Camelot, la patria della cavalleria

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Guisgard 19-03-2019 17.42.59

Un silenzio cupo, sordo, profondo avvolgeva il cortile e l'intera villa.
L'oscurità era sferzata solo dalla leggera luce che veniva dalle scuderie, dove erano segregati i due schiavi.
Un leggero alito di vento sembrava sorgere dal cuore della notte accarezzava lieve le palme che circondavano la casa.
Solo i cani animavano il cortile.
Gwen allora decise di tornare dentro a dormire.

Altea 19-03-2019 17.44.23

"Strano...Quindi è Shushan...potrebbe essere, aveva detto aveva un amico qui in albergo...bene, grazie, ma la lapide dove si trova..voi lo sapete? Meglio andare domattina all' alba o stasera? Non vorrei intrattenermi molto qua, quando ritorna il padrone vorrei essere a casa".

Lady Gwen 19-03-2019 17.46.15

Quel leggero vento, che rendeva ancora più cupa quella notte, mi accompagnò quasi sospingendomi verso l'ingresso della villa.
Pensavo a quel suono proveniente dalla giungla e mi chiedevo se davvero fosse stato ciò che Grez e lo zio avevano sentito.
A quel punto, risalii in camera e tornai a letto, sperando di poter nuovamente prendere sonno.

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Guisgard 19-03-2019 17.47.05

"La lapide è nel giardino dell'albergo, signora." Disse Ambrose ad Altea. "Forse è più opportuno vederla domattina, alla luce del Sole. Il padrone tornerà domani in giornata credo. Se non ha altri ordini io andrei, signora."

Guisgard 19-03-2019 17.59.17

Gwen si avviò verso la sua camera per tornare a dormire.
Ad un tratto, da fuori, sentì giungere una musica.
Non poteva certo trattarsi del fantomatico corno udito da Grez e che aveva spaventato anche i cani si suo zio, ma era invece il suono di un qualche flauto particolare.
Giungeva proprio dal cortile.

Lady Gwen 19-03-2019 18.06.07

Ero in dormiveglia, quando sentii una musica.
Sembrava quella di un flauto.
Però non sembrava affatto provenire dalla giungla.
Bensì dal nostro stesso giardino.
Allora, al massimo della curiosità, mi alzai, indossando la vestaglia e guardai fuori dalla finestra per vedere chi fosse a suonare.

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Guisgard 19-03-2019 18.11.14

Gwen si affacciò in vestaglia dalla finestra della sua camera.
La musica di quel flauto si sentiva chiaramente e proveniva proprio dal cortile.
Per la precisione dalle scuderie.

Lady Gwen 19-03-2019 18.16.26

Il suono veniva dalle scuderie.
Le scuderie!
Che fosse uno degli uomini che lo zio aveva portato a casa oggi?
Ora ero ancora più curiosa.
Allora uscii di gran carriera per raggiungere le scuderie
Fui di nuovo investita dalla brezza notturna, fino a raggiungere le scuderie.
Seguii quel suono, entrando e dando una carezza ad Aram, il mio frisone europeo, cercando la fonte di quella musica.

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Guisgard 19-03-2019 18.27.40

Gwen lasciò la sua camera ed uscì nel cortile.
Seguì la musica di quel flauto fino alle scuderie.
Il suo cavallo stava ruposando e lei lo accarezzò.
La musica giungeva proprio da lì.
Vi era un muro di legno che separava la stalla dei cavalli dal deposito di fiene ed attrezzi retrostante.
E da dietro quel muro giungeva quella musica.

Destresya 19-03-2019 18.34.20

C'è stato un tempo, in cui non ero che una ragazza, un fiore cresciuto in un giardino delicato, che sbirciava dietro il cancello immaginando sogni e mondi, sognando storie e giochi.
Ma quei sogni e quei giochi sparirono in una notte d'autunno, quella gaiezza e quel candore si consumarono per volontà di altri.
Venduta, impacchettata e confezionata in bianco e oro abbandonai la mia casa per quella in cui, dicevano, sarei stata la padrona, in quella dove tutto sarebbe stato scintillante, dicevano che era per il mio bene, che non c'era cosa migliore che sposare quel vecchio, ma la verità era che lo facevano per loro, lo facevano per quel blasone nobiliare, per le sue ricchezze, per le sue fortune.
Ma non avevano fatto i conti con una cosa: me.
Quel fiore del giardino cresceva e metteva sempre più spine, diventava velenoso e una notte d'inverno, dopo poche lune dalle nozze, mutò i suoi candidi petali in un nero plumbeo come la notte.
Allora neri furono tutti i miei abiti, ma sontuosi e bellissimi, sfarzosi e totalmente irrispettosi di quel lutto che mi rallegrava più di una festa.
Ma la mia vendetta non era ancora compiuta.
Ora ero davvero la padrona del castello, ora ero davvero padrona della mia vita, e per tutti quelli che mi avevano spinto, calpestato, che avevano pensato di decidere per me, che mi avevano usato, non sarebbe rimasto niente, se non erbacce senza frutto.
I petali neri caddero uno per uno e il fiore rinacque sgargiante, eccessivo, bellissimo e forte, munito di spine e veleno, di una carica esplosiva di colori e profumi, e di un gambo che cresceva sempre più, tanto che ora non doveva più immaginare quello che c'era al di là del cancello, perchè lo vedeva bene.
Lo vedeva tutto.
Il mondo era suo.
Il mondo era mio.
Non avendo alcuna intenzione di aiutare la mia famiglia, ora in disgrazia perchè tutto dipendeva dalla mia fortuna, né di ripopolare questo pianeta con dei marmocchi, ma bensì decisa a godere ogni momento, ogni esperienza, ogni avventura, ogni piacere, ogni eccesso, ogni brivido, partii visitando il mondo, scoprendo isole sconosciute, mari burrascose, montagne incontaminate, città piccole, grandi, borghi incantati e pianure sterminate.
Finchè un giorno, di ritorno da un lungo viaggio in India, non approdai a Baias per sistemare alcune cose in una delle ville che ora mi appartenevano, così come quel titolo di contessa che tanto desideravano i miei familiari.
La nave si avvicinava alla riva.
Eccola lì, la bellissima Baias, sempre più vicina.
Anche se avevo girato il mondo la sua bellezza mi colpiva ugualmente.

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