La campagna era verdissima e il cielo grigio ed inquieto sembrava renderla quasi incantata nella sua bellezza. Ad un tratto qualcuno la chiamò. “Baronessa, sono lady Kate…” dall’altra parte della porta “… state riposando? Appena vi sarà possibile vi prego di raggiungerci nel salone al pianterreno… c’è una sorpresa per voi…” |
Mi destai da quel torpore, mi alzai dal letto e mi rinfrescai il viso con dell'acqua fresca. Ero destinata a vivere i fantasmi del passato di Lord Carrinton? Era stato un sogno o ella vagava ancora attorno alla vita del milord anche dopo la sua scomparsa?Dicono che gli animi inquieti vagano e non avranno mai pace nemmeno nella eternità.
Sentii la voce di Lady Kate, mi rissollevai un attimo. "Una sorpresa?" aprii la porta e il sorriso della nobile mi rasserenò "accompagnatemi subito, sono curiosa". E in un attimo le inquietudini di un passato segreto sparirono. |
Monsieur fissò Elisabeth.
“Tranquilla, non vi chiederò se questo è davvero il vostro vero nome…” disse sorridendo “… voi chiamatemi Emile… un nome come tanti altri…” scosse poi il capo divertito “… amore mio suona bene… magari ripetetelo davanti alle guardie e chissà che non vi prendano sul serio.” Avanzarono allora verso la porta della città. Qui furono fermati da due guardie repubblicane e Monsieur mostrò loro due visti. “E così siete marito e moglie…” “Si, signore.” Annuì Monsieur. “E perché siete giunti ad Ostyen?” “Per trovare lavoro, signore.” “Da dove venite?” “Da Cardien, signore.” Rispose Monsieur. “Ma la crisi che attanaglia il paese ci ha spinti verso la capitale…” La guardia fissò poi Elisabeth. “Va bene, passate pure.” Disse. Un attimo dopo Emile ed Elisabeth entrarono in città. “Per stanotte dobbiamo trovare una sistemazione…” fece Emile ad Elisabeth. Raggiunsero così una locanda e presero una stanza per la notte. |
Quel ragazzo fissò Daniel ma non rispose nulla.
“Sei in nostra compagnia, non vedi?” Disse colui che sembrava essere il capo di quel gruppo. “E dovresti esserci grato!” Avevano costumi pittoreschi ed uno strano accento. I loro occhi erano dipinti e indossavano anelli ed orecchini. Daniel allora comprese tutto: erano zingari. Ma in quel momento il giovane scudiero avvertì un dolore alla schiena. “Non muoverti…” mormorò il ragazzo dai capelli rossi “… ti abbiamo medicato le ferite, ma sono ancora aperte…” “Già, qualcuno sembra si sia divertito a lacerarti la pelle a colpi di frustate…” fece il capo di quegli uomini. |
<<Dove mi portate?>> chiesi fissando l'uomo..
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Hagus allora afferrò il polso di Cavaliere25.
“Ti presti a servire un uomo che rapisce delle donne?” Fissandolo Hagus. “Ma che razza di persona sei? Sei un vigliacco! Ecco cosa! Un vigliacco!” La presa di quell’uomo sembrava di ferro e impediva qualsiasi movimento a Cavaliere25. “Ora chiameremo le autorità, così tu e il tuo signore avrete la giusta punizione!” Disse Hagus. |
" Emile...mi piace....allora vi diro' mon amour e' piu' francese che ne dite..molto piu' romantico, anzi, ti daro' del tu Emile, sarebbe assurdo darti del voi...saro' la piu' devota delle spose credimi..."...e cosi' riuscimmo a passare le guardi infondo non eravamo gli unici ad entrare nella capitale in cerca di lavoro, doveva essere un period terribile......Emile cerco' una locanda, la cosa che mi lascio' pensierosa furono i due lasciapassare che aveva con se.....era un uomomisterioso...faceva bene....meno sapevo e meglio era....anche se mi infastidiva il fatto che non si fidasse di me..io gli avevo sempre detto la verita'........entrammo nella locanda, era molto differente dall'ultima ...era piu' grande.....ci accolsero con indifferenza, ma infondo quella era una grande citta'....ci diedero una stanza.....e prima di cenare ...ne prendemmo possesso..."....Emile...ascolta..il mio vero nome e' Elisabeth non e' ho altri..sino ad ora non ti ho mai raccontato nessuna bugia....non sono cresciuta con questi insegnamenti......e desidero che questa notte tu condivida con me questo letto.....il fatto di dormire insieme....non ci portera' a fare altro...so che sei un uomo d'onore...e non si fara' nulla che non si vorra' in due...".....
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Lady Kate accompagnò Altea nel salone al pianterreno.
E qui trovarono un uomo di mezz’età, dall’aria attenta e lo sguardo curioso. “E’ lei?” Chiese a lady Kate indicando Altea. “Si.” Rispose questa. “Non è una bellissima dama?” “Oh, si.” Annuì lui. “Bellezza bretone… limpida, fresca, che cela però una sottile sensualità, propria degli animi romantici e sognanti. Credo si potrà fare un ottimo lavoro con tali premesse.” “Oh, è meraviglioso!” Esclamò raggiante Kate. “Non vedo l’ora di vedere il vostro lavoro ultimato! Dove si svolgerà il tutto?” “Non so, milady…” guardandosi attorno l’uomo “… questo salone è molto bello… di gusto classico… anche i quadri sono notevoli… ma, ad essere sincero, mi ispira anche il vostro giardino… al momento mi suggerisce almeno un paio di idee…” “Oh, che gioia!” Sempre più entusiasta Kate. |
Ascoltavo incuriosita Lady Kate e il gentil messere che parlavano tra loro, mi chiedevo anche come egli si permettesse di fare dei complimenti ma soprattutto giudicare il mio aspetto fisico, bensì in modo positivo.
"Se non sono indiscreta" chiesi alla dolce nobile "potrei sapere di che si tratta? Solo allora accossentirò". E seguii Lady Kate che quasi non ascoltava presa da strani preparativi e sorprese. Uscimmo sul giardino e mi guardai attorno, la serata offriva dei colori stupendi e intravidi lontano la dimora di Lord Carrinton, ebbi un sussulto. In fondo i cerimoniali di corte mi avevano sempre annoiata, avrei preferito trascorrere un paio di ore conversando con egli ma Lady Kate mi forzò a seguirla prendendomi il braccio. "E un matrimonio segreto in una chiesetta solo con testimoni?" pensai tra me e me. |
Intanto, Parsifal era in quella locanda, davanti a quel misterioso uomo che aveva scoperto il trucco degli zingari.
“Si, potresti esserci utile, ragazzo…” disse l’uomo a Parsifal “… vedo che sei abbigliato da cavaliere… dì un po’… ti va di guadagnare qualche soldo e fare un po’ di tirocinio?” I suoi amici si scambiarono una rapida occhiata e sorrisero. “Per essere cavalieri occorre avere un buon maestro…” continuò quell’uomo “… io sono Fountaine de Acernou e sono un cavaliere… oltre che il miglior cacciatore di taglie di Francia. Questi due che vedi alle mie spalle” indicando i suoi compagni “sono i miei fedeli scudieri… dì… vuoi unirti a noi? Ho bisogno di un terzo uomo per l’incarico che devo portare a termine.” |
Emile, come ora voleva farsi chiamare Monsieur, fissò Elisabeth.
La fissò per un lungo istante. Poi sorrise lievemente. “Come sei ingenua, moglie mia…” disse posando su una sedia la sua borsa “… si, comincio davvero a credere che tu non conosca né bugie, né malizia… ma sottovaluti te stessa…” prese con delicatezza il braccio di lei e la portò davanti allo specchio che stava proprio accanto al letto “… capelli lungi… pelle delicata… bei lineamenti… e poi mani calde al tatto… un corpo sensuale…” fissando lo specchio dove entrambi si riflettevano. Lei era davanti e lui alle sue spalle. Elisabeth sentiva il petto di lui contro la sua schiena. “Sei una donna, moglie mia…” continuò lui “… una bella donna… ed io non tocco una donna da… da non so più neanche quanto tempo… se dormissi in quel letto con te… beh…” sorrise “… sarà meglio che scenda un po’ giù, per bere qualcosa…” Si avvicinò alla porta. “Un buon bicchiere mi aiuterà a dormire meglio…” voltandosi di nuovo verso di lei “… tu cerca di dormire… mon amour…” ed uscì. |
Emile con delicatezza mostro' la mia figura allo specchio, tocco' la mia mano sfioro' la mia schiena e sussurro' al mio orcchio perche' io udissi le sue parole sentendo il calore del suo alito.......rimasi ad occhi chiusi davanti allo specchio e lo sentii andare via.......avevo un forte calore che sentivo salire all'altezza dello stomaco che mi faceva battere forte il fuorte il cuore......aprii gli occhi e per la prima volta non vidi il mio volto.....vidi il volto di una donna dagli occhi luccicanti dalle gote imporporate dalla gola lievemente arrossata.......portai indietro i capelli e mi accarezzai il volto scendendo sul collo......imbarazzata ritiari la mano...e voltai le spalle allo specchio......non sarei riuscita a dormire neanche io.....non sapevo cosa provava un uomo e non capivo coasa provavo neanche io....ma eranosensazioni forti ed ero agitata..infastidita....scesi al piano di sotto e cercao Emile.....lo torvai ad un tavolo...un bicchiere tra le mani e lo sguardo assorto....mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui...." Emile.....se stasera non bevo......non riusciro'a prendere sonno.....posso farvi compagnia....?...devo confessarvi che non ho mai bevuto in vita mia...se non qualche rara volta......."....
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Missan ascoltò con attenzione le parole di Rodolfo.
"Forse mi fate troppo omaggio, messere..." disse l'ambasciatore "... io e i miei compagni non abbiamo fatto altro che dar voce al popolo ed alla sua millenaria volontà di libertà... io non ho molto tempo da dedicarvi, ma uno scambio di battute con chi condivide i nostri stessi ideali e valori fa sempre bene..." sorridendo "... prego, seguitemi..." Un attimo dopo i due si ritrovarono nello studio di Missan. "Eccoci..." fece questi "... vi ascolto..." |
Lancelot vagava per le chiese di Camelot in cerca di quel nome.
Tommaso. “In città non ci sono preti con questo nome…” gli spiegò un monaco “… forse in qualche chiesetta di campagna… o forse potrebbe trattarsi della cappella del Belvedere di lord Tudor… una volta a settimana un prete giunge lì per celebrare la messa… magari è il prete che state cercando, messere…” |
La ragazza fu così condotta, attraverso un lungo e freddo corridoio, nel cortile di quel palazzo e fatta poi salire su un carro.
C’era anche un’altra ragazza. Tremava dalla paura ed un pallore cadaverico sembrava renderla più simile ad un fantasma, che ad una creatura reale. Aveva gli occhi consumati dal pianto e i lineamenti quasi deformati dal dolore. Le due prigioniere furono così condotte via con quel carro. “Signore…” chiamò debolmente quella ragazza ad uno dei soldati che guidavano quel carro. “Cosa vuoi?” “Per pietà, vi supplico…” con la voce quasi contratta per la paura “… dove ci state conducendo?” I due soldati si scambiarono un veloce sguardo. “In un posto.” Rispose. “E dove?” Domandò ancora lei. “Sta zitta!” Con durezza il militare. Lei allora tornò a fissare il vuoto in silenzio. E Chantal, fissandola, si accorse che quella ragazza sussurrava a se stessa qualcosa sottovoce: erano preghiere. Chantal osservò quel vano tentativo di interloquire con chi stringeva tra le dita,incurante,la vita altrui.Scrutò a lungo quella inerme creatura,la sua fragilità e,probabilmente,la sofferenza affratellavano le due ragazze,tuttavia,ella era capace di pregare nella disperazione,laddove Chantal non trovava le parole per invocare il Padre Suo. Da quando era stata condotta in arresto s'era chiusa in un silenzio incorruttibile,le uniche parole pronunciate erano state rivolte alla giovane guardia che l'aveva umiliata,negandole pietà,e chiudendo la porta in faccia alla sua disperazione. Ed ora era lì,deportata come una volgare traditrice e non riusciva ad aprirsi neppure a quella fanciulla che divideva la sua orribile sorte. Rimase a lungo a guardarla,ad ascoltare le sue preghiere,ad ammirarla,quasi,d'essere capace di quella forza di invocare Dio che lei,nonostante la forte educazione religiosa impartitale,non riusciva a fare. Pensava,invece,affranta nel suo dolore,alle miserie che avrebbe lasciato in eredità ai bambini ed alla suora nascosti in casa sua. E si interrogava. Si interrogava sulle sorti di suo zio,sui motivi che l'avevano visto costretto a tacerle una verità tanto cruda quanto la disperazione umana. Disperazione. Questo era quanto la attraversava.Disperazione per la vita di padre Adam,disperazione per quei corpicini deformi di creature del peccato,o forse,disperazione di Angeli,la cui santità era stata deturpata dalla natura. E disperazione per se stessa in quel momento. Si rannicchiò sollevando le ginocchia al petto.Pativa il freddo,ma non riusciva più a scindere da cosa le fosse causato.L'orrore,forse,la miseria di quell'esistenza di cui lei aveva sempre solo udito e che ora non doveva più immaginare,vi era dentro.Ora sì che conosceva le miserie della condizione umana,quelle che passano dalle carceri,dalla dannazione,e dall'ingiustizia,talvolta senza peccato. Ad un tratto fu come se per la prima volta spalancasse gli occhi su quella realtà,le mancò il respiro,si portò le mani alle tempie per strigerle forte,sempre più forte,a voler contenere quella collera che le percorreva le vene e si concentrava nella sua mente come a farle rasentare la pazzia. La carrozza procedeva,l'assordante rumore degli zoccoli e delle ruote stridolanti si confondeva con il mormorio di quella ragazza alla quale avrebbe voluto strigersi.La cercò con lo sguardo,ma lei aveva il capo chino e in quella sua litania era così assorta da non far caso alla presenza di un'altra donna accanto a lei.Chantal pensò,per la prima volta nella sua vita,che il dolore,per quanto accomuni gli esseri umani,fosse un'entità individuale.A ciascuno il suo.Ad ognuno diverso,eppure,dello stesso tormento. Allora abbracciò il suo,confidando solo in ciò che aveva in cuore.Guardò fuori,la campagna addormentata,il cielo nella sua immensità,la natura nella sua placidità facevano di quel giorno un prezioso ricordo di bellezza da legare agli occhi,e ripensò a suo zio,a ciò di cui era stato capace,alla caparbietà che ella gli riconosceva e che,sicuramente gli era stata da maestra per trasportare quei bambini,insieme ad una sorella,da Camelot fino ad Animos.E trovò in quel pensiero la forza di accennare un sorriso.Nessuno sforzo di quell'uomo si poteva ritenere vano,lui,così schietto,così pieno di misericordia,così uomo che riconosceva ai suoi simili le limitazioni dell'opera del divino e li migliorava perchè ritornassero a tendere alla perfezione divina,quell'uomo aveva potuto molto,quell'uomo dal primordiale nome Adam aveva potuto tutto.Ed ora Chantal sapava di quanto era stata parte di quel tutto. Ritornò con gli occhi sulla ragazza e,con un gesto di carità,le prese una mano e la strinse nelle sue.Questo era parte di quel tutto che le era stato impartito ed aveva posseduto ed ora sapeva di dover dividere. |
Io e Tyler stavamo percorrendo la ripida discesa che conduceva al borgo.
Fortunatamente ero una cavallerizza abbastanza abile da non preoccuparmi degli zoccoli del cavallo che talvolta scivolavano sui ciottoli. Mi coprii il volto con il velo. L'aria mi stava scompigliando i capelli. Mi ero lavata e rivestita con gli abiti che Mary aveva tirato fuori da vecchi bauli. Quel vestito poteva benissimo essere appartenuto a qualcuna delle mie partenti, forse addirittura a mia madre. Il broccato era impreziosito da antichi ricami. Il colore scuro faceva risaltare freschezza della mia carnagione. Era un rosso così scuro da apparire nero. Mi ricordava il colore del sangue e, prima di indossarlo, un brivido mi era corso lungo la schiena. Avevo faticato a chiudere i numerosi lacci, ma la nuova ragazza era stata rapida e efficiente. Con pazienza aveva allacciato fino all'ultimo nastro e si era premurata di sbiancare il pizzo che fuoriusciva dalle maniche. Quel colore figurava sullo stemma dei Wendron. Lo avevo intravisto nel salone e lo vedevo spesso negli appartamenti di mia madre: un grifone rosso scuro coronato da tre gocce d'oro. Il motto dei Wendron si trovata ricamato sotto di esso: "Vigila." Considerata la posizione del castello e quella del porto, adesso ne capivo l'origine. "Tyler..." interruppi il silenzio che si era creato da quando avevo rinunciato a cogliere le sue provocazioni e lui si era annoiato a lanciarmele. "Dovresti tornare alla chiesetta che abbiamo visitato... ormai padre Tommaso dovrebbe aver ricevuto il mio messaggio... mi sarei aspettata come minimo una risposta, una lettera... in fondo conosceva mio padre... forse gli è successo qualcosa..." il cavallo esitò e dovetti spronarlo, "E' l'unico collegamento, l'unica traccia che può condurmi dal Giglio Verde... è essenziale trovarlo." Meditai. "Ed è essenziale ricostituire un corpo di guardia al castello... così non si può andare avanti. E' triste e desolato. Mette i brividi." Le luci del borgo erano sempre più prossime. "Credo che domattina partirò per andare a cercare il prete..." sapevo che presto sarebbero giunte delle proteste. "Ma tu... è necessario reclutare soldati per difendere il castello e gli abitanti delle mie terre dalle pretese di Missian e degli altri avidi signori dei feudi vicini, che certamente, in assenza di un erede avranno già pensato a come spartirsi Trafford Bridge. Solo tu puoi occupartene. Io non ti sarei di alcun aiuto." Il mio cavallo nitrì. "E non temere... non correrò rischi... sarò di ritorno entro sera." Udii delle voci e un profumo di stufato provenire dalla taverna della piazza del borgo. In lontananza sentivo le onde infrangersi contro la riva e vedevo il profilarsi di navi e mercantili ormeggiate. "E ora... sarà bene annunciare a questa gente che le terre dei Wendron hanno un legittimo erede. E che non intendo cedere ai compromessi di Magnus o di chiunque altro. Se necessario mi rivolgerò a Camelot per riportare ordine su questo suolo." |
Ad un tratto il carro si arrestò di colpo, per riprendere poi la sua marcia dopo alcuni istanti.
La ragazza guardò prima Chantal poi la finestrella che metteva in comunicazione con i due soldati alla guida della vettura. “Perché ci siamo fermati di colpo, signore?” Domandò. “Perché dovevamo svoltare.” Rispose la guardia. “E siamo dunque giunti?” “Si…” “E dove siamo, signore?” “Guarda tu stessa…” La ragazza allora si accostò alla finestra con le sbarre che dava sulla strada e vide in quel momento la terribile verità. Una scura e spaventosa sagoma si stagliava contro il cielo velato da inquiete e tormentate nebbie. “Oh, mio Dio...” arretrando lei “… la… la Fortezza di Arbou… no, Dio, no…” “Sta zitta, cagna!” Gridò una delle guardie. E giunta davanti al terribile maniero, la carrozza attese che venisse aperto il portone. E come la porta degli inferi mostrò al sommo poeta La Città Dolente, così quell’ingresso si spalancò davanti alla carrozza, pronto ad accogliere quei dannati nei terribili gironi dell’Inferno della Fortezza di Arbou. http://mw2.google.com/mw-panoramio/p...m/27186683.jpg |
La fortezza di Arbou.
Chantal rabbrividì. Scorse la ragazza al suo fianco,visibilmente sconvolta,che ora taceva.Taceva la sua preghiera. Chantal si strinse a lei,le posò un bacio sulla testa,tra i capelli, e chiuse gli occhi. Quando li riaprì erano colmi di lacrime. L'immaginazione non riusciva a contenere l'orrore delle torture che sarebbero state inflitte ad entrambe una volta varcata la soglia di quel luogo.Posò una mano sulla bocca della ragazza nel tentativo di calmarla,per poi accarezzarla,ma ancora Chantal rimase in silenzio.Nel rispettoso silenzio che avvolgeva il loro destino. |
Melisendra e Tyler erano ormai giunti al borgo dei marinai.
“Il Giglio verde…” mormorò Tyler “… sempre questo nome… sembra ormai un’ossessione…” scosse il capo e scalciò via un sasso che si ritrovò davanti “… e se tu riuscissi a trovarlo, cosa faresti dopo? Lo costringeresti ad arrendersi a Missan ed ai suoi sgherri? Forse il fatto che tu sia l’ultima dei Du Blois, ti ha un po’ dato alla testa! Vuoi andare a cercare quel prete da sola?” Rise forse per la rabbia. “E’ buffo… vuoi circondare il castello di guardie per proteggerlo dai Ginestrini… e poi parti da sola alla ricerca di quel prete, infiascandotene di tutto e di tutti!” Si ritrovarono così nella piazzetta detta Dei Marinai. Era il cuore del borgo, animato da due locande, poste ai margini delle due viuzze laterali che convergevano all’interno della piazzetta. Tutt’intorno vi erano quelle tipiche case di marinai che si possono vedere lungo le coste della Corsica e della Francia Meridionale. Il borgo infatti era abitato quasi del tutto da marinai di origine francese. Sulla piazza dominava una grande statua della Vergine Santissima, illuminata da diversi ceri e candele. “Fermati, se in trappola!” Gridò un bambino. “Sei in nostro potere, maledetto Giglio Verde! Prendiamolo!” Ordinò ai suoi compagni. “Non mi prenderete mai!” Fuggendo via un altro bambino, con in mano una spada di legno e sul volto una maschera. |
Scostai il velo e ravvivai i capelli. Respirai appieno quell'aria frizzante.
"Bè, se mi muovessi con una scorta, temo che sarei eccessivamente identificabile... Vestite la mia cameriera e circondatela di guardie... sarà sufficiente a ingannare l'occhio. Da sola posso passare quasi inosservata... dimentichi tutte le volte che sono scappata da Beauchamps in sella a quel vecchio ronzino che apparteneva allo stalliere? Sono sempre tornata a casa... anche quando papà mandava te o quegli altri a inseguirmi e a trascinarmi a forza davanti a lui." Era vero. Talvolta scappavo, per amore di solitudine e tranquillità. "Da sola non posso liberarmi di Missan, ma con l'aiuto del Giglio Verde... potrei riuscirci. E fornendogli il porto come base per le incursioni nella repubblica di Magnus, posso procurare numerose seccature a quei pomposi repubblicani." Il mio viso si illuminò al solo pensiero di rovinare i sogni di gloria degli uccisori della mia famiglia. Era quasi la stessa macabra gioia che avevo provato nello scoprire che mio marito, il repubblicano Lambrois, era morto. Avevo fatto scivolare nella mano dell'assassino un bracciale d'oro che era appartenuto a mia madre. L'oro dei Wendron aveva vendicato l'assassinio di una di loro. Mio padre, tremai nel pensarlo, ma corrispondeva a verità, sarebbe stato orgoglioso di me. Mi ero subito accertata che la morte di mio marito fosse sembrata avvenuta per una banale rissa nella bisca in cui passava le notti nella capitale. Non intendevo più servirmi di un sicario. Solo se fossi stata io in prima persona a punire gli assassini, i miei cari si sarebbero potuti dire veramente vendicati. E io e loro avremmo riposato in pace. Evitai la traiettoria del bambino che correva e vociava verso i compagni. Mi avvicinai a Tyler e afferrai il suo braccio. Gli strinsi la mano tra le mie. "Tyler, non c'è ragione per continuare a trattarmi come la ragazzina che ero a Beauchamps..." gli sorrisi "Ora abbiamo la possibilità di ricominciare daccapo... vuoi darmi almeno una chance?" |
La carrozza si arrestò e la porta si aprì.
Le due prigioniere furono fatte scendere. Prima Chantal, poi quella ragazza. “Queste vanno nell’ala Ovest.” Disse una delle guardie ai carcerieri. Ad un tratto apparve una figura. Era trasandata e mormorava qualcosa. Erano bestemmie. “Altre prigioniere?” Fissando le due guardie. “Si.” Rispose una di quelle. “Colpe?” “Quella era una novizia…” indicando la ragazza “… è stata trovata mentre si nascondeva in un vecchio convento abbandonato… l’altra…” facendo segno verso Chantal “… è la parente di un chierico. Pare abbia confessato di essere credente proprio davanti al procuratore.” “Bene, almeno mi portate un po’ di vita…” disse l’uomo arrivato per ultimo “… comincio prima con questa!” E prese con sé la ragazza. Questa urlava e si dimenava, ma la presa di quell’uomo era troppo forte. L’uomo e la ragazza allora si allontanarono, tra le urla disperate di quest’ultima. “Andiamo…” mormorò uno dei carcerieri a Chantal. La condusse così in una buia ed umida cella. “Sei credente, vero?” Fissandola il carceriere mentre la rinchiudeva in quella cella. “E noi ti mostreremo l’Inferno.” Aggiunse per poi abbandonarsi ad una grottesca risata. Un attimo dopo Chantal era sola nelle tenebre di quella prigione. |
“Ricominciare?” Ripeté Tyler fissando Melisendra. “Ricominciare cosa? Sono qui, per tua stessa volontà, come tua guardia del corpo. Devo occuparmi del castello e assoldare uomini per la sua sicurezza.” Fissò le luci della piazzetta. “Ma tranquilla… farò appieno il mio dovere…”
Ad un tratto qualcosa finì proprio davanti ai piedi di Tyler: era una spada di legno. La raccolse e la fissò. “Posso riaverla, signore?” Avvicinandosi un bambino. “Tu sei il Giglio Verde?” Fissandolo Tyler. Il bambino si illuminò tutto e sorrise. “Si, sono io!” “C’è posto per me nella tua banda?” Il bambino arrossì e cominciò a ridacchiare. “Dico sul serio…” continuò Tyler “… voglio entrare nella tua banda.” “Dovete però lasciare qui la vostra fidanzata…” fece il bambino indicando Melisendra “… le donne non possono entrare nella banda.” “Credi sia la mia fidanzata?” “Beh, vi tenete per mano…” “Quando diventerai grande” disse Tyler “allora capirai che le donne, per ottenere quel che vogliono, riescono a farci credere qualsiasi cosa.” “Alain, vieni!” Chiamarono da lontano gli altri bambini. “Ora devo andare…” mormorò il piccolo. “Dimentichi la spada…” disse Tyler. “Tenetela voi, messere.” Rispose il piccolo mentre si allontanava. “Così vi difenderete dalla vostra fidanzata.” Tyler allora fissò Melisendra e sorrise sarcastico. “Vieni…” disse alla ragazza “… ti offro da bere… anche se non sono il tuo fidanzato…” Ed entrarono nella locanda. |
Blasfemie,urla,risa..
Ce n'era abbastanza perchè Chantal rompesse il suo silenzio. Quali parole? Quale preghiera? Sgranò gli occhi a sapersi inutile,a sapersi incapace verso se stessa e quelle sue compagne. Si,compagne.Dividevano luoghi,terrore,paura,disperazione e,probabilmente,anche la dannazione. Fu condotta quasi sollevata in peso in quella cella,nonostante il tentativo di dimenarsi,e l'assordante rumore di violenza che ancora le riempiva i sensi non le facevano percepire il silenzio della sua solitudine in quell'angusto e tetro luogo. Era debole,sporca,col volto rigato dal sudore,dal bistro colato,e i suoi capelli..oramai le cadevano sul viso come il velo del lutto. Il buio generava nella sua immaginazione inquietanti immagini,e l'eco delle grida di quelle donne la tormentavano. Si portò le mani sui seni,poi lungo le gambe,aveva paura di quello che le avrebbero riservato. Pianse la sua condizione di donna,la sua femminilità,la sua debolezza. Si accostò ad una parete con la schiena ,era esausta,tanto da stentare a reggersi sulle gambe,ma non cedeva,non permetteva a quella stanchezza di lasciare che si abbandonasse alla nuda pietra.Si sorresse alla parete,e lì immaginò il suo inferno,l'inferno riservato alle donne,forse non meno cruento di quello adottato per gli uomini,ma un inferno umiliante,terribile,disumano che avrebbe attraversato le sue carni,mortificandole,violandole. E lì,poggiata ad una parete,rimase con gli occhi sempre vigili,aperti,sgranati come chi non è più capace di richiuderli neppure dinnanzi alla morte. |
“Si, lo so…” disse una voce a Chantal “… il dolore… questo mondo è solo dolore…” sospirò.
Si intravedeva la sua sagoma nel buio della cella. “Li senti?” Indicando ciò che li circondava. “Gridano… ogni cella di questa fortezza è un girone degli inferi… tutti gridano e maledicono se stessi… i più disperati maledicono anche Dio… già, Dio… dicono che soffra con tutti i suoi figli… qualcuno dei prigionieri afferma di averlo visto… torturato, insultato e poi giustiziato… ma io non l’ho veduto mai… no, Dio non arriva in questo luogo… questa fortezza è stata fatta a somiglianza dell’Inferno… e Dio non giunge mai all’Inferno…” |
Chantal trasalì.
"Chi sei?Dove sei?Non riesco a vederti!" Cercò nel buio,Chantal,ma era così accecata dalla paura che non vedeva. Iniziò a vorticare,si strinse la testa tra le mani. "Rispondi,ti prego!" Ripetè con convulsione la ragazza. Respirava con affanno,vedeva solo violenza con quei suoi occhi che non cercavano un solo momento di riposo,tanto che non scindeva più tra le immagini della sua mente e quelle reali. Prese a muoversi tastando la parete,ma tremava,le sue mani non sentivano nulla sotto i polpastelli,erano irrigidite,rese insensibili dal freddo,camminava con la schiena contro le mura,e poi,un umprovviso senso di calore la disarmò. Pur non vedendo,aveva la sensazione che vi fosse un corpo vicino a lei,udiva il respiro spezzare quell'umidità.Ma,forse,il terrore la stava rendendo folle. |
"D'accordo..." mormorai prima di entrare nella rumorosa locanda, "Ma non ti ho mai fatto credere di essere il mio fidanzato... avevamo stretto un patto, mi pare... vivere, senza porci troppe domande. Ma dovresti sapere che tengo a te più che a chiunque altro."
Entrai. |
Tyler e Melisendra entrarono così nella locanda.
L’ambiente appariva gaio e spensierato. I due si sedettero ad un tavolo ed ordinarono del vino della casa. Tyler fissava il mare da una delle finestre. Ad un tratto apparve la luce di una delle navi che attraversavano la Manica. “Quella nave giunge dalla Francia…” mormorò mentre sorseggiava il vino dal suo bicchiere “… chissà come sarà il tempo laggiù… forse a quest’ora dormono… e questa notte sembra tanto lunga da apparire eterna… forse è notte ovunque in questo momento…” Restarono a quel tavolo per un po’. Poi Tylere fece segno a Melisendra di voler uscire. Passeggiarono allora sul piccolo molo. Il mare appariva calmo, forse troppo, ed avvolto da una leggera nebbia. “Eh… sono notti come queste che la Satrapia attraversa il canale…” mormorò all’improvviso qualcuno. Era un vecchio pescatore che cuciva una rete. “E’ la vostra nave?” Chiese Tyler. “Non siete di queste parti, vero?” Sorridendo il vecchio. “No… l’avete capito dall’accento?” “Non solo…” “E da cosa?” “Beh… non conoscete la Satrapia.” “E’ talmente famosa da queste parti?” Domandò incuriosito Tyler. “E’ famosa ovunque…” fissandolo il vecchio “… è la nave del Giglio Verde…” |
Mi si illuminarono gli occhi. Non potevo credere alla mia fortuna.
"Dite davvero?" domandai al vecchio. "Immagino che se è così, non dovrò andare troppo lontano..." mormorai a Tyler. "Pensate sia possibile accedere a quella nave?" |
“Sembra che questo luogo echeggi di quel nome…” mormorò Tyler “… ad ogni passo pare esserci qualcosa che richiami il Giglio Verde…”
Il vecchio sorrise. “Salire sulla Satrapia?” Ripeté fissando Melisendra. “Ma questo è impossibile… a meno che non sia lui stesso a volerlo… ma perché tenete tanto a salire su quella nave, milady?” |
"Diciamo... per dovere di ospitalità..." il mio viso si illuminò "visto che ormeggia nel porto del feudo di Trafford Bridge, che è stato di mia madre, Loyanna di Wendron."
Mi sporsi verso il molo. La brezza era calata. La nave appariva maestosa mentre la nebbia la accarezzava. "Tyler, forse è destino, no?" Mi voltai verso di lui e sorrisi. |
Intanto, in un luogo posto forse lontano da tutto, Gaynor si trovava in compagnia di quel misterioso uomo.
“Spero vi piaccia la cucina orientale…” disse alla ragazza “… possiede dei sapori molto forti, intensi e contrastanti… sapete che la maggior parte del giorno un mussulmano la trascorre pregando? Buffo, no? Voi e i vostri compagni odiate tanto la Fede religiosa, mentre invece loro non riescono a farne a meno… non avete sete?” Indicando i diversi liquori sul tavolo. “Io ne adoro i colori… questo, ad esempio… è verde come la giada e si dice faccia innamorare… quest’altro invece è rosso come un tramonto dopo una tempesta… pare aiuti a sognare ciò che più si desidera… quello giallo invece… si dice causi morte apparente…” Ad un tratto entrò un servitore e sussurrò qualcosa all’orecchio del misterioso uomo mascherato. “Ora devo lasciarvi, milady…” alzandosi dalla tavola “… ma voi continuate pure a mangiare… i miei servitori vi custodiranno come nemmeno gli uomini di Re Salomone seppero fare con la regina di Saba… qui siete la padrona e loro vi obbediranno in tutto, esaudendo ogni vostro capriccio… chiedete e tutto vi sarà concesso… tranne, ovviamente, la libertà… a presto, milady…” ed uscì. Raggiunse allora una piccola stanza dall’altra parte del corridoio e qui trovò altri suoi fedeli. “Non c’è tempo…” disse “… devo tornare a Camelot… la nave è pronta?” “Si, mio signore.” Rispose uno dei suoi. “Avete preparato il tutto per il mio prossimo travestimento?” “Secondo i vostri ordini, padrone.” “Salpiamo subito allora.” Ordinò. http://www.poiskkino.com/uploads/pos...k3c5enki10.png |
Il vecchio smise di cucire la sua rete.
“Voi siete…” mormorò fissando Melisendra “… la figlia di lady Loyanna?” “Si, buon uomo.” Annuì Tyler. “Ella è la padrona di questo feudo.” “Oh, ma allora è un gran giorno questo per noi…” sorridendo il vecchio “… guardandovi ora, mi accorgo che siete bella quanto lei…” “Voi avete mai visto il Giglio Verde?” Chiese Tyler. “Egli non mostra mai lo stesso volto.” “Perché ha deciso di intraprendere questa lotta?” Fissandolo Tyler. “Magnus non è neanche il suo paese… non comprendo… perché?” “Perché altri non possono.” Rispose il vecchio. Una luce apparve all’orizzonte. “La vita è come un porto…” canticchiò il vecchio “… e noi siamo come tante navi…” “Noi lo stiamo cercando…” lo interruppe Tyler. “Lui lo sa.” “Chi siete voi?” Domandò Tyler. “Solo un vecchio pescatore.” Sorridendo il vecchio. “Forse sarà meglio tornare al castello…” disse Tyler a Melisendra “… si è fatto tardi…” |
"Immagino che sarebbe inutile cercare di salire sulla nave senza il suo consenso..." scrutai dubbiosa il ponte della Satrapia.
"Potreste..." esitai "Potreste fargli sapere che Melisendra du Blois vorrebbe incontrarlo? Scelga lui il luogo adatto... che sia la sua nave o il castello dei Wendron." Scrutai gli occhi chiari del vecchio che sedeva incurvato di fronte a me. "Siete molto caro a ricordarvi di mia madre..." Depositai una moneta nel suo paniere malconcio. "Andiamo, Tyler... avete ragione... è tardi e domani sarà un'altra lunga giornata." Mi coprii col cappuccio del mantello e mi diressi nuovamente verso la piazzetta. Montai a cavallo e lo spronai. |
Il vecchio pescatore sorrise ed annuì a quelle parole di Melisendra.
Poi la ragazza, insieme a Tyler, montò a cavallo e ritornò al castello. Qui i due trovarono ad attenderli il fedele Gerard. “Milady, siete attesa…” disse il guardiano “… c’è un prete che chiede di voi… dice che lo stavate aspettando…” Fece allora strada e accompagnò Melisendra all’interno del castello. E qui la ragazza trovò il chierico. http://www.wearysloth.com/Gallery/ActorsC/2973-3920.jpg |
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