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Quando l'uomo misterioso le tolse via il lenzuolo dal corpo, Gaynor temette il peggio e calde lacrime cominciarono a scorrerle lungo le guance, silenziose al punto da passare inosservate al buio della stanza. Quando poi sentì una veste scivolarle addosso, riprese a respirare normalmente e pian piano si lasciò ammaliare suo malgrado dalla bellissima voce dello sconosciuto, che le stava parlando con tono suadente di schiave e sultani...
C'era qualcosa in lui che la fece persuadere di non essere in pericolo, non avrebbe saputo dire cosa, ma d'un tratto capì che non le avrebbe fatto del male. Citazione:
"Milord, ad onor del vero posso dire di non essermi mai trovata in una simile condizione... nessun uomo ha mai osato tanto con me ed il mio cuore non ha ancora mai palpitato per alcuno, ma una volta rivelata la vostra identità, mi sento più al sicuro nuda in questa stanza che vestita di un'armatura a Magnus. Vi supplico di credere alla mia buona fede quando vi dico di essere un'alleata e non una nemica e, visti i vostri successi nel contrastare i folli piani di De Jeon e Missan, mi rimetto completamente a voi e a quel che riterrete opportuno per me. Avete dimostrato saggezza e coraggio ed io voglio esservi d'aiuto. Il coraggio non manca neppure a me, per la saggezza ho ancora molto da imparare, ma potete addurlo alla giovane età e alla mancanza d'eperienza. Ho passato quasi tutta la mia vita sui libri, circondata dalla mia famiglia e dai miei amici che hanno sempre fatto di tutto per preservarmi dalle insidie del mondo. Come sia cambiato tutto questo non ne ho idea, e non vi nascondo che il mio cuore è colmo di pena. Ciononostante, non posso più sentirmi parte dei loro piani, non posso e non voglio più condividere il loro folle progetto di un regime di sangue... Vi prego, permettetemi di sposare la vostra causa..." Queste furono le parole di Gaynor, prima di prendere la mano dell'uomo misterioso fra la sua e stringerla forte. |
Non mi accorsi di quanto tempo avessi dormito, infatti mi svegliaì alle prime luci del tramonto che penetrarono dalla finestra della stanza e dissi tra me: "ma da quanto tempo non dormivo così" mi sentì veramente sollevato dopo questa lunga dormita. Presi le mie cose e scesi giù alla locanda per mettere qualcosa di caldo nello stomaco. La città era più viva che mai, sentivo risate,chiacchiere di paese e donzelle che parlando tra di loro stavano decidendo come vestirsi a festa, chissà cosa animasse tutto ciò mi affacciaì dall'uscio della locanda e vidi che una compagnia errante preparava il palco per esibirsi, ne fui subito rapito tanto è vero che mi avvicinaì ad essa e lì rimasi. Ho sempre sognato vedere,conoscere.....e perchè no recitare in una compagnia errante...sembravo un fanciullo sognatore che soltanto per aver ottenuto una spada finta ed un mantello da cavaliere si sentiva il padrone dell' universo, ma purtroppo il mio destino era un altro. Rimasi nel piazzale e osservaì con dedita e fulgida preparazione i preparativi.
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Le loro immagini riflesse in quelle acque limpide e trasparenti.
Il dolce scorrere di quella fonte, i mille riflessi scintillanti che luccicavano sulle levigatissime e bianche pietre, la statua di Venere quasi a benedire l’incanto che avvolgeva i due innamorati. Tutto appariva perfetto. Carrinton accarezzò prima il volto, poi il collo della bella Altea. La mano del nobile si perse nei morbidi e profumati capelli di lei. Poi la baciò. Un bacio appassionato, intenso, fatto di sospiri e dolci sapori. Quello scenario paradisiaco sembrava chiudersi per proteggere i due amanti. “Arriverei in capo al mondo” disse Carrinton ad Altea “pur di guadagnarmi il diritto di averti come moglie…” la fissò e sorrise “… chiederò a tuo padre di concedermi la sua gemma più preziosa, con tutti i suoi sogni e desideri… ed il mio unico impegno sarà quello di realizzarli tutti e renderla felice…” la baciò di nuovo. Un lieve e piacevole vento, dolce e musicale, si alzò sullo stagno. Penetrando nella luce di quel Sole d’Ottobre, sembrava fare l’amore con i bagliori che scintillavano attraverso le foglie degli alberi. Poi l’aria fresca della sera. I due amanti risalirono a cavallo e lui avvolse lei nel suo caldo abbraccio ed entrambi nel suo prezioso mantello. Poi galopparono via. Carrinton condusse Altea al palazzo di lady Kate. “Raccogli tutte le tue cose…” le sussurrò “… scriverò a tuo padre, chiedendogli la tua mano… e manderò poi i miei servi a prenderti, per farti condurre al mio palazzo…” la baciò di nuovo e poi ritornò nella sua dimora. Il nitrito del cavallo aveva destato coloro che abitavano nel palazzo. Subito fu informata lady Kate, che raggiunse così all’ingresso Altea. “Bentornata, baronessa!” Salutandola. “Spero abbiate trascorso una bella giornata. Con noi vi è anche lady Brianna…” indicando la damigella “… era venuta qui perché desiderosa di incontrarvi, baronessa.” |
Arrivammo a palazzo di Lady Kate, difficile era togliersi dal caldo tepore che riscaldava il mio cuore e sorridendo risposi al milord "Sappiate che Lord O' Kenninghton è molto severo, ecco da chi ha preso la sua dolce pupilla".
Aspettai che il milord sparisse dalla mia visuale, e salii in dimora e trovai Lady Kate che con il suo dolce sorriso mi avvisò dell'inaspettato arrivo di una amica d'infanzia, Lady Brianna. "Lady Kate, mi date una meravigliosa notizia, dove si trova la mia cara amica? Oggi il destino è dalla mia parte, soprattutto per quanto riguarda Lord Carrinton, ho una sorpresa per voi" dissi guardando la dama, la quale mi guardava maliziosamente. Sembrava carpire i miei pensieri. |
“Lady Brianna è qui, baronessa.” Disse lady Kate. “E non vedeva l’ora di rivedervi. Avete belle notizie?” Sorridendo con una punta di malizia… oh, baronessa… non oso immaginare… o meglio… credo sia quasi fiabesco ciò che sto immaginando ora… ma vi prego… non teneteci sulle spine… rivelateci cosa rende così luminoso il vostro sguardo…”
E le tre dame si accomodarono nel salone del palazzo di lady Kate. La nobildonna e Brianna attesero così di udire dalla bocca di Altea il motivo della sua felicità. |
Parsifal era tornato alla locanda.
Il frastuono però della Camelot notturna, tra balli, canti e qualche saltimbanco, l’aveva destato dal suo riposo. Ad un tratto udì delle voci. “Ehi, voi!” Lo chiamò qualcuno. “Si, dico a voi, messere! Dite, vi andrebbe di giocare un po’ ai dadi con noi? Vedete, stiamo aspettando che giunga il segnale da parte di uno dei nostri, per recarci tutti al porto. Abbiamo dunque necessità di ammazzare il tempo.” Erano alcuni zingari, dagli occhi dipinti e dai pittoreschi abiti, che giocavano ai dadi nella locanda. |
Abbracciai Lady Brianna "quanto tempo, sono cosi felice di vedervi, proprio in questo momento. Ricordate quando corravamo nelle brughiere e facevamo arrabbiare le nostre governanti?"
Ci accomodammo nel salotto di Lady Kate, le due dame mi fissavano impazienti e iniziai a soddisfare la loro curiosità "Sembra ci sarà un matrimonio presto, qui a Camelot. Dicono che Lord Carrinton voglia sposarsi, anzi ne è proprio convinto e si è dichiarato alla sua bella dama, con estremo romanticismo" annuii sorridendo. |
Intanto, Cavaliere25 si trovava nella chiesetta insieme a sir Hagus.
“Una figura?” Ripeté l’uomo. “Di quale figura parlate?” Chiese al giovane servitore di Missan. “Forse il nostro giovane viandante” avvicinandosi ai due la monaca “sta cercando padre Tommaso…” si voltò poi verso Cavaliere25 “… perché lo state cercando, messere? Vi occorre forse qualcosa?” Domandò al giovane. |
“No, non posso crederci!” Esclamò sorpresa lady Kate. “Lord Carrinton vuole sposarsi? Ma… ma lui non ha mai mostrato alcun interesse verso nessuna dama di questo reame, dopo… si, insomma… dopo la tragica scomparsa di sua moglie…”
“Eh, si vede allora che il nostro bel nobile ha incontrato una donna davvero speciale.” Disse lady Beth, la sorella maggiore di lady Kate. La donna era appena arrivata e subito, incuriosita dai discorsi che stavano facendo Altea, Kate e Brianna, si unì alle tre dame. “Ma questo è un evento epocale!” Sempre più sorpresa Kate. “Su, baronessa…” fissando Altea “… non teneteci sulle spine… voi conoscete il nome di questa misteriosa dama che sembra aver rapito il cuore di uno degli uomini più ambiti del nostro reame?” |
Monsieur si sfilò la camicia, nonostante buona parte di essa fosse ormai praticamente attaccata alla ferita.
Questa causava un dolore quasi insopportabile al misterioso compagno di viaggio di Elisabeth. Brandelli di pelle erano venuti via con la camicia ed il pericolo di un’infezione era concreto. “Non andate tanto per il sottile, madame…” mormorò Monsierur “… sono abituato al dolore fisico…” il petto nudo e sudato aveva tutti muscoli contratti, mentre la ferita continuava a sanguinare “… avanti… sono pronto…” aggiunse per poi mettersi in bocca un pezzetto di legno da stringere tra i denti. |
Lord Tudor ringraziò Rodolfo, per poi salutarlo.
Ma prima di congedare definitivamente il cavaliere, gli affiancò un suo fedele servitore. “Questi è Iwane…” disse il duca a Rodolfo “… è un mio servo fedele… è giunto oggi dai miei territori del Nord e nessuno a Camelot lo conosce… egli vi scorterà fino al palazzo dove alloggia Missan… potete fingere, per non destare alcun tipo di sospetto, che Iwane sia vostro servo, o vostro scudiero. Decidendo il suo ruolo, insomma, in base al vostro piano, messere. Se invece ritenete che agire da solo vi assicuri maggiori vantaggi, allora, una volta giunto al palazzo di Missan, rimanderete indietro Iwane.” Così, Rodolfo e Iwane lasciarono il palazzo del Belvedere e presero la via verso il palazzo dell’ambasciatore. Ad un certo punto una lussuosa dimora prese forma nella boscaglia che circondava Camelot. “Ecco, milord…” indicò Iwane a Rodolfo “… quello è il palazzo dove dimora l’ambasciatore.” http://farm2.static.flickr.com/1218/...fd84dea304.jpg |
Tornaì verso la locanda, di colpo la mia attenzione fu scossa dalle voci di un gruppo di persone che mi chiamava ad unirmi alla loro compagnia, erano degli zingari, giocavano a dadi e mi chiesero con garbo di giocare con loro. Non sapevo se fidarmi, questi uomini giocavano ai dadi un gioco alquanto rischioso per la propria borsa. Li ringrazaì dell' invito, ma preferivo rimanere in disparte ad osservare e studiare le pagine del manoscritto che avevo recuperato da Dudek e riportaì su di un foglio l'affresco di San Giorgio presente nella chiesa della città. Sareì ritornato lì il giorno seguente con la speranza di poter incontrare Sir Hagus e chiedergli delle informazioni sulla Chiesa e sul pendaglio che portavo al collo; gettando la coda dell'occhio sulla mia sacca di denari, studiaì quel libro e l'immagine di San Giorgio.
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La carrozza condusse così Missan ed il suo fedele capitano Lancelot, attraverso la fitta e lussureggiante boscaglia che avvolgeva quelle terre.
Missan appariva nervosa ed ansioso. Gettava rapide e furtive occhiate dal finestrino della carrozza, mentre il cielo si addensava sempre più di alte e sottili nuvole. “Un chierico…” mormorò all’improvviso, mentre il suo sguardo si spostava rapidamente dal finestrino al volto di Lancelot “… un chierico… ricordo perfettamente il suo volto… e quei suoi penetranti occhi azzurri… giunse inaspettato e mi fece quello strano discorso, dove affermava di essere addirittura il confessore del Giglio Verde… si presentò come Presbitero Tommaso… poi svanì nel nulla, proprio sotto i miei occhi…” una smorfia indecifrabile mutò l’espressione del suo volto “… appena vi sarà possibile, capitano, indagate su quel chierico… e rammentate bene quel nome… Presbitero Tommaso…” La carrozza giunse così presso una vecchia casa nobiliare abbandonata nel cuore del bosco. Solo il vento sembrava dimorarvi. “E’ strano…” guardando fuori dalla carrozza Missan “… non è mai giunto in ritardo il nostro uomo…” Ad un tratto si udì qualcosa. Un attimo dopo un’altra carrozza giunse nello spiazzo davanti alla vecchia casa nobiliare. “Eccolo, è lui.” Disse Missan. “Venite…” facendo segno a Lancelot di seguirlo. |
“Avanti, di cosa avete paura, messere?” Disse lo zingaro a Parsifal. “Non vi va di giocare con noi?” E risero forte.
“Eh, non ci sono più gli uomini di una volta!” Esclamò una donna che si intratteneva con loro. “Una volta i cavalieri affrontavano draghi, oggi invece, a quanto pare, hanno anche paura di lanciare dei dadi!” “Su, soltanto qualche tiro, amico mio!” Disse un altro di loro. “Sceglierete voi la posta in palio, su!” “Ehi, non voglio disordini qui dentro.” Giungendo il locandiere con del vino per quegli zingari. “Bevete, pagate e poi andatevene.” “Ehi, non sembri molto cortese, mio buon locandiere!” Fissandolo colui che sembrava il più sveglio fra quegli zingari. “Non sai che i clienti vanno trattati con i guanti?” “Insomma, volete giocare oppure no?” Fece la donna fissando Parsifal. “O avete davvero paura di far rotolare due dadi?” |
Un’ombra.
Gaynor aveva davanti a sé solo un’ombra, che sembrava confondersi in quell’indefinita penombra che rendeva surreale e quasi fiabesco quel luogo. “I vostri dubbi sul regime ateo e sanguinario dei vostri compagni repubblicani vi fa onore, milady…” disse il misterioso Giglio Verde “… ma, vedete, quando si decide di abbandonare, come ho fatto io, il mondo dei vivi, le loro passioni, i loro sogni, beh, allora il nostro animo assume le fattezze dell’Oltretomba e tutto ci appare scuro, torbido, indegno… sono come un Orfeo che scende nell’Ade senza però avere la volontà di trarre con sé alcuna Euridice… o anche come un Oreste senza timore alcuno della giusta ira delle Erinni…” I suoi occhi. Brillavano in quell’incerta penombra che sembrava scivolargli addosso, come una fedele compagna, con la volontà di celare il suo volto allo sguardo di Gaynor. Forse davvero quell’uomo giungeva dall’Oltretomba. Forse non era più neanche un uomo, ma uno spettro. “E questo mi ha reso indifferente verso i miei simili…” continuò “… indifferente ai loro dolori e alle loro debolezze…” sorrise lievemente “… non avete mai amato alcuno, dunque? Io invece vi ho rinunciato… l’ho fatto quando ho patteggiato con l’oscurità… non ho dato come pegno la mia anima, come fece Faust… l’anima non ci appartiene… ho barattato invece il mio volto… per cosa? Ma per averne altri mille, milady. Mille volti, mille maschere, sotto cui celare i miei intenti… così posso essere un marinaio, un cavaliere, un prete, un mendicante, persino un Ginestrino, sapete? E voi invece? Chi siete? Forse una novella Giuditta? Giunta qui per prendere la mia testa?” Rise. “Dovrei dunque credere alle vostre parole, mia bella Sherazade? Vi catturo su di una nave colma di Ginestrini… con una lettera affidatavi da Missan per il vostro capo De Jeon… e poi mi dite di provare disprezzo per il vostro regime? Sapete cosa conteneva quella lettera? Nomi… nomi da dare in pasto al boia… come Caronte voi traghettavate quelle anime verso il peggiore dei gironi infernali… no…” sussurrò “… non posso fidarmi di voi… se da questa fiducia che chiedete dipendesse solo la mia vita, allora lo farei… ma vi sono in ballo tante altre vite, milady… e non posso rischiare…” In quel momento entrò qualcuno e la stanza si illuminò quasi per magia. Erano due servitori di razza araba con vassoi ricolmi di varie pietanze, acqua, vini e liquori. I due recavano con loro anche diverse specie di piante e fiori di esotiche forme e fragranze. Apparecchiarono il tutto, abbellendo la tavola anche con quelle piante e quei fiori, per poi ritirarsi. Ora la stanza era illuminata ed anche il misterioso Giglio Verde era tornato ad essere visibile agli occhi di Gaynor. E ancora quella maschera copriva il suo volto. “Siete mia ospite…” disse lui invitandola a sedersi “… o forse dovrei dire mia schiava, mio ostaggio… ma spesso, come vediamo ne Le Mille e una notte, le prigioni possono essere dorate… posso avere l’onore della vostra compagnia alla mia tavola, milady?” http://blu.stb.s-msn.com/i/67/C456AC...F89A98EE57.jpg |
Ad un tratto arrivò Lady Beth e si sedette vicino alla nobile sorella, vidi le tre dame davanti a me scrutarmi in modo curioso, la scena sembrava alquanto ridicola ma mi trattenni dal sorridere: "Orbene, il milord come infatti sostiene Lady Kate per molto tempo fu catturato dagli spettri del passato, sembra quasi un incantesimo si fosse destato sopra lui e tutti gli abitanti della dimora" le tre dame si fecero più vicine con in mano un buon liquore aromatico "poi arrivò un vento, un vento forte a scuotere i suoi sentimenti e nello stesso tempo un sole caldo a scaldare il suo cuore come un cielo bizzarro...d'Irlanda. E fu cosi che dopo vari tentennamenti, ma non certo quelli dettati dal cuore, ma per paura di subire altro dolore il milord si fece trascinare da questo vento impetuoso e sulle rive di un laghetto chiese a una dama di nome Altea di divenire sua moglie". Sorrisi, vidi le tre dame a bocca aperta guardarsi tra loro. E mi ritrovai stretta tra le braccia di Lady Kate.
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si è un uomo che mi a detto che era una delle statue di questa chiesa dissi devo parlargli assolutamente è una cosa importante devo avere delle risposte su un foglio che ho trovato in una bibbia che presi di qui senza permesso e aspettai una risposta da uno dei due
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"Presbitero... Tommaso..."
Ripeto lentamente il nome rivelatomi da Lord Missan, come per imprimerlo con forza nella mia memoria. Un chierico, dice. Effeminati, lenti e rammolliti, tali si presentano. Non è gente che sparisca nell'ombra, o che sia capace di furtività. A meno che... Improvvisamente la mia mente corre a ciò che si racconta sulla fondazione di Camelot, su una fede basata su una commistione di mistica cristiana e di liturgie dell'antica religione... I primi sacerdoti erano un po' maghi e un po' servi di Dio, e forse lo sono ancora... "Lo staneremo, mio signore." L'incedere di una seconda carrozza si palesa con forza attraverso il rumore di zoccoli e ruote sul selciato. Sembra che il nostro appuntamento sia infine giunto. Il mio signore si appresta a scendere dalla nostra carrozza, e io gli sono subito dietro. |
Notaì che con insistenza questi zingari volevano per forza farmi giocare... sinceramente fui molto colpito dalle parole di quella donna che insinuava la mia incapacità di non saper affrontare i pericoli, cosa ne vuole sapere lei di tutto quello che ho patito per giungere sin qui. La rabbia stava insinuandosi nel mio cuore avreì voluto estrarre la spada per farle assaggiare di quanto sangue si sia macchiato, ma il mio codice e gli insegnamenti del mio maestro mi tornarono alla mente e tranquillizaì il mio spirto. Non avreì voluto allontanarmi dai miei studi e dal mio lavoro, ma per farle rimangiare ciò che aveva detto decisi di partecipare. La posta sarebbe stata 5 scellini a condizione che si sarebbe giocata una sola mano. Non adoravo questi giochi.
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Prima di congedarlo, Lord Tudor assegnò a Rodolfo un suo fedele servitore affinchè lo accompagnasse al palazzo dove era alloggiato il ginestrino Missan,e ne potesse poi disporre a sua discrezione, attribuendogli un ruolo nel suo piano oppure lincenziarlo una volta giunto a destinazione.
Una volta lasciato il Belvedere, in sella al suo Albios, Rodolfo ebbe modo di conversare con Iwane anche per stabilire insieme il da farsi, una volta raggiunta la meta: " Iwane, la tua guida mi è assai preziosa. Più esitante sarebbe stato,altrimenti, il mio incedere. Quanto però al cosa fare,una volta raggiunto il palazzo, credo che la cosa migliore sia che tu non mi segua all'interno. Ti prenderai cura dei nostri cavalli,attendendo il mio ritorno nella locanda più vicina,badando bene che sia munita di una valida stalla dove poterli strigliare, rifocillare e far riposare. Alle spese ci penserò io." Concordato ciò, proseguirono la loro marcia, pressochè senza proferire verbo, lungo vie e vicoli interni a Camelot e boscosi sentieri dell'intorno,finchè si ritrovarono a pochi piedi dalla poderosa porta in mattoni,oltre la quale si poteva scorgere il caldo rosso delle tegole e la sobria pietra vista delle pareti di una lussuosa dimora che Iwane gli indicò essere il palazzo verso il quale erano destinati. Ringraziatolo per la sua sicura guida e ricapitolato quanto si era precedentemente stabilito, smontò dal suo cavallo,lo affidò a Iwane,e mentre questi si allontanava, s'incamminò, con passo deciso,verso la porta dove una guardia gli intimò di fermarsi,quindi, di presentarsi e dichiarare cosa lo aveva spinti fino a lì. Prontamente Rodolfo rispose all'intimazione e al domandar dell'uomo: " Ave! Il mio nome è Flavio Petrucci e vengo da Roma." Girando gli occhi all'intorno,come ammirato dalle bellezze che lo circondavano, proseguì dicendo: " Mi è stato riferito da miei fidati informatori di oltre Manica, di sincera fede repubblicana" Interruppe poi,di colpo,corrugando la fronte, il suo parlare con un borbottio, " Ahimè, a Roma per ben due volte il popolo ha sollevato il capo per abbattere la tirannide del papa re e restaurare le antiche gloriose istituzioni repubblicane, e per due volte ha visto infrangersi il suo sogno sotto i colpi mortali delle spade" Ricomposto il volto,riprese quindi il suo discorso dicendo: " Mi è stato riferito,dicevo, che qui avrei potuto trovare Sua Eccellenza, messer Missan, illuminata guida e ambasciatore della Repubblica di Magnus, la cui fama di eroismo e virtù è giunta fino nella lontana Urbe". Mentre parlava, quell'uomo non smetteva di fissarlo in cagnesco, squadrandolo da capo a piedi. Solo dopo che ebbe concluso la sua presentazione, voltò lo sguardo verso l'interno, lanciando un sonoro fischio al quale gli corse incontro un giovane garzone, cui ordinò di avvisare il maggiordomo della visita, affinchè quest'ultimo andasse ad informarne il padrone e,una volta ricevute istruzioni sul da farsi, lo raggiungesse per riferirgli quanto gli fosse stato ordinato. |
Il cane aveva causato delle ferite profonde sulla sua pelle......" venite Monsieur il fuoco nelo camino dovrebbe ancora essere acceso, e da qualche parte ci sara' pure qualche camicia.....non credo che verremo accusati di furto se prendiamo qualcosa......".....C'era una cassapanca, l'aprii e all'interno trovai vecchie coperte e due camice, non erano nuove ma sembravano pulite....presi un lenzuolo le cui toppe erano innumerevoli ma per pulire le ferite e per bendarlo andava bene......" E adesso amìco mio andiamo a darci una sistemata....prima che l'infezione faccia salire la febbre..".......ci recammo vicino al camino, sul tavolo trovai una brocca d'acqua taglia a pezzi il lenzuolo e comincia a lavare le ferite.....prima con delicatezza e poi con piu' forza...sino a togliere i residui di bava....." Mi spiace se vi faccio male ....ma e' l'unico modo per evitare il peggio......e poi siete un uomo, siete pronto alle battaglie alle sofferenzed..questo forse non e' nulla per voi......"......Una volta pulito il petto e parte della schiena, gli passai dell'unguento all'aglio.........fasciando cosi' ogni parte........" Adesso...metterete la camicia e vedrete che il peggio sara' passato.......come vi sentite Monsieur.....la botta in testa ?.....e' quella che mi preoccupa di piu' ripsetto ai graffi del cane......se vi gira la testa o avete nausea ditemelo.....e'importante........mi spiace ma non posso prepararvi nulla per colazione....in questa casa..non toccherei nulla....neanche se ci fossela tavola piu' imbandita rispetto a quella del re..........vuol dire che ilborbottio del nostro stomaco ci fara' compagnia..........e adesso...usciamoda qui..e' stata una notte lunga.......e piena di sorprese.....per me e' stato un bel banco di prova...."........aiutai Monsieur ad allacciarsi la camicia e a mettersi il mantello ..la fasciatura gli impediva i movimenti......presi il mio mantello e la borsa....e una volta fuori di casa.....andai a cercare i cavalli....
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Ci fu un forte stupore attorno ad Altea.
Le sue parole avevano causato incredulità e poi meraviglia. “Oh, baronessa!” Esclamò lady Kate, per poi abbracciare commossa Altea. “Questo è davvero un miracolo! Nessuno qui a Camelot potrà crederci! Lord Carrinton si sposerà di nuovo e lo farà proprio con voi, amica mia!” Anche lady Beth, ripresasi dalla sorpresa, si congratulò con Altea. “Diteci, milady…” disse “… come ci siete riuscita? Come avete fatto a conquistare il cuore di lord Carrinton?” “La baronessa non è una donna comune…” sorridendo lady Kate “… e comprendo benissimo la scelta del nobile Carrinton di volerla come moglie!” “Ora però si dovrà organizzare un matrimonio degno di questi bellissimi sposi!” Esclamò lady Beth. “Naturale.” Annuendo lady Kate. “Un matrimonio al quale parteciperà tutta Camelot.” |
Missan e Lancelot si avvicinarono alla carrozza appena giunta.
Al suo interno vi era un uomo avvolto in un nero mantello e con un cappuccio a celargli il capo. “Oggi vi siete fatto attendere…” disse Missan, mentre dal cielo scuro cadeva senza sosta un’insistente pioggia. “Non ho molto tempo…” mormorò l’uomo nella carrozza “… chi è l’uomo che vi segue?” “La mia guardia del corpo, il capitano Lancelot.” Rispose Missan. “State tranquillo, è un mio fedelissimo.” “Lo spero per voi.” “Per noi.” Precisò Missan con uno strano sorriso. “Come dicevo, non ho molto tempo…” “Vi ascolto.” Annuì Missan. “Ormai ne sono certo…” disse l’uomo nella carrozza “… sir Hagus fa parte della banda.” “E’ lui il Giglio Verde?” Chiese Missan. “Non so dirlo con precisione…” rispose l’uomo nella carrozza “… so soltanto che lui è nella banda…” “Come procederemo quindi?” “Lo faremo cadere in trappola.” “Come?” “Lo costringeremo a portarci dal resto della banda…” spiegò l’uomo nella carrozza. “Credete che anche lord Tudor sia coinvolto?” “Può darsi.” Rispose la spia. “Scopriremo anche questo.” “Siamo vicini alla vittoria…” con un ghigno Missan. “Ora devo andare…” disse la spia nella carrozza. Un attimo dopo la carrozza svanì nella boscaglia sferzata dalla pioggia. “Sir Hagus…” mormorò Missan fissando il fedele Lancelot “… forse ora il misterioso Giglio Verde ha un nome…” di nuovo quel suo inquietante ghigno “… ritorniamo al palazzo, capitano. Mi lascerete lì, per poi intraprendere le vostre ricerche su quel chierico di cui vi ho parlato.” E i due ritornarono al palazzo. |
Iwane annuì a quegli ordini di Rodolfo e portò con sé i loro cavalli.
Il cavaliere giunto da Roma poté così presentarsi al palazzo dell’ambasciatore. Qui fu portato davanti ad un uomo dalle vesti sgargianti e dallo sguardo che non sembrava palesare emozioni. “Sono Raos, il servitore di sua eccellenza l’ambasciatore Missan.” Disse. “Egli ora non si trova qui e non so informarvi quando vi farà ritorno.” Ma proprio in quel momento si udì il rumore di una carrozza. Missan era tornato. Subito i suoi servi gli andarono incontro. “Signore…” rivolgendosi a lui Raos “… qualcuno ha domandato di voi…” indicando Rodolfo. “Chi siete voi?” Chiese Missan all’uomo inviato dalla Santa Sede. |
Medicato Monsieur, Elisabeth corse a prendere i cavalli.
Poco dopo i due ripresero il loro cammino. “Vi sono debitore, madame…” disse Monsieur “… grazie per questa fasciatura… quanto alla botta in testa, non temete… ho la testa dura!” E rise di gusto, per poi tenersi la ferita. “Forse è meglio non agitarmi troppo, almeno per un po’…” sorridendo. Proseguirono lungo la campagna, tra la pioggia che sferzava i loro corpi ed il fango in cui affondavano gli zoccoli dei loro cavalli. Ad un tratto una sagoma lontana prese forma nel buio e nell’umidità. “Ecco Ostyen, madame…” indicò Monsieur “… la città culto del regime… da quando è scoppiata la rivoluzione non ho avuto più modo di ritornarci… chissà come ci accoglierà…” E proseguirono verso la città. |
Nella locanda Parsifal accettò alla fine di giocare con quegli zingari.
Il gioco però non sorrise al cavaliere, facendogli perdere le sue 5 monete. “Avanti, non abbattetevi!” Disse lo zingaro. “Voglio essere magnanimo e darvi la possibilità di rifarvi… cosa ne dite di rilanciare? Oggi mi sento generoso… voglio puntare addirittura un Taddeo d’argento!” “E dove lo trova un Taddeo d’argento un pezzente come te?” Fece all’improvviso un uomo che aveva osservato la scena. “Cercate rogna, amico?” Fissandolo lo zingaro. “Non sono tuo amico, sporco zingaro.” Gli zingari allora si alzarono tutti dal tavolo, mostrando a quell’uomo sguardi minacciosi. Ma subito all’uomo si affiancarono due compagni armati. “Hai qualche problema, zingaro?” Domandò l’uomo. Gli zingari, davanti a quei tre uomini armati, chinarono il capo e uscirono dalla locanda. “Dimentichi qualcosa…” fece l’uomo allo zingaro “… le 5 monete che hai sottratto a questo ragazzo…” indicando Parsifal. “Ho vinto.” Disse lo zingaro. “Sono mie.” “Hai barato…” Lo zingaro allora lanciò sul tavolo le 5 monete e andò via. “Ma mi vendicherò…” mormorò uscendo. “Queste sono vostre…” disse l’uomo a Parsifal, mostrando le 5 monete. |
“Un foglio?” Ripeté Hagus, fissando Cavaliere25. “Di che foglio parlate? E poi cosa significa questa storia della statua? Forse avete bevuto, o magari solo sognato, messere. Questa è una chiesa, non un teatro.”
“Non siate duro con lui, sir Hagus…” intervenne la monaca “… mi sembra un bravo giovane… forse sta cercando padre Tommaso…” voltandosi poi verso Cavaliere25 “… se davvero cercate lui, allora vi consiglio di attenderlo qui… forse tornerà fra non molto.” |
" Non ringraziatemi...diciamo che ci siamo dati una mano.....e in quanto a testa...credo proprio che la vostra testa sia pari alla roccia......eppure per quanto dura la roccia si fa amorevolmente scalfire dall'acqua.....e voi cos a riuscirebbe a scalfirvi....".....La pioggia veniva giu' senza riserve, ero zuppa, avevo freddo e mi sentivo il naso gelido......gli schizzi di fango degli zoccoli dei cavalli avevano riempito le mie gambe.......quando seguii con lo sguardo quello di Monsieur e vidi Ostyen.......avvertii una certa angoscia nella voce di Monsieur......gli eventi non erano dei migliori e ionon p0otevo essergli di aiuto....." Monsieur se la mia persona dovesse esservi di intralcio vi prego di proseguire per la vostra strada ......vi capiro'.."
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io presi una bibbia tempo fa senza chiedere il permesso a nessuno la dovevo portare a una donna che sta in cella dissi e dentro a questa bibbia c'era un foglio con scritto una frase e devo capire cosa vuole dire quel messaggio e guardai la monaca e dissi d'accordo aspetterò qui in sua attesa
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"Come ci sono riuscita mie dolci dame e amiche? Semplicemente essendo me stessa, quando conobbi il milord non ero alla ricerca di ricchi nobili da sposare, fu il destino a farci legare, ed è per questo che questo amore è cosi nobile e puro. Sapete benissimo, Lady Kate, non sono mai stata avvezza a legarmi ai cuori dei cavalieri, tanto è vero che mia stessa madre era preoccupata per il mio futuro" risposi sorridendo.
Mi avvicinai poi a Lady Kate e la scostai in modo tale che Lady Beth non ascoltasse "Milady, Carrinton ha chiesto di preparare i miei bagagli entro stasera, scriverà una lettera a mio padre ma vuole che io nel frattempo dimori presso di lui. A dire il vero io gli spiegai che volevo rimanere presso la vostra dimora fino alle nozze, sapete mi sento un pò frastornata, ma egli insiste. E c'è qualcosa che mi preoccupa, la sua governante Angry che si trova a Carrinton Hall e non mi vede di buon occhio, temo possa congiurare contro di me. Che mi consigliate? Avete una ottima dama di compagnia fidata da poter far venire assieme a me in modo tale che possa stare tranquilla? Oppure mi consigliate di rimanere presso di Voi finchè non si celebreranno le nozze. Temo anche che il milord possa avere preso un abbaglio, e poi si possa pentire". Strinsi le mani alla dolce Lady Kate aspettando un consiglio come fosse una madre. |
Monsieur ed Elisabeth giunsero così ad Ostyen.
Ostyen. Meravigliosa, immensa, con le sue, un tempo, fiorenti chiese romaniche e gotiche. Le alte torri appartenute alla fiera aristocrazia del principato, tanto alte e maestose da voler quasi toccare il Cielo e finite oggi ad assumere l’ingrato ruolo di aridi pilastri che sostengono un firmamento nel quale i Ginestrini avevano spento ogni riflesso di divinità e luce. C’era gente ovunque. Di ogni età e razza. Assieme ai francesi vi erano ispanici, italiani, bretoni, slavi e persino qualche greco. Tutti attratti dai venti di libertà che il partito dei Ginestrini aveva fatto soffiare sull’immagine della neonata repubblica. Mancavano però arabi ed ebrei. Loro non potevano piegarsi ai comandamenti della Ragione. Loro non avrebbero potuto rinnegare il loro Dio e i Suoi Profeti. Ad ogni angolo di strada vi era un comizio, o comunque qualcuno che tentava di scaldare gli animi ed aizzare l’odio popolare contro i nobili esiliati e i chierici ancora in quelle terre, nascosti chissà dove. Questi novelli Demostene che urlavano alla folla erano perlopiù studenti, imbevuti di tutte quelle idee che avevano fatto rivoltare i Ginestrini contro il potere dell’Antico Regime. “E sia, me ne ricorderò…” disse Monsieur ad Elisabeth, non senza una punta di sarcasmo “… quando la vostra compagnia diventerà pericolosa per la mia incolumità, allora vi avvertirò, per poi abbandonarvi sotto qualche ponte, madame.” La fissò accennando un ironico sorriso. “Nel frattempo abbiate la compiacenza di calarvi nel ruolo che occorre alla nostra tranquillità… ditemi… moglie o sorella?” http://i.telegraph.co.uk/multimedia/...e_1624721c.jpg |
“Una prigioniera?” Ripeté stupito Hagus, senza distogliere mai lo sguardo da Cavaliere25.
“Santa Vergine!” Segnandosi la monaca. “Voi siete a conoscenza di un rapimento” disse Hagus “e non fate nulla? Avete avvertito le autorità? Chi è la donna tenuta prigioniera? E dove si trova? Rispondete!” Con tono aspro e severo Hagus. Nella chiesa cominciò a diffondersi un odore di incenso e i raggi del Sole penetravano, squarciando le nuvole addensate in cielo, attraverso le vetrate delle navate. E in quel mistico e austero scenario, gli sguardi delle statue dei Santi sembravano preannunciare un solenne ed assoluto giudizio su quelle terre. |
Lady Kate sorrise teneramente ad Altea.
“Baronessa…” disse “… vi parlerò come una madre… conosco lord Carrinton da tempo… egli è uomo di nobilissimi natali e purissimi valori… uomini come lui non adoperano mai con leggerezza la parola amore… io sono portata a credere che egli in vita sua solo due volte abbia pronunciato le parole ti amo...” accarezzò il bel volto di Altea “… a sua moglie ed ora a voi… ma lei non c’è più, imprigionata in un doloroso passato fatto di fantasmi e rimpianti… un passato che voi avete sconfitto, baronessa, liberando così lord Carrinton dal suo dolore… ed è per questo che egli vi ha scelto come moglie… le anime si riconoscono, mia signora…” prese allora la mano di Altea fra le sue “… però dobbiamo comunque farli un po’ penare questi uomini, non trovate? Il bel nobile vi vuole già da subito nel suo palazzo? Eh, ma lui dovrebbe sapere che per cogliere un fiore occorre attendere il momento opportuno… sono d’accordo con voi, baronessa… resterete qui, in questa casa, fino al giorno del sospirato matrimonio. Sono certa che questo renderà ancora più impaziente il bel Carrinton. Quanto alla vecchia Angry… si, conosco un po’ quella donna… era molto legata alla moglie di lord Carrinton, ma non credo costituirà un problema… ho diverse dame di compagnia che godono della mia fiducia… ne sceglieremo una che vi seguirà nella vostra nuova dimora.” “Cosa sono tutti questi segreti?” Avvicinandosi lady Beth ad Altea e Kate. “Invece di impicciarti di queste cose, dovresti darti da fare anche tu, cara sorella!” Fissandola Kate. “Bisogna far venire qui madame Fyannel, per cucire il bel abito da sposa che si sia mai visto a Camelot!” Lady Beth annuì. “Fidatevi di noi, baronessa.” Disse Kate ad Altea. “Madame Fyannel è stata la nostra Maestra di cucito e non vi è sarta migliore a Camelot. Vedrete che realizzerà per voi un abito degno delle nozze di una regina!” Fissando il bellissimo e sorridente volto di Altea. http://www.wearysloth.com/Gallery/Ac...1299-16143.jpg |
Daniel era ancora rinchiuso in quell’umida ed impenetrabile cella.
La schiena sembrava andargli a fuoco, a causa delle frustate che gli erano state inflitte e la testa gli girava a tal punto da renderlo quasi intontito. Ad un tratto lo scudiero udì dei passi, per poi vedere la porta della cella aprirsi. “Eccoti qui, gaglioffo!” Entrando un soldato. “Forse in Cielo vi è qualcuno che protegge anche i balordi come te!” E rise forte. “Oggi è il tuo giorno fortunato… lord Carrinton si sposerà presto e per celebrare il lieto evento ha ordinato la liberazione di tutti i prigionieri. Avanti…” liberandolo dalle catene “… vattene via di qua e non farti rivedere mai più.” Poco dopo, Daniel fu fatto uscire dal palazzo dei Carrinton. Era di nuovo libero. |
Le parole di Lady Kate mi rassicurarono, ma non completamente. In verità le mie paure era turbate dalla presenza del ricordo della bella Lady Semanide, temevo di non esserne all'altezza, che Lord Carrinton non l'avesse ancora dimenticata, ma ancor più temevo Angry.
Sorrisi alle due nobili sorelle "Vi sono grata per tutto questo, per essermi vicina in questo momento. Se permettete mi ritiro nelle mie stanze." Mi stesi sul letto, non riuscivo ad addormentarmi per le emozioni del giorno, poi mi persi nei pensieri e mi destai nei sogni. Improvvisamente sentii un bisbiglio, delle voci, un lontano canto e una voce soave che sembrava sussurrarmi all'orecchio, mi svegli improvvisamente con il cuore che batteva forte. Scrutai la camera vuota, solo rischiarata dal candore della luna. Un sogno? Realtà? Suggestione? |
io sono un aiutante di Lord Missan la donna si chiama Giselle pultroppo io non posso fare nulla è per questo che sono qui devo scoprire di piu su quel biglietto che c'era nella bibbia sto cercando di aiutare la donna di nascosto la donna si trova nelle prigioni del castello continuai a dire mentre guardavo la chiesa e assaporavo quel profumo
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L'uomo in nero si era presentato all'appuntamento come un condannato si presenta al patibolo. Alla ricerca spasmodica di una via di fuga inesistente.
L'odore della sua ansia frustrata aveva saturato l'aria circostante, e mi aveva riempito le narici. Probabilmente deve essere un uomo bene in vista, altrimenti non avrebbe avuto così paura di compromettere la propria posizione. Ad ogni modo ci ha lasciato un nuovo nome su cui lavorare... Sir Hagus. Un cavaliere, evidentemente. E il Presbitero Tommaso. Nobiltà e clero, non v'erano dubbi in merito. Siano dannati per l'eternità... Non sono riuscito a pensare a un miglior modo per trovare informazioni che fingermi un devoto servo di Santa Madre Chiesa. Non ricordo l'ultima volta che sono andato a messa, ma da quando il mio signore Missan mi ha affidato l'arduo compito di scovare questo chierico, so che mi sto recando nelle case di Dio di tutta Camelot tre volte al dì. I giardini di ogni chiostro, i silenzi di ogni confessionale, il lento incedere di ogni processione. Nulla sarebbe sfuggito alla mia "devozione". Prima o poi dovranno far capolino, nell'orgia di sussurri e di bisbigli che anima quelle aule sante, le parole "presbitero"... e "tommaso"... |
Quando varcammo le porte di Ostyen e ci addentrammo per il dedalo di strade e stradine una strana sensazione mi pervase... avevamo viaggiato in lungo e in largo per Magnus ma nessuna delle città che avevamo visto era neanche lontanamente simile alla capitale: si respirava, lì, un’aria del tutto diversa... sembrava, tranne che per qualche particolare dissonante, che il tempo si fosse addirittura fermato in quella città... si sarebbe detto che non ci fosse povertà ad Ostyen, né scontento... o, piuttosto, ebbi l’impressione che quel genere di cose non fosse considerato ammissibile!
Il carrozzone procedeva lento e traballante tra la folla che invadeva la via ed io mi persi osservando la mia ombra fluttuare su quel mare di volti... Tafferuille era lì, vicino a me, con quella sua solita aria noncurante, quasi che niente di ciò che lo circondava lo interessasse davvero, quasi non fosse la sua vita quella... Poi all’improvviso, sorto da chissà quale angolo della mia memoria, un lontano ricordo mi passò davanti agli occhi... La stanza era piccola e spoglia. Ad eccezione del vecchio crocifisso di legno, assolutamente niente adornava le pareti e il letto, nel quale io ero adagiata, era l’unico mobile presente. Mio unico svago, in quel luogo, era la stretta ed alta finestra che si apriva proprio sulla parete di fronte... avevo passato giornate intere guardando il cielo fuori da quel vetro, durante la mia malattia, avevo osservato a lungo le nuvole e giocato a riconoscere in esse forme di ogni sorta. Ed era proprio quel gioco che stavo facendo quando, anche quel giorno, come ogni giorno, Suor Amélie entrò nella stanza e si richiuse la pesante porta di legno alle spalle. “Come ti senti, oggi?” chiese, accostandosi rapidamente al letto. “Meglio!” risposi. Lei mi toccò la fronte con aria critica, mi passò la mano sulle guance e si chinò per esaminare da vicino i miei occhi. “Si...” confermò dopo un istante “Stai davvero meglio, grazie al Cielo!” La giovane suora, quindi, si sedette sul bordo del mio letto e aprì il libro che aveva portato... quel libro dal quale ogni giorno, fin da quando mi ero ammalata, quasi un mese prima, veniva a leggermi un capitolo. Passammo così quasi un’ora...amavo quei momenti che suor Amélie dedicava soltanto a me, quei momenti che sottraeva i suoi doveri per fare compagnia ad una ragazzina ammalata e costretta a letto, quei momenti che spendevamo leggendo e parlando di ogni cosa. “Oh...” disse ad un tratto, interrompendosi “Ieri è tornato quel tuo amico a chiedere di te!” “Philip?” chiesi, sentendomi all’improvviso estremamente allegra. Lei mi osservò per un istante ancora, poi sorrise ed annuì... Stavo per chiederle di più, ma la giovane suora estrasse da una tasca della sua nera veste un foglietto un po’ stropicciato e piegato in quattro parti... me lo porse senza una parola, io lo aprii e iniziai a leggere. Era una lettera... una lettera che parlava di pomeriggi trascorsi al sole e di corse per raggiungere la scogliera, una lettere piena di colori, di suoni e di profumi, una lettera piena di sensazioni e di sorrisi. E terminava con queste parole: ‘So che vorresti essere stata con noi in ciascuna di queste avventure, e anche io lo avrei voluto. Ma la suora con cui ho parlato, Amélie, dice che stai migliorando e io so che presto potrai tornare da noi. Forse ti annoi lì in quel cupo e triste convento tutta da sola e senza mai poterti alzare dal letto... ma sappi una cosa: quando ti senti più sola e triste non avrai che da guardare il cielo e pensare che anche io lo sto guardando. Se riconosci un albero tra le forme delle nuvole, sappi che anche io lo sto vedendo. Se vedi un coniglio, una nave, una casa, sappi che anche io li sto guardando. A presto, dunque. Philip’ Scorsi quelle parole per più e più volte... poi, con il cuore in gola, sollevai lo sguardo su suor Amélie, che era rimasta immobile ad osservarmi. “E’ un bravo ragazzo, dopotutto...” disse lei, rompendo il silenzio “Un po’ testardo, forse... voleva a tutti i costi venire a vedere come stavi ed ho faticato a convincerlo che non era assolutamente possibile per lui entrare qui!” Sorrisi debolmente a quelle parole, immaginando la scena. “Non si rassegnava all’idea di non poter constatare con i suoi occhi che stai guarendo...” proseguì, scuotendo il capo “Ma gli ho detto che, se migliorerai ancora, forse la prossima domenica ti sarà concesso di alzarti dal letto per venire alla Messa e che, quindi, avrebbe magari potuto vederti in chiesa.” Sollevai un sopracciglio e le lanciai un’occhiata tra lo scettico e il divertito... “Philip?” domandai “Philip De Jeon? E’ assurdo... non viene mai alla Messa e non ci verrà neanche questa volta. Non di sua volontà, soeur Amélie. Mai!” Lei mi lanciò un’occhiata altrettanto scettica e altrettanto divertita... “Chissà, Talia! Chissà!” Philip quella domenica venne alla Messa. Lo vidi in fondo, in una delle ultima file, mi salutò con la mano e sparì prima del termine della funzione. Io cominciai a sentirmi meglio di giorno in giorno, ma passò più di un mese prima che potessi di nuovo essere in grado di sgattaiolare fuori dal convento per correre alla vecchia capanna di pesca dove c’erano gli altri, dove c’era Philip. Quella fu la prima volta che vidi il mio amico Philip De Jeon entrare in una chiesa durante una funzione e senza che fosse sua madre a costringerlo... e da quello che si diceva in giro, probabilmente era stata anche l’ultima. Quel ricordo mi attraversò gli occhi, il cuore e l’anima... Sollevai lo sguardo al cielo e guardai le nuvole... era tanto, troppo tempo che non lo facevo più. Era tanto tempo che avevo giurato che non lo avrei fatto mai più. E ora, mio malgrado, ero venuta meno a quel giuramento, proprio quel giorno nel quale, per la prima volta dopo tanti anni, io e Philip eravamo di nuovo sotto lo stesso cielo... Quel pensiero mi fece male. Citazione:
Sorrisi, mio malgrado... “Va bene!” annuii, sforzandomi di apparire altrettanto allegra. |
Il garzone tornò alla porta come gli era stato ordinato e l'uomo che se ne stava di guardia fece cenno a Rodolfo di entrare nell'atrio,invitandolo a seguire il ragazzo.
Questi lo condusse verso i gradini che conducevano all'ingresso del palazzo, davanti al quale si stagliava la figura di un uomo dalle vesti sgargianti e dallo sguardo imperscrutabile. Gli si presentò con il nome di Raos e gli spiegò che era il servitore dell'ambasciatore. Proprio mentre questi lo stava informando che il suo padrone era fuori e non sapeva quando avrebbe fatto ritorno, la loro attenzione fu destata da uno strepitar di zoccoli e di ruote sul selciato dell'atrio. L'uomo interruppe il suo verbare e scese di fretta i gradini,seguito da altri servi,che uscirono di gran carriera dal palazzo, indirizzandosi verso la carrozza. Rodolfo,incuriosito, si voltò e,lentamente, seguì il corteo,mantenendo una certa distanza. Una volta che la carrozza si fu fermata, una mano spostò la tendina ed un volto d'uomo si affacciò a fissare l'esterno. Raos,riverito quell'uomo con un profondo inchino, imitato dagli altri servi che si erano ordinati ai suoi fianchi, aprì lo sportello e,calata la pedana, lo aiutò a scendere per poi indicargli Rodolfo. Interrogato, il cavaliere lo salutò, portando sul petto il pugno destro, e rispose: " Il mio nome è Flavio, Flavio Petrucci, e vengo da Roma. Sono un fervente sostenitore della causa republiccana nell'Urbe. La vostra fama vi precede ovunque messere. In Italia e in qualsiasi altra parte dell'Europa che ho avuto modo di attraversare e visitare,giungendo fin qui,ho sentito molte persone tessere le vostre lodi. Il desiderio che mi ha spinto a cercarvi fino a questo palazzo,dove,da fidati amici di oltre Manica,mi è stato riferito vi trovavate, è quello di conoscere di persona l'uomo,il pensatore, il rivoluzionario che oggi può realizzare quanto nei secoli addietro Arnaldo da Brescia e Cola di Rienzo tentarono nella città eterna,sempre memore dell'eroico gesto di Bruto e Cassio, senza però essere stati premiati dalla sorte. Chiedo quindi umilmente a Vossignoria di concedermi udienza." http://www.anziani.it/UserFiles/Cesaricidio.jpg |
Alla fin fine lo avreì sospettato che ci fosse sotto un escamotagè....notaì in volto lo zingaro che era appena stato ripreso da quel Nobile Signore, lo ringraziaì del suo intervento e gli chiesi se potevo essergli utile in qualche cosa. Oggi giorno è difficile trovare persone che prendano le tue difese e ti rischiarino gli occhi dagli imbrogli e dal marcio che ci circonda.
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